“L’ora delle decisioni irrevocabili”, ovvero fatela finita
di Francesco Piccioni
La situazione dell’Unione Europea davanti alla guerra in Ucraina è molto simile a quella di un investitore di piccolo taglio davanti al calo di prezzo dei titoli azionari su cui ha puntato: vendere (fare la pace) accettando di formalizzare perdite sostanziose oppure “tenere” (continuare la guerra) sperando che i prezzi risalgano?
A guardare l’ostinazione acefala con cui si insiste – anche dopo il maltrattamento subito a Washington dal loro “alleato-padrone” – a ripetere sempre le stesse richieste (cessate il fuoco prima di trattare, nessuna cessione di territorio, altre sanzioni contro Mosca, ecc) effettivamente si ha l’impressione di vedere in azione degli idioti irrimediabili.
Ovviamente, nonostante la loro infima “statura da statisti”, non sono affatto degli idioti, ma se non altro dei furbastri che sono stati capaci di arrivare al vertice dei rispettivi paesi sfruttando meglio dei concorrenti le opportunità fornite da “donatori importanti”.
Il problema nasce dal fatto che anche tutti insieme continuano a contare come se ognuno fosse comunque “da solo”, ovvero dal fatto che il progetto europeo era sostanzialmente sbagliato (facciamo prima l’unità economica – peraltro basata sulla competizione interna – poi quella monetaria ma non quella fiscale e bancaria, poi quella politica e militare, anzi no, ci si arma ognuno per conto suo).
E poi dalla constatazione che quel progetto sgangherato è stato per un verso gestito da cani, per un altro bombardato proprio dal principale “alleato”.
Dagli Usa di Biden in modo sottile – far scoppiare la mina Ucraina per logorare contemporaneamente sia la Russia che l’Europa, lanciata verso il sogno di diventare un “imperialismo competitivo” con quello Usa nel determinare gli equilibri mondiali – e poi da Trump in modo brutale (i dazi, fatti accettare senza reazione, oltre all’obbligo di acquistare energia e armi dagli Usa per oltre 1.000 miliardi e dare altri 600 miliardi per “investimenti” negli states che saranno però decisi da Washington).
Motu proprio, gli europei si sono suicidati accettando di tagliare i rapporti con la Russia (18 round di sanzioni che hanno azzoppato l’economia continentale, oltre a subire l’affronto dell’attentato al gasdotto North Stream), incasinare quelli con la Cina mentre il resto del mondo si orienta commercialmente verso Pechino e i Brics.
Ora si trovano con oltre un centinaio di miliardi “investiti” nella fornace ucraina, che ovviamente non possono tornare indietro né se la guerra si ferma ora (con la Russia saldamente in possesso dei territori più ricchi in termini di risorse), né se la guerra va avanti ma gli Stati Uniti si sfilano.
La loro situazione è la stessa della junta nazista di Kiev, che dopo aver accettato di impegnare il paese in una guerra impossibile da vincere vede ora il 20% più importante del territorio perduto per sempre, milioni di espatriati che difficilmente torneranno indietro, un calo demografico mortale, debiti non pagabili. E quindi a rischio che la popolazione restante li mandi a quel paese con un poderoso calcione…
Al contrario, gli Usa possono chiuderla qui perché hanno raggiunto gli obiettivi principali (comuni sia a Biden che a Trump), ossia eliminare gli europei sul piano economico e politico e “contenere” la Russia tenendola impegnata, e possono da qui in poi concentrarsi sul loro vero avversario strategico: la Cina, che però nel frattempo ha consolidato l’esperimento Brics insieme proprio alla Russia e ad un suo avversario storico di nome India (tre miliardi di persone in due…).
Della Russia inutile dire troppo. Ha vinto questa guerra, deve contrattare una pace di ampio respiro strategico e temporale, ottenere a sua volta “garanzie di sicurezza” (se non proprio una “cintura neutrale” ai confini, almeno lo stop all’espansione a est della Nato e il disinnesco di quell’organizzazione terroristica simil-Mossad che è diventato lo Sbu, i servizi segreti di Kiev).
Giunta ucraina e governi europei devono decidere se accettare una sconfitta costosa o rischiare di ingigantire le perdite rinviando l’accettazione della situazione. L’avevamo detto prima del vertice di Washington, dove i “pessimi sette” sono andati a kissing the ass di The Donald, con salamelecchi imbarazzanti e risultati proporzionali alla loro nullaggine.
Fanno fatica a deglutire il boccone amaro. Una poderosa mobilitazione popolare potrebbe rappresentare quel cazzottone sulla schiena in grado di farglielo ingoiare. A beneficio dell’umanità e soprattutto dei popoli di questo continente, che non meritano l’abisso di degrado e declino in cui questi deficienti li stanno portando.