Burro, cannoni e nuova geografia economica internazionale
di Roberto Romano
Vincoli economico-finanziari NATO ed europei
L’aumento della spesa militare delineato dalla NATO, sebbene non abbia natura giuridicamente vincolante (Gallo D., 3 luglio 2025)[1], si articola in due direttrici principali. La prima prevede che “entro il 2035, almeno il 3,5% del PIL annuo sarà destinato, secondo la definizione concordata di spesa per la difesa della NATO, a finanziare i requisiti fondamentali della difesa e a raggiungere gli Obiettivi di Capacità della NATO”. La seconda stabilisce che “l’1,5% del PIL annuo sarà contabilizzato, tra l’altro, per proteggere le infrastrutture critiche, difendere le nostre reti, garantire la preparazione civile e la resilienza, promuovere l’innovazione e rafforzare la nostra base industriale della difesa”.[2]
Il Commissario europeo per l’Economia, Valdis Dombrovskis (30 aprile 2025), ha ricordato che gli Stati membri possono richiedere “l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale, che garantirà un sostanziale margine di bilancio aggiuntivo per investire nelle proprie capacità e industrie della difesa”. Tuttavia, ha precisato che “la Commissione continuerà a garantire che tale flessibilità sia coordinata e supporti i Paesi dell’Unione nel percorso verso bilanci per la difesa più consistenti, pur mantenendo politiche fiscali solide”. Secondo Dombrovskis, tale strumento potrebbe mobilitare fino a 650 miliardi di euro in quattro anni[3].