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ilpungolorosso

Dossier – No alla memoria a senso unico

di Il Pungolo Rosso

 

1. Introduzione

Abbiamo deciso di intervenire nel “giorno della memoria”, dominato dalla generalizzata esaltazione istituzionale del sionismo e dello stato di Israele (che è si materializzata in queste ore con lo spostamento coatto dei cortei per la Palestina previsti per sabato 27 gennaio), a modo nostro. Partendo cioè dall’indiscutibile dato storico delle multisecolari persecuzioni e discriminazioni ai danni della massa degli ebrei, per poi andare a contestare lo sfacciato abuso che di questo indiscutibile dato storico si fa per legittimare, in generale, il colonialismo sionista, e in particolare il genocidio in atto a Gaza per mano dello stato di Israele.

La storia delle persecuzioni e delle discriminazioni contro gli ebrei è lunghissima e tragica, e non si limita affatto allo sterminio operato in Europa dal nazismo. La sua partenza su larga scala coincide con l’assunzione del cristianesimo a religione di stato dell’impero romano, e in qualche caso è di poco anteriore.

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lantidiplomatico

Si poteva fare peggio di prima in sudditanza alla NATO?

di Leonardo Sinigaglia

Dopo la TIM venduta al fondo speculativo KKR, legato all’ex-direttore della CIA David Petraeus, l’accanimento terapeutico-militare verso il regime di Kiev e l’approvazione del nuovo Patto di Stabilità, il governo Meloni ha voluto nuovamente rimarcare la sua sudditanza rispetto all’asse euro-atlantico. L’occasione è data dalla partenza della missione militare europea “Aspis”, nata per accompagnare quella angloamericana “Prosperity Guardian” nella “tutela del commercio e della libertà di navigazione” nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. La marina italiana garantirà nel Mar Rosso a sostegno della campagna intimidatoria di Washington due navi, le fregate Fasan e Martinengo, che saranno accompagnate da unità di altri paesi europei.

Questo nuovo invio di reparti coloniali a sostegno del morente impero statunitense è particolarmente odioso in quanto diretto a reprimere l’azione di solidarietà internazionale del popolo yemenita, che, incapace di assistere in silenzio al genocidio in corso a Gaza, ha deciso di utilizzare una delle più classiche armi di pressione internazionale, imponendo un embargo sulle navi israeliane o su quelle connesse per traffici o merce all’economia sionista.

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codicerosso

Recensione a Gruppo Krisis – Manifesto contro il lavoro e altri scritti

di Mario Coglitore

Di seguito la recensione di Mario Coglitore al libro del Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro e altri scritti, edito da Mimesis, Milano, 2023

Il Manifesto contro il lavoro del Gruppo Krisis è apparso per la prima volta in Germania, a chiusura di Millennio, nel 1999, e poi tradotto in italiano nel 2003 per i tipi di DeriveApprodi. L’ultima edizione, di tre, in lingua tedesca è del 2019, con pregevole postfazione di Norbert Trenkle, uno degli animatori dell’originario sodalizio. Una lunga e interessante vicenda editoriale, dunque.

Come osserva Massimo Maggini nell’introduzione al volume: “[…] molta acqua è passata sotto i ponti” da quel lontano fine secolo XX. Alluvioni antropologiche, economiche, politiche, sociali hanno reso ovunque paludoso e talora carsico il tessuto della nostra realtà quotidiana. Certo la meccanica capitalista continua ad agitare le acque limacciose dell’incertezza, dello sfruttamento, dell’ambiguità inquinante della finanza internazionale e quel che più può spaventare, l’affacciarsi risoluto del “capitalismo della sorveglianza”, per dirla con Shoshana Zuboff, animato da intelligenze artificiali e diabolici agglomerati corporativi, Amazon, Google, Facebook, che farebbero invidia persino alle migliori narrazioni Cyberpunk.

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lantidiplomatico

Hamas si rivolge al mondo. “Perché l’operazione Tempesta di Al-Aqsa?”

di Redazione

Il Movimento di resistenza islamica palestinese (HAMAS), nel suo messaggio di 18 pagine intitolato "Questa è la nostra narrazione... Perché l'operazione Tempesta di Al-Aqsa?", racconta la genesi delle operazioni di resistenza contro Israele.

"La battaglia della nostra nazione contro il regime occupante e coloniale non è iniziata il 7 ottobre, ma è iniziata 105 anni fa e come conseguenza dell'occupazione. Il nostro popolo ha vissuto sotto il dominio coloniale britannico per 30 anni e sotto l'occupazione del regime sionista per 75 anni", ha precisato HAMAS.

Inoltre, ha ricordato che la nazione palestinese ha subito ogni tipo di oppressione, ingiustizia, confisca dei diritti fondamentali e politiche di apartheid per decenni, ed ha sottolineato che la Striscia di Gaza soffre di un assedio soffocante da più di 17 anni, che la rende la più grande prigione a cielo aperto del mondo.

"La Striscia di Gaza ha subito cinque guerre devastanti, e in ognuna di esse Israele è stato il promotore. Dal 2000 al settembre 2023, il regime sionista ha ucciso 11.299 palestinesi e ne ha feriti altri 156.768, la maggior parte dei quali erano civili", si legge nel documento del movimento palestinese.

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contropiano2

Lettera agli ipocriti d’Europa

di Franco Berardi "Bifo"

Un tempo credevo che i filosofi fossero i custodi della coerenza etica e della decenza intellettuale. Forse mi sbagliavo, dato che questa tradizione sembra cancellata nell’attuale panorama culturale d’Europa.

Nei media come nel mondo accademico il conformismo e la complicità con la violenza hanno preso il posto del coraggio intellettuale. Qualche settimana fa un importante filosofo tedesco pubblicò un testo pieno di comprensione per Israele proprio nel momento in cui Israele lanciava una campagna di sterminio di massa che molte persone considerano un genocidio.

In quel testo l’importante filosofo, e alcuni suoi colleghi scrivevano che “assimilare lo spargimento di sangue a Gaza a un genocidio va oltre i limiti di un dibattito accettabile”, ma tralasciavano di spiegare per quale ragione Israele può incarcerare milioni di persone, invadere e distruggere le case di milioni di palestinesi, uccidere diecimila bambini in un paio di mesi, ma non ci è concesso denunciare tutto questo come genocidio.

Israele colpisce indiscriminatamente i palestinesi che sono intrappolati nell’infernale prigione di Gaza, ma i filosofi, soprattutto in Germania, non posso chiamarlo genocidio.

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contropiano2

La guerra, prossima ventura e presente

di Francesco Dall'Aglio

La mostrificazione (termine orrendo e anch’esso mostruoso, ma rende l’idea) della Russia e di tutto ciò che è russo da parte nostra non ha nulla a che vedere con la Russia in sé e ancor meno col sostegno all’Ucraina, ma risponde a logiche completamente interne – interne alla NATO, o all’Occidente, o al “giardino” di Borrell, chiamatelo come volete, e segnatamente alla sua organizzazione militare ed economica.

Non diciamo, mi pare, nulla di nuovo e che non abbiamo già ripetuto varie volte. All’inizio si è trattato di una colossale occasione per svuotare i magazzini della roba vecchia che stava lì ad arrugginire dai tempi della guerra fredda, la cui presenza impediva nuove commesse e nuovi investimenti (“mamma, possiamo comprare dei cannoni?” “Ce li abbiamo a casa i cannoni”) e costava parecchio, in termini di manutenzione e spazio di stoccaggio.

Mandandoli in Ucraina ci si guadagnava qualcosa, si faceva bella figura, e si costringevano i governi nazionali e l’Unione Europea (in questa circostanza del tutto coincidente alla NATO, e soprattutto completamente subordinata) a tirare fuori soldi per comprare armi nuove o meno vecchie, nella solita partita di giro nella quale guadagnano tutti, produttori, fornitori, intermediari e utilizzatori finali.

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lantidiplomatico

La lieta novella del Next Way of Working

di Federico Giusti

In nome dello smart working stanno stravolgendo i luoghi tradizionali della produzione, se ne accorgono non i sindacati ma Il Sole 24 Ore che parla di un complessivo ridisegnamento delle strutture adibite a uffici e investimenti.

Emblematico è quanto riporta un articolo del quotidiano di Confindustria laddove scrive: "A Milano Deutsche Bank riduce la superficie della sede del 40%; UniCredit subaffitta gli oltre 20 piani della Torre B in piazza Gae Aulenti; Bnp cerca coinquilini".

Lo smart non è ovviamente estendibile a tutta la produzione ma si va facendo strada in alcuni settori il progetto di abbattere i costi degli affitti, delle pulizie, interagire singolarmente con il lavoratore a cui assegnare carichi di lavoro e mansioni crescenti.

Il Sole 24 Ore del 21 Gennaio scrive: Su 6,6 miliardi di euro di investimenti immobiliari, in Italia nel 2023 (-44% sul 2022) – informa Cbre – il comparto uffici ha chiuso attorno a 1,2 miliardi, in calo del 74% rispetto all’anno precedente.

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fattoquotidiano

La politica di guerra di Meloni nel mar Rosso fa rivoltare nella tomba pure Andreotti e Craxi

di Paolo Ferrero

Il governo italiano ha deciso di entrare in guerra contro gli Houthi, nel Mar Rosso. Penso che nell’opinione pubblica italiana, cloroformizzata dall’informazione del regime bipolare, non vi sia alcuna consapevolezza dell’enormità decisa. Apparentemente questa scelta sarebbe finalizzata al ripristino del traffico regolare delle navi nel mar Rosso, in realtà è un cambio radicale di collocazione geopolitica dell’Italia sul piano mondiale.

Vediamo perché. Innanzitutto, gli attacchi militari degli Houthi sono fatti in nome e per conto dello Stato dello Yemen il cui Parlamento ha appena votato l’inserimento degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dello stato di Israele nell’elenco dei terroristi internazionali. L’Italia non partecipa quindi a una missione militare contro una organizzazione terroristica ma contro uno Stato: lo Yemen.

In secondo luogo gli Houthi hanno detto chiaramente che intendono bloccare e colpire ogni nave che sia diretta a Israele fino a quando non verrà fermato il massacro di Gaza. L’azione dello Yemen è quindi una precisa azione di guerra finalizzata a interrompere gli scambi commerciali con Israele fino a quando l’esercito israeliano continuerà il genocidio del popolo palestinese a Gaza.

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berlin89

Perchè tanti tedeschi in piazza contro i fascisti dell'Afd

di Vincenzo Maddaloni

Contro quell’estremismo nazifascista che viene considerato in Germania una minaccia alla democrazia, hanno marciato 360.000 sabato e 550.000 domenica cittadini tedeschi secondo le cifre ufficiali annunciate ieri dal Ministero federale degli Interni. Alcuni giornali hanno parlato di 1,5 milione di persone molte delle quali non avevano mai manifestato prima o non manifestavano più da anni. Domenica a Monaco gli organizzatori hanno dovuto sospendere la manifestazione perchè ne aspettavano 40 mila e, invece ne sono arrivati 200 mila. Un record! La polizia ne aveva previsti 25 mila.

Andreas Zick sociologo ricercatore sull'origine dei conflitti con cattedra all'Università di Bielefeld è stato esplicito: "Era da molto tempo che giudici, Chiese e, soprattutto, aziende non si schieravano dalla parte dei manifestanti. Va pure detto che a sfilare non è soltanto il popolo istruito, ma l'intera società civile intergenerazionale".

Le manifestazioni sono una reazione a un’inchiesta pubblicata a inizio gennaio dal sito tedesco di giornalismo investigativo Correctiv, secondo il quale a fine dicembre ci sarebbe stato un incontro tra alcuni leader di AfD e diversi membri del movimento neonazista tedesco e finanziatori del partito.

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coku

Lo Stato Canaglia e la Reificazione di Lavoro (2 paroline su Wenders)

di Leo Essen

Persino la vecchia con reversibilità ribadisce il suo status – la differenza sociale – chiamando per due ore alla settimana, 20 euro, la donna delle pulizie moldava – la serva – a fare quei «lavori che gli italiani non vogliono più fare». Questo stesso mot-de-pass, comparso di recente, è la chiave che apre al mondo dei ricchi, il mondo degli stati canaglia. Il mondo dove non si produce valore, ma si consuma reddito, dove si stampa carta e la si vuole scambiare con merci prodotte in Cina. Dove si ribadisce una sovranità monetaria, convinti di poter comandare questo giochetto.

Non siamo all’interno della divisione capitalistica del lavoro, dove uno fa la Nutella, un altro fa il pane, e un altro ancora il coltello. Siamo alla frutta, dove uno sbuccia la mela, e un altro tiene il piattino, uno caca e un altro pulisce gli schizzi, uno calpesta i 20 mq di giardino e un altro taglia l’erba e spazza la cenere del BBQ.

Nessuno, per vivere – scrive Butler – dovrebbe svolgere un lavoro schifoso. Nessun americano, nessun italiano, dovrebbe fare un lavoro schifoso. Questo è il paradigma – la sindrome americana: l’idea che si possa vivere senza fare il lavoro schifoso, senza pulire il cesso – per esempio.

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rifonda

Lenin, vittoria e sconfitta

di Augusto Illuminati

STORIE. Si lanciò su un treno contro la storia per fare la Rivoluzione d’Ottobre. Se ne andò il 21 gennaio 1924. Ormai paralizzato, viveva a Gorki, in una dacia circondata dalla neve

Gennaio 1918 fu straordinariamente freddo a Pietrogrado, un vento nero piegava le ginocchia e di notte Gesù Cristo andava in pattuglia insieme a dodici guardie rosse. Eppure il 73esimo giorno dopo la presa del Palazzo d’Inverno Vladimir Il’ic uscì dal suo ufficio allo Smol’nyi, bevve champagne e si mise a ballare sulla neve. Realtà o leggenda? In questi casi, si sa, vince la leggenda. I bolscevichi avevano tenuto un giorno in più della Comune di Parigi, il primo assalto al cielo.

QUEL LENIN che balla scarica la paura per lo scampato pericolo e la felicità per avere afferrato al volo l’occasione offerta dalla congiuntura. Per miracolo, iniziativa soggettiva e circostanze si erano «riscontrate» e la rivoluzione aveva «fatto presa», contro ogni regola sugli stadi che avrebbe dovuto attraversare. Già nell’aprile 1917, scendendo dal treno piombato alla stazione di Vyborg, aveva dichiarata chiusa la fase democratica della rivoluzione: si era entrati in quella della conquista del potere da parte degli operai e dei contadini poveri, dei Soviet come organi dell’insurrezione, del rovesciamento del Governo provvisorio per la costruzione di una repubblica sul modello della Comune di Parigi.

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lantidiplomatico

L'Europa si prepara alla rottura della Nato

di Giuseppe Masala

Che la Nato sia stata per decenni la longa manus del potere imperiale di Washington in Europa è vero sin dai tempi della Guerra Fredda che ha visto contrapporsi (non solo ideologicamente ma anche militarmente) gli USA all'URSS, con i paesi europei in ruolo ancillare: ossia, in caso di bisogno dovevano essere pronti a immolarsi e dunque ad accettare che il territorio europeo diventasse teatro di un nuovo sanguinoso conflitto.

Con la fine della Guerra Fredda e la vittoria sull'URSS lo scopo di questa alleanza era di fatto raggiunto ma nessuno propose di chiudere l'esperienza e di far ritirare gli yankees dal suolo europeo. Con il tempo questa organizzazione, orfana dell'URSS e dei comunisti, si ritagliò un ruolo da gendarme del mondo. Pensiamo a tale proposito alle guerre nella ex Yugoslavia che culminarono con i bombardamenti di Belgrado al fine di istituire uno stato fantoccio nella regione ribelle del Kosovo. Il medesimo discorso si può fare per quanto riguarda il bombardamento della Libia nel 2011 al fine di abbattere il governo di Gheddafi e che comportarono la distruzione di un paese che godeva di uno standard di vita altissimo per l'Africa e la sua trasformazione in uno stato fallito preda di banditi e di signori della guerra.

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piccolenote

Trump non si ferma. E il Ceo di JP Morgan lo elogia

di Piccole Note

DeSantis pensa di abbandonare, la Haley fa gaffe indicibili. E il Ceo di JP Morgan dice che Trump aveva ragione su Nato, Cina e tanto altro

Le speranze nutrite dall’establishment americano di fermare Trump già alle primarie repubblicane si affievoliscono. La vittoria in Iowa del “puzzone” è stata schiacciante quanto scioccante per i suoi nemici.

In realtà, era destino manifesto: bastava stare alla realtà piuttosto che alle narrative mainstream, che hanno il vizio di sovrapporre a essa i propri desiderata e spacciarli come dogma inconfutabile.

Risvegliato alla dura realtà, l’establishment si interpella sulle residue possibilità dei propri beniamini – Ron DeSantis e soprattutto Nikki Haley – di strappare al tycoon la nomination. E qui le cose si mettono davvero male.

Così Nicholas Nehamas sul New York Times: “Dopo l’umiliante sconfitta in Iowa, il governatore della Florida Ron DeSantis sta iniziando a segnalare che si sta costruendo una via d’uscita dalla corsa per la nomination dei repubblicani alle presidenziali; sembra, infatti, che stia prendendo atto che ha scarse prospettive di battere Donald Trump a causa dei sondaggi poco promettenti nel New Hampshire e nella Carolina del Sud”, dove si terranno le prossime consultazioni.

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effimera

La metropoli diventa merce | Sul libro di Lucia Tozzi “L’invenzione di Milano”

di Gianni Giovannelli

L’urbanismo è la presa di possesso
dell’ambiente naturale e umano
da parte del capitalismo che, sviluppandosi
conseguentemente in dominio assoluto,
può e deve ora rifare la totalità dello spazio
come suo proprio scenario
(Guy Debord, La società dello spettacolo, 1969)

La casa editrice napoletana Cronopio ha pubblicato nell’anno appena trascorso questo prezioso saggio di Lucia Tozzi che ci offre spunti di riflessione e al tempo spesso costituisce un invito ad approfondire il tema della non ancora ultimata trasformazione di Milano, al fine di comprendere appieno il progetto capitalistico in via di attuazione, quale presupposto necessario per tentare di contrastarlo. Il sottotitolo (Culto della comunicazione e politiche urbane) salda polemicamente l’invenzione capitalistica di una metropoli sottratta per intero ai suoi abitanti e piegata alle esigenze di valorizzazione mediante la forma politico-istituzionale del dispotismo democratico occidentale.

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contropiano2

Le bufale e i soldi. L’Ucraina è un format

di Francesco Dall'Aglio*

Un’estensione di quanto scritto ieri, e l’occasione di tornare, spero per l’ultima volta, su una questione che viene continuamente sollevata: le perdite russe.

Per vendere un conflitto futuro (indipendentemente dal fatto che ci sarà o meno, naturalmente) alla propria popolazione la paura non basta: occorre anche la promessa che sarà vittorioso, e senza nemmeno troppi problemi.

Sì, dovremo ripensare integralmente la nostra società, rinunciare ai nostri privilegi e alle nostre sicurezze, ma alla fine la guerra sarà vinta e riprenderemo a godere di tutte queste belle cose. Un piccolo sacrificio adesso per grandi vantaggi in futuro.

E quindi la Russia è certamente temibile e minacciosa, ma al tempo stesso il suo esercito può essere tranquillamente sconfitto dalla nostra superiore tecnologia e dalle nostre superiori tattiche.

La prova di questo, ci dicono, sono le perdite catastrofiche che i russi stanno subendo, sia in uomini che in materiali, dovute alla nostra superiorità tecnologica, alla tattica dell’ondata umana, l’unica che i comandanti post-sovietici conoscono (che poi non sia vero e non lo sia mai stato poco conta: chi andrà a leggersi qualcosa sulla “battaglia in profondità” sovietica? Ondate umane, terra bruciata, un fucile ogni due soldati e generale inverno, quest’è), e una generale inferiorità intellettiva e fisica che non voglio definire razziale perché qui siamo tutti liberal, ma che bene o male va in quella direzione.

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lantidiplomatico

Crisi nel Mar Rosso: cosa può accadere all'economia mondiale?

di Giacomo Gabellini

Ormai da oltre due mesi, gli Houthi, gruppo yemenita di fede sciita e collegato all’Asse della Resistenza imperniato sull’Iran, conduce una campagna di pirateria nelle acque prospicienti il Golfo di Aden contro i navigli riconducibili a Israele. Con azioni anche spettacolari come quella risalente allo scorso novembre che ha portato alla cattura di Galaxy Leader, nave di proprietà del miliardario israeliano Abraham Ungar. «La detenzione della nave israeliana – ha dichiarato un portavoce degli Houthi – rappresenta un passo pratico compiuto a dimostrazione della serietà delle forze armate yemenite nel condurre questa battaglia marittima, senza riguardo per i costi che comporterà. Si tratta soltanto dell’inizio».

Gli Stati Uniti hanno reagito dapprima promuovendo un programma internazionale di pattugliamento del Mar Rosso, e successivamente colpendo, di concerto con la marina militare britannica, numerosi obiettivi in territorio yemenita – compresa la capitale Sana’a e il governatorato costiero di Hodeidah – al fine deliberato di “neutralizzare” gli Houthi.

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marxismoggi

Gaza: genocidio?

di Antonio Gibelli*

 

Genocidio?

La questione giuridica sollevata dalla denuncia del Sudafrica contro Israele andrà risolta nella sede della Corte internazionale di giustizia cui è stata posta. La procedura prevede che prima dell'emissione della sentenza, la quale potrà richiedere un tempo lungo, si possa imporre l'interruzione dell'azione israeliana, il che appare importante perché – a differenza della feroce azione terroristica di Hamas, consumata in un giorno – quella di Israele, comunque la si qualifichi, è in corso tutt'ora e si annuncia come durevole.

La denuncia del Sudafrica ha sollevato polemiche, distinguo, prese di distanza, inclusi argomenti palesemente capziosi (come l'equiparazione di Gaza a Dresda, ossia di due milioni di civili palestinesi agli ottanta milioni di tedeschi della superpotenza mondiale nazista) di cui non val la pena di occuparsi. Inoltre si parla molto delle malefatte del Sudafrica e poco o niente del merito. Soprattutto si solleva scandalo contro chi osa accomunare sotto la categoria di genocidio il comportamento attuale di Israele e la Shoah.

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marx xxi

I signori delle armi hanno Joe in pugno

di Jeffrey Sachs

In politica estera il presidente americano ha due ruoli essenziali: quello di tenere a freno il complesso militare-industriale, o Mic, che spinge sempre per la guerra; e di tenere a freno gli alleati che si aspettano che gli Usa vadano in guerra per loro conto.

Alcuni presidenti esperti ci riescono, ma la maggior parte fallisce. Joe Biden è certamente un fallimento.

Uno dei presidenti più avveduti è stato Dwight Eisenhower. Alla fine del 1956, dovette affrontare due crisi simultanee: la guerra disastrosamente sbagliata lanciata da Regno Unito, Francia e Israele per rovesciare il governo del Cairo e riprendere il controllo del Canale di Suez dopo la nazionalizzazione da parte dell’Egitto. Eisenhower costrinse gli alleati a fermare l’attacco sfacciato e illegale, anche attraverso una risoluzione dell’assemblea generale Onu; e la rivolta ungherese contro la dominazione sovietica. Pur simpatizzando con la rivolta, Eisenhower tenne saggiamente gli Usa fuori dall’Ungheria, evitando una pericolosa resa dei conti militare.

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crs

La guerra dei chip e delle auto

di Vincenzo Comito

La Cina guida ormai la produzione di alto livello tecnologico, dai chip alle auto. USA ed Europa stanno introducendo norme per ostacolare la crescita dei settori produttivi e le esportazioni dei loro avversari geopolitici, a discapito soprattutto dello sviluppo dei paesi emergenti

Il settore dei chip

È nota l’importanza strategica del settore dei chip, che oggi costituiscono il cuore e il sistema nervoso della gran parte dei business. In un prodotto come l’auto ce ne sono più di mille.

È anche noto che la situazione a livello mondiale, in questo come ormai in molti altri settori, vede il dominio dell’Asia nella produzione, in particolare quello di Taiwan nei chip avanzati nelle unità centrali (Cpu) e della Corea del Sud in quelli di memoria, mentre la Cina è di gran lunga il principale mercato mondiale. Gli Stati Uniti e l’UE, una volta padroni del settore, vedono oggi la loro quota di produzione mondiale non superare il 10% per ciascuno, mentre i primi mantengono comunque mantengono una certa leadership in alcuni segmenti del settore.

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intelligence for the people

Come sonnambuli, gli USA stanno scivolando in un conflitto su vasta scala in Medio Oriente

di Roberto Iannuzzi

Soltanto spingendo Israele verso un cessate il fuoco permanente a Gaza, Biden avrà la certezza di scongiurare una guerra regionale

Se c’è una cosa che i primi cento giorni del tragico conflitto di Gaza hanno dimostrato è che esso non rimane confinato a Gaza.

Fin da subito, oltre che a sud Israele è stato impegnato in scontri di crescente violenza con Hezbollah sul fronte settentrionale. Tel Aviv ha anche ripetutamente bombardato obiettivi iraniani in Siria, oltre agli aeroporti di Damasco e Aleppo.

Le basi americane in Siria e Iraq sono state prese di mira dalle locali milizie filo-iraniane con razzi e droni. Gli USA hanno risposto con rappresaglie aeree via via più aggressive, senza però riuscire a scoraggiare i propri avversari.

Più a sud, il movimento sciita yemenita di Ansar Allah (meglio noto come gli “Houthi”, dal nome del suo fondatore Hussein al-Houthi) ha letteralmente dichiarato guerra a Israele e, data la considerevole distanza che separa i due paesi, dopo alcuni lanci di missili e droni neutralizzati dalle difese israeliane, ha rivolto i propri attacchi contro il traffico navale legato a Israele nel Mar Rosso.

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futurasocieta.png

21 gennaio 1921 – 21 gennaio 2024. La lezione di Gramsci e del PCI

di Alessandro Volponi*

Tre anni fa festeggiavamo il centenario della nascita del Partito Comunista d’Italia. La scissione di Livorno si colloca nel contesto del dibattito della III Internazionale successivo all’Ottobre russo, e in una crisi profonda del Psi. Durante il regime fascista, il neonato PCdI sarà l’unica forza politica organizzata a non abdicare restando attiva nel paese, divenendo protagonista assoluta della Liberazione.

Il 16 gennaio del 1921 si apre a Livorno il XVII congresso del Partito Socialista Italiano. Grande è l’attenzione in Italia e in Europa per l’evento che segnerà il destino della sinistra italiana per un’intera epoca storica. In effetti, la scissione che lo caratterizzerà non è il risultato di cinque giornate di acceso dibattito, ma è già decisa e le sue cause risalgono indietro nel tempo, basti dire che il 21 gennaio, quando la frazione comunista abbandona la sala al canto dell’Internazionale, lo statuto del nuovo partito, il Partito Comunista d’Italia, è già pronto, e nel fatiscente scenario del teatro Marconi si procede all’elezione del comitato centrale formato da quindici membri rappresentativi di una variegata galassia di gruppi di comunisti, distribuiti in modo tutt’altro che uniforme sul territorio nazionale.

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lantidiplomatico

Lettera ai compagni sulla guerra imperialista

di Roberto Gabriele*

È evidente a tutti che la situazione sta superando il limite di guardia. L'imperia­li­smo occidentale a guida americana è in crisi, ma ha deciso, per non arretrare, di scatenare una catena di eventi bellici e costruire capisaldi militari da cui partire per estendere il conflitto.

Il punto di partenza, com'è noto, è stato l'Ucraina. Lì gli USA e la NATO hanno iniziato a concepire una risposta globale alla Russia che non aveva accettato la logica dell'accerchiamento strategico disegnato dagli americani coi paesi europei e l'UE. Già da questa prima fase della ‘guerra a pezzi' i comunisti, quelli almeno che non si sono fatti travolgere da posizioni neotrotskiste basate sulla lotta tra imperialismi, hanno dato battaglia contro tutte le ambiguità per affermare la verità dei fatti. In Italia questa battaglia ha avuto successo. Nonostante l'alleanza di fatto tra destra atlantista e PD, a sinistra ha prevalso la consapevolezza che la responsabilità della guerra in Ucraina è da attribuire ai neonazisti di Kiev e alla Nato.

Gli americani speravano in un facile successo e di incrinare con l'embargo e l'uso della quinta colonna la compattezza del governo di Putin, ma i loro calcoli erano sbagliati e le forze ucraine si sono impantanate in una guerra di logoramento senza sbocco.

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mondocane

Israele, il terrorismo tracima

Intervista a pubblicazione del Canavese

di Fulvio Grimaldi

  1. Frequento il Medioriente e, nello specifico, la Palestina negata, dal 1967, quando fui inviato di Paese Sera alla Guerra dei Sei Giorni. Mi sono occupato delle varie fasi e situazioni del dramma palestinese a partire da quella guerra e a passare per le due Intifade, anni ’80 e ‘2000, i campi profughi in Libano, Giordania e Siria, le due guerre israeliane contro Hezbollah in Libano e, appunto, Gaza. Ho seguito il primo attacco a Gaza, via terra, mare e aria, chiamato Piombo Fuso, che si potrebbe definire prova generale per la guerra in corso.
  2. La situazione in questi giorni in Palestina è segnata soprattutto dallo sterminio senza precedenti e senza limiti della popolazione di Gaza e, in misura, per ora, più contenuta, da quella di Cisgiordania. Si punta, evidentemente, dal governo di estrema destra di Netaniahu a eliminare fisicamente l’intera popolazione, dopo averci provato con un genocidio strisciante a partire dall’iniqua spartizione proposta dall’ONU nel 1947. La formidabile resistenza palestinese, con il consenso che ha suscitato in tutto il mondo, e la parallela distruzione della statura morale dello Stato sionista, hanno però cambiato l’equilibrio dei fattori in campo.

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carmilla

Hegel: un ”cane morto” molto vivace

Luca Cangianti intervista Vladimiro Giacché

Nel “Poscritto alla seconda edizione” del Capitale Marx stigmatizzava la generale disposizione a trattare Hegel da «cane morto», si professava suo discepolo ed evidenziava l’imprescindibile necessità della dialettica per afferrare il funzionamento del modo di produzione capitalistico. Tuttavia, se in Marx vediamo la dialettica al lavoro, rimane pur sempre aperta la questione di che cosa sia nello specifico. Certo, ci si può rivolgere direttamente a Hegel per togliersi la curiosità, ma il pensiero di questo filosofo è notoriamente esposto con un linguaggio spesso oscuro. Per accostarci a questo pensatore, quindi, un’opera come Hegel. La dialettica di Vladimiro Giacché (Diarkos, 2023, pp. 240, € 18,00) risulta di grande utilità. Nella nuova edizione (la prima era uscita nel 2020 in piena pandemia), l’autore ha ulteriormente semplificato il linguaggio (in verità già ampiamente chiaro), arricchito la parte antologica e aggiornato i riferimenti alle nuove edizioni critiche.

* * * *

LC – Hegel viene considerato da molti il filosofo della reazione prussiana. Eppure da giovane scrive opere sovversive (che si guarda bene dal pubblicare), sostiene la necessità dell’abolizione dello stato e manda alle stampe testi politici anonimi.

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lantidiplomatico

Chi prende le decisioni a Washington? Il caso Lloyd Austin

di Giacomo Gabellini

Negli scorsi giorni, si è diffusa la notizia circa il ricovero presso l’ospedale Walter Reed National Military Medical Center del segretario alla Difesa statunitense, il settantenne Lloyd J. Austin, a seguito delle complicazioni di un’operazione chirurgica. Nello specifico, ha spiegato il Pentagono in una nota, Austin avrebbe subito un intervento lo scorso 22 dicembre e sarebbe stato dimesso il giorno successivo, salvo poi entrare in terapia intensiva a capodanno per i forti dolori post-operatori accusati e rimanervi per ben quattro giorni. Conclusi i quali sarebbe quindi stato trasferito nel reparto ordinario e trattenuto per accertamenti fino al 15 gennaio, data della sua dimissione definitiva.

Secondo il resoconto fornito dal portavoce del Dipartimento della Difesa, generale Pat Ryder, Austin avrebbe avuto un colloquio telefonico con il presidente Joe Biden il 6 gennaio, e sarebbe rimasto durante l’intero periodo di ospedalizzazione in stretto contatto con il suo staff, il suo vice Kathleen Hicks e il generale Charles Q. Brown, al vertice dei Capi di Stato Maggiore Congiunti.

Il problema, come riferisce la «Cnn», è che la Hicks era stata tenuta completamente all’oscuro delle condizioni di salute di Austin, e avrebbe appreso della sua ospedalizzazione soltanto nel momento in cui, il 2 gennaio, è stata chiamata ad assumere alcune funzioni normalmente spettanti al segretario della Difesa mentre si trovava in vacanza a Portorico.

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giubberosse

Che significa la 'mossa' iraniana

di Enrico Tomaselli

Anche se il quadro del conflitto in Medio Oriente si presenta estremamente articolato e complesso, nonché foriero di pericolose escalation, è impossibile non osservare come l’Asse della Resistenza – e in particolar modo l’Iran ed Hezbollah – abbia sinora mostrato una grande capacità di gestione strategica e tattica del conflitto, calibrando con grande attenzione ogni mossa. Ragion per cui ha destato non poco stupore il molteplice attacco iraniano dell’altro giorno, proprio perché sembra essere una rottura di quella capacità di equilibrio sinora manifestata. Ma è davvero così?

Consideriamo innanzi tutto gli aspetti principali dell’attacco. A essere stati colpiti sono obiettivi ostili in Siria (ISIS) e Iraq (Mossad), due paesi più che amici, e Pakistan (Jaish Ul-Adl), un paese con cui Teheran ha buoni rapporti – in questi giorni, era addirittura programmata una esercitazione navale congiunta.

Di là dal fatto che l’Iraq, e soprattutto il Pakistan, abbiano protestato in modo significativo, cosa peraltro quasi obbligata sotto il profilo politico-diplomatico, resta il fatto che questi attacchi sono stati portati a termine senza che vi fosse un tentativo di reazione; infatti in alcun caso è stato attivato il sistema di difesa anti-missile.

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altrenotizie

Israele, l’avvertimento di Teheran

di Mario Lombardo

Il governo iraniano ha fatto questa settimana un passo significativo verso il coinvolgimento diretto nel conflitto di portata sempre più vasta che sta infiammando il Medio Oriente a causa della brutale aggressione di Israele contro la striscia di Gaza. Teheran ha infatti risposto tra lunedì e martedì agli attacchi terroristici che nelle scorse settimane avevano provocato oltre cento vittime entro i propri confini, colpendo vari obiettivi in Siria, Iraq e Pakistan.

Se si considera il quadro generale della crisi in corso, l’iniziativa della Repubblica Islamica segna la mobilitazione a favore dei palestinesi dell’ultimo e più importante componente dell’Asse della Resistenza dopo i fatti del 7 ottobre scorso. Oltre a Hamas, sono com’è noto già impegnati contro le forze dello stato ebraico e i suoi più stretti alleati, sia pure con modalità differenti, Hezbollah in Libano, Ansarallah (“Houthis”) nello Yemen e le milizie sciite filo-iraniane in Iraq.

Se Israele e l’Occidente descrivono questi attori come pedine controllate interamente dall’Iran, la realtà appare più sfumata.

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comidad

Guerre e povertà fanno salivare le nostre oligarchie

di comidad

Sono apparse un po’ arzigogolate le motivazioni addotte in parlamento dal ministro Crosetto per giustificare l’ennesimo invio di armi all’Ucraina. Forse avrebbe potuto cavarsela con un più lapidario: “Se non mando le armi non guadagno”. Bisogna comunque riconoscere che ci sono nell’intervento del ministro anche non trascurabili passaggi di umorismo involontario; come quando afferma di non capire come l’azione diplomatica possa fermare missili e droni. In realtà l’azione diplomatica dovrebbe servire per convincere a fermarsi quel governo che ordina ai suoi militari di lanciare missili e droni. D’altra parte davanti a un ragionamento con tanti passaggi, la mente di Crosetto non poteva che vacillare.

Il problema semmai è che oggi gli spazi per un’azione diplomatica non ci sono più, dato che tra aprile e maggio del 2022 furono boicottate tutte le ipotesi di accordo. Il quotidiano “La Stampa” ci faceva sapere che il fronte dei falchi era guidato dal primo ministro britannico Boris Johnson e che la strada da scegliere per la NATO non era arrivare a un compromesso, bensì di aiutare l’Ucraina a sconfiggere la Russia. Nel 2022 si spacciava come realistica l’ipotesi di una vittoria della NATO e dell’Ucraina e una disfatta della Russia. Quella era la narrativa pubblicitaria imposta dalla lobby delle armi.

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lindipendente

Il governo Meloni presenta il nuovo piano pandemico (quasi uguale a quello di Speranza)

di Stefano Baudino

Il governo Meloni ha ufficialmente trasmesso alle Regioni la bozza del nuovo Piano Pandemico 2024-2028, che arriva a distanza di pochi anni da quello del governo Conte II 2021-2023, che portava la firma di Roberto Speranza. Nonostante le forze di centrodestra che oggi sostengono l’esecutivo avessero più volte attaccato le politiche governative sulla gestione del Covid, il nuovo Piano Pandemico sembra una fotocopia del precedente. Per contrastare l’azione di future pandemie si parla ad esempio dei vaccini come delle “misure preventive più efficaci, contraddistinte da un rapporto rischio-beneficio significativamente favorevole” e dello “spiccato valore solidaristico” della vaccinazione. Per la lotta contro potenziali pandemie del futuro si fa poi espresso riferimento a misure già adottate nell’era Covid, tra le quali i test diagnostici, la chiusura di attività lavorative non essenziali e delle scuole, il distanziamento fisico, l’isolamento e le mascherine. Sebbene si dica che “l’isolamento di intere comunità” o “l’interruzione di alcune attività sociali come la scuola in presenza” sia “difficilmente sostenibile per lunghi periodi senza conseguenze sia sul benessere della popolazione che sulla sostenibilità economica”, nel Piano si legge anche che “allentamenti delle misure possono determinare recrudescenze della diffusione del patogeno”.

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mondocane

Iran, Sudafrica, Yemen, Hezbollah, Siria: à la guerre comme à la guerre

L’asse della resistenza salva l'onore dell'umanità (e forse il suo futuro)

di Fulvio Grimaldi

E’ con autentico sollievo che i popoli del mondo, quelli sul lato della vita, della dignità, dell’onore, hanno accolto la risposta al rigurgito di demenza genocida rappresentato dal carcinoma sionista. La sveglia, fuori dal cerchio ristretto delle milizie sciite libanesi e irachene da sempre partecipi della questione, l’hanno data i combattenti Ansarallah, chiamati col nome del loro capo storico, Ḥusayn Badr al-Dīn al-Ḥūthī, caduto in combattimento nel 2004.

Fantastici: hanno messo in crisi il mondo della rapina e della prevaricazione, dello sfruttamento e dell’ipocrisia, senza colpo ferire, senza provocare una sola vittima. Ma è su di essi che si avventano, con il loro armamentario di punizione, morte e devastazione, senza neanche provare a mettersi a un tavolo a praticare la reietta e obsoleta soluzione della diplomazia, quelli che tengono lo strascico sotto il quale lo Stato-mostro seppellisce a decine di migliaia vite giuste.

Già perché quella degli Huthi non è una storia, una guerra di liberazione e di indipendenza, partita ieri. Qui ci si libera dall’incombenza sgradevole di riconoscere dignità politica e legittimazione popolare a gente strana, oscura (pure di pelle), che è meglio far passare per ribelli, sottintendendo che sono elementi irregolari, anche parecchio terroristici (come sancisce inevitabilmente il Dipartimento di Stato) e come tali non istituzionali, fuori dall’ambito di uno Stato come è giusto concepirlo.