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contropiano2

Non è solo umanitarismo: la Palestina come questione politica globale

di Dario Franco

Nei giorni della partenza della Global Sumud Flottilla[i] assistiamo, finalmente diremmo, alla rottura nel mainstream di una cappa insopportabile che da decenni difendeva lo Stato di Israele da tutte le sue malefatte. Non ci accostiamo a coloro che criticano questa operazione come un mero tentativo da parte dell’opinione pubblica occidentale di pulirsi la coscienza. Siamo consapevoli dello stato sopito in cui si sono trovate, soprattutto nel nostro Paese, le mobilitazioni a favore della causa palestinese e del nervosismo che trapela da parte dei sostenitori del sionismo e dei suoi rappresentanti istituzionali verso tutto ciò che critica o pone dubbi sulle azioni dello Stato di Israele.

Lontani dai numeri che si sono visti in città come Londra o Sydney, non possiamo non rallegrarci che in un Paese come l’Italia, dove il conflitto sociale è ai minimi storici, gran parte della popolazione sia informata su questa azione di lotta. La Freedom Flotilla Coalition da decenni si inserisce nel novero delle azioni di resistenza – in questo caso non violente – volte a dare luce all’opposizione palestinese e a sfidare quella narrazione opprimente che ci presenta Israele come unico baluardo democratico in Medio Oriente.

Attraverso una di queste missioni, alcuni attivisti – tra cui Vittorio Arrigoni – poterono raggiungere le coste di Gaza in anni in cui non vi erano i social media e gli smartphone non erano in possesso della maggior parte della popolazione mondiale.

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Karl Marx e l'ebraismo

di Alberto Giovanni Biuso

C’è stato un tempo nel quale la critica all’ebraismo non era foriera di accuse di antisemitismo, di condanne morali e politiche assolute, persino di reato penale. Tale critica era della stessa natura delle critiche che è possibile rivolgere al cristianesimo, all’illuminismo, al comunismo e così via.

Poi è accaduto qualcosa, il Novecento, che ha fatto assurgere l’identità ebraica a principio intoccabile, pena la qualifica di infamia rivolta a quanti cercano di ragionare su una cultura antica e tuttora ben presente nella storia. Ragionare come si ragiona su qualsiasi struttura ed evento umano.

Prima di questa temperie dogmatica, furono molti gli studiosi, i filosofi, i politici, gli scienziati di origine ebraica a criticare in vario modo l’ebraismo. Karl Marx è tra questi. Il suo saggio Sulla questione ebraica, uscito sul primo e unico numero dei Deutsch-Französische Jahrbücher (Annali franco-tedeschi) del febbraio 1844 è in realtà una complessa riflessione sui rapporti tra l’emancipazione civile, vale a dire le rivoluzioni borghesi e liberali, e la rivoluzione sociale, identificata da Marx con la trasformazione dei rapporti di produzione tra borghesia e proletariato.

Uno dei fondamenti di tale analisi è la critica ai Diritti dell’uomo come essi erano stati enunciati e stabiliti dalle varie Costituzioni che si susseguirono nella Francia rivoluzionaria dopo il 1789. Si tratta di una critica che ha un carattere moralistico di fondo che ne compromette in parte la forza, riducendo la questione a una contrapposizione tra egoismo e socialità.

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fuoricollana

Cina, Russia, India: un nuovo ordine mondiale?

di Vincenzo Comito

L’incontro di Tianjin tra Putin, Xi e Modi potrebbe essere un evento senza grandi conseguenze future, se non un miglioramento dei rapporti tra Cina e India, risultato pur molto rilevante, oppure rappresentare un momento fondamentale, una forte accelerazione, dell’ascesa dei paesi del Sud del mondo e in particolare una mossa che trasforma l’India e il mondo. Non sappiamo come andrà a finire e forse neanche i principali protagonisti del vertice lo sanno. Cerchiamo quindi di mettere insieme le informazioni disponibili e fare delle ipotesi plausibili, partendo da un contesto più ampio.

 

Due avvenimenti importanti

I media hanno soprattutto messo in rilievo l’incontro molto amichevole tra Xi e Modi dopo anni di conflitti, mentre hanno sottolineato di meno altri due avvenimenti importanti, da una parte l’immagine di Modi e Putin che procedono mano nella mano, dall’altra l’ accordo concluso tra Cina e Russia per la costruzione di un altro grande gasdotto, il Power of Siberia 2.

Per quanto riguarda il primo avvenimento, esso smentisce chiaramente le notizie che davano in via di raffreddamento i rapporti tra i due paesi e che l’India avrebbe in particolare ridotto di molto gli acquisti di armamenti dalla Russia; il secondo avvenimento avviene dopo che per diversi anni il contratto per il nuovo gasdotto era fermo per ragioni sia politiche che tecniche.

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La dipendenza è di per sé una droga

di comidad

Si dice spesso, con l’aria di esibire una grande trovata, che le classi inferiori non possono rivendicare alcuna superiorità morale nei confronti delle classi dominanti. Infatti è un falso problema, in quanto la contestazione delle gerarchie sociali non ha nessuna necessità di basarsi su gerarchie morali. Non è un caso però che il sistema mediatico tenda continuamente a spostare la questione sul piano del moralismo spicciolo. Nel caso delle nozze di Jeff Bezos a Venezia si è chiaramente cercato di sollecitare indignazione per certe esibizioni di ricchezza, in modo da innescare il solito pretestuoso dibattito a vuoto tra pro e contro. Un rilievo infinitamente minore viene assegnato dai media al fatto che l’azienda di Bezos riscuote sussidi e agevolazioni fiscali in tutto il mondo. Nel momento in cui il carico fiscale pesa quasi esclusivamente sui contribuenti poveri, le spese di Bezos sono una questione direttamente politica e non astrattamente morale. Mentre Amazon pagava sempre meno tasse (come tutte le altre multinazionali), ha percepito oltre undici miliardi in aiuti governativi, e si tratta di una cifra molto sottostimata dato che tali contributi spesso non risultano trasparenti; ciononostante si rileva l’apparente incongruenza per la quale mentre Bezos a chiacchiere celebra il libero mercato, poi invece va continuamente in cerca di assistenzialismo da parte dei governi. L’incongruenza è solo apparente, poiché è del tutto ovvio che l’assistenzialismo per ricchi cerchi dei paraventi mitologici come il liberismo.

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Considerazioni di un profano su alcuni potenziali rischi cui ci espone l’Intelligenza Artificiale

di Norberto Fragiacomo

Ho letto con attenzione e crescente sbigottimento l’analisi del fenomeno IA proposta da Alessandro Visalli (https://www.linterferenza.info/attpol/la-violenza-della-buona-madre-la-guerra-cognitiva-al-tempo-llm/) che, essendo un intellettuale autentico, conserva il “brutto vizio” socratico di interrogarsi – e interrogare chi lo segue – su questioni, poste dalla modernità, che la maggior parte di noi spettatori passivi, per pigrizia mentale o per inconsapevole conformismo, giudica naturali e dunque neutri sviluppi dell’evoluzione tecnologica.

Confesso che fino ad oggi non avevo attribuito soverchia importanza all’avvento dell’intelligenza artificiale: sono solito snobbare le sue profferte di aiuto quando inizio a scrivere o a rivedere un testo, al massimo consulto l’AI Overview di Google se una frase suona male o non trovo il sinonimo giusto. Quando, tempo fa, un vecchio compagno di scuola mi suggerì di chattare con quella cosa (a lui evidentemente piaceva farlo) ironizzai fra me sulla solitudine umana nell’età dei social. Visalli ci ammonisce tuttavia che non è saggio prendere sottogamba delle novità che, ben lungi dal limitarsi a una dimensione ludica, potrebbero modificare la nostra orientazione nel mondo.

L’autore adombra la minacciosa prospettiva che gli LLM (un acronimo che neppure conoscevo!), personalizzandosi, prendano il controllo di ognuno di noi, imparando a svolgere il compito di un “Super-Io” capace di indirizzare le nostre scelte e prima ancora i nostri pensieri.

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paroleecose2

Fuori dal cerchio

di Andrea Sartori

Negli Stati Uniti, le università sono diventate uno degli obiettivi privilegiati del populismo conservatore. Questo attacco si configura come una vera e propria strategia di delegittimazione culturale, ma sarebbe miope considerarlo unicamente frutto di propaganda reazionaria. Occorre infatti riconoscere – senza per questo fare dell’odioso victim blaming – una responsabilità implicita della cultura accademica liberal-progressista, che negli ultimi decenni ha finito per sviluppare una visione autoreferenziale, o un “pensiero conforme di gruppo”, come lo definisce Sasha Mudd (Prospect Magazine, 28 Maggio 2025), sempre più scollegato dai problemi reali delle persone comuni (in termini non dissimili si era espressa poco meno di tre anni fa la scrittrice e critica americana Margo Jefferson).

La sinistra accademica, da sempre teoricamente contraria alle élite, si è trasformata nella considerazione dell’opinione pubblica proprio in un’élite: chiusa, linguisticamente impenetrabile, moralmente sospettosa verso chiunque non ne condivida codici e automatismi. Si è passati pertanto dal pensiero conforme di gruppo al “tribalismo accademico” – così lo inquadra Mudd in dialogo per The Philosopher con Alexis Papazoglou (min. 10:30 ca.) – ovvero a una chiusura delle menti, al cospetto della quale nessuno è innocente. Era sufficiente, per esempio, non attenersi pedissequamente all’uso del neologismo latinx, coniato allo scopo di includere le identità di genere non-binarie dei latino-americani, per macchiarsi della colpa morale del razzismo e del sessismo (min. 25 ca.).

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lantidiplomatico

Reorient, il nuovo cuore del mondo

di Pino Arlacchi*

Allarmistica e faziosa. Così m’è apparsa l’attenzione che i media italiani hanno riservato al meeting della Shanghai cooperation organization (Sco) tenutosi in Cina nei giorni scorsi.

Allarmistica perché non c’era alcun pericolo in vista. La Sco esiste da quasi trent’anni. È una presenza tranquilla, ben nota chiunque mastichi un po’ di politica estera, e solo degli occidentalisti faziosi potevano dipingerla come una specie di sinistra macchinazione di Cina e Russia contro l’Occidente.

Ma riflettiamo su ciò che la Sco rappresenta sullo sfondo della grande storia: quest’associazione è l’espressione di un mega trend epocale: il ReOrient. Movimento parallelo, quasi ortogonale rispetto al più noto mega trend del Grande Sud che si riflette nei Brics.

La Sco è formata solo da paesi eurasiatici e si sviluppa lungo l’ isola-mondo che va dall’Atlantico al Pacifico e all’Oceano indiano. Parliamo di un corridoio terrestre che parte dalla Cina e raggiunge le coste della penisola iberica e del Mediterraneo attraverso la Via della Seta, che è stata per secoli la strada maestra tra le grandi civiltà dell’Eurasia. I paesi della Sco sono gli attori di una silenziosa “grande riconnessione euroasiatica”, un asse strategico che collega Turchia, Iran, Russia, Cina, India e paesi centro-asiatici. Temporaneamente offuscato dallo scontro tra la Russia e l’Unione europea via Ucraina, quest’asse rappresenta una potente forza connettiva del tessuto economico e politico del mondo.

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Perché Pechino mostra le sue armi

di Redazione Contropiano - Michelangelo Cocco

In tanti parlano della Cina da molto lontano. Noi preferiamo ascoltare chi ci vive e lavora, che sicuramente ha il polso della situazione e non risponde alle esigenze del «datore di lavoro» (una qualsiasi testata occidentale). Magari si possono avere presupposti diversi, visioni non collimanti, ma almeno si possono avere informazioni non manipolate.

E’ il caso di questo articolo di Michelangelo Cocco, da Shangai, ex caporedattore de il manifesto, pubblicato sul suo spazio Substack («Rassegna Cina»), che consigliamo caldamente come abbonamento «anti-droga» (i media mainstream, in tempi di guerra, diventano letteralmente spacciatori in senso stretto).

Sulla parata di Pechino si possono elaborare molti giudizi, ma a partire da qui, e non da «intenzioni» attribuite ai leader cinesi (sulla falsariga degli articoli che promettono di spiegarci «cosa c’è nella testa di Putin» o di qualsiasi altro capo di stato classificato come «nemico»).

E che la Cina di oggi sia una potenza economica e tecnologica, quindi anche militarmente «solida», era chiaro anche prima della parata.

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contropiano2

La resistenza dei piccoli passi

di Nevio Gambula

Ci sono frasi che ti avvolgono, quasi ti abbracciano, e ti costringono a guardare dove non vorresti. Ieri sera mi è successo con un libro dal titolo profetico. È stata un’esperienza viscerale, qualcosa che mi ha attraversato nel profondo del corpo. La frase era questa:

«Quando si sta normalizzando un genocidio, ogni deragliamento della normalità conta».

Quella frase ha acceso in me una strana inquietudine, una raffica di domande. Che cos’è, davvero, la normalità? Quali sono le sue coordinate invisibili? Come riconoscerla, come fissarla in un’immagine per poterla comprendere fino in fondo? E da cosa, o da chi, occorre prendere le distanze?

Ogni volta che credevo di aver trovato una risposta, quella frase sollecitava altre domande, tutte decisive.

Esiste un gesto, anche il più piccolo, un frammento di azione, una mossa azzardata, capace di incrinare la superficie liscia e terribile della normalità? E in che modo un atto di resistenza individuale può connettersi a qualcosa che trascende il singolo, trasformandosi in un impegno collettivo?

La frase mi ha colpito come una frusta, lasciandomi dolente e intrappolato in una consapevolezza agghiacciante. La volontà genocidaria appare troppo vasta, e la rete delle sue complicità troppo ramificata, per immaginare un cambiamento significativo. Da lì nasce un senso profondo di inutilità: la percezione di essere impotente, ridotto a mero spettatore.

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quodlibet

Sui rapporti falsi

di Giorgio Agamben

Una buona definizione del potere politico è quella che lo caratterizza come l’arte di mettere gli uomini in rapporti falsi. Questo e non altro fa innanzitutto il potere, per poterli poi governare come vuole. Una volta che si sono lasciati introdurre in rapporti obliqui in cui non possono riconoscersi, gli uomini sono infatti manipolabili e orientabili a proprio piacimento. Se essi credono così facilmente nelle menzogne che vengono loro proposte, è perché false sono innanzitutto le relazioni in cui, senza che se ne accorgano, si trovano già sempre.

La prima mossa di una strategia politica degna di questo nome è pertanto la ricerca di un via d’uscita dai rapporti falsi in cui il potere ha posto gli uomini per poterli governare. Ma proprio questo non è facile, perché un rapporto falso è precisamente quello dal quale non si vede una via d’uscita. Qualcosa come una via d’uscita diventa possibile solo se comprendiamo che il rapporto falso è la forma stessa del potere, che trovarsi in un rapporto falso significa essere in una relazione di potere. Che falso, cioè, il rapporto è non perché mentiamo, ma perché manca la coscienza del suo carattere essenzialmente politico.

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lantidiplomatico

Trump alla resa dei conti contro la FED

di Alex Marsaglia

L’istrionico presidente americano da quando è riuscito miracolosamente a farsi rieleggere lo scorso novembre, scampando a numerosi attentati, è stato decisamente imprevedibile. Davvero in pochi hanno azzeccato la sua linea, ammesso e non concesso ne abbia davvero mai delineata una. Dalla politica estera isolazionista con l’attacco ai siti nucleari iraniani, alla vendita di armi per il fronte ucraino come via per la pace, le contraddizioni sono risultate veramente forti.

Su una cosa Trump si è dimostrato coerente: il rilancio della crescita economica degli Stati Uniti come priorità a qualsiasi costo. E quando un personaggio come lui mette in campo l’extrema ratio

si può essere certi che non cerca mezze misure.

Infatti, sul piano commerciale ha avviato un piano di dazi verso il mondo senza alcun precedente, seppellendo di fatto la globalizzazione e rendendo superfluo in un batter d'occhio il WTO.

Il piano tuttavia gli è finora riuscito a metà e proprio il Deep State americano, che tanto ha avversato senza mai riuscire a vincerlo, sembra essersi attivato per il sabotaggio della marcia indietro dalla globalizzazione.

Oltre alle spaccature politiche nel MAGA, nell’ultima settimana è arrivata la tegola sulla testa della Corte d’Appello di Washington che ha dichiarato illegali i dazi, confermando una sentenza della Corte del Commercio internazionale, rimandando di fatto alla Corte Suprema la decisione sulla sospensione definitiva del sistema tariffario entro il 14 ottobre.

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contropiano2

Non esistono israeliani buoni

di Gideon Levy*

Israele è guidato da un governo crudele e da un Primo Ministro senza cuore, come non se ne sono mai visti prima. Le vite umane, che si tratti di abitanti di Gaza, ostaggi o soldati, non interessano a questo governo. Sta Massacrando gli abitanti di Gaza e abbandonando ostaggi e soldati con la stessa equanimità.

A opporsi c’è un piccolo movimento extraparlamentare, umano e coraggioso, che dà lo stesso valore a tutte le vite umane.

Tra questa manciata di persone e il governo malvagio si trova il campo di centro. La maggior parte di loro lotta contro la crescente perdita di Umanità e l’inganno dimostrato dal governo. Le persone in questo campo sono scioccate da ogni video, perdendo il sonno per la sorte degli ostaggi pelle e ossa e dei soldati morti. Ma quando sentono i resoconti di un orribile Massacro in un ospedale, sbadigliano, disinteressati.

Sono migliori del governo e dei suoi sostenitori. Sono umani e mostrano solidarietà, ma solo in modo selettivo. Non esiste una moralità a metà. Proprio come la moralità a due pesi e due misure non è moralità, così lo è la moralità a metà. È l’opposto della vera moralità. È così che sono le persone in questo campo. Si preoccupano per la vita di 20 ostaggi, ignorando il fatto che il loro Paese uccide in media 20 innocenti all’ora.

Per loro, l’Umanità si ferma ai confini della nazionalità. Non lasceranno nulla di intentato per aiutare un israeliano, ma distoglieranno lo sguardo con disinteresse per il caso di un palestinese il cui destino è spesso molto peggiore.

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lantidiplomatico

I mezzucci per deridere gli artisti che si schierano su Gaza

di Daniele Luttazzi - Nonc'èdiche, Fatto Quotidiano

E ora, per la serie “Che i rimorsi seppelliscano i rimorsi”, la posta della settimana.

Caro Daniele, dire “stop al genocidio” non serve a risolvere nulla ai palestinesi. (Sonia G.)

Questo è il sofisma utilitaristico caro ai sionisti, già renziani, de Linkiesta, che però si vantarono d’aver contribuito ad annullare il concerto di Gergiev (due pesi e due misure, da bravi propagandisti: chi ragiona da tifoso, e non in base a dei principi, cade sempre in contraddizione). 1500 artisti (fra loro Ken Loach, Roger Waters, Alba e Alice Rohrwacher, Valeria Golino e Mario Martone) si sono esposti contro il genocidio a Gaza e loro li sbertucciano insinuando opportunismi (“Vogliono essere cagati, cercano il consenso social, il posizionamento giusto è un ottimo rifugio se non hai talento, le opinioni degli attori sono irrilevanti, fingono che gli importi qualcosa della gente che muore”). Dimenticano che è una questione di coscienza. Il più è avercela. In realtà ai sionisti scoccia che la gente apra gli occhi grazie ai vip che boicottano Israele e i suoi propagandisti; e che ne scrivano New York Times e Guardian. Poi c’è il fuoco amico (“inaccettabile censura”, “eroi di una presunta rivoluzione morale ipocrita e vanitosa”, “esibizione vanagloriosa di una qualche forza del bene”) di chi da un po’ argomenta anche contro gli “antifascisti immaginari”. Questo era un sofisma di Buttafuoco (“l’antifascismo in assenza di fascismo”; ma forse era modestia, dato che è fascistissimo, come ammise gongolando Giuliano Ferrara). Intervistato dal Fatto (domanda:

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fattoquotidiano

Al vertice in Cina si cerca la transizione a un mondo multipolare, l’Occidente invece resta guerrafondaio

di Paolo Ferrero

I media mainstream presentano i paesi del Sud del mondo che richiedono una giustizia su scala globale come una minaccia alla nostra esistenza

Nei giorni scorsi si è tenuto in Cina un doppio evento: la riunione della Shanghai Cooperation Organisation (Sco), che raggruppa i principali paesi dell’Asia continentale oltre a Russia e Bielorussia, e dall’altra i festeggiamenti per la vittoria della Cina nella guerra antifascista contro il Giappone. Si sono così trovati a discutere allo stesso tavolo i leader della Cina, della Russia, dell’India, del Pakistan e così via.

Il vertice è stato un fatto di grande rilevo per vari motivi. Il primo è che ha riunito anche paesi che storicamente hanno avuto buoni rapporti con l’occidente – basti pensare all’India – segnalando così il declino dell’egemonia occidentale sui paesi del sud del mondo. In secondo luogo il vertice ha messo attorno allo stesso tavolo paesi che hanno vari contenziosi anche militari (Pakistan, India, Cina, ecc.). Importante che questi paesi invece di accentuale il conflitto preferiscano avere luoghi di mediazione, evitando che il singolo conflitto determini una situazione di conflitto totale.

Il terzo motivo che segna l’importanza di questa riunione riguarda il peso degli interlocutori: che Cina, Russia e India si trovino a discutere di sicurezza comune, di sviluppo di una banca comune e convengano sulla necessità di una modifica della governance mondiale che porti alla democratizzazione delle relazioni tra le nazioni attorno alla proposta di rilancio e di riforma delle Nazioni Unite e delle istituzioni a esse connesse, costituisce un fatto di grande momento.

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Il vertice del nuovo ordine mondiale

di Dante Barontini

Ci sono molti modi guardare al vertice dello Sco (Organizzazione per la cooperazione di Shangai), che si è tenuto a Tjanjin e prosegue di fatto oggi, a Pechino, con le celebrazioni per l’80° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il più diffuso, nell’establishment occidentale (riflesso integralmente dalla schiera dei media mainstream) è la paura. Paura “militarizzata” chiamando in causa la guerra in Ucraina o le armi che – come in ogni parata militare in qualsiasi angolo del mondo – la Cina esibisce per l’occasione.

Ma la paura vera è quella di trovarsi alla fine del lungo ciclo storico in cui l’Occidente “anabolizzato” dal modo di produzione capitalistico ha tenuto il resto del mondo sotto un tallone di ferro occasionalmente rivestito di velluto.

I vantaggi economici e tecnologici del capitalismo hanno ora molti altri protagonisti, irrobustiti fra l’altro dal non aver seguito l’ubriacatura neoliberista euro-atlantica degli ultimi 40 anni, avendo conservato tutti – chi in un modo, chi in un altro – un ruolo centrale per lo Stato.

Campione indiscusso di questa sorta di “keynesismo” capace di combinare programmazione, piani quinquennali, semi-libertà di impresa, politiche salariali che hanno fatto crescere la retribuzioni più velocemente del Pil, ecc, è sicuramente il padrone di casa.

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lantidiplomatico

Il dominio USA al capolinea. L'occidente risponde con militarizzazione ed escalation

di Vincenzo Brandi

In una interessante intervista resa due giorni fa (29 agosto) all’accademico norvegese Glenn Diesen, l’ex diplomatico britannico Alistair Crooke, fondatore del Forum Conflitti con sede a Beirut, illustrava come la crescente opposizione al progetto di dominio occidentale guidato dagli USA provocasse da parte occidentale un processo di militarizzazione crescente e di escalation.

L’intervista partiva dall’assedio occidentale alla Russia e dalla crisi ucraina -come riportato anche nel titolo: ”La pazienza della Russia è finita. L’escalation inizia”- per poi allargarsi ai massacri e alle guerre scatenate da Israele con l’appoggio degli USA e di tutto l’Occidente.

In effetti gli Occidentali, riuniti nella NATO sotto la direzione degli USA, hanno portato negli ultimi 30 anni i confini di questa alleanza fin dentro i confini dell’ex Unione Sovietica, nel tentativo di minacciare e indebolire la Russia, con l’obiettivo finale di sottometterla o frantumarla e di impossessarsi delle sue enormi ricchezze naturali. Sono stati organizzati colpi di stato e “rivoluzioni colorate” in Serbia - alleato della Russia, e già attaccata militarmente- in Georgia, in Ucraina, oltre alla guerra per bande scatenata in Siria, altro alleato della Russia.

La Russia ha però reagito con grande consapevolezza del pericolo ed energia a queste pressioni, e questo causa un tentativo di escalation del conflitto, in cui però il compito di rimanere in prima linea viene affidata dagli USA ai masochisti europei, che avrebbero invece tutto l’interesse ad avere buoni rapporti economici e politici con la Russia.

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codicerosso

E dalla Mostra del cinema di Venezia, come stronzi, restarono a guardare

di Max Renn e Guy van Stratten

L’indifferenza e la pochezza culturale che avvolgono il nostro presente fanno capolino anche in quella che si dovrebbe definire come cultura cinematografica: basta leggere le dichiarazioni di alcuni registi e attori italiani presenti a Venezia per la Mostra del cinema che definiscono come stronzate, inutili e scadenti gli appelli per Gaza. Qualcuno di loro ha distrattamente firmato una petizione, probabilmente più per conformismo con la categoria che per altro, salvo poi pentirsene o accorgersi che questa, strada facendo, ha avuto l’ardire di chiedere di starsene a casa a chi pubblicamente ha sostenuto e sostiene la deportazione e lo sterminio per armi e per fame del popolo palestinese. Un vero e proprio atto di “censura”, per carità! Non sia mai.

Altri sono al Lido per passeggiare sul tappeto rosso e per farsi vedere a qualche patetico ricevimento sponsorizzato indossando il vestito buono sulla barba di tre giorni e i capelli un po’ spettinati – che fa sempre tanto “gente di cinema” – per promuovere il loro nuovo filmettino senza nemmeno preoccuparsi che esca nelle sale, confidando al massimo, quando sarà il momento, in qualche autoreferenziale Donatello di consolazione per soddisfare l’ego artistico. Ma in cosa si sta trasformando la Mostra del Cinema? In un sovraffollato centro commerciale di una domenica di fine estate, in cui le opere in concorso sono trattate alla stregua di oggetti di consumo, di merci esposte pronte per essere apprezzate dal primo ricco acquirente, mentre ai confini d’Europa si sta consumando un terribile genocidio? Ma sì, certo, cosa importa ai ricchi e colti ‘artisti’ bianchi europei e italiani dello sterminio del popolo palestinese?

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giubberosse

Come impedire a Israele di affamare Gaza

di Jeffrey Sachs e Sybil Fares, scheerpost.com

Israele, con la complicità degli Stati Uniti, sta commettendo un genocidio a Gaza attraverso la fame di massa della popolazione, nonché omicidi di massa diretti e la distruzione fisica delle infrastrutture di Gaza. Israele fa il lavoro sporco. Il governo degli Stati Uniti lo finanzia e fornisce copertura diplomatica attraverso il suo veto all’ONU. Palantir, tramite “Lavendar“, fornisce l’intelligenza artificiale per un efficiente omicidio di massa. Microsoft, tramite i servizi cloud di Azure, e Google e Amazon tramite l’iniziativa “Nimbus“, forniscono l’infrastruttura tecnologica di base per l’esercito israeliano.

Questo segna i crimini di guerra del XXI secolo come un partenariato pubblico-privato tra Israele e Stati Uniti. La carestia di massa da parte di Israele nei confronti della popolazione di Gaza è stata confermata dalle Nazioni Unite, da Amnesty International, dalla Croce Rossa, da Save the Children e da molti altri. Il Consiglio norvegese per i rifugiati, insieme a 100 organizzazioni, ha chiesto la fine dell’uso militare degli aiuti alimentari da parte di Israele. Questa è la prima volta che la carestia di massa è stata ufficialmente confermata in Medio Oriente.

La portata della carestia è sconcertante. Israele sta sistematicamente privando di cibo oltre 2 milioni di persone. Oltre mezzo milione di palestinesi affrontano una fame catastrofica e almeno 132.000 bambini sotto i cinque anni rischiano di morire per malnutrizione acuta. La portata dell’orrore è ampiamente documentata da Haaretz in un recente articolo intitolato “La fame è ovunque”. Coloro che riescono in qualche modo ad accedere ai siti di distribuzione alimentare vengono sistematicamente presi di mira dall’esercito israeliano.

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lantidiplomatico

Bye bye occidente: Lo SCO vara la sua Banca di Sviluppo

di Giuseppe Masala

Uno dei punti pratici più importanti del vertice dello SCO a Tianjin in Cina è la creazione della Banca di sviluppo dell'organizzazione. A prima vista può apparire come un evento burocratico nell'ambito dell'organizzazione, ma che nella realtà si tratta di una decisione che può avere conseguenze strategiche molto importanti sia in ambito finanziario che in ambito geopolitico in generale.

Innanzitutto vi è un tema fondamentale legato ai pagamenti transfrontalieri tra paesi facenti parte dell'organizzazione. Infatti il commercio tra i paesi della SCO supera complessivamente ormai i 2000 miliardi di dollari ma dove la stragrande maggioranza dei pagamenti sono ancora legati a infrastrutture controllate dall'Occidente. Una evenienza questa che crea una vulnerabilità strategica esiziale perché - in un contesto di guerra sanzionatoria dove ormai si parla apertamente anche di sanzioni secondarie – potrebbe comportare un rischio sistemico per la sopravvivenza dell'organizzazione stessa.

È importante sottolineare subito un concetto fondamentale: per chi scrive la Banca di sviluppo della SCO non nasce come un analogo del FMI e dunque in sua concorrenza. Il FMI è certamente uno strumento figlio di un epoca ormai sul viale del tramonto sia perché fondata sul dollaro sia perché incentrata sul concetto di equilibrio della bilancia commerciale e del saldo delle partite correnti. Concetti questi fondamentali ma che, essendo applicati rigidamente, hanno evidentemente tagliato le ali allo sviluppo dei paesi del Sud Globale.

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lantidiplomatico

Il bluff europeo per Trump: "Se abbandoni l'Ucraina, abbandoniamo israele"

di Leonardo Sinigaglia

Trump è stato chiaro con Zelensky:

“La NATO vuole proteggere l'Ucraina. Li aiuteremo in questo”, aggiungendo anche che “non diamo nulla all'Ucraina, vendiamo solo armi. Vendiamo equipaggiamento alla NATO, e loro ci pagano per questo”. Per dirla con Vance: "Le garanzie di sicurezza all'Ucraina sono compito principale europeo”.

La “coalizioni dei volenterosi” - ovvero i guerrafondai europei capeggiati da Regno Unito e Francia - comprerà armi dagli Stati Uniti per trasferirle all’Ucraina. Trump, ponendosi come mediatore - di “dubbia” imparzialità - scarica i costi del sostentamento dello Stato fallito Ucraino e del proseguimento della guerra con la Russia sugli europei.

Il riposizionamento statunitense mette in grande difficoltà i falchi europei. Vance ha raccontato di come alla fine dell’incontro tra i vertici europei e Trump quest’ultimo abbia telefonato Putin. Gli europei pensavano che la telefonata sarebbe avvenuta la settimana seguente, ma Trump aveva già il telefono in mano e “la necessità di rispettare procedure e consuetudini diplomatiche” invocata dagli europei non l’ha fermato da chiamare il Presidente russo all’una di notte.

Per quanto Trump voglia mostrarsi come l’uomo della pace, i russi non hanno la memoria corta e Il deputato della Duma Aleksej Zuravlev ricorda: “Si può dare la colpa all'amministrazione Biden quanto si vuole, ma Washington ha iniziato massicce forniture di armi a Kiev durante il primo mandato di Trump.

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India, istinto suicida dell’Occidente

di  Fabrizio Casari

Le sfuriate quotidiane di Trump contro le istituzioni statunitensi e gli avversari politici interni - ai quali assegna premi e castighi in maniera del tutto arbitraria - viaggiano in parallelo con la quotidiana individuazione di un nemico estero verso il quale minacciare sanzioni o guerre. In questo contesto, che serve al tycoon per distrarre gli statunitensi dai suoi scandali di natura sessuale, dal suo insider trading e dai tragici risultati dell’economia, s’inseriscono tanto le provocazioni aperte (come nel caso del Venezuela) quanto alcune decisioni di rottura che, per il loro impatto assumono natura globale. La rottura con l’India di Modi è una di queste e rappresenta uno dei peggiori autogol mai realizzati dagli Stati Uniti.

La natura delle sanzioni all’India è interamente politica: non riguarda infatti sbilanciamenti commerciali negli scambi bilaterali ma si argomenta con il commercio di Modi con Putin e Xi. In questo senso appare ulteriormente ricattatoria e grave rispetto ad altre verso altri paesi più squisitamente commerciali.

E’ evidente come l’introduzione dei dazi al 50% cerchi di colpire lo sviluppo poderoso dell’India che, da due anni a questa parte, conta sulla maggiore crescita del PIL nel globo. Una crescita anche demografica (ha superato la Cina in abitanti) che ha però un suo limite: Nuova Delhi non dispone delle risorse energetiche in grado di sostenere l’imperiosa crescita economica della quale è protagonista. In qualche modo è lo stesso handicap del quale ha sofferto lo sviluppo cinese. Non a caso, dal 2022 a oggi, indifferenti alle sanzioni occidentali, India e Cina hanno acquistato oltre il 50% delle esportazioni russe di gas e petrolio.

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doppiozero

Fine dello Stato di Palestina?

di David Bidussa

La domanda intorno alla natura di E1, il progetto di costruzione di nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata dal giugno 1967, presentato dal ministro Bezalel Smotrich, è che cosa sia uno Stato. Non astrattamente, ma quali elementi minimi consentano di definire uno Stato. Quando il ministro dice che la realizzazione del progetto E1 eliminerà la possibilità della nascita dello Stato palestinese, a mio avviso dice il vero.

L'area delle colonie israeliane attraverserà la Cisgiordania centrale, interromperà di fatto il collegamento diretto tra le comunità palestinesi del nord (Ramallah–Nablus) e del sud (Betlemme–Hebron) isolando definitivamente i 370mila palestinesi residenti a Gerusalemme Est dal resto dei territori occupati. La realtà palestinese diventerà un arcipelago composto da tre isole senza relazioni reciproche. Ovvero tre insediamenti chiusi.

La mappa della Cisgiordania che riprendo dalle pagine online dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) è una fotografia della situazione attuale. Come tutte le fotografie vale nel momento dello scatto, ma non ci racconta una storia nel tempo.

Sono quattro le questioni che intendo proporre. Per la precisione: 1) che cosa caratterizziamo con il termine «stato indipendente»; 2) un profilo, e insieme una mappa, degli insediamenti nei territori occupati in Cisgiordania a partire dal 1970; 3) la trasformazione sociale di quelle tipologie di insediamenti; 4) il modello di sviluppo a cui rispondono.

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Il genocidio di Gaza: non un fallimento dell'Occidente, bensì un suo successo

di Davide Malacaria

“Le politiche e le azioni di Israele a Gaza soddisfano la definizione legale di genocidio contenuta nell’articolo II della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di Genocidio”. Così l’International Association of Genocide Scholars (IAGS), la più autorevole associazione internazionale di studi sul genocidio.

Non che ci potessero essere dubbi in merito – al netto dei sostenitori del genocidio stesso, in Israele e altrove, o delle tesi dei tanti che, non potendo sostenere tale impossibile posizione, si affannano a sminuire le responsabilità israeliane affermando che la risposta al 7 ottobre è sproporzionata con annessi crimini di guerra, ma non è un genocidio – resta però importante ribadire che a Gaza c’è un genocidio in atto.

Non cambia nulla, né nell’immediato né forse nel breve (e forse neanche nel lungo periodo), ed è per questo che anche tanti genuini critici di Israele tendono a evitare tale nodo, come se non rivestisse importanza.

Invece è importante, eccome. Perché riguarda l’impunità della quale ha goduto Israele nei decenni passati, con licenza di uccidere e opprimere e rubare terre e beni palestinesi sempre più ampliata negli anni. Un’impunità ad ampio spettro, con eccezioni residuali, che gli ora gli permette di fare quel che sta facendo.

Tale impunità deriva dal genocidio subito, dalla costruzione di una responsabilità collettiva di tale genocidio, che dalle nazioni reprobe della Seconda guerra mondiale ha via via coinvolto a vario titolo anche quelle che reprobe non erano e i discendenti degli autori dell’orrido crimine.

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jacobin

E se Genova non fosse un’anomalia?

di Marco Bertorello

La grande mobilitazione per la Global Sumud Flottilla è un termometro del clima sociale. E ci dice che c'è ancora spazio per l'umanità

Quel che è successo a Genova in questi giorni è stato qualcosa di piuttosto anomalo, per non dire eccezionale. Un crescente movimento di solidarietà internazionale iniziato con la raccolta di generi alimentari e culminato nella serata di sabato con un grandissimo corteo che ha accompagnato la partenza delle 4 imbarcazioni che parteciperanno alla Global Sumud Flottilla e che cercheranno di portare aiuto umanitario a Gaza e di rompere l’isolamento.

Questo è un resoconto a caldo, molto parziale, di quanto accaduto nella mia città e su cui ritengo sia necessario riflettere. Music for Peace (associazione che da anni raccoglie alimenti e aiuti in genere per le popolazioni di luoghi in conflitto, dalla Palestina al Sudan per citare forse i più significativi, e per le persone indigenti della città) ha deciso di partecipare alla flottiglia raccogliendo aiuti alimentari. Assieme a MfP, tra i primi promotori ci sono i portuali del Calp (Collettivo autonomo lavoratori portuali). In porto, dopo anni di contestazioni alle navi saudite che passavano da qui per portare armi per la guerra in Yemen, le recenti contestazioni alla nave cinese che avrebbe dovuto consegnare materiale bellico in Israele e all’ennesima nave saudita hanno rappresentato un salto di qualità.

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acropolis

L’ipocrisia di Mario Draghi. Ha trasformato l’Europa in un vassallo americano

di Thomas Fazi

 

Il governo dei peggiori

“La domanda ovvia è: come mai Draghi continua a essere elogiato per aver denunciato le conseguenze delle politiche imperfette da lui stesso promosse? In un mondo normale, verrebbe deriso e cacciato dalla scena – o bersagliato con uova marce. Il fatto che eluda così facilmente le responsabilità è la più chiara espressione della natura cachistocratica* della politica dell’UE, dove il fallimento non viene punito ma premiato, e dove i leader incompetenti falliscono sistematicamente verso l’alto.”

Per anni”, ha proclamato Mario Draghi la scorsa settimana, “l’Unione Europea ha creduto che la sua dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e influenza nelle relazioni commerciali internazionali”. Ma quest’anno, ha detto, sarebbe stato ricordato per la scomparsa di quell’illusione. Come ha spiegato l’ex presidente della Banca Centrale Europea ed ex premier italiano, l’UE è stata costretta dagli Stati Uniti ad accettare dazi doganali dannosi e spese militari inutilmente elevate “in modi e forme che probabilmente non riflettono gli interessi dell’Europa”, pur essendo stata ridotta a un mero “spettatore” ovunque, da Gaza all’Ucraina.

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ilpungolorosso

Gaza: il genocidio prosegue, ma la Resistenza palestinese tiene

di Il Pungolo Rosso

Per quanto mostruoso sia, una riunione di tre giorni fa alla Casa Bianca ha confermato il piano Trump/Kushner/Blair di trasformare la striscia di Gaza in un hub commerciale (in realtà dietro c’è il progetto del canale Ben Gurion) e in un resort per vacanze di lusso – l’osceno video messo in circolazione tempo fa dagli Stati Uniti non era un fake.

Per quanto mostruoso sia, il governo Netanyahu ha deliberato, in contemporanea, di andare avanti. Non è sazio del sangue versato finora, non è soddisfatto dell’immane distruzione di case, ospedali, scuole, università, moschee, terre coltivabili, strade, acquedotti, sistemi fognari, etc. A Gaza ogni minimo segno di vita dev’essere cancellato, anzi sradicato, di modo che la sua popolazione sia costretta all’esodo “volontario” dalla propria terra. E l’IDF si premunisce dall’impatto mondiale negativo dei suoi nuovi efferati crimini, proseguendo lo sterminio sistematico dei giornalisti palestinesi e arruolando quattro miserabili influencer per mostrare una realtà inesistente, mentre – impunito – continua a bombardare e assassinare in Libano, in Siria, in Yemen e a preparare, insieme con il Pentagono, nuovi attacchi all’Iran.

Questa è la risposta sprezzante dell’asse Tel Aviv-Washington alla proposta di tregua accettata da Hamas e dall’insieme delle organizzazioni della resistenza palestinese. L’amministrazione Trump, addirittura, ha preso posizione nelle ultime ore anche contro la servile, corrottissima ANP negando il visto di ingresso in Amerika ai suoi rappresentanti – un modo tutto trumpiano di irridere l’inarrivabile ipocrisia di certi governanti europei, che ora “riconoscono”, o si apprestano a farlo, uno “stato palestinese” accanto a Israele.

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La Palestina “non deve esistere”, e l’Onu neppure

di Dante Barontini

Non è difficile unire i puntini tra le notizie delle ultime ore riguardanti la Palestina e il relativo popolo.

Sul piano militare, Israele si è lanciata contro Gaza City – l’agglomerato più ampio e abitato della omonima Striscia – chiudendo completamente anche quel poco (e puramente propagandistico) di rifornimenti umanitari che venivano distribuiti durante delle “pause tattiche” durante la giornata. Tutta la città è stata dichiarata “zona di combattimento pericolosa”.

Non che le “pause” fossero effettive. I team delle Nazioni Unite hanno riferito che “sono stati comunque osservati bombardamenti nelle aree e nei momenti in cui tali pause erano state dichiarate“.

Nonostante questo, l‘Onu ha dichiarato che resterà a Gaza City. “Noi e i nostri partner – ha detto il portavoce, Stephane Dujarric – restiamo a Gaza City per fornire supporto salvavita, con l’impegno di servire le persone ovunque esse si trovino. Ci aspettiamo che il nostro lavoro sia pienamente facilitato e ricordiamo alle parti che i civili, compresi gli operatori umanitari, devono essere protetti in ogni momento. Le strutture umanitarie e le altre infrastrutture civili devono essere ugualmente salvaguardate“.

Speranze legittime, anzi “legali” ai sensi del diritto internazionale, ma deluse sempre sia dal criminale regime sionista che dal proprio alleato-protettore, gli Stati Uniti.

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infoaut2

10 settembre: bloccare tutto e prendere bene la mira

Un contributo dai Soulèvements de la terre

di Infoaut

I Soulèvements de la terre contribuiranno a «bloccare tutto» contro il piano Bayrou a partire dal 10 settembre. Numerosi comitati locali e i granai dei Soulèvements de la terre hanno iniziato a mettere a disposizione i loro mezzi materiali, reti e savoir-faire. Dedichiamo alla discussione portata avanti all’interno del movimento che si annuncia, qualche riflessione rispetto alle lotte contro l’intossicazione del mondo e contro l’alleanza dei miliardari reazionari. Riflessioni che possono dare idee su “cosa bloccare” al momento di “bloccare tutto”.

L’estate brulica di voci di rivolta. Dai canali Telegram agli appuntamenti di preparazione fissati fin dall’inizio dell’anno, dalle immagini dei video che girano e tornano da tutte le parti, dai sindacati che si lanciano in gruppi di gilets jeunes che si rilanciano, una data è nelle teste di tutti: 10 settembre. Le Soulèvements de la terre condividono questa impazienza di «bloccare tutto» per far saltare l’austerità e uscire insieme dalla strada che sembrava completamente tracciata dall’autoritarismo attuale verso un nuovo fascismo in arrivo.

 

Duplomb, Budget, Esercito: è troppo

Subito dopo che Macron ha annunciato il raddoppio del budget delle forze armate entro il 2027 (43 miliardi rubati ai diritti sociali e direttamente iniettati nel complesso militare-industriale), il primo ministro François Bayrou ha presentato il 15 luglio un “progetto di bilancio” per il 2026.

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lafionda

Il vero volto del liberalismo

di Fabrizio Venafro

I regimi liberali, privi dell’alternativa socialista, rappresentata dall’Unione Sovietica decaduta nell’ultimo decennio del secolo scorso, possono mostrare la propria vera indole. Che non è quella di promuovere la libertà e la tutela dei diritti di derivazione illuministica: pensiero, opinione, espressione, associazione, riunione, cittadinanza, partecipazione politica, etc. A meno di non confondere il possesso di questi diritti da parte di una minoranza con quello della collettività tutta. Nella sua ostinata negazione dell’uguaglianza, se non formale e astratta, il liberalismo nega di fatto quanto va predicando. La tensione verso i diritti origina dalla lotta che contrappone la classe borghese in ascesa all’aristocrazia che è padrona delle prerogative politiche e del comando. La nobiltà era tale per diritto divino e discendenza di sangue. La borghesia fonda i presupposti per la propria supremazia sulla proprietà e la ricchezza. In astratto, chiunque può diventare borghese attraverso lo strumento principale celebrato dalla retorica borghese: l’impresa che fonda la ricchezza. Con l’etica protestante, tale retorica si ammanta anche di una giustificazione religiosa. Si torna a una sorta di diritto divino che trapassa dall’aristocratico al borghese. Diritto divino imperscrutabile perché tale è il volere della divinità. Ma che viene reso manifesto dalla prova del successo terreno attraverso la ricchezza. Quell’etica protestante, rilevata da Max Weber, ha lasciato degli strascichi nella cultura liberale. La teoria della predestinazione spaccava in due l’umanità, tra salvati e dannati.

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sinistra

Cristo rivoluzionario fra noi

di Salvatore Bravo

Scrivere o parlare di religione, e in specifico, di Cristo significa incontrare l’ostilità di ogni componente ideologica e culturale dalla “destra liberale alla sinistra liberale”. Eguali nell’essere postura del nuovo capitalismo finanziario. La sinistra liberale ormai sovrastruttura del pan-economicismo irride alla religione, in quanto è un “limite” all’individualismo narcisistico, essa difende il mercato, in quanto è l’istituzione che soddisfa ogni desiderio. La destra liberale tollera Cristo e di conseguenza la religione, se svolgono la funzione di contenere con le “opere di misericordia” gli effetti delle disuguaglianze sociali. L’essenziale per la destra economica è il silenzio sul pan-economicismo spietato e mostruoso dei nostri giorni. Destra e sinistra lavorano per la “chiacchiera” e combattono il ”pensiero e ciò che umanizza”. Il chiasso e la chiacchiera come succedaneo del concetto hanno condotto all’abitudine al mostruoso tanto che i più, ormai avvezzi alle logiche della competizione non lo colgono, non lo vivono e sono presi solo dai loro desideri narcisistici. Il “pensiero Alice” e, quindi la fuga dalla realtà domina e regna. Semplicemente c’è, è parte dell’ordinario ritmo dei giorni, in tal modo si diviene parte del “mostruoso”. Tra i due schieramenti politici vi sono i “grigi”, ovvero gli indifferenti dediti solo ai loro interessi e desideri. Gli indifferenti, questo è forse il dato più rilevante, non sono atei. L’ateo si è confrontato col fenomeno religioso, mentre gli indifferenti sono distanti da ogni idea e scelta cristica e religiosa.