Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email
manifesto

Sovvenzionare l'auto? No, grazie

Guido Viale

L'automobile ha dominato l'evoluzione economica, sociale, ambientale e culturale del secolo scorso: paesaggi ormai tutti segnati da viadotti, svincoli, nastri di asfalto, stazioni di servizio; vita urbana che trascorre in mezzo a ingorghi e tempi morti e solitudine imposti dal traffico; aria infestata dai miasmi degli scappamenti e dal rombo dei motori e il frastuono dei clacson; salute minata dall'inquinamento e dagli incidenti stradali; bilanci comunali prosciugati dalla gestione di circolazione e servizi di trasporto pubblico imprigionati da auto in sosta e in movimento; bilanci familiari divorati dalla spesa per mantenere una, due, o tre auto. L'auto è penetrata fin dentro l'immaginario individuale e collettivo e continua a essere l'oggetto dei desideri di chi già ce l'ha, di chi non l'ha ancora e di chi non la potrà mai avere; dal primo al quarto mondo. Perché realizza un sogno antico come il mondo: non essere più fante ma cavaliere.
Ma l'automobile ha improntato anche l'organizzazione del lavoro del secolo scorso (non a caso è stata chiamata fordismo) e tutte le strutture sociali e politiche che il fordismo ha prodotto direttamente o reso possibili indirettamente: dequalificazione e parcellizzazione del lavoro; separazione tra esecuzione, direzione e controllo; piena occupazione e alti salari (o quasi) e consumi di massa; welfare state e dilatazione della spesa pubblica. E poi, ipertrofia dei settori a monte della sua produzione: siderurgia, meccanica, elettronica, gomma, ecc.; di quelli impegnati a farla circolare: costruzioni, riparazioni, marketing; e dell'industria del petrolio: prospezioni, estrazione, navigazione e cantieri navali, raffinazione, ecc.. Per tutte queste connessioni l'automobile rischia di essere la palla al piede della irrinunciabile transizione a un mondo che dovrà fare a meno dei combustibili fossili.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

Il rifiuto della raccolta differenziata

Guido Viale

Che cosa c'è ancora da fare in Campania, dopo che Berlusconi e Tremonti hanno annunciato di aver risolto il problema dei rifiuti? Tutto. Tutto quello che è necessario per passare da una gestione straordinaria che in 14 anni è stata la principale fonte del disastro a una gestione ordinaria che restituisca al governo del territorio - comuni, province e regione - le competenze previste dal nostro ordinamento e rispetti i principi della normativa europea e italiana: primo ridurre la produzione di rifiuti; poi recuperare materia; quindi estrarre energia solo se non si può recuperare materia; discarica solo per ciò che non si può recuperare. Per ridurre la produzione di rifiuti bisogna promuovere, con appositi accordi. il vuoto a rendere (sia riciclabile che pluriuso) e la vendita alla spina di prodotti in grani, in polvere e liquidi; scoraggiare gli articoli usa e getta (pannolini, stoviglie e gadget ) incentivando gli equivalenti lavabili e/o durevoli; promuovere l'acqua del rubinetto e scoraggiare quella minerale dove gli acquedotti sono sani; valorizzare i rifiuti elettrici e elettronici (in sigla, Raee), accelerando l'attuazione dell'accordo che ne prevede ritiro e riciclo; sostenere il commercio dell'usato offrendo ai «mercatini» spazi adeguati a fianco degli ecocentri dove intercettare quello che a cittadini e aziende non serve più; sostenere il compostaggio domestico e quello in fattoria: cioè lo scambio diretto di sostanza organica con alimenti biologici tra ristoratori o negozi alimentari e agricoltori.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

Rifiuti, gli affari dell'inceneritore

Guido Viale

riciclaggioIl trattamento meccanico-biologico dei rifiuti urbani (Mbt) opera sulla frazione talquale che residua da una raccolta differenziata (Rd): separando la parte umida, sfuggita alla raccolta dell'organico, da quella secca (la carta e soprattutto la plastica che non costituisce imballaggio e che non è oggetto di Rd) ed entrambe dal «sottovaglio», frammenti che cadono dai setacci attraverso cui passa il materiale conferito all'impianto. La parte umida viene sottoposta a un processo di stabilizzazione analogo al compostaggio, ma più rapido, e dopo la raffinazione che ne elimina le impurità, produce la frazione organica stabilizzata (Fos) usata per coprire discariche e cave dismesse o per risanare suoli contaminati. Le caratteristiche dei due processi sono uguali: se aumenta la Rd dell'organico, una parte crescente dell'impianto Mbt può essere adibita alla produzione di compost di qualità.

La parte secca, dopo averne sottratto i materiali non combustibili, viene imballata per alimentare gli inceneritori; oppure, addizionata con materiali con maggiore potere calorifico inferiore (Pci), soprattutto pneumatici fuori uso, diventa Cdr, che vuol dire combustibile derivato dai rifiuti, che può in parte sostituire carbone e petrolio in impianti dotati di adeguati filtri delle emissioni (cementifici, centrali termoelettriche, fornaci, impianti siderurgici); oppure può venir gassificato e sostituire il gas naturale in centrali a turbogas; o addirittura venir utilizzato come combustibile nelle navi. L'aumento del prezzo del petrolio ha reso questo combustibile molto attraente. In discarica finisce solo il sottovaglio.

Print Friendly, PDF & Email
eddyburg

Le radici storiche della fame

di Piero Bevilacqua

fame nel mondo nairobo2007orgSe ne parla ormai con allarme da molti mesi. Agli abituali 800 milioni e passa di affamati annualmente censiti dalla FAO se ne va aggiungendo un numero imprecisato che aumenta di giorno in giorno.Analisti e commentatori hanno chiarito soprattutto le ragioni congiunturali di ciò che sta avvenendo: crescita della domanda, soprattutto di carne e quindi di mangimi nei Paesi emergenti, annate di prolungata siccità in importanti regioni cerealicole, vaste superficie di suoli convertiti ai biocarburanti, aumento del prezzo del petrolio, speculazione finanziaria sui titoli delle materie prime, ecc. E tuttavia l’attuale fase non è un congiuntura astrale, il fatale combinarsi di “fattori oggettivi”. Luciano Gallino, su Repubblica , ha ben messo in luce le responsabilità dell’Occidente nel determinare le condizioni dei nostri giorni. Ma le responsabilità non sono solo recenti, rimandano a una storia di scelte e di strategie che occorre rammentare se si vogliono trovare soluzioni durevoli a un problema di così scandalosa gravità.

La diffusione epidemica della fame nel mondo ha una origine storica ormai non più recente.Essa nasce con la rivoluzioneverde avviata dagli USA negli anni ’60 in vari Paesi a basso reddito e proseguita con crescente intensità nei decenni successivi. Quella rivoluzione venne definita verde perché essa aveva il compito strategico di contrastare, nelle campagne povere del mondo, l’onda rossa del comunismo.

Print Friendly, PDF & Email
la repubblica logo

Rifiuti urbani e rifiuti umani

di Guido Viale

villa medicea careggi thumbL'abbinamento tra rifiuti urbani e rifiuti umani è un dato di fatto, consolidato dal tono e sempre più anche dalle parole dei politici impegnati sul fronte della "sicurezza". I primi, i rifiuti urbani, sono lo scarto e il residuo non consumato dei nostri "consumi", cioè di quello che ciascuno di noi compra tutti i giorni. I secondi, i rifiuti umani, sono lo scarto, il residuo non assimilato, dell'ininterrotto processo di riorganizzazione e di riconfigurazione della società. Ma la "società" siamo noi e anche i rifiuti sociali sono un nostro prodotto.

Generiamo i rifiuti urbani individualmente, ciascuno per conto proprio, ma all'interno di processi di produzione-consumo-scarto in larga parte predeterminati da altri. Produciamo rifiuti sociali collettivamente e anonimamente; ma poi ciascuno di noi deve fare i conti con la propria coscienza: con il grado e la misura in cui partecipa alla formazione e alla conferma dei processi di esclusione in atto; che possono portare anche molto lontano: per esempio all'incendio di campi nomadi e al rogo di chi ci abita, riedizione plebeo-leghista ("nord e sud uniti nella lotta") del porrajmos con cui i nazisti hanno a suo tempo sterminato mezzo milione di zingari.

L'abbinamento tra rifiuti urbani e rifiuti umani non dovrebbe destare scandalo perché è una verità comprovata; e può suscitare indignazione solo se e quando questo sentimento diventa il filo conduttore per fare i conti con il problema e cercare di venirne a capo.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

L'ideologia del sacro fuoco

Guido Viale

inceneritori salute GNessuna novità di rilievo, rispetto alle anticipazioni, nelle notizie relative alla strada scelta dal governo Berlusconi per portare la Campania fuori dall'emergenza rifiuti. Si continua a ritenere che gestire i rifiuti, anche in situazioni di crisi estrema come quella campana, si riduca a costruire degli inceneritori e aprire delle discariche: la stessa idea che era alla base del Piano Regionale varato 14 anni fa dalla Giunta campana di Rastrelli - e poi confermato da Bassolino e dagli altri commissari - che prevedeva la costruzione di ben 24 inceneritori.

Che poi sono stati ridotti a 13, poi a 3, poi a uno solo - ma di dimensioni immani - mentre nel frattempo, in attesa di accendere il loro fuoco purificatore, non si è fatto altro che cercare siti vecchi e nuovi per aprire o riaprire discariche dove sotterrare la montagna crescente dei rifiuti che ogni giorno la regione produce, e che ogni giorno si accumula o riaccumula sulle strade. Di fonte a questo, la soluzione proposta dal governo si articola in quattro punti.


Più inceneritori

Quattro inceneritori, e non più solo tre: a quello mai finito di Acerra si dovrebbero aggiungere quelli già programmati di S. Maria La Fossa e di Salerno e un quarto a Napoli. Dei nuovi impianti non è stata comunicata la capacità. L'inceneritore di Acerra ha una capacità di 700.000 tonnellate all'anno di Cdr. Se i tre nuovi inceneritori fossero altrettanto grandi, si arriverebbe a quasi tre milioni di tonnellate: più di tutti i rifiuti prodotti dalla regione in un anno.

Print Friendly, PDF & Email
politica e classe

Note introduttive per il convegno

Associazione "Politica e classe"

Il capitale percepisce ogni limite come ostacolo e lo supera idealmente se non l’ha superato nella realtà:
dato che ognuno di questi limiti è in opposizione alla dismisura inerente al capitale, la sua produzione si muove attraverso
contraddizioni costantemente superate, ma altrettanto costantemente ricreate.

Karl Marx “Grundrisse”

scioglimento dei ghiacci blogUna premessa

Come appare ormai a tutti evidente la questione ambientale, complessivamente intesa dai problemi del clima fino al vivere quotidiano delle popolazioni, ha assunto da alcuni decenni un carattere strategico rispetto alle possibilità di sviluppo dell’umanità, mentre i sempre più accentuati ed accelerati processi di valorizzazione del capitale amplificano una situazione che sfugge di mano alle classi dirigenti che dovrebbero guidare l’attuale sistema sociale e le relazioni economiche e produttive internazionali.

E’, infatti, palese che la contraddizione che si manifesta tra crescita economica ed ambiente naturale riveste un ruolo centrale, ma un’ analisi strutturale di questa dinamica non può avere esclusivamente una lettura che si astrae da un sistema di relazioni sociali determinato storicamente e concretamente agente cercando la motivazione dell’attuale situazione in cause antropologiche per cui una generica natura umana tende ad essere “nemica” dell’ambiente ed ad esso estranea. Il rischio che corrono queste interpretazioni è quello di dare una visione parziale e, pensando di contrastare il degrado ambientale, di occultare le cause sociali del problema assolvendo dalle responsabilità chi invece ne è la causa.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

Incenerire è un po' morire

Guido Viale

effettoserraL'inceneritore è una macchina due volte tossica. In primo luogo è tossica perché rilascia scorie pericolose che vanno sotterrate in discariche ad hoc, mentre il resto (quattro quinti) se ne va in fumo. Non sparisce, ma si disperde nell'aria e poi ricade sui nostri polmoni, sulle cose che mangiamo, sul terreno dove passeggiamo o giochiamo. È vero che un inceneritore ben gestito produce meno inquinanti di uno svincolo autostradale o di un ingorgo automobilistico.

Ma i rifiuti sono un materiale poco omogeneo, con grandi variazioni di potere calorifico: basta uno sbalzo di temperatura e l'abbattimento degli inquinanti va in tilt. Sempre nella speranza che nel materiale conferito non siano state nascoste sostanze tossiche, cosa ormai verificata per le «ecoballe» della Campania.

Affidereste voi il funzionamento di una macchina così pericolosa a chi ha gestito i rifiuti campani negli ultimi decenni? Ma l'inceneritore è tossico soprattutto perché inquina il cervello di molti amministratori locali e governanti nazionali, che aspettano da quella macchina, e non dalla riorganizzazione del ciclo dei rifiuti attraverso la partecipazione e il coinvolgimento diretto dei cittadini - cioè di coloro che i rifiuti li producono - una miracolosa soluzione del problema.

Print Friendly, PDF & Email
 lanuovaecologia

Equità schizofrenica

di Vandana Shiva

Sono capitalisti su ricchezza e risorse. Ma diventano socialisti quando si parla di inquinamento e delle sue conseguenze

gas serraIl 27 novembre il Programma sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) ha pubblicato un rapporto sullo sviluppo umano dal titolo "Fighting climate change: human solidarity in a divided world". Il compito di presentarlo è stato affidato a Montek Singh Ahuluwalia, vicepresidente della Commissione di pianificazione indiana, che lo ha di fatto sconfessato.

Lo studio Undp, presentato prima dell’incontro di Bali, sottolinea la necessità di ridurre del 50% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2025. Per ottenere questo risultato prescrive che per quella data i paesi industrializzati dovranno aver attuato una riduzione delle proprie emissioni tra il 70 e l’80%, mentre per il 2020 la riduzione deve aver raggiunto il 20-30%. Per i paesi in via di sviluppo responsabili di notevoli emissioni, come l’India, l’Undp non prescrive abbattimenti prima del 2020, ma per il 2050 prescrive riduzioni del 20%.

Montek Singh Ahuluwalia, fondamentalista del libero mercato impegnato nelle politiche neoliberiste dell’India, ha utilizzato l’argomentazione dell’equità per criticare il rapporto Undp.

Print Friendly, PDF & Email
socialpress

Eurotunnel un disastro economico caduto nell’oblio

di Marco Cedolin

eurotunnelTutte le volte che gli uomini politici di ogni risma e colore iniziano a suonare le grancasse dell’informazione, sostenendo attraverso l’uso di aggettivi roboanti la necessità di una nuova grande opera infrastrutturale che porterà sviluppo e benessere economico, sarebbe bene ricordare loro la triste vicenda del tunnel che collega Parigi e Londra correndo sotto la Manica.

L’Eurotunnel è il più lungo tunnel sottomarino del mondo, con i suoi 50 km dei quali 39 corrono sotto il fondale marino alla profondità media di 45 metri, la sua costruzione è durata 7 anni impegnando circa 15.000 lavoratori, con un tributo di 10 morti e 1300 feriti. L’opera, inaugurata nel 1994, è costituita da tre gallerie parallele, due ferroviarie ed una di servizio nella quale possono circolare i mezzi su gomma preposti alla manutenzione e alle operazioni di soccorso.

La società Eurotunnel offre complessivamente quattro tipi di servizio: i treni passeggeri Eurostar ad alta velocità, i treni navetta per passeggeri, autoveicoli, camion e autobus con autisti a bordo, i treni navetta che trasportano camion su vagoni aperti senza gli autisti a bordo dei mezzi, i treni merci convenzionali che trasportano le merci in vagoni o container.

Print Friendly, PDF & Email
comedonchisciotte

Rifkin: il venditore di olio di serpente

di Ugo Bardi 

idrogenoGli americani parlano di "snake oil" (olio di serpente) per quel tipo di intrugli miracolosi che dovrebbero far bene ai calli, curare il mal di testa, e far andar via anche le emorroidi. Da noi, tendiamo a correlare i venditori di questi intrugli alla ormai storica figura di Vanna Marchi.

Con qualsiasi termine lo si voglia definire, un venditore di intrugli di grande successo è Jeremy Rifkin che continua a imperversare con le sue idee sull'idrogeno. E' un ospite regolare - sempre a pagamento da quello che si sente dire - di conferenze e dibattiti. Ultimamente, lo abbiamo visto come ospite addirittura del parlamento italiano, osannato da quasi tutti i parlamentari.

Così come l'olio di serpente viene detto curare le malattie più svariate, Rifkin ci propone l'idrogeno come rimedio universale dei guai più vari. Se le idee di Rifkin sono grandiose, sono anche molto confuse. Ci sono perlomeno tre concetti che possiamo identificare nella proposta di Rifkin, e forse anche di più.

1. L'idrogeno come mezzo di stoccaggio dell'energia rinnovabile. Questa è un idea nel complesso sensata. L'idrogeno potrebbe essere una delle tecnologie che ci permetteranno di risolvere il problema dell'intermittenza delle fonti rinnovabili.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

La nouvelle vague della decrescita

Alcune riflessioni critiche sull'ultimo libro di Serge Latouche edito da Feltrinelli presentato come «un vero e proprio manifesto per la Società della decrescita» da realizzare attraverso un programma che punti alla diminuzione delle merci prodotte Il crollo prossimo venturo La proposta dello studioso francese di trasformare la società attraverso comportamenti virtuosi è espressione di una «pedagogia delle catastrofi» in cui la denunci

Luigi Cavallaro

ecologiaDa quando il tracollo dell'esperimento sovietico è sembrato riportare le lancette della storia all'epoca del «trionfo della borghesia», per dirla col titolo del celeberrimo libro di Eric J. Hobsbawm, una nuova idea ha cominciato a farsi strada tra gli orfani irreconciliati dell'idea «crollista». L'idea, molto in sintesi, è che il capitalismo, assai più gravemente che da un antagonismo di classe nel frattempo annacquatosi, sarebbe minato da un rapporto contraddittorio addirittura con la «natura»: la sua propensione alla «crescita illimitata», infatti, prima o poi dovrebbe indurlo a sbattere il muso contro la finitezza del pianeta Terra e delle sue risorse.

È stata la legge dell'entropia a offrire il pilastro teorico su cui edificare una narrazione ancor più fosca del declino irreversibile del modo di produzione (nuovamente) dominante. La presa di coscienza del fatto che tutti i tipi di energia sono destinati prima o poi a trasformarsi in calore non più utilizzabile e che il sistema solare tutto tende verso una «morte termodinamica» ha indotto, infatti, i «neocrollisti» a formulare critiche «radicali» all'idea che il processo economico potesse essere descritto in termini circolari e a esigerne con forza una rappresentazione in termini unidirezionali, rispettosa della «freccia del tempo».


La catastrofe annunciata


La termodinamica, in tal modo, è diventata la «fisica del valore economico» e la legge dell'entropia «la radice della scarsità economica», come scrisse l'economista e statistico di origine rumena Nicholas Georgescu-Roegen.

Print Friendly, PDF & Email
manifesto

 AZZARDI CLIMATICI

Quel rischio a misura di un pianeta precario

ambienteMa il clima e l'economia sono realtà in cui opera l'incognita dei rapporti sociali. La sua irruzione nell'agire collettivo restituisce la pregnanza politica tanto del degrado ambientale che della gestione del bilancio pubblico Un percorso di lettura che mette a confronto i modelli di previsione dei mutamenti climatici e dell'andamento dei conti pubblici. Entrambi possono essere usati per elaborare condizioni di equilibrio nel breve, ma non nel lungo periodo

Luigi Cavallaro

«Facciamo un lavoro precario in un pianeta a rischio oppure il pianeta è precario perché il lavoro è a rischio?». Il dilemma lucidamente (e genialmente) sintetizzato in una vignetta di Pat Carra, pubblicata su questo giornale il 10 novembre scorso, non sembra aver suscitato particolare attenzione, almeno a giudicare dagli interventi che da allora in poi si sono succeduti su queste pagine in merito alla «questione ambientale». Eppure, è un dilemma centrale: dalla sua risoluzione, infatti, dipende la nostra possibilità di porre finalmente la questione ambientale come problema politico e sbarazzarci di quell'attitudine neoluddista di cui l'hanno ricoperto frotte di profeti di sventura, ai quali va una responsabilità non secondaria nel perdurare di una situazione che vede l'ambiente ridotto al rango di «questione tematica» o di «problema trasversale», come notava su queste stesse pagine Roberto Marchesini l'11 marzo scorso.

Proviamo allora a prendere sul serio il dilemma di Pat Carra, e chiediamoci anzitutto: cosa significa «rischio»? In senso tecnico, il rischio è la probabilità che un dato evento, che comporta danni per persone, animali o cose, si verifichi in un tempo definito. Poiché la sua misura si ottiene moltiplicando la probabilità dell'evento considerato per l'entità del danno che esso produce, ogni discussione intorno ad un qualunque rischio presuppone che si disponga di un modello teorico in grado di spiegare, sulla base di certe assunzioni ed ipotesi, il comportamento del sistema fisico e/o sociale di cui quell'evento è, propriamente parlando, «elemento». Diversamente, non potremmo mai «predire», ad esempio, che entro il 2100 il livello del mare crescerà da 18 a 59 centimetri e le temperature si innalzeranno fino a 4 gradi oltre le medie attuali, come affermato dal Rapporto 2007 dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Né che eventi del genere potrebbero generare perdite economiche comprese fra lo 0,1 e lo 0,5 per cento del Pil, come pronosticato dall'Istituto per lo sviluppo economico di Kiel.