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sollevazione2

Un patto di guerra

di Leonardo Mazzei

L’«Accordo di cooperazione sulla sicurezza tra Italia e Ucraina», firmato a Kiev il 24 febbraio da Zelensky e Meloni, è un fatto grave di cui ancora non è stata colta la portata.

Sia il governo, che la stampa mainstream, lo hanno presentato come un atto più simbolico che sostanziale. «Il nostro accordo – come quelli stipulati da Francia, Germania e Regno Unito – non sarà giuridicamente vincolante», ha detto il ministro Tajani il 22 febbraio alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Non vincolante? Ma allora a cosa serve? Per provare a capirlo, seguiamo ancora il discorso del titolare della Farnesina:

«Dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale, né impegni finanziari. Non sono previste garanzie automatiche di sostegno politico o militare. Come quella dei nostri partner, anche la nostra intesa bilaterale non richiederà, quindi, la procedura di ratifica parlamentare».

Ma davvero possiamo credere a questa rassicurante melassa del Tajani? Evidentemente no. Chiaro che l’accordo firmato da Meloni è sulla stessa linea di quelli sottoscritti da Londra, Parigi e Berlino. Chiaro, infatti, che tutte queste iniziative sono state coordinate in ambito NATO e G7. Chiaro, infine, che non potendo far entrare adesso l’Ucraina nell’Alleanza Atlantica, questi accordi bilaterali dovrebbero offrire a Kiev una rete di protezione equivalente, anche se formalmente diversa.

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lantidiplomatico

L'Europa è nuda. Le parole (importanti) di Mario Draghi a l'Ecofin

di Giuseppe Masala

Non si può non notare l'attivismo di Mario Draghi di quest'ultimo periodo. Il dinamismo del Grand Commis romano per la verità non sembra dettato dall'ambizione che lo spinge a ricercare altre super poltrone di grande potere ma piuttosto dalla volontà di salvare la creatura di cui è stato certamente uno dei massimi architetti. Ormai che l'Europa rischi di non sopravvivere non è più argomento per complottisti, ma un dato di fatto di cui si prende atto ai massimi livelli e infatti Draghi ne ha parlato apertamente il 24 Febbraio durante l'ultimo Ecofin tenutosi a Gend in Belgio, al quale è stato invitato nonostante non ricopra la carica di Ministro delle Finanze in nessun paese dell'Unione.

Certamente, il “saggio” Draghi non ha deluso le attese parlando in maniera schietta dei mali dell'Unione Europea. Innanzitutto colpisce che Draghi delinei una disamina che appunto fino a qualche tempo fa pochissimi avevano il coraggio di fare. L'Europa non può più contare: «sull'energia russa, sulle esportazioni cinesi e sulla difesa degli Stati Uniti.

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transform

La costruzione di un sistema di guerra

di Alfonso Gianni

Da gennaio in poi stiamo assistendo a un susseguirsi di accordi di cooperazione in materia di sicurezza fra l’Ucraina e diversi stati europei, sia che facciano parte della Ue che no, e anche d’oltreatlantico. A partire dal 12 gennaio di quest’anno, tali accordi bilaterali, che più propriamente e realisticamente dovremmo chiamare di alleanza militare, sono stati firmati dalla Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca e da ultimo Italia e Canada. Il tratto comune di questi accordi, che rivela apertamente la loro finalità, consiste nel riferimento a una collaborazione immediata e rafforzata tra le due parti con un sistema di risposta di emergenza in 24 ore da attivarsi su richiesta di uno dei due contraenti il patto in caso di un futuro attacco armato da parte della Russia. Infatti all’articolo 11, primo comma, dell’accordo fra Italia e Ucraina si legge: “In caso di futuro attacco armato russo contro l’Ucraina, su richiesta di uno dei partecipanti [ovvero Italia o Ucraina], questi ultimi si consultano entro 24 ore per determinare le misure successive necessarie per contrastare o scoraggiare l’aggressione”.

Per comprendere di quali misure si sta parlando, si può continuare a leggere il testo dell’accordo che impegna il nostro paese:

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mondocane

Libera menzogna in libera guerra

 Mentre c’è chi vive per uccidere e chi muore per la libertà, come sa chi per lei vita rifiuta

di Fulvio Grimaldi

Byoblu-Mondocane 3/16 in onda domenica 21.30. Repliche lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00

Mi sono permesso, nel titolo, di parafrasare, fino a cambiarne il riferimento ma non il senso, il verso di Dante sul sacrificio di Catone per la libertà sottratta da Cesare. Riferimento cambiato fino a un certo punto, però, visto che l’aviere dell’aeronautica USA proprio per la libertà di vivere del popolo palestinese, si è ucciso, facendosi liberare e purificare dal fuoco della sua involontaria, ma subita, complicità col male.

Non mi va di usare il termine cuore, per quella roba zuccherosa e scipita che s’è fatta di questo muscolo nelle mille e mille canzonette che ci avvelenano da Sanremo e da tutti i facili e ipocriti sentimentalismi letterari, cinematografici o formulati a voce. Così è diventata molesta, perfino e soprattutto e non da mo’, la parola amore e, per dirla tutta, la triade, abusata come nessun’altra mai, di cuore amore dolore. Alla larga! E’ l’abuso che si fa di certi elementi del linguaggio, pur integri alla nascita, che li degrada fino a svuotarli di senso. O a invertirlo. Pensate a cosa è stato fatto di “Bella ciao”…

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piccolenote

Il nuovo, vecchio, rilancio della guerra ucraina

di Piccole Note

La disperazione dei neocon a cui non basta il "momento Navalny" per superare gli ostacoli del congresso Usa. Le nuovo, folli proposte per continuare la macelleria ucraina

Lo tsunami Navalny si è abbattuto su entrambe le sponde dell’oceano con effetti differenti. Se negli Usa l’effetto è stato attutito, salvo qualche intemperanza verbale verso Putin, in Europa ha avuto l’effetto della benzina sulle fiamme in via di estinzione della guerra ucraina, ravvivando l’incendio.

 

Guerra ucraina, la “disperazione” neocon

Al congresso Usa infatti i repubblicani fedeli a Trump sembrano aver resistito alle pressioni neocon per rilanciare la crociata anti-russa. E questa non è cosa da poco visto che la Camera dovrà decidere del nuovo stanziamento destinato all’Ucraina, o meglio dovrà decidere un nuovo finanziamento destinato alle aziende Usa che producono armi destinate all’Ucraina, come ha recentemente puntualizzato la Nuland, citata Ron Paul.

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comuneinfo

La transizione energetica è impossibile nel capitalismo

di Raúl Zibechi

Il sistema capitalista è profondamente dipendente dai combustibili fossili ed è in agricoltura che quella dipendenza è decisiva. Quelli che sono in alto lo sanno, non possono e non vogliono sbarazzarsi del fossile: per questo promuovono una transizione energetica con cui consolidarsi in un periodo caos climatico. In questo senso, il capitalismo, scrive Raúl Zibechi, opera con le stesse modalità che mette in atto di fronte alle contestazioni del patriarcato e del colonialismo: cercando di legittimarsi con presunte politiche contro il maschilismo e il razzismo

Il capitalismo starebbe promuovendo una transizione energetica per consolidarsi in un periodo di crisi e caos climatico che può minacciare la sua [presunta] legittimità. In questo senso, opera con le stesse modalità che mette in atto di fronte alle contestazioni del patriarcato e del colonialismo: cercando di legittimarsi con presunte politiche contro il maschilismo e il razzismo, fingendo che il sistema condivida alcuni aspetti delle lotte femministe e di quelle dei popoli oppressi, con l’obiettivo di ritagliarsi un piccolo settore di fedeli che si incastonano al vertice della piramide del sistema.

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lantidiplomatico

Al NYT hanno scoperto che gli “stupri di massa” erano solo propaganda

di Daniele Luttazzi

Anche in Italia i propagandisti pro-Netanyahu scrissero sui giornali e raccontarono in tv degli “stupri di massa” commessi da Hamas a Gaza il 7 ottobre. L’avevano letto sul New York Times, e la “notizia” era stata rilanciata dalla Bbc, dal Guardian, dalla Cnn, dall’Associated Press e da Reuters; ma quegli articoli sugli “stupri di massa” erano un falso. I co-autori di quei pezzi, lodati all’epoca dal caporedattore del Times Joe Kahn, erano Jeffrey Gettleman, Anat Schwartz e Adam Sella. Sabato scorso l’account Telegram @zei_squirrel ha aperto un vaso di Pandora: ha mostrato al mondo i like di Anat Schwartz a diversi post di propaganda sionista su X, fra cui uno che definiva i palestinesi “animali” che meritano un “Olocausto”; uno sui “40 bambini decapitati” (un altro falso); uno che invocava la trasformazione di Gaza in un “mattatoio”; e un altro che esortava i propagandisti di Israele a diffondere il paragone “Hamas è l’Isis” per spaventare l’opinione pubblica occidentale (t.ly/ntbMI).

Il Times ha aperto un’inchiesta interna sulla Schwartz poiché le norme aziendali vietano ai suoi giornalisti di “esprimere opinioni di parte, promuovere opinioni politiche, sostenere candidati, fare commenti offensivi o fare qualsiasi altra cosa che possa minare la reputazione giornalistica del Times”.

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linterferenza

Pisa: ipocrita sceneggiata di destra e “sinistra”

di Fabrizio Marchi

Voglio ribadire la mia solidarietà ai giovani liceali pisani che sono stati presi a manganellate dalla polizia. Dire – come hanno fatto alcuni esponenti del governo e del centrodestra – che gli agenti hanno reagito in quel modo perché sono stati provocati o presi a parolacce è ridicolo. Ogni domenica negli stadi poliziotti e carabinieri vengono insultati (e a volte anche fatti oggetto di lanci di oggetti di vario genere) e, anche se può essere fastidioso accettarlo, sono pagati anche per sopportare insulti, fischi e lazzi, perché il fine delle forze dell’ordine (così si chiamano non a caso) è il mantenimento e la salvaguardia dell’ordine pubblico, non caricare o pestare chi ti prende a parolacce durante una manifestazione, specie se si è in presenza di ragazzini che magari giocano a fare i duri e a incappucciarsi, ma sempre di ragazzini si tratta. E siccome è il grande che contiene il piccolo e non viceversa, le forze dell’ordine sono chiamate a svolgere la loro funzione con equilibrio e con le dovute proporzioni, cosa che a Pisa non mi pare sia avvenuta. Se anche quegli studenti avessero tentato di dirigersi in luoghi non autorizzati – perché questa è stata una delle risposte date da alcuni esponenti del centrodestra per giustificare quanto avvenuto – la polizia era sicuramente in grado di bloccarli senza ricorrere a una risposta così dura.

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altrenotizie

Il NYTimes e la guerra della CIA

di Mario Lombardo

Le due tesi fondamentali su cui si è basata e in larga misura continua a basarsi la campagna di propaganda occidentale contro la Russia sono la natura “non provocata” dell’intervento militare lanciato quasi esattamente due anni fa e il semplice appoggio esterno dei paesi NATO al regime di Zelensky, ufficialmente contrari a una partecipazione diretta alle operazioni belliche contro Mosca. Un lungo articolo del New York Times, pubblicato nel fine settimana, ha smentito però entrambe le versioni, confermando sia la strettissima collaborazione tra gli Stati Uniti e, in particolare, la CIA e le forze ucraine sia la valanga di provocazioni orchestrate da Washington e Kiev almeno a partire dal colpo di stato neo-nazista del febbraio 2014.

È lo stesso giornale americano a convalidare ciò che i servizi segreti russi e il Cremlino avevano sostenuto alla vigilia dell’inizio della cosiddetta “Operazione Militare Speciale”. La CIA, assieme al britannico MI6, stava cioè trasformando a tutti gli effetti l’Ucraina in un centro nevralgico da cui pianificare e condurre operazioni destinate a colpire e indebolire la Russia.

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marx xxi

Il pantano dell’ultimo azzardo e i trent’anni contro la Russia

di Fabio Mini

Sull’anniversario dei due anni dall’invasione russa in Ucraina non dovrei scrivere nulla, sia per coerenza con quanto ho sempre sostenuto (la tragedia non è iniziata il 24 febbraio 2022), sia perché dopo due anni non vedo fatti sorprendenti da commentare in Ucraina rispetto a quanto succede altrove. Semmai merita una riflessione l’anniversario dei trent’anni (dal 1994) di destabilizzazione in Europa e allargamento della Nato ai danni della sicurezza russa, dei vent’anni di guerra di sovversione (dal 2004) da parte degli Stati Uniti in Ucraina e dei dieci anni (dal 2014) di guerra di repressione ucraina nei confronti dei suoi stessi cittadini russofoni. In questa prospettiva, la spedizione militare russa in territorio ucraino del 2022 appare per quello che veramente è stata e non per ciò che a essa è stato attribuito da chi voleva e ancora vuole la guerra in Europa contro la Russia e contro la stessa Europa. Non è stata un’invasione full scale (totale), unmotivated (immotivata), unprovoked (non provocata), illegal (illegale) e nemmeno criminal (criminale) come ci viene propinato. È stata una delle possibili risposte alla guerra voluta, preparata e sostenuta esattamente da chi la definisce con tali espressioni. Di fronte a un regime ucraino che con i presidenti Yuschenko, Turcynov e Poroshenko era palesemente nazista e antirusso, e con quello di Zelensky pronto a subire i diktat dell’estrema destra sostenuta dagli Stati Uniti e dall’Europa, la Russia aveva già lanciato chiari messaggi.

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linterferenza

Perfect Days. La speranza orientale di Wim Wenders

di Roberto Donini

1) Sul Kototoi bridge di Tokyo, sospeso sullo scorrere del canale di Sumida, insieme alla nipote Niko, Hirayama, il protagonista, pronuncia il suo unico discorso per esporre una teoria di spazio e tempo. Lo spazio è “monadi”, afferma: “ognuno è un Mondo” con possibilità ma non necessità di incontrare “un altro Mondo”. Il tempo è istanti presenti - discontinui, canticchia con la nipote: “adesso è adesso - un’altra volta è un’altra volta” e allude a una non linearità – progressiva del tempo. Il film narra la “routine” del protagonista e questa ripetizione ci propone un mondo stabile. Lo spazio si allarga (espira) dall’angusta casa → alla città intera dove lavora, ai giardini, alle terme, al piccolo bar dove mangia la sera → alle piccole variazioni del giorno di festa (la lavanderia, la libreria, il locale) → per poi, infine, tornare a restringersi nella casa (inspira).

Analogamente “respira” il tempo: ogni “genere” di gesto (alzarsi /piegare il futon, ecc.) con minime varianti “specifiche” è celebrato ogni giorno. Circoscrizione dello spazio con abitudinale frequentazionedegli stessi luoghi e ritualizzazione del tempo con la ripetizione altrettanto puntuale dei gesti. Torna sempre sugli stessi posti e fa sempre le stesse cose, così ha familiarità del proprio Mondo e “rallenta” il proprio tempo.

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altrenotizie

Kiev, i colpi di coda dell'Occidente

di Fabio Marcelli

Non ci vogliono stare. La propaganda atlantista rilancia, imperterrita e sbruffona, traendo alimento dalla triste e oscura fine di Alexei Navalny. Eppure la situazione sul campo è molto chiara e indica che, come prevedibile, la Russia sta prevalendo. Putin del resto ha più volte espresso la sua disponibilità a negoziare una pace onorevole per entrambe le parti. Base concreta del negoziato è l’accordo raggiunto a Istanbul poco tempo dopo l’invasione, che lo stesso Putin cita più volte nella nota intervista al giornalista statunitense Tucker Carlsson. Gli ingredienti sono quelli noti da tempo: autonomia del Donbass, Crimea alla Russia (eventualmente verificando in entrambi i casi la volontà popolare), divieto di propaganda nazista e neutralità per l’Ucraina. Un accordo mutuamente soddisfacente che si sarebbe potuto raggiungere agevolmente due anni e circa duecentomila morti fa.

Ma le infami burocrazie atlantiste non demordono. Con incredibile arroganza il presidente (ancora per poco) del Consiglio europeo, Charles Michel, afferma che esiste solo un piano A, la vittoria dell’Ucraina, mentre il malfermo Joe Biden, che ricopre ancora per poco la carica di presidente degli Stati Uniti, approfitta della morte di Navalny per tornare a insultare grossolanamente Putin.

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lantidiplomatico

Sicurezza? Quello che Meloni ha firmato a Kiev a nome dello stato italiano

di Andrea Zhok

Giorgia Meloni a nome dello stato italiano ha firmato un accordo bilaterale di cooperazione per la Sicurezza con il presidente ucraino Zelensky.

L'accordo ha validità decennale (10 anni).

L'accordo impone all'Italia di intervenire in sostegno di Kiev entro 24 ore in caso di nuovo attacco di Mosca e di continuare a fornire aiuti economici e militari al governo ucraino.

L'Italia si impegna inoltre a favorire l'ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato.

Si prospetta poi la possibilità di addestrare l'esercito ucraino e di condurre esercitazioni da parte dell’esercito italiano anche in territorio ucraino.

In sostanza, non paga di aver bruciato ottimi rapporti pluridecennali con la Russia, di aver buttato un numero indefinito di miliardi (i numeri sono secretati) nel sostegno bellico all'Ucraina, di aver contribuito a un'esplosione dei prezzi dell'energia che ha impoverito il paese e proseguito nell'attività di deindustrializzazione, ora Giorgia Meloni vuole lasciare il suo segno nella storia legando l'Italia sempre più strettamente a un paese che sta colando a picco, militarmente ed economicamente, esponendola in maniera crescente sul piano bellico.

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lafionda

La censura sui social

di Giusi Di Cristina

Si sa che nelle democrazie la libertà d’espressione è una cifra fondamentale, uno di quegli elementi che ci assicura di vivere nel posto giusto, ove mai qualcuno potrebbe proibirci di dire o scrivere la nostra opinione.

Certo. Fin quando non si instaura una intellighenzia superiore, una sovrastruttura potremmo dire, che decide cosa si può o non si può dire, scrivere, condividere sui social per non turbare talune indefinite “sensibilità”. Tutto questo è particolarmente evidente nelle piazze dei social, mascherate da luoghi di libera parola ma sottoposti alla scure del padrone che detta le regole di ciò che è postabile e ciò che non lo è. Utenti hanno visto restrizioni alla condivisione di opere d’arte con nudi, per non parlare della guerra alle immagini sull’allattamento: un corto circuito culturale per cui l’algoritmo non riconosceva l’arte o un atto assolutamente naturale.

Negli ultimissimi anni però si è passati da un algoritmo che non comprendendo l’arte punisce glutei e seni a un algoritmo che al contrario capisce benissimo cosa e chi punire dietro alla scusa di difendere il pubblico da post che diffonderebbero contenuti violenti o falsi. Vengono tolti post e bloccati utenti e profili senza la possibilità di un contraddittorio.

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Da Milano verso la costruzione di un movimento antimperialista

a cura della redazione

“Con la Resistenza palestinese – Blocchiamo le guerre coloniali e imperialiste”: questo lo striscione di apertura del grande corteo di sabato scorso a Milano, città paralizzata dalla marea di 35mila manifestanti contro il genocidio del popolo palestinese. I fatti antecedenti, di violenza delle forze dell’ordine nei cortei studenteschi a Pisa e Firenze – seguiti subito dopo dall’invasione spontanea delle piazze da parte di moltitudini di cittadini – hanno dato probabilmente una spinta ulteriore a un livello di partecipazione che non si vedeva da tempo. Questo avvenimento, però, è importante non solo per la “quantità”, ma anche per la qualità dei contenuti espressi: non la rivendicazione di una pace generica, ma una decisa denuncia delle cause dell’oppressione dei popoli, della strage di proletari, del ricorso alla guerra globale. Da qui si deve partire per costruire un forte movimento antimperialista.

Accade da sempre, manifestazioni di piazza oceaniche il giorno successivo diventano cortei di sparute minoranze; se poi una decina di giovani prende di mira la vetrina di un ipermercato, già contestato dal Bds per rapporti commerciali con Israele, ci si sofferma sul particolare vandalico e l’azione simbolica diventa l’argomento su cui focalizzare ogni attenzione per imporre divieti e tolleranza zero facendo calare il silenzio sul genocidio del popolo palestinese.

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sinistra

Credito, finanza, denaro ... fiducia

di Luciano Bertolotto

 

Piccola storia di paese

1987. Nel Pinerolese, scoppiò lo scandalo dei container fantasma. Un noto e stimato imprenditore (tale Nuccio Candellero) raccolse, tramite una sua finanziaria quote da investire in container. Questi, affittati per spedizioni internazionali, garantivano una rendita del 18% annuo.

Si era agli albori della globalizzazione e i cassoni da trasporto simboleggiavano la rivoluzione economica.

In 1700 abboccarono e versarono un importo complessivo di 35 miliardi di lire.

Lettere anonime informarono che i cassoni non esistevano. Crollò l'intero castello: le quote dei nuovi soci servivano a pagare i promessi interessi a chi aveva precedentemente sottoscritto.

Sistema in grado di funzionare solo crescendo su se stesso.

In questo meccanismo, l'esistenza o meno dei container non aveva grande importanza.

Era la fiducia riposta in essi che permetteva il dipanarsi della catena di sant'Antonio.

Niente di nuovo. Un sistema nato nell'Ottocento per diffondere preghiere e, poi, utilizzato, nel Novecento, per racimolare soldi.

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mondocane

Per far sopravvivere il Potere --- ASSANGE (e WIKILEAKS) DEVE MORIRE

di Fulvio Grimaldi

Per “Il ringhio del bassotto”, Paolo Arigotti intervista Fulvio Grimaldi

Il ringhio del bassotto: Assange e i pericoli per la libertà di espressione (con Fulvio Grimaldi)

Qui si parla in lungo e in largo della vicenda Assange, omicidio bianco programmato, e della spaccatura tra due mondi in contesa strategica e definitiva: quello di Assange e il l’antimondo di Navalny.

 Altri ne hanno trattato, anche meglio e sotto le più varie angolazioni. La stampa mainstream, dal canto suo, che si trova nel secondo dei due mondi citati, del primo non sa, non vede, non dice, se non per ripetere l’arzigogolo dello spione – altro che giornalista - al servizio di Putin. Il giornalismo lo concepiscono così, essendo della razza di quelli che si beccano uno stipendio e buffetti da mane a sera per ogni servizietto fornito, cioè per fare i ragazzi di bottega di assassini in marsina, truffatori, mentitori, rapinatori. E, dunque, per ignorare e diffamare Assange ed elevare sugli altari il qui pro quo russo.

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dellospiritolibero

Tronti e le rivolte dell’individuo massa. Un incontro mancato?

di Massimo Ilardi

Sono consapevole che prendere una posizione critica e anche poco argomentata, come nel caso di questo scritto, sul pensiero di Mario Tronti è una scelta che mi farà correre il rischio di un’avventura teorica pericolosa perché il confronto è con il più raffinato teorico e il più incomparabile interprete di quel lungo secolo che fu il Novecento. Ma ho deciso di assumermi questo rischio perché l’alternativa sarebbe stata poco ‘trontiana’ e cioè quella di descrivere semplicemente il suo pensiero o di accettarlo in tutta la sua complessità.

Una breve premessa autobiografica (che ho avuto occasione di discuterla con Gigi Roggero dopo aver letto il suo bell’intervento In guerra col mondo. Per Mario Tronti sulla rivista Machina all’indomani della sua morte): ho seguito fin dagli anni Sessanta e condiviso attivamente le fasi del suo pensiero, dall’operaismo all’autonomia del politico, e questo quando all’interno dello establishment culturale della sinistra esisteva nei suoi confronti un ostracismo neanche troppo velato. La cosa più ridicola che mi sta capitando in questi giorni è di leggere elogi sul pensiero di Tronti fatti dagli stessi intellettuali che se negli anni ’70 dicevi loro che stavi leggendo Carl Schmitt o Nietzsche ti davano come minimo del fascista!

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marx xxi

La pace per la pace. Il conflitto in Ucraina e l’opinione pubblica europea. Editoriale

di Francesco Galofaro - Università IULM

Il 22 febbraio l’agenzia ANSA ha diffuso i dati di un sondaggio realizzato in 12 paesi europei (Austria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia) sulle prospettive della guerra in Ucraina. Il committente è un think-tank paneuropeo, lo European Council on Foreign Relations, che comprende ex-ministri, politici, diplomatici, imprenditori. Il sito dell’ECFR è pieno di buoni consigli ai politici europei: come convivere con una guerra di lungo periodo; come convincere l’opinione pubblica sull’allargamento a est dell’UE; come mantenere il supporto all’Ucraina anche dopo il terremoto delle prossime elezioni europee e americane. Poiché la maggior parte degli articoli ha per oggetto la manipolazione di un’opinione pubblica riottosa, ci si chiede quali interessi servano i politici cui il think tank si rivolge.

Venendo al sondaggio, il morale dei cittadini è piuttosto basso. In media, solo 10 cittadini europei su 100 pensano che l’Ucraina vincerà. Il 20% crede che vincerà la Russia, mentre il 37% è convinto che il conflitto si risolverà con un accordo. Quanto al nostro Paese, solo 6 italiani su 100 credono nella vittoria ucraina; il 19% pensa che vincerà la Russia; il 43% ritiene che l’accordo sia lo scenario più probabile.

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contropiano2

La Germania punta a una ripresa economica fondata sulle spese militari. Pessimo segnale

di Stefano Porcari

La Germania è ormai in preda a un furore bellicista che spiega molte cose. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha infatti annunciato ieri ulteriori spese militari per la Germania in occasione del secondo anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina.

Il capo del governo federale di coalizione tra Spd, Verdi e Liberali, ha ribadito il sostegno all’Ucraina “nella sua autodifesa finché sarà necessario”.

Allo stesso tempo, Scholz ha sottolineato: “Noi, Germania ed Europa, stiamo facendo di più e dobbiamo fare di più per poterci difendere in maniera efficace”.

Per Scholz vocaboli come “deterrenza” o “prontezza della difesa” sono per alcuni sconosciuti quando pronunciati da un cancelliere e sono “quasi dimenticate”, ma rappresentano un compito importante. Per il cancelliere tedesco “insieme ai nostri alleati, dobbiamo essere tanto forti che nessuno osi attaccarci, così garantiamo la nostra sicurezza ed è così che difendiamo la pace in Europa”.

La migliore garanzia in tal senso è e resta la Nato. Per questo motivo, ha sottolineato il capo del governo federale “stiamo potenziando la Bundeswher e la Difesa dell’Europa. Questo è il nostro contributo a una Nato forte”.

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clarissa

Due anni di guerra in Europa

di Gaetano Colonna

In questi due anni di conflitto fra Russia e Ucraina, non si è fatto altro che parlare di fake news e di disinformazione. Telegiornali e quotidiani, intanto, si sono ogni giorno riempiti di notizie che avevano ed hanno il sapore di pura propaganda: vivendo in un Paese occidentale, ovviamente, questa propaganda è stata sviluppata costantemente in senso anti-russo.

Abbiamo pensato sia giusto e necessario mettere semplicemente in fila alcuni punti che la propaganda del mainstream occidentale dimentica di ricordare, e che un buon europeo, invece, non deve dimenticare.

 

1. Motivazione della guerra

Secondo la propaganda occidentale, l’aggressione di Putin dimostra la volontà della Russia di conquistare l’Ucraina, e quindi rappresenta un minaccia diretta per l’Occidente.

Non è così: risulta oramai evidente che Putin ha concepito l’intervento militare come una operazione speciale il cui scopo era, in prima battuta, il rovesciamento del regime di Zelensky; contemporaneamente, l’acquisizione delle province russofone del Donbass, che l’Ucraina ha tenuto per lunghi anni in condizioni di guerra civile (2014-2022).

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lafionda

Il mondo dopo il 24 febbraio

di Paolo Cornetti

Sono passati due anni dalla fatidica data. Prima che accadesse non avevamo intuito quanto il mondo che conoscevamo potesse cambiare da un momento all’altro, chiusi come eravamo nella nostra bolla che aveva le pareti composte di un equilibrio internazionale basato sulla potenza militare ed economica degli Stati Uniti.

Non ci si può nascondere, il 24 febbraio 2022 ha modificato la Storia. È intervenuto come un pugno a sfondare un muro ideale eretto da almeno tre decenni.

Quel giorno è il segno, infatti, dell’inizio della guerra alla pervasiva egemonia americana nel mondo. Il momento in cui gli Stati che si sentivano penalizzati dal peso di Washington hanno iniziato a elaborare strategie per liberarsene, anche con la forza.

Non possiamo essere sicuri che Putin il giorno che ha dato l’ordine di invadere i territori ucraini partendo dalle zone autonome e filo-russe del Donbass avesse esattamente ciò in mente, ma questo è stato sostanzialmente l’effetto. Nella lunga onda del 24 febbraio 2022, che probabilmente ci porteremo dietro per molto tempo, va anche inserita senz’altro l’attuale situazione del Medio Oriente, dove vari attori hanno iniziato in maniera disordinata, dall’Arabia Saudita all’Iran, a pretendere chi maggiore autonomia, chi completa libertà d’azione rispetto agli Stati Uniti.

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quodlibet

La spada di Damocle

di Giorgio Agamben

È bene non dimenticare la leggenda di Damocle, che Cicerone racconta nelle sue Dispute Tusculane. Un giorno, Damocle, un cortigiano di Dionisio, tiranno di Siracusa, lo elogiava «per le sue ricchezze, per la maestà della sua potenza, per la magnificenza della sua reggia». «Damocle –gli rispose il tiranno – poiché ti piace questa vita, voglio dartene un assaggio e farti provare la mia sorte». Lo fece sedere su un divano ricoperto da un drappo finemente ricamato, gli mise davanti vasellami preziosi e mise al suo servizio giovani di straordinaria bellezza pronti a eseguire ogni suo cenno. Damocle si credeva felice, finché non si accorse che dal soffitto gli pendeva sul capo una spada acuminata sospesa a un crine di cavallo. A quel punto l’incauto encomiasta rinunciò a ricchezze e potere e scongiurò Dionisio di lasciarlo andar via, perché non voleva più essere felice in quel modo.

Oggi vediamo che la spada sospesa sul capo dei tiranni sta per cadere, il crine che sostiene quella sospesa sul capo di Zelensky è ormai liso e consunto e forse, domani, anche quella che pende su altri, a lui complici o avversi, potrà cadere.

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fattoquotidiano

Due anni di guerra tra Russia e Ucraina: così i nostri governanti mentono e distorcono la realtà

di Paolo Ferrero

Dopo otto anni di guerra civile nel Donbass, due anni fa, il 24 febbraio 2022, è iniziata la guerra tra Russia e Ucraina. In questi due anni è cambiato il mondo e, tra le altre cose, è cambiata la comunicazione pubblica in occidente. Non che i media prima fossero un esempio di obiettività e di informazione pluralista, ma in questi anni di guerra la situazione è peggiorata in modo clamoroso e la manipolazione dell’opinione pubblica è diventata la norma.

Ovviamente non tutta la manipolazione dell’opinione pubblica passa attraverso bugie. Sovente basta il non detto, oppure illazioni che vengono ripetute così tanto da apparire vere. In altri casi ancora ci troviamo dinnanzi a bugie che producono un grande impatto e che poi vengono smentite debolmente, ma solo molto tempo dopo. In questo modo nella memoria delle persone rimane il falso, ma il potere può sempre vantarsi di saper correggere i propri errori. Qui di seguito alcuni esempi giusto per segnalare il problema.

 

Informazioni pilotate

Due anni fa in occidente questa guerra è stata presentata come un fulmine a ciel sereno dovuto alle manie di grandezza del folle autocrate russo.

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kamomodena

Verso tempi di chiarificazione

di kamo

0. Impercettibili sfrigolii nell’aria di elettricità statica. Vibrazioni di energia cinetica che rompono l’immobilità ristagnante. Attività elettrica che ionizza l’atmosfera, creando le condizioni per scaricarsi a terra.

Si sta muovendo qualcosa. I cani fiutano il temporale.

1. È la guerra. Non le guerre: d’Ucraina, di Palestina. La guerra, unica e indivisibile: operazione di senso non scontata. Sono i fronti di un unico conflitto, che ci vede già coinvolti, questa volta da vicino, questa volta non senza conseguenze. Non è il Kosovo, l’Afghanistan, l’Iraq: sono l’Europa, il Mediterraneo – trincee più avanzate degli Stati Uniti. L’Italia al centro di entrambi: pedina dell’impero americano, legata industrialmente alla Germania, dipendente dalle rotte medioceaniche. In un conflitto ibrido che si combatte su più livelli, la cui posta in gioco sono i nuovi equilibri del sistema-mondo.

2. Come retrovie, siamo già in guerra. Prima ce ne rendiamo conto meglio sarà. Loro, quelli che decidono e comandano, lo sanno. È la guerra dei nostri tempi, che scuote, rimescola, mobilita tutto: processi di polarizzazione sociale sono già in atto, altri di radicalizzazione politica bussano alle porte, mezze classi e ceti medi – barometri sociali che registrano il cambiamento delle correnti nell’atmosfera – entrano in agitazione: recentemente, in tutto il Vecchio Continente, col trattore in tangenziale.

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mondocane

Assange per noi, Navalny per loro e Regeni per l’MI6

di Fulvio Grimaldi

https://www.youtube.com/watch?v=lmaf7rSqlHY

https://t.me/debitoedemocrazia/3137

https://youtu.be/zZrYXZ3xyZ0

Byoblu-Mondocane 3/15: “DEMOCRAZIA, MA CHE, DAVVERO?!”. In onda domenica 21.30. Repliche, lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00 (e poi provate a dire che non capita un giorno utile!)

Un Mondocane corredato da qualche mia riflessione video in occasione del presidio all’ambasciata britannica in difesa e per la salvezza di Julian Assange, della Palestina e della verità.

Che sollievo per i gazzettieri embedded della nostra (Occidente politico) stampa potersi armare e partire, al comando del demente senile Biden, contro l’assassino Putin - apoditticamente tale, a prescindere - del più importante, amabile, maestoso, invitto, oppositore dello zar. Oltre alla malvagità intrinseca del tiranno, se ne poteva rilevare anche la cretinaggine per aver ucciso uno che, da morto, gli si sarebbe ritorto contro mille volte più di quanto non abbia mai fatto in vita.

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comedonchisciotte.org

Come immaginiamo una dittatura sanitaria?

di Daniele Ioannilli

Come immaginiamo una dittatura sanitaria?

Come ci viene sovente proposta, ovvero personale medico in tuta anticontaminazione a ogni angolo di strada che impone controlli fisici aiutato dall’esercito, coprifuoco e divieti di parlare con altre persone per la strada? Forse trent’anni fa, oggi la dittatura moderna si modella sulla necessità, vuole essere richiesta, vuole essere vista come portatrice di sicurezza e libertà.

Dal Covid in poi il Potere sta preparando il terreno affinché questo succeda. Piccoli passi, dettagli che “sì vabbè è sempre la stessa cosa”… Guardiamo i passi fatti:

  • Nuovo virus dato per estremamente mortale;
  • Propaganda affinché tutti se ne convincano;
  • Si dà un unica soluzione, pena la morte certa. L’obbiettivo è quello di far vaccinare quanta più popolazione possibile;
  • C’è troppa confusione, gli Stati nazionali non sono in grado di coordinarsi tra loro e lavorare in sinergia. Bisogna spostare tutta la gestione di futuri virus mortali a un unico organo con poteri sovranazionali. In questo caso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità);

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quodlibet

Tramonto dell’occidente?

di Giorgio Agamben

Nei testi pubblicati in questa rubrica è spesso questione della fine dell’Occidente. È bene qui non fraintendere. Non si tratta della rassegnata – anche se lucida e amara – contemplazione dell’ultimo atto di un tramonto che Spengler e altri pseudoprofeti avevano annunciato fin troppo tempo fa. A costoro non interessava null’altro che quel tramonto, ne erano in fondo complici e persino compiaciuti, perché nei tascapani e nelle casseforti del loro spirito non era rimasto proprio niente, quella era per così dire la loro unica ricchezza, della quale non volevano a nessun costo essere defraudati. Per questo Spengler poteva scrivere nel 1917: «io ho il solo desiderio che questo libro possa stare vicino senza esserne completamente indegno alle imprese militari della Germania».

Per noi, al contrario, la morte dell’Occidente è la felice utopia, qualcosa come la gleba smossa e il deserto di sabbia, di cui la nostra speranza ha bisogno non per trovarvi qualche nutrimento, ma per poggiarvi sopra i piedi, in attesa di gettarla alla prima occasione negli occhi dei nostri avversari.

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 lantidiplomatico

A Monaco si è decisa la rottura della NATO che conoscevamo

di Giuseppe Masala

Mai come quest'anno è stata di cruciale importanza la Conferenza sulla sicurezza di Monaco (Münchner Sicherheitskonferenz MSC) che si è svolta la settimana scorsa nella città bavarese e che ha visto le élites dei paesi più importanti sotto l'aspetto diplomatico e militare dibattere sui temi d'attualità della sicurezza mondiale. Inutile sottolineare che ovviamente la Russia non è stata invitata in ossequio alla strategia che vorrebbe trasformare Mosca in un paria mondiale.

Naturalmente i mass media generalisti si sono concentrati sugli aspetti ormai quasi folkloristici dei vertici internazionali, come per esempio il solito - trito e ritrito - discorso del Presidente ucraino Zelenskij a caccia di armi e finanziamenti dai cosiddetti paesi “donatori” e alleati.

Comunque, dietro il palcoscenico spesso accadono le cose più importanti. A mio avviso è stato così anche in questa conferenza di Monaco. Aleggiava infatti nei discorsi pubblici e nelle interviste ai giornalisti, un Convitato di Pietra, innominato e innominabile, ma non per questo meno importante. Si tratta dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Fantasma reale e palpabile, non foss'altro che per il semplice fatto che è candidato – e grande favorito – nelle elezioni presidenziali di fine anno.

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comidad

I veri attori sono le lobby d'affari, non gli stati

di comidad

È davvero commovente lo zelo con il quale i nostri media e i nostri politici cercano di convincerci che Putin è un tipo poco raccomandabile. Magari i suoi supporter ancora credono che Putin abbia preso il potere in Russia, e lo abbia mantenuto per quasi un quarto di secolo, grazie alla sua qualità di essere il più lesto ad aiutare le vecchiette ad attraversare la strada. In realtà nessuno pensa che Putin sia uno stinco di santo e sono altri i motivi per cui è diventato popolare tra i cosiddetti “populisti” o “sovranisti”.

Le attuali oligarchie euro-americane sono sempre più sradicate e ostili nei confronti delle proprie popolazioni, che trattano come cavie e immondizia. Si parte da questo dato oggettivo, ma poi scatta nuovamente il senso di gerarchia, la reverenza culturale nei confronti delle classi superiori. Invece di constatare che queste bolle oligarchiche sono composte da cleptocrati parassiti e pupazzi animati dal movimento dei soldi, si prendono sul serio le distopie globaliste e transumaniste dei vari Forum di Davos, che sono in realtà prodotti dei loro addetti alle pubbliche relazioni, cioè pubblicità confezionata con materiali eterogenei.