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Speciale Assemblea Nazionale Aperta – 11 Maggio 2024

Sintesi delle conclusioni

di Fosco Giannini

photo 2024 05 13 09 42 35 1Il significato di liturgia non è quello che la parola ha assunto nel tempo, e cioè una sorta di atto dovuto e retorico. No: l’antico significato greco di “liturgia” rimanda al concetto di “azione per il popolo”, tributo alla verità. E non è dunque col senso di una vuota magniloquenza, ma con un atto liturgico greco di verità che oggi, a nome del Movimento per la Rinascita Comunista, voglio ringraziare tutte le compagne e i compagni che hanno avuto la forza, la determinazione di intraprendere lunghi, pesanti e costosissimi viaggi – da Lampedusa, Udine, Padova, Reggio Calabria, Cosenza, Ancona, Torino, Catania, Milano e da tanti altri territori – per giungere sino a qui, a Roma, al Teatro Flavio, per la nostra Assemblea Nazionale. Al di là del successo politico della nostra Assemblea, è questo dato di sacrificio e piena adesione dei dirigenti e dei militanti al progetto politico del MpRC che rafforza la nostra speranza e il nostro intento di proseguire l’azione e la lotta per l’unità dei comunisti e il rilancio, in Italia, di un più forte soggetto comunista!

Vi ringraziamo uno a uno, una a una, cari compagni e care compagne del MpRC!

Come ringraziamo i partiti comunisti del mondo, le forze antimperialiste, l’Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia che hanno inviato i loro preziosi saluti alla nostra Assemblea; l’Ambasciatrice di Cuba, che è intervenuta durante i nostri lavori; l’Ambasciatrice della Bolivia, che ha presenziato al dibattito; le diverse forze palestinesi che hanno inviato alla nostra Assemblea gli auguri di buon lavoro; la compagna Isa Maya, responsabile dei giovani palestinesi di Roma, che parlando col cuore in mano ha fatto alzare in piedi tutta l’Assemblea con le sue parole piene di coraggio, passione e determinazione per la lotta di liberazione del suo popolo, del popolo palestinese!

Come ringraziamo per i lori interventi e saluti gli operai delle grandi fabbriche e gli esponenti dei movimenti di lotta contro le basi Nato e Usa e i processi di militarizzazione di Lampedusa, in Sicilia, di Salto di Quirra e Capo Teulada, in Sardegna, di Camp Darby, di Pisa. Ringraziando, altresì, gli esponenti delle associazioni e dei movimenti comunisti e antimperialisti – Costituente Comunista, Resistenza Popolare, Risorgimento Socialista e altri – che si sono positivamente misurati con la nostra proposta dell’unità di lotta delle forze comuniste e antimperialiste.

Le nostre relazioni, i nostri interventi, hanno messo chiaramente in luce come sia alto, oggi, sospinto dalle insane mire imperialiste, il pericolo di una Terza guerra mondiale. Come sia netta, dunque, la parola d’ordine dei comunisti, “Fuori l’Italia dalla Nato!”. Quanto sia alto, nel nostro Paese, il livello di sofferenza sociale che segna di sé l’intera classe lavoratrice, i giovani, una vastissima area di anziani e quanto si sia drammaticamente allargata l’area della povertà e dell’emarginazione sociale.

Le campagne, da decenni prive di un progetto di rilancio dell’agricoltura, sono abbandonate e svuotate; le città sono attraversate da popoli di giovani senza lavoro, senza prospettiva, senza futuro; le periferie metropolitane sono spesso inferni senza più legame sociale, dove milioni di persone vivono come anime perse, espulse dallo Stato, in una condizione sottoproletaria che si offre come base materiale per l’entrata e il comando delle mafie e della delinquenza organizzata; nelle fabbriche e negli uffici incombe sempre più minacciosa l’entrata dell’Intelligenza Artificiale, che sotto il potere incontrastato del capitale potrà divenire essa stessa la fabbrica della disoccupazione di massa; con il salario medio operaio del nord d’Italia le famiglie possono forse arrivare giuste giuste a fine mese, col rischio perenne che una spesa improvvisa faccia saltare il bilancio famigliare; col salario medio operaio del sud d’Italia non arrivano a metà mese. Una recente indagine condotta dal «Sole 24 Ore» dimostra come una famiglia operaia media, con due figli, abbia una spesa media quotidiana (data dal mutuo per la casa, i costi per la scuola dei figli, la rata della macchina, la benzina, la spesa giornaliera, le bollette, le tasse comunali ecc.) di circa 95 euro, 2.850 euro mensili. Una cifra che forse, al nord, si può raggiungere con due stipendi (ma i due stipendi non sono cosa solita), ma che al sud produce miseria. Ed è a partire da questa dura realtà delle cose che si moltiplicano le domande delle famiglie operaie di prestiti in banca, prestiti che vengono concessi una volta, due volte, prestiti che diventano spesso impagabili e per affrontare i quali occorre poi – è un dato reale di massa – prendere nuovi prestiti dalle famigerate agenzie private, oscuri soggetti dello strozzinaggio legittimati dallo Stato.

Hai bisogno di un esame radiografico? È possibile tra 8 mesi. Ne hai bisogno con urgenza? Devi pagarti la prestazione privata. Hai 70 anni, i denti rovinati, hai bisogno di un intervento dentistico importante? Devi prendere un altro mutuo. Ciò perché quella dei dentisti è una casta inscalfibile, che col suo potere oscuro non permette l’assistenza ospedaliera pubblica per ciò che riguarda l’odontoiatria (ci abbiamo mai pensato? Se devi fare un intervento chirurgico di qualsiasi tipo l’assistenza pubblica, sinora, è gratuita. La cura dei denti no! Perché? Misteri del capitalismo, delle sue caste protette, come quelle dei notai…).

Tutto, attorno alla classe lavoratrice, si va distruggendo. L’intera politica è militarizzata, non siamo si fronte solo alle armi ai fascisti di Kiev, ma di fronte a sempre più ingenti spostamenti di risorse verso il riarmo a detrimento dello stato sociale, a un riorientamento su posizioni di dura repressione sociale delle forze dell’ordine, in sintonia con la svolta autoritaria del premierato, che potrebbe consegnare a Giorgia Meloni la possibilità di esercitare, come primo passo verso più oscuri autoritarismi, una mezza dittatura.

La guerra come orizzonte possibile, un sistema di guerra a vasto raggio in corso per la preparazione della guerra. E totale dominio Usa-Nato sul nostro parlamento, sull’esercito, sulle forze dell’ordine, sui servizi segreti. L’egemonia imperialista si fa ordine sociale quotidiano. La stessa società, come le scuole – come stiamo costatando da più parti, a partire da Pisa, come sempre denuncia il nostro compagno Federico Giusti – si militarizza.

E su questo Paese con l’elmetto in testa incombe anche l’Ue con la sua dittatura liberista.

Abbiamo parlato poco, sinora, in quest’Assemblea, dell’Ue.

Un altro polo imperialista si va aggiungendo, nel quadro mondiale, ai poli imperialisti da molto tempo consolidati e questo polo neo imperialista è quello, costituendo, dell’Unione europea.

Noi riteniamo che l’Ue non fosse all’ordine del giorno della storia e che l’accelerazione artificiosa del suo processo di costruzione era ed è funzionale soltanto agli interessi del grande capitale transnazionale europeo, che – per diventare competitivo nella lotta interimperialistica per la conquista dei mercati mondiali e nella lotta contro i Brics – “doveva” e “deve” abbattere, su scala continentale, il costo del lavoro, i salari, i diritti, lo stato sociale e ogni resistenza democratica, politica e istituzionale.

Gli Stati Uniti d’America nascono il 14 luglio del 1776, giorno in cui viene dichiarata la loro indipendenza dalla sovranità del Regno Unito. Una costruzione unitaria e sovranazionale delle originarie 13 colonie britanniche a cui gli Usa giungono attraverso una lunga e dura lotta armata anticolonialista, lotta di liberazione che si offre come base materiale della costruzione stessa degli Usa.

L’Ue non nasce con altrettanta spinta oggettiva e materiale, i Paesi dell’Ue non sono mai stati attraversati da una forte pulsione unitaria – politica, culturale, linguistica – sovranazionale. E’ solo l’interesse del grande capitale transnazionale europeo volto a dotarsi di un potere sovranazionale proprio ad accelerare il processo di costituzione delle istituzioni dell’Ue, del suo potere.

Con il Trattato di Maastricht, con quello di Lisbona, con le politiche duramente liberiste imposte su scala continentale, con il dominio della Banca centrale europea e attraverso la “germanizzazione” dell’intera Ue, l’obiettivo del grande capitale transnazionale europeo, quello, cioè, di collocare stabilmente l’intera forza lavoro europea nel mercato inferiore del lavoro, abbattere lo stato sociale per meglio liberare gli spiriti animali del capitalismo, privatizzare il più possibile l’economia, la produzione, il credito, questo obiettivo è stato in gran parte raggiunto. Ed è stato raggiunto non solo attraverso il ruolo politico subordinato svolto dalle forze politiche europee che fanno capo al Partito popolare europeo, ma anche grazie alla subordinazione e all’involuzione liberista delle forze socialiste e socialdemocratiche europee, che hanno spesso spianato la strada alle politiche antisociali imposte da Berlino, dal Consiglio europeo e dalla Banca centrale europea. In Italia, questo ruolo subordinato all’Ue, all’imperialismo Usa e alla Nato l’ha svolto, ben prima del governo Meloni, e continua a svolgerlo, anche il Partito Democratico, ed è anche per questa ragione che i comunisti rifiutano l’alleanza e la collaborazione con questa forza politica, che sempre più appare come il Partito stesso di Berlino, di Washington e della Nato in Italia!

L’Euro è l’unica moneta al mondo senza uno Stato; l’Unione europea ha imposto a tutti i popoli e agli Stati che ad essa hanno aderito una moneta dal valore artificiale, un valore stabilito nei laboratori politici liberisti e non conseguito nelle dinamiche economiche concrete e storiche; un valore freddo e artificiale, quello dell’Euro, che ha raddoppiato in tutta Europa il costo delle merci raggelando i salari; un valore artificiale, quello dell’Euro, che ha arricchito la Germania e gettato nella miseria i popoli e i lavoratori italiani, portoghesi, greci, i popoli e i lavoratori dei Paesi già più deboli.

L’Unione Europea si è dotata si di una moneta unica, ma non di un sistema fiscale unico (scelta che fu adottata, invece, dagli Stati Uniti appena costituiti, nel 1776, a conferma che l’unione nordamericana, nata dalla lotta di liberazione antibritannica, è nata su basi storiche e non artificiali, come quella dell’Ue), semplicemente poiché ciò avrebbe costretto a una tassazione omogenea sul piano continentale e a una ridistribuzione equa della ricchezza generale europea; avrebbe ciò costretto la Germania a spostare parte della propria ricchezza verso i popoli della Grecia, dell’Italia, del Portogallo ed è del tutto evidente che gli imperialisti di Berlino hanno preferito spostare armi e prestiti da usurai ad Atene, nella loro lotta contro Alexis Tsipras e contro Syriza, piuttosto che la loro ricchezza! Ed è questa l’Europa che ha in testa il grande capitale tedesco ed europeo. E’ questa l’Europa che esce da Maastricht e da Bruxelles!

Quali sono i prodotti sociali provenienti da Maastricht e dall’Euro? La misera, assoluta e relativa, è divenuta di massa e su scala sovranazionale; così come la disoccupazione e l’inoccupazione. Le garanzie sociali sono state abbattute in tanti Paesi, meno che in Germania, che è il mandante dell’attacco liberista. La democrazia è stata attaccata sul piano continentale. Le Costituzioni nate dalle lotte antifasciste sono state manomesse e minacciate. Tutto ciò assieme al progetto di un’Unione europea che per meglio delineare il proprio profilo imperialista punta a una propria e nuova militarizzazione, alla costruzione dell’esercito europeo. Un esercito che sarà sotto il dominio della Nato. Come ampiamente dimostra la subordinazione dell’Ue agli Usa anche per l’invio delle armi a Kiev e nella guerra contro la Russia, totalmente sconveniente per l’Ue e, soprattutto, per la Germania. Un progetto, questo dell’esercito europeo, al quale il MpRC dice no! Contro il quale i comunisti e le comuniste lotteranno: no all’esercito europeo, no all’esercito dell’imperialismo europeo, no all’esercito europeo come parte organica e subordinata alla Nato!

Per tutte queste ragioni il MpRC ritiene che la lotta contro il neoimperialismo dell’Ue sia una lotta centrale, crede che l’Ue sia irriformabile e giudica sbagliate e subordinate le battaglie volte solamente a modificazioni interne alla struttura generale di questa Ue. L’Ue e l’Euro non sono un prodotto irreversibile del Destino o della Natura e i popoli, dalle dittature dell’Ue e dell’Euro, debbono e possono liberarsi. Di fronte al progetto, che viene avanti dalle classi dominanti dell’Ue, di “sacralizzare” l’Ue e ratificarne “l’irreversibilità” storica, ricordiamo che nello stesso Trattato di Lisbona, invece, è presente una clausola che permetterebbe agli Stati e ai popoli che volessero, di uscire dall’Ue. Orientandosi magari, come indica il MprC, a costituire rapporti, economici, commerciali, di libero scambio win win, con il nuovo mondo del multilateralismo.

L’Ue è un fenomeno capitalistico storicamente nuovo, che chiede ai comunisti e alle altre forze anticapitaliste una ricerca politica e teorica all’altezza dello scontro: le politiche liberiste dell’Ue passano anche attraverso il tentativo di svuotare di senso gli stati nazionali. Ebbene, nella fase data, contro i processi di penetrazione massiccia del liberismo dell’Ue i comunisti debbono rivalutare il ruolo dello stato-nazione, utilizzandolo come argine al liberismo e in difesa degli interessi popolari.

Ma la rivalutazione in senso anticapitalista dello stato-nazione non è nazionalismo e deve coniugarsi con la necessaria unità sovranazionale delle lotte contro il grande capitale europeo, che è già transnazionale e già unito nel Trattato di Maastricht, nella Bce, nelle stesse istituzioni antidemocratiche dell’Ue.

Questioni politiche e teoriche nuove per i comunisti europei. Compiti nuovi che la storia ci affida e che siamo chiamati a risolvere insieme nell’elaborazione politica e teorica e insieme nelle lotte.

Il Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo” potrà dare un grande contributo, a tal fine.

La politica militarizzata, la società militarizzata: ci si muove già come fossimo in guerra. La stessa “normalizzazione” della repressione fa parte di questa svolta militarista, funzionale al rafforzamento dell’ondata di destra che ha portato al governo Meloni. Ma anche la miseria di massa è ormai vicina, come la perdita continua del valore del salario e dei diritti. E può essere un Paese civile quello che tende a rendere come “ineluttabili”, come un destino, i morti sul lavoro, un’altra guerra, una guerra sociale?

“Noi che volevamo preparare il terreno per la gentilezza, noi non potevamo essere gentili”, scriveva Bertolt Brecht.

E se e quello che abbiamo delineato è il quadro complessivo che abbiamo sotto gli occhi, se questa è la verità, se la pace è minacciata ogni giorno dagli Usa e dalla Nato, se l’intera classe lavoratrice vive nella paura della miseria, possiamo noi essere teneri, indulgenti, con un movimento sindacale confederale accucciato nel suo silenzio, nella sua apatia, nella sua complicità? Possiamo essere teneri, indulgenti, cerimoniosi verso le tre piccole forze comuniste italiane presenti che non muovono un dito, che non possono più oggettivamente muovere un dito perché grande è la loro consunzione, possiamo essere compiacenti con questi piccoli partiti che, pur essendo consapevoli della loro fatiscenza, rifiutano ostinatamente ogni progetto comunista unitario, ogni accumulazione di forze comuniste e dunque ogni possibilità di lotta seria contro la guerra imperialista e contro l’Ue?

No! Noi siamo vicini ai militanti, ma non possiamo essere indulgenti con i gruppi dirigenti di questi partitini; nessuno di questi partiti ha avuto mai l’ardire, almeno, di una piccola proposta unitaria: una manifestazione comunista unita contro le armi a Kiev! Mai! In verità siamo di fronte a un’autoreferenzialità sciocca quanto nefasta dei tre gruppi dirigenti comunisti, una chiusura settaria che colpisce l’intero movimento comunista italiano.

Noi siamo certi che se i militanti dei tre sparuti partiti comunisti fossero insieme, uniti, di fronte a una fabbrica che vuole licenziare gli operai o di fronte a una Base Nato, questi compagni non troverebbero tra loro grandi differenze politiche e lotterebbero con entusiasmo, sotto la stessa bandiera con la falce e il martello e facilmente assieme! Si unirebbero! Siamo certi, in altre parole, che sono i gruppi dirigenti a inventarsi e suggellare la divisione del movimento comunista. Trasformando così i lori piccoli partiti in prigioni dove i comunisti vivono tristemente, separati dagli altri compagni, la loro estrema debolezza, la loro assurda divisione.

Il MpRC ha lanciato in questa Assemblea la proposta di un Tavolo per l’unità d’azione e di lotta dei comunisti. La risposta che abbiamo ricevuto in questo primo dibattito è stata particolarmente positiva.

Ora, dobbiamo rapidamente, e bene, costruire il Tavolo, l’unità. La lotta unitaria. Invertiamo la rotta, compagni e compagne! Uniamoci! E nell’unità di lotta offriamoci anche come punto di riferimento per l’intera area comunista italiana, sia quella, vastissima, che versa ora nella diaspora non organizzata, che quella imprigionata e tenuta congelata nei tre piccoli, paralizzati, antiunitari partiti comunisti italiani.

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Comments

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Enzo Rossi
Wednesday, 22 May 2024 12:56
Concordo con le osservazioni di Michele Castaldo e di Eros Barone. Aggiungo che la costruzione di un nuovo Partito Comunista che prosegua sulla linea di Gramsci, della Resistenza e dell'Internazionale comunista non può ignorare o scavalcare nell'analisi gli oltre 80 anni di storia che son passati dal rovinoso XX congresso del Pcus (e specialmente degli oltre 30 anni della cosiddetta bertinottiana “Rifondazione” e sue varianti eclettiche).
Ma la deficienza più rilevante si misura nei luoghi di lavoro dove non solo manca il partito ma manca anche un minimo impegno dei compagni comunisti per organizzare i lavoratori attraverso la “cinghia di trasmissione” che deve essere la base principale di riferimento per il partito.
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Eros Barone
Wednesday, 22 May 2024 10:06
Un partito comunista degno di questo nome deve adoperarsi per la più vasta unità dei comunisti, ma sulla base di una linea rivoluzionaria e ideologicamente coerente. Un partito comunista degno di questo nome deve adoperarsi per lo sviluppo di iniziative politiche di approfondimento, dibattito e studio sulle principali questioni strategiche che sono oggi in discussione, senza disgiungere queste iniziative dalla partecipazione alle lotte reali che si svolgono nel paese. È perciò una necessità vitale, per un partito di questo tipo, la realizzazione della massima unità, sul terreno delle lotte sociali, con le forze sindacali di classe, con le organizzazioni del movimento studentesco e con i comitati di lotta, per costruire un’opposizione sociale alle politiche antipopolari del governo, per contrastare e invertire il processo di fascistizzazione, per rendere nuovamente concreta la prospettiva del socialismo. Nello stesso tempo, con altrettanta determinazione e chiarezza un partito comunista degno di questo nome deve respingere ogni appello all’unità con il centrosinistra. La storia degli ultimi anni ha dimostrato infatti che non esistono margini per qualsiasi riforma in favore dei lavoratori e delle classi popolari, che il potere è saldamente nelle mani dei grandi gruppi finanziari e che la collaborazione di governo con forze di centrosinistra conduce solamente al tradimento dei lavoratori. L’unità con il centrosinistra non è utile a fermare la destra, e anzi la rafforza e la radicalizza, aumentandone il consenso nei settori popolari. D’altra parte, occorre riconoscere che è impossibile l’unità con chi nei fatti difende l’Unione europea e la Nato, con chi non iscrive la propria azione nella prospettiva strategica dell’abbattimento del sistema capitalistico di produzione e di scambio. Infine, un partito comunista degno di questo nome non può che essere internazionalista, il che significa innanzitutto contribuire alla ricostruzione internazionale del movimento comunista sulla base del marxismo-leninismo. È peraltro certo che, se il nobile appello per la “rinascita comunista” rimanesse una mera mozione degli affetti, esso ricorderebbe per la sua dimensione meramente tattica e per la sistematica elusione dei problemi concernenti il programma, l’organizzazione e la strategia della lotta per il socialismo, l’antica ricetta per costruire i cannoni: prendere dei buchi e metterci attorno del ferro.
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Michele Castaldo
Tuesday, 21 May 2024 19:29
Cari compagni, perdonatemi l'osservazione: da quanti anni parliamo della necessità di unire i comunisti, i comitati, le soggettualita e via di questo passo eppure siamo in braghe di tela?
Un certo Furet in un bel saggio del 1995 pone una questione molto seria sulla quale pochi compagni si sono coerentemente confrontati, cioè: il movimento comunista nel suo complesso ha inteso la lotta per la democrazia come propedeutica allo sviluppo della lotta per il socialismo.
Ora, al di là della volontà dei singoli, dobbiamo prendere atto che siamo finiti alla coda del liberismo e ci siamo liquefatti.
In che modo ripartire? Con la sola volontà? Francamente mi appare poco, molto poco.
Comunque auguro buon lavoro
Michele Castaldo
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