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jacobin

Una nuova economia a emissioni zero

di Andrea Roventini

Vietare le attività inquinanti, incentivare politiche pubbliche ambientali, predisporre strumenti finanziari per l'innovazione ecologica. Tre passi per cambiare paradigma

clima3 jacobin italia 990x361Quest’estate le conseguenze del riscaldamento climatico hanno spesso occupato le prime pagine dei giornali e le discussioni sui social network. Non solo per gli incendi che hanno piagato la foresta Amazzonica, ma anche per quelli che hanno bruciato la Siberia, le eccezionali ondate di caldo che si sono registrate in città come Parigi, con punte vicine ai 45° C, o in Australia e India con temperature sopra i 50° C, e per finire l’uragano Dorian che ha portato distruzioni nei Caraibi e negli Stati uniti sudorientali.

Tuttavia, l’impatto del cambiamento climatico non porta solo a un aumento delle temperature e a un’intensificazione degli eventi estremi (ondate di calore, tropicalizzazione dei temporali), ma aumenta anche la variabilità climatica. L’instabilità climatica implica, come nel Trono di Spade, che l’inverno può arrivare inaspettatamente, con conseguenze devastanti per la produzione agricola. Di fronte a questi fenomeni, è farsesco che certi giornalisti o politici minimizzino i rischi del cambiamento climatico per le temperature rigide che si registrano in alcuni giorno dell’inverno in Italia o negli Stati uniti. Le proiezioni all’anno 2100 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente indicano che se non combatteremo efficacemente il riscaldamento climatico, tutta l’Europa sperimenterà forti aumenti delle temperature, ma l’area mediterranea sarà colpita da periodi estremi di siccità, mentre le precipitazioni si intensificheranno nelle regioni centrali e orientali.

Purtroppo, in mancanza di interventi tempestivi, il peggio deve ancora avvenire. Lo scorso anno, un articolo pubblicato su Pnas, uno tra i più influenti giornali scientifici insieme a Science e Nature, ha avuto un forte impatto mediatico avvertendo che siamo vicini a un punto di non ritorno per il nostro Pianeta.

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resistenze1

Il clima sta cambiando, i rapporti di sfruttamento no

di Enzo Pellegrin

Ambiente e capitalismoSe mai ce ne fosse bisogno, le manifestazioni "istituzionali" di venerdì scorso hanno confermato un dato ambientale, sul quale gran parte del mainstream mediatico investe risorse di controllo dell'opinione da almeno venti anni. Il clima della Terra sta cambiando.

Lo confermano, in ordine di importanza: i governi più potenti del mondo, le organizzazioni governative, le cosiddette organizzazioni non governative, i governi allineati ai governi più potenti del mondo. Nel mazzo entra pure il governo italiano, il quale ha "istituzionalizzato" le manifestazioni per il clima con una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione, la quale invitava i docenti ad accettare la giustificazione di assenza per la partecipazione al "Friday for Future". Ultime ma non meno importanti, le organizzazioni dei partiti governativi e filogovernativi, le quali hanno tentato di dirigere, attraverso le loro organizzazioni giovanili, le manifestazioni di venerdì.

Che il clima, ma non solo il clima, stia andando incontro a mutamenti derivanti dall'inquinamento dei metodi di produzione e di sviluppo economico, lo avevano in precedenza detto sia la comunità scientifica internazionale, sia una serie di personaggi che alle nazioni Unite avevano più volte parlato, senza che il mainstream mediatico avesse mai dato loro la dovuta eco.

Fidel Castro Ruz, nel 2007, nella piena esplosione di quello pseudoecologismo peloso che lodava la ricerca di carburanti alternativi al petrolio derivati da vegetali e mais, ricordava che

"L'energia è concepita come qualsiasi merce…La terra e i suoi prodotti, i fiumi, le montagne, le foreste ed i boschi sono vittime di una incontenibile rapina. I beni alimentari, ovvia - mente, non sono sfuggiti a questa infernale dinamica.

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sinistra

Due o tre cose sul clima e i Fridays for Future

di Piero Pagliani

fridays for future marcia per la pace 535885.660x368«Your ancestors did not end slavery by declaring an emergency … I vostri antenati non hanno posto fine alla schiavitù dichiarando un'emergenza e sognando soglie artificiali per il numero “tollerabile” di schiavi. Ma l'hanno chiamata per quello che era: un'industria incredibilmente profittevole, la base di buona parte della prosperità dell'epoca, fondata su una fondamentale ingiustizia. E' tempo di fare la stessa cosa per il cambiamento climatico.»

(Myles Allen: Why protesters should be wary of ‘12 years to climate breakdown’ rhetoric. Myles Allen è docente di Scienze Geosistemiche, Leader dell'ECI Climate Research Programme, Università di Oxford, autore del capitolo riguardante le previsioni sul cambiamento climatico globale dell'IPCC Fourth Assessment Report e coautore dello Special Report on Global Warming of 1.5ºC dello stesso IPCC)

Nutro non solo sospetti, ma ho una reale paura dei movimenti suscitati dall'alto. Perché in alto ci sono le élite e spesso, come ci ricordava con chiarezza Antonio Gramsci, queste élite sono abilissime a mimare le forme di mobilitazione popolari (“del proletariato”), e lo fanno esclusivamente per i propri interessi e, in subordine, dei ceti sociali ad esse afferenti.

Ho quindi paura del “fenomeno Greta Thunberg” (non della giovane Greta), proprio perché per me il fenomeno Greta Thunberg, cioè il bandwagon che si è costruito in tempi record sulla base delle sue primitive - e io penso genuine - intenzioni e azioni, è un prodotto progettato e impacchettato a freddo (si veda di Cory Morningstar, giornalista investigativa e ambientalista, The Manufacturing of Greta); un prodotto immediatamente utilizzato da alcuni settori delle élite che infatti sin da subito hanno richiesto e ottenuto che la giovane Pasionaria del clima fosse accolta laddove si celebrano alcuni dei loro riti più appariscenti: i media mainstream, parlamenti e capi di stato vari, il World Economic Forum di Davos, il papa, l'Onu.

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paroleecose

Territori estrattivi e politica dei morti viventi

Lo sviluppo capitalista nell'era della crisi ecologica

di Maura Benegiamo

[Anche in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, gli ultimi mesi hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza contro il cambiamento climatico. Importanti sono state le piazze oceaniche di Fridays For Future il 15 marzo e quella dei comitati a Roma, il 23 dello stesso mese. Dopo il secondo Climate Strike del 24 maggio, oggi va in scena il terzo atto. Per comprendere le sfide che attendono il movimento globale per la giustizia climatica proponiamo il seguente testo di Maura Benegiamo, che parte da una riflessione presentata al convegno Ambientalismo Operaio e Giustizia Climatica tenutosi presso il Centro Studi Movimenti di Parma il 14 giugno 2019. (el)]

DrillRig11. L’astrazione è sempre estrazione

La connessione tra crisi ambientale e crisi economica che ha caratterizzato il panorama globale negli ultimi anni si è tradotta in un’intensificazione dei processi di mercificazione e sfruttamento applicati al mondo naturale. L’epoca post-fordista è stata caratterizzata da intense trasformazioni del lavoro e dei processi di sussunzione. Le logiche che hanno sotteso tali trasformazioni si sono estese al di là della produzione umana, implicando anche una trasformazione delle relazioni tra capitale e natura. In particolare, il crescente trasferimento sull’ambiente dei costi e delle funzioni della riproduzione sociale ha reso le funzioni riproduttive dell’universo non-umano – e la conseguente codificazione dei processi biologici – un elemento centrale nello sviluppo del capitalismo. In questo modo, le più recenti forme di captazione del valore, incentrate sulle dimensioni apparentemente più immateriali o cognitive della produzione ed attente a processi di cattura e monetarizzazione dei flussi di informazioni e di conoscenza, sono state applicate all’ampliamento delle dinamiche di estrazione e sfruttamento della natura (e dei corpi). Le stesse enclosures e la mercificazione della natura sono venute così ad articolarsi con i nuovi processi di accumulazione.

In questo contesto, le derive ecologiche che hanno contribuito alla crisi del modello fordista possono essere riviste alla luce dei nuovi saperi ambientali e del progresso tecno-scientifico, che però a loro volta sono serviti a costituire una specifica grammatica ad uso della governance neoliberista. Tutti questi processi si accompagnano infatti a politiche di sfruttamento intensivo dei territori ed estrazione delle risorse che sostengono traiettorie differenziali di inclusione ed esclusione.

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seminaredomande

Where’s the Revolution? Who’s making your decisions?

di Francesco Cappello

Il rituale del venerdì e dello “sciopero globale” va riempito di tutti quei contenuti che risultano, non a caso, generalmente rimossi. Tutto è connesso a tutto

image354 Bisogna aiutare i nostri figli/studenti a vedere ciò che è loro sistematicamente celato.

Non hanno gli strumenti per farlo autonomamente. Materie essenziali allo scopo sono state rimosse dai loro piani di studio. La didattica per “competenze“ tenta ormai di sostituirsi a quella per contenuti.

Nella scuola che frequentano anche il linguaggio convoglia l’ideologia aziendalistica. Non si danno più voti ma “debiti” e “crediti” mentre le micro e piccole imprese reali vengono lasciate al loro destino soffocate da un’enorme imposizione fiscale.

Vi si pretende di dare valutazioni e giudizi indiscutibili (digitali) che deresponsabilizzano i docenti. Anche una macchina può “correggere” una verifica nel formato “quiz invalsi“ e dare una valutazione scaturente dalla applicazione di insindacabili criteri, codificati in una “griglia“ (algoritmo valutativo) preventivamente predisposta. Allo studente è chiesto di mettere una crocetta (la stessa con cui si firmano gli analfabeti) nella casella giusta. La tendenza è quella di rendere maggioritarie questo genere di verifiche a discapito delle prove orali e di quelle scritte tradizionali.

Le prove invalsi ci “suggeriranno” quali argomenti trattare, con quali modalità e quali trascurare. Le interrogazioni orali e scritte saranno sempre più sostituite da idiote quanto mortificanti gare a quiz già candidate all’utilizzo per l’ammissione a esami di Stato, peraltro continuamente cangianti anche nel corso dell’anno scolastico, come accadde l’anno scorso.

Non più il/la preside ma un dirigente (d’azienda), scolastico amministratore delegato con sempre più responsabilità, all’interno di una organizzazione in cui sono in pochi (il Consiglio di Istituto) ad avere l’ultima parola. Il Collegio Docenti, per molti aspetti importanti, ha ormai solo potere propositivo; d’altronde, la propaganda propone che anche il Parlamento nazionale sia da considerare uno “strumento desueto».

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contropiano2

Questione ambientale e movimenti studenteschi

di OSA - Opposizione Studentesca D'Alternativa

3 1Il clima della Terra con l’aumentare della temperatura globale sta cambiando ad una velocità spaventosa, portando alla scomparsa di alcuni ecosistemi, allo scioglimento dei ghiacci e all’innalzamento dei mari, che rischia addirittura di sommergere (ad esempio in Polinesia) interi stati nel giro di 50/100 anni. Il riscaldamento globale è incrementato consistentemente dagli effetti delle attività umane, e in particolare della deforestazione, del consumo di acqua e dell’inquinamento.

Tutte queste sono attività che l’uomo svolge da 13.000 anni, ma che hanno assunto proporzione così rilevante dalla nascita dell’industria alla fine del XVIII secolo. Da allora la popolazione mondiale è cresciuta di 8 volte e si è moltiplicata la produzione di qualunque bene di consumo. L’industria produce però scorie; per fare l’esempio più noto e lampante è ancora oggi fondata sulla combustione di fossili, che libera nell’aria anidride carbonica, uno dei cosiddetti “gas serra” alla base del riscaldamento globale, che catturano i raggi solari limitandone la riflessione.

Inoltre l’industria richiede un’enorme quantità di materie prime, inclusa l’acqua dolce che ricordiamo essere presente in quantità limitata sul pianeta. I nuovi materiali plastici e gli agenti chimici utilizzati in agricoltura creano un ulteriore problema di inquinamento duraturo causato tanto dalla loro dispersione quanto dalla produzione, e uniti all’inquinamento atmosferico dovuto alle polveri sottili causano la morte in massa e la malattia di numerose specie animali, tra cui l’uomo.

Nel suo continuo bisogno di incrementare la produzione di merci, il capitale è spinto alla ricerca perenne di nuove risorse, talvolta distruggendo ecosistemi unici.

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carmilla

The Great Green Capitalism Swindle

di Sandro Moiso

green capitalism parigi clima 1Julien Temple nel 1980, con il film The Great Rock’n’Roll Swindle, ci aveva informati, in maniera irriverente e trascinante, del fatto che non solo la musica pop con tutto il suo circo mediatico e mercantile, ma anche il fenomeno punk, apparentemente così trasgressivo e diverso come nel caso degli iconici Sex Pistols, altro non fosse che una ben congegnata truffa ai danni dei giovani consumatori. Anche di quelli più radicali nei gusti e nei comportamenti.

Oggi la grande truffa è diventata green, verde come quel capitalismo che in nome della propria sopravvivenza finge di rinnovarsi affinché nulla realmente cambi, sia nel suo devastante rapporto con l’ambiente che nei rapporti di classe, dominio e sottomissione che le sue regole economiche da sempre sottendono.

Greta Thunberg è sicuramente un personaggio ispiratore di grande simpatia e i giovani che si sono mossi dietro di lei e con lei sicuramente hanno molto a cuore il destino di questo pianeta e della nostra specie. Ma il discorso sulla casa comune, come ho già affermato la settimana scorsa proprio su Carmilla (qui), rimane profondamente inficiato dal fatto che in una società divisa in classi c’è ben poco in comune tra chi sta in alto (pochi) e chi sta in basso (la maggioranza, soprattutto nelle aree esterne all’Occidente o ai paesi del G dai vari numeri che lo accompagnano a seconda delle occasioni). Molto spesso, infatti, mentre le case di molti bruciano o vengono travolte dal fango o da altri disastri naturali (dall’Amazzonia a New Orleans fino ai nostri Appennini), in altre case si festeggia: non lo scampato pericolo come sarebbe lecito supporre, ma il guadagno che tali disgrazie altrui possono portare nelle tasche di pochi fortunati.

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andreazhok

Non è una festa

di Andrea Zhok

Greta vertice clima COPIeri vaste manifestazioni di matrice ecologista, in Italia e nel mondo, hanno suscitato impressione e grandi entusiasmi. Vedere tante persone, soprattutto giovani, mobilitarsi in massa per qualcosa di importante, qualcosa che va al di là delle immediatezze e superficialità di cui siamo prigionieri, è uno spettacolo confortante.

Francamente delle nuove generazioni è giusto temere chi si rimbecillisce davanti a uno schermo, chi fa a gara di selfie o chi si perde dietro a gadget e capetti firmati, ma non quelli che alzano la testa per guardare al di là del proprio presente individuale.

Dunque credo che l’attuale movimento vada accolto con apprezzamento, e anche se non mancano espressioni ingenue e talvolta semplicemente sciocche, bisogna ricordare che questo è fatale in ogni movimento di massa, e lo è sempre stato.

Ciò che però è importante capire, davanti alle usuali espressioni festose e ridenti, da scampagnata inattesa, è che il problema in oggetto è assai lontano dall'essere l'occasione per una festa.

 

1. I dubbi

I dubbi degli scettici verso questo movimento non sono privi di senso, per quanto spesso si appuntino su questioni irrilevanti (come le vicende biografiche della nota ragazzina svedese).

Il primo, fondato, dubbio nei confronti di questo movimento sta nel fatto di essere apparentemente sostenuto da quello stesso apparato capitalistico che è all’origine dei problemi ecologici. I sorrisi di capi di stato che invocano ulteriore crescita come unica soluzione, e il plauso di industrie private la cui moralità si risolve nel distribuire cedole corpose ai propri azionisti, sono indici assai sospetti.

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ist onoratodamen

Metropoli e rapporto uomo-ambiente nella transizione al comunismo

di Mario Lupoli

Nella teoria e nella prospettiva attuale della transizione dal capitalismo contemporaneo al comunismo possibile, è essenziale oggi riprendere criticamente la riflessione attorno a quelle coordinate produttivistiche, tecno-idolatriche e antropocentriche che hanno caratterizzato ampia parte della teorica comunista tra fine Ottocento e Novecento. L’esigenza che emerge oggi è muoversi in orizzonti nuovi che più radicalmente affrontino la necessaria coniugazione di umano e naturale. L’articolo che segue vuole essere uno spunto per avviare un confronto su questi temi, ed è a sua volta il primo prodotto di un dibattito in corso

gardenedenNella sua riflessione sulla transizione dal capitalismo al comunismo, Trotsky[1] affronta la questione di una riprogettazione di massa di uno spazio di vita integrato umano-naturale sulla terra.

Trotsky prospetta infatti un coinvolgimento di massa – e non solo di architetti e ingegneri - nella progettazione di città-giardino, in una dinamica sociale che tende all’estinzione della divisione del lavoro.

Significativamente è in gioco la ricomposizione dell’uomo, che il capitalismo scinde al massimo grado (a livello individuale e di specie) fino a svuotarlo completamente della stessa capacità di dotare di senso la propria vita, le proprie relazioni e la propria prassi.

Questa ricomposizione si coniuga in un orizzonte nel quale la partecipazione crescente – anche alla riprogettazione urbanistica e quindi degli spazi e dei tempi di vita – consiste, da una parte, nell’esito del passaggio dal modo di produzione capitalistico alla società comunista, che, appunto, supera la divisione sociale del lavoro, l’alienazione e il feticismo delle merci, fenomeni tra loro fortemente correlati e co-determinati; dall’altra si identifica nella condizione e, insieme, nel progressivo radicale ampiamento della democrazia consiliare, fino a determinarne la perdita dei caratteri politici, giacché la scomparsa delle classi sociali renderà superflua la politica (ovvero, comunque sia, qualunque forma di potere, nelle sue varie articolazioni e configurazioni, di una classe su un’altra). Una volta persi tali caratteri, sarà necessaria esclusivamente una funzione amministrativa delle forme di coordinamento dell’associazione di liberi individui del comunismo. I due aspetti insieme lasciano scorgere che cosa possa implicare in termini di coinvolgimento di donne e uomini, a livello locale e internazionale, una riprogettazione degli spazi di vita.

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Ecologia e vita. Critica del valore e critica della natura

di Alice Dal Gobbo

[Anche in Italia, come nel resto d’Europa e del mondo, gli ultimi mesi hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza contro il cambiamento climatico. Importanti sono state le piazze oceaniche di Fridays For Future il 15 marzo e quella dei comitati a Roma, il 23 dello stesso mese. In attesa del terzo Climate Strike del 27 settembre, i movimenti europei si incontrano al Venice Climate Camp dal 4 all’8 settembre (https://www.veniceclimatecamp.com/it/). Sarà l’occasione per condividere percorsi di riflessione e pratiche. Il testo di Alice Dal Gobbo che segue parte da una riflessione presentata al convegno Ambientalismo Operaio e Giustizia Climatica tenutosi presso il Centro Studi Movimenti di Parma il 14 giugno 2019. (el)]

GurskyValore, Natura

Le categorie di Valore e Natura stanno emergendo prepotentemente nel dibattito dell’ecologia politica, nel dialogo che cerca di politicizzare il discorso e le pratiche legate alla crisi ecologica. Le due categorie sono caratterizzate da un certo grado di ambiguità, sono sdrucciolevoli e quasi paradossali. Da un lato, esse – ma soprattutto il loro nesso – sono un nodo centrale di una riflessione che, partendo dall’eredità del dibattito marxista sull’ecologia e dell’operaismo italiano, vuole prefigurare delle società future. Dall’altro, tuttavia, il rinnovamento delle nostre relazioni socio-ecologiche[1] richiede di ripensare profondamente, forse superare, il valore e la Natura.

Interrogare il nesso valore-natura all’interno della crisi ecologica (che però è anche economica, sociale, psico-sociale) ci porta a scavare fino al cuore della costituzione materiale delle società contemporanee. È infatti ragionevole sostenere che il valore sia uno degli elementi chiave nella configurazione ecologica globale del capitalismo, poiché l’accumulazione e la ricerca del profitto che caratterizzano il sistema necessitano processi di valorizzazione, di trasformazione del mondo in valore. Questi processi sono, per altro, sempre più pervasivi dato che il capitale cerca di abbracciare più e più ambiti di vita sia in senso “estensivo” (il capitale globale che non lascia scoperto più un angolo di terra), sia in senso “intensivo” (il suo infiltrarsi sempre più a fondo nelle radici della vita e del vivente, come per esempio nel caso della mappatura del genoma umano).

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economiaepolitica

In ricordo di Giorgio Nebbia. Tra passato e futuro

di Sergio Messina

nebbia 1 640x407L’amore per la conoscenza, la condivisione della stessa attraverso una comunicazione genuina e diretta, l’instancabile spinta nel servirsi della ‘memoria storica’ avanzando al contempo ‘messaggi di verità’ sempre ‘attuali’ e coraggiosi, sono solo alcune tra le tante caratteristiche inerenti sia lo stile, sia la stessa personalità, versatile e insieme coerente, di uno studioso del calibro di Giorgio Nebbia.

L’’emerito’, il movimentista e il ‘cronista’ lascia in eredità oltre al ricordo di un’umanità senza pari, uno straordinario patrimonio di idee, racconti, lezioni e stimoli per le generazioni future di studenti, studiosi, attivisti, politici ed educatori affinché gli stessi possano evitare di rimanere sprovvisti di adeguati strumenti per poter affrontare tempi sempre più complessi e privi di punti di riferimento. Ed eventualmente continuare (con la stessa chiarezza, determinazione e passione) un enorme lavoro di ‘divulgazione’[1] che necessiterebbe (così come lo stesso autore aveva auspicato in alcuni dei suoi numerosi scritti) di essere completato e/o ulteriormente approfondito.

Come è a molti noto Nebbia riassume in sé diverse ‘personalità’ (Professore universitario, politico, attivista, giornalista, saggista ecc.) che non consentono di incasellarlo in nessuna delle ‘categorie’ che lo stesso ha rappresentato nel corso della sua lunga e intensa ‘carriera’ (termine alquanto riduttivo se si vuole fedelmente descrivere le sfaccettature della sua attività tanto scientifica, quanto ‘divulgativa’) [2]. Ciò che per i più salta subito all’occhio è giustamente l’associazione con i ‘padri’ dell’ambientalismo italiano, relegando però in questo modo (magari inconsapevolmente) il contributo dello stesso a un ‘passato glorioso’ che non tornerà mai più e che ci indurrebbe a fare i conti con una realtà (come quella attuale) spesso povera di contenuti attraverso la consolatoria nostalgia dei ‘bei tempi andati’. Nulla di tutto questo.

Nella presente nota si cercherà di evidenziare (attraverso una breve ricognizione delle varie fasi del suo pensiero e delle principali vicende biografiche) il contributo del Professor Nebbia non solo alla ‘memoria storica’ inerente l’ecologia e la ‘contestazione ecologica’ ma anche all’ambientalismo contemporaneo oggi rappresentato in larga parte dai movimenti transnazionali sulla ‘giustizia ambientale’ e sui ‘beni comuni’.

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infoaut2

L'ecologia politica sta nelle lotte della riproduzione sociale

Intervista a Emanuele Leonardi

Pubblichiamo questa interessante intervista ad Emanuele Leonardi, ricercatore all'università di Coimbra, a cura dei collettivi di Ecologia Politica nata nel contesto del Festival Alta Felicità in Val Susa

d3238663b24a758143cbba02868ea9c6 XLLe lotte della sfera della riproduzione per una nuova ecologia politica.

L'ultimo anno politico in Italia è stato pieno di imprevisti e improvvisazioni. Non solo l'inversione a destra del polo di potere tra i due partiti di governo, ma anche nuovi problemi come quello del cambiamento climatico si sono imposti sul panorama mediatico e quindi aggiunti negli spot elettorali di vari partiti. Questo è stato l'anno delle grandi piazze che abbiamo attraversato: un Marzo in cui abbiamo incontrato tanti giovani e giovanissimi durante le manifestazioni di Non Una di Meno, Fridays for Future e nella Marcia per il clima e contro le grandi opere inutili. É stato anche l'anno in cui il popolo No Tav della Val Susa ha saputo dimostrare ancora una volta di essere determinato a proseguire l'opposizione alla costruzione del Tav Torino-Lione: una degna risposta agli annunci di Conte, Salvini e del Partito Democratico. Questa situazione ha permesso una nuova fibrillazione nel dibattito politico interno ai movimenti sociali che oggi guardano con maggior interesse a studi che provengono da quell'arcipelago di pensiero che è l'Ecologia Politica.

Questo nuovo filone di ricerca parte dall'idea che “il rapporto tra la società e la natura non sia immediato e che il dato ambientale da solo non dica molto: trova una ricchezza di significato invece se messo in relazione alle modalità attraverso le quali le comunità umane e non umane si organizzano per garantire la propria riproduzione attraverso un modo di produzione. Il filtro tra quello che le società danno e ricevono dalla natura è legato al modo di produzione e agli usi e costumi delle società”, riprendendo le parole di Emanuele Leonardi dal suo intervento durante l'incontro “Ecologia è Politica”, tenutosi al festival Alta Felicità in Val Susa.

Durante quei giorni in Valle Leonardi ci ha rilasciato un'intervista per approfondire alcuni temi toccati durante il dibattito.

* * * *

1. Cosa intendiamo con lotte della sfera della riproduzione? Perché queste ultime sono sempre più centrali all'interno del contesto politico contemporaneo?

Credo che si debba partire da una distinzione analitica che forse ci aiuta a capire i termini del problema legato alle lotte nella sfera della riproduzione.

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ist onoratodamen

Crisi ambientale e sociale: le due facce della catastrofe capitalistica

di Carlo Lozito

L'ampio dibattito sull'ambiente, dopo le manifestazioni studentesche seguite all'appello di Greta Thunberg, tratta un'infinità di aspetti salvo quello fondamentale: il disastro ambientale è causato dal modo di produzione capitalistico. Così alla questione sociale, autentica emergenza contemporanea, si aggiunge quella ambientale mostrando l'insostenibilità del capitalismo e la necessità di metterlo in discussione per liberare l'uomo e la natura dal suo dominio

304 co gda brueghel detailIl capitale contro la Terra

Per dare un'idea della velocità dei cambiamenti avvenuti negli ultimi due secoli è sufficiente considerare i grafici dell'aumento della popolazione mondiale e della crescita della produzione negli ultimi millenni. Essi, praticamente piatti negli fino a due secoli fa, indicano come la crescita demografica e della produzione si concentrino sostanzialmente a partire dalla rivoluzione industriale quando si sviluppa il capitalismo moderno fondato sulla grande industria. Tenuto conto che la crescita demografica è legata alla produzione e disponibilità di cibo, è nei meccanismi di funzionamento del capitalismo che dobbiamo cercare la causa di queste crescite senza precedenti in tutta la storia umana.

Marx con la formula d-m-d' descrive l'essenza del ciclo di accumulazione del capitale: denaro investito dal capitalista (d) che si trasforma in mezzi di produzione e salari che servono per la realizzazione delle merci (m) le quali, una volta vendute sul mercato, si trasformano nuovamente in denaro ma in quantità accresciuta (d'). L'accrescimento è dovuto al plusvalore estorto all'operaio e non pagato dal capitalista, plusvalore incorporato nelle merci prodotte che una volta vendute si trasforma in profitto. Questo processo, che è specifico del modo di produzione capitalistico, permette teoricamente un accrescimento illimitato del capitale. Più il capitalista investe, più merci fa produrre agli operai, più allarga il mercato in cui venderle, più la sua tasca si gonfia di nuovo capitale. Nel ciclo successivo, per ripetere il processo e tenuto conto del saggio medio del profitto quale obiettivo da perseguire, il capitale di partenza ha una dimensione maggiore e per questo costringe il capitalista a una dimensione aumentata della produzione. E così via per i cicli successivi. Naturalmente qui abbiamo volutamente semplificato la descrizione del processo. Ciò che importa sottolineare è che il perseguimento del profitto induce la spinta alla produzione su scala sempre più allargata, la quale a sua volta genera la spinta al consumo di quanto prodotto. Poco importa che si tratti del capitalista dell'Ottocento oppure delle attuali imprese monopolistiche guidate da un consiglio d'amministrazione, la legge fondamentale operante nel capitalismo è sempre questa.

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labottegadelbarbieri

Il malsviluppo e la crisi sociale ed ecologica

E attenti al 29 luglio, Overshoot Day: la terra (con tutti noi) va in rosso

di Giorgio Riolo

A Giorgio Nebbia, recentemente scomparso. Figura preziosa come presenza umana, intellettuale e politica della sinistra italiana. Ambientalista rigoroso e comunista, la giustizia sociale e la giustizia ambientale come pensiero vissuto. A lui la nostra gratitudine per averci aiutato negli anni decisivi della formazione culturale e politica

GiorgioRiolo malsviluppoIMMAGIl prossimo 29 luglio è il cosiddetto Overshoot Day (*) il Giorno del Superamento-Supesfruttamento. Vale a dire, della possibilità del pianeta terra di rigenerare-ripristinare l’equilibrio delle risorse a causa del consumo-emissione di CO2-inquinamento-rifiuti ecc. su scala mondiale. Questa misura è calcolata ogni anno dalla benemerita Rete mondiale dell’Impronta Ecologica (Global Footprint Network). Nel 1970 il giorno era il 31 dicembre. Il saldo allora era a somma zero. Oggi per 5 mesi e qualche giorno deprediamo letteralmente la terra. Da sommare alle depredazioni degli anni precedenti. L’accumulazione del capitale e l’accumulazione della violenza ambientale, sul vivente.

Naturalmente, con la gerarchia mondiale di questo furto. Gli Usa (328 milioni di abitanti) avrebbero bisogno di 5 pianeti a questo ritmo dell’impronta ecologica dei suoi abitanti. La Cina 2,2 pianeti (ma 1 miliardo e 420 milioni di abitanti) e l’India 0,7 (ma 1 miliardo e 370 milioni di abitanti) e via scalando nella popolazione mondiale delle periferie del mondo. Inoltre è annunciato per il prossimo agosto 2019 il nuovo rapporto dello Ipcc (gruppo di lavoro intergovernativo di scienziati del clima sul cambiamento climatico, legato all’Onu ). Ma basta lo Special Report del 2018 per allarmarci. Siamo già dentro a processi irreversibili.

Per l’occasione, anticipo qui di seguito alcune parti dell’ultimo capitolo di un libro scritto con Massimiliano Lepratti sulla “storia globale dell’umanità”, in attesa di pubblicazione. È una sintesi di circa 350 pagine scritta per un pubblico largo, senza pretese specialistiche, ma con l’intento di contribuire a una battaglia culturale importante, con riferimenti bibliografici minimi. Facendo tesoro della lezione di Samir Amin, della critica radicale dell’eurocentrismo e dell’occidentalocentrismo, secondo l’impostazione del sistema-mondo dello storico francese Fernand Braudel ecc.

Nel capitalismo “tutto si tiene”. Il fine è sempre quello di tenere assieme giustizia sociale (e di genere) e giustizia ambientale. Non sovrapposte, disgiungibili, bensì fuse, contestuali, della stessa sostanza (consustanziali, qualcuno direbbe). Dopo di che, il difficile è quale militanza, quale azione politica e sociale farne scaturire. Tutti i problemi che rimangono entro una sinistra decente (alternativa ecc.) in questa epoca storica.

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volerelaluna

Grandi opere e devastazione ambientale

di Giorgio Nebbia

grandi opere 1È morto due giorni fa, all’età di 93 anni, Giorgio Nebbia, uno dei padri dell’ambientalismo non solo italiano, coerente e inascoltato sostenitore della necessità scientifica di porre dei limiti alla crescita: non per ragioni ideali ma per la decisiva ragione che il mondo e la materia non sono infiniti. Portò la sua battaglia anche in Parlamento, come indipendente eletto nelle fila del Pci negli anni dal 1983 al 1992. Senza successo, come ebbe a scrivere 25 anni dopo: «Nel 1992 è finita una maniera di vivere la politica. Ricordo una delle ultime iniziative del mio mandato parlamentare, in Puglia. Fui invitato a parlare in una discoteca, unica volta in cui vi ho messo piede: naturalmente nessuno ascoltava. Mi resi conto che un partito che, per adeguarsi, teneva i comizi in discoteca rappresentava un mondo finito […]. Era finita anche per me. Nascevano altre associazioni, altre persone si affacciavano nel movimento e ormai ero un “vecchio”, talvolta benignamente definito ancora come “padre” dell’ambientalismo, ma ingombrante residuo di un altro mondo. Nasceva l’ambientalismo scientifico: non bisogna sempre dire no, bisogna pure fare qualcosa e io come vecchio contestatore, un po’ anarchico, non servivo più. L’ambientalismo sembrava, ai miei occhi, occasione per ottenere assessorati e cariche pubbliche, ricerca di sovvenzioni e sponsorizzazioni. Si era passati dalla critica e dalla contestazione all’omologazione».

In suo ricordo – e a nostra memoria – riportiamo qui, per gentile concessione dell’editore, uno stralcio di uno dei suoi ultimi scritti, il libro intervista con Valter Giuliano Non superare la soglia. Conversazioni su centocinquant’anni di ecologia (Edizioni Gruppo Abele, 2016).

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Da qualche tempo ci sono due argomenti che animano il dibattito: la costruzione della galleria di base attraverso le Alpi per la linea ad alta velocità Tav Torino-Lione e la costruzione del Ponte di Messina, che periodicamente ritorna nelle agende dei vari governi.

Alle due opere vengono rivolte varie obiezioni di carattere sociale, ambientale, tecnico eccetera. La galleria del Tav in Valle di Susa potrebbe incontrare molteplici difficoltà tecniche, arrecherebbe alterazioni ambientali nella valle e via seguitando; il ponte sullo Stretto di Messina potrebbe essere difficile da realizzare, passerebbe in territori esposti a sismicità, richiederebbe vie di accesso dalla parte calabrese e siciliana con profonde alterazioni del territorio.