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maggiofil

Interventismo, malattia congenita del Fascismo

di Valerio Romitelli

indexpogbu“La domanda qui è se sia riscontrabile una qualche analogia interessante tra il Mussolini del 1914 e il Draghi del 2022”

Pandemia poi guerra ucraina hanno fatto trascurare se non dimenticare del tutto un centenario che in altri tempi avrebbe forse suscitato maggiori interessi e dispute: quello della “Marcia su Roma” che consacrò l’irreversibilità dell’ascesa al potere del fascismo. É stato dunque in controtendenza che il Maggio filosofico di quest’anno ha scelto proprio questo centenario come tema privilegiato delle quattro serate in programma. Il titolo di tutta la rassegna, opportunamente provocatorio: Retromarcia su Roma. Perché “retromarcia”? Ben pochi dei nostri abituali lettori non avranno subito pronta la risposta. Ma per non far torto a nessuno diciamo che per capire il senso di questo titolo basta riconoscere che il succedersi di “stati di emergenza” imposti dai nostri più recenti governi da Conte a Draghi, nonostante la loro nulla legittimità elettorale, non può essere solo un caso. Né può essere una semplice reazione istituzionale all’eccezionalità delle circostanze imposte dal destino prima pandemico poi bellico. Che una tale insistente eccezionalità non sia politicamente innocente, che suo tramite si stia avvenendo una più profonda svolta regressiva dello Stato italiano: questa è l’evidenza che ci ha fatto vedere il centenario del 1922 come una buona occasione per ripensare alcuni dei nodi più di tutta la storia del nostro paese, la cui massima notorietà – non dimentichiamolo – è dovuta appunto all’invenzione perversa e disastrosa del fascismo. Di quel fascismo – non dimentichiamo neanche questo – che ha infettato molte parti del mondo (soprattutto la Germania!) e che è divenuto sinonimo universale del male politico assoluto.

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letture

“Luci e ombre di una democrazia antifascista. Viaggio nella Repubblica”

Letture.org intervista Gaspare Nevola

61cpF4H67cLProf. Gaspare Nevola, Lei è autore del libro Luci e ombre di una democrazia antifascista. Viaggio nella Repubblica edito da Carocci. L’antifascismo rappresenta un “canone” politico-identitario della nostra Repubblica: come ha resistito tale canone di fronte ai cambiamenti e alle fratture sociali, politiche e culturali che ne hanno segnato la storia?

Il libro è una sorta di viaggio attraverso le diverse stagioni politiche e culturali della Repubblica, ruota attorno al tema dell’identità politica della Repubblica e al canone della memoria pubblica che vi si intreccia: l’identità politica e il canone della memoria sono quelli di una democrazia antifascista. Le feste civili della Repubblica (25 aprile, 2 giugno, 4 novembre), la loro nascita, il loro persistere e il loro mutare di accenti nei decenni esprimono le luci e le ombre della nostra democrazia antifascista. Questi rituali civici, pur con i loro conflitti, polemiche o appannamenti dei sentimenti collettivi, sono riusciti a riproporre il canone politico-identitario dell’antifascismo. Tuttavia, come evidenzio nel libro, tale canone è pervaso da “fratture”: come un vaso di porcellana che si presenta intero e però si mostra corroso dalle crepe. Le fratture hanno indebolito il canone dell’antifascismo, tuttavia non hanno mai portato alla sua distruzione o archiviazione. L’epos e l’ethos della Resistenza e della Liberazione hanno fin dall’inizio offerto un’incarnazione plastica dei valori di libertà e di giustizia che ispirano il canone politico-identitario della nostra democrazia antifascista. Il canone antifascista è sigillato nella stessa Costituzione, trova costante espressione nei discorsi celebrativi delle alte cariche dello Stato, di uomini politici e intellettuali; si riverbera nella società anche attraverso la scuola, i nomi delle strade e delle piazze, i musei e i monumenti e, last but not least, attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

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asimmetrie

Il danno scolastico di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi

recensione di Fausto Di Biase e Paolo Di Remigio

AdobeStock 303396497 1200x800.jpegPaola Mastrocola, già autrice di uno dei libri più lucidi e tempestivi sulla deriva dell’istruzione in Italia[1], e Luca Ricolfi hanno pubblicato qualche mese fa uno studio, Il danno scolastico, in cui rilevano che i frequenti cambiamenti per rendere democratica e ugualitaria la scuola, nell’umiliarla sul piano culturale, l’hanno trasformata in un danno per i ceti inferiori: omettendo di istruirli, essa li priva di un mezzo efficace di ascesa sociale, e indirettamente avvantaggia chi proviene dai ceti elevati, a cui è rafforzato il consueto monopolio delle posizioni più ambite. In una parola, la scuola ugualitaria non solo fa mancare le condizioni necessarie al riprodursi della civiltà, ma realizza il contrario di quello che vuole instaurare, esaspera cioè la disuguaglianza sociale.

Aver tematizzato l’uguaglianza ha consentito agli autori di chiamare in causa il ruolo che i suoi fautori svolgono nella crisi della scuola. Benché ispirate da istituzioni sovranazionali orientate al neoliberalismo, le riforme dell’istruzione hanno acquisito il loro furore palingenetico perché sono state implementate da una burocrazia ministeriale erede dell’ideale ugualitario e legata alla prassi della rivoluzione dall’alto. Mastrocola e Ricolfi individuano con precisione il mezzo con cui essa ha scatenato la rivoluzione pedagogica: le sue innovazioni si sono spinte oltre il diritto allo studio, fino ad affermare un nuovo, inaudito, diritto al successo formativo.

Difficile non avvertire la loro differenza: diritto allo studio è la forma preliminare del diritto al lavoro, è il diritto alle condizioni iniziali necessarie a padroneggiare i mezzi con cui la libertà provvede a sé rendendosi utile agli altri; diritto al successo formativo è invece il dono del fine senza la fatica del mezzo, senza la durezza della disciplina.

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lantidiplomatico

La guerra del Draghistan

di Gandolfo Dominici[1] 

720x410c50noiywsdfNella neolingua dell’orwelliana colonia atlantista del sultanato del Draghistan la guerra si chiama pace e per ottenerla basta spegnere i termosifoni e l'aria condizionata.

Infatti, il sultano del Draghistan è passato dal suo già mirabile “non ti vaccini, muori e fai morire” all'altrettanto laconico e tranchant “Preferite la pace o l’aria condizionata?”. Qualcosa che suona come “accendi l’aria condizionati e uccidi un bambino ucraino”.

Poco importa che anche un bambino di due anni possa notare la mancanza di nesso logico tra l'aria condizionata (quindi le implicite sanzioni finalizzate al  non comprare il gas russo) e una trattativa per ottenere la pace con la Russia.

Logica vorrebbe che per ottenere quella che nella paleo-lingua italiana si definiva “pace” sarebbe opportuno creare un clima di distensione per favorire il dialogo che difficilmente si può ottenere con sanzioni o, peggio ancora, inviando armi ad una delle due fazioni in conflitto.

Ma - evidentemente - i padroni di oltre oceano non vogliono questo, e il sultano della colonia del Draghistan - insieme al coro degli altri suoi omologhi europei - obbedisce incurante delle disastrose conseguenze economiche, sociali e (sperando che mai avvenga) militari.

Sempre nella scuola di Orwell, e come nel caso della precedente emergenza (o per meglio dire “stato di eccezione”) Covid, allo Stato ed alla stampa occorre generare paura e odio per un nemico cosicché, per combatterlo, bisognerà obbedire. Così, mentre nel caso del Covid il nemico erano (e per inerzia lo sono ancora) i “no-vax”,  ora il nemico è un paese “avversario” che è tale per volontà di chi comanda.

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resistenze1

Difendere la democrazia attraverso un nazionalismo fascista e una spesa militare suicida? No grazie

di Enzo Pellegrin

8180045e0a44fc6237ce5ab1bc21ead5 XLSe Ennio Flaiano fosse chiamato oggi a pronunciarsi sul mainstream italiano in argomento guerra, ne uscirebbe sicuramente con uno dei suoi paradossi ad effetto "Non è tanto quel che vedo o leggo a farmi impressione, ma quel che sento: quell'insopportabile rumore delle unghie che si arrampicano al vetro".

Sugli altoparlanti dell'egemonia mediatica è andata in onda a reti unificate la difesa ad ogni costo delle parole ed opere del governo ucraino, quali che fossero i mezzi da questo utilizzati, il tutto in vista di una costosa militarizzazione dell'intera Europa, già con l'acqua alla gola per la crisi economica.

La gustosa intervista ad un comandante del Battaglione Azov - composto da nazionalisti dell'ultradestra ucraina, che confessa di "leggere  Kant" ai propri soldati, la comparsata della band di "Kiev calling" che canta con le magliette di Banderas, hanno scoperto più di un nervo della narrativa dominante. Una volta emerso che il cavallo politico su cui si era contato consentiva un'agibilità senza paragoni ad organizzazioni ispirate al nazismo, al nazionalismo etnico, ai collaborazionisti del Terzo Reich venerati come "eroi nazionali" con tanto di monumenti, è partita la corsa a negare l'evidenza, a ridimensionare un fenomeno che il governo ucraino per primo si rifiuta di ridimensionare, oppure ad utilizzare narrazioni consolatorie e giustificazioniste, slegate dalla realtà, come quella per cui "i nazisti esistono su entrambi i fronti".

Va fatta la solita premessa, d'obbligo di questi tempi per non vedere il proprio ragionare delegittimato a tifo: la natura della Russia governata da Putin è di tutta evidenza un regime oligarchico nel quale il blocco storico dominante (composto da un blocco politico alleato a precisi blocchi economici privati e controllati dallo Stato) utilizza tutti gli strumenti della propaganda, della gestione sociale e della repressione per la perpetuazione del potere.

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sinistra

Draghistan: cronache di un paese sull’orlo di una crisi di nervi

di Luca Busca

IMG 20211028 231604 9132Antefatto

Mario Draghi è stato chiamato a governare l’Italia il 3 febbraio 2021 e ha prestato giuramento il 13 dello stesso mese. In soli 380 giorni è riuscito a fare tutto questo:

1. Ha fatto registrare il peggior risultato nel contenimento della pandemia a livello europeo recuperando posizioni su posizioni, raggiungendo il secondo posto in classifica generale, dietro la Polonia, con 2,6 morti ogni mille abitanti. A livello mondiale si piazza al 5° posto dietro Brasile, Argentina e Stati Uniti. Per nascondere questi dati inconfutabili e il poco onorevole risultato la propaganda ha scatenato il gota dei propri esperti per propinare al popolo una serie di giustificazioni: 1) la popolazione italiana è la più anziana; 2) non si possono confrontare paesi con caratteristiche diverse; 3) è tutta colpa dei Novax; 4) esistono infinite variabili che incidono sul risultato che non possono essere escluse dal complesso calcolo dei risultati. Tutto falso: 1) il Giappone ha una popolazione più anziana e ha registrato 0,15 decessi ogni mille abitanti; il Brasile con un’età media nettamente più bassa ha raggiunto il peggior risultato al mondo. 2) L’Italia risulta al secondo posto nel confronto europeo, cioè proprio con i paesi dalle caratteristiche simili, scende al 5° se vengono inseriti paesi dissimili. 3) L’Italia ha realizzato una delle migliori campagne vaccinali al mondo, rilevatasi completamente inutile. L’Ucraina, ora al centro dell’attenzione, ha vaccinato solo il 35% della propria popolazione raggiungendo un risultato leggermente migliore del nostro (2,41 decessi per 1000 abitanti). 4) Il giudizio sul risultato ottenuto scaturisce proprio dalla capacità di un governo di gestire le variabili pandemiche che caratterizzano il proprio paese. Una buona gestione fa registrare meno casi e meno decessi, una cattiva fa crescere i numeri. La Cina è stata capace di gestire in maniera ottimale le proprie variabili ottenendo così uno dei tassi di mortalità più bassi (0,34). Questo nonostante il paese, responsabile di aver generato la pandemia, sia stato il primo ad essere aggredito dal virus, abbia una capacità sanitaria inferiore alla nostra, un territorio immenso, una campagna vaccinale più bassa della nostra etc.

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sollevazione2

Prezzi dell'energia. Cosa c'è dietro e come porvi rimedio

di Leonardo Mazzei

economia di guerraToh, c’è la speculazione. Ma chi l’avrebbe mai detto!

Dice che c’è la speculazione. Chi l’avrebbe mai detto! Dopo sforzi di settimane, gli scienziatoni del “governo dei migliori” hanno dunque scoperto l’acqua calda. Che dire, meglio tardi che mai! Roberto Cingolani, l’uomo tutto nucleare e digitalizzazione, ha reso la sua confessione spontanea al Senato della Repubblica. Naturalmente, una confessione a metà e senza trarne le dovute conseguenze. Ma, si sa, la scienza governativa ha i suoi tempi…

Ma che ha detto il Cingolani di così importante? E, soprattutto, cosa invece non ha voluto dire? Eh già, perché in questo fritto misto di ammissioni e reticenze, bugie e mezze verità, c’è il rischio di non cogliere la sostanza del problema.

Partiamo dalle sue affermazioni:

«Non c’è qualcuno in Italia che sta facendo qualcosa di sbagliato. Il problema è la grande speculazione in certi hub in cui si scambiano certificati e future: il Ttf a livello europeo e il Psv italiano».

In questa dichiarazione c’è una verità (la speculazione nella borsa del gas), un’omissione (chi sono questi famosi speculatori) ed una bugia, quella secondo cui in Italia nessuno starebbe facendo «qualcosa di sbagliato».

Chiariamo allora questi tre punti.

 

La speculazione sul mercato del gas

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sinistra

Crisi ucraina: chi sono i veri responsabili e come combatterli

di Rete contro la guerra e il militarismo - Napoli

striscione contro la nato 620x465La crisi ucraina ha sostituito la pandemia nel bombardamento quotidiano di notizie. Siamo passati dall’ossessiva campagna contro i pericoli del Covid, scomparso improvvisamente dagli schermi, alle immagini, accompagnate da commenti fuorvianti, di distruzione e di notizie terrificanti sui crimini commessi dall’esercito invasore. Agli esperti virologi ed epidemiologi si sono sostituiti specialisti politici e militari che ci spiegano i pericoli che corre la pace nel mondo, la cattiveria (demoniaca o demenziale a seconda dei gusti) del nuovo Zar russo e ci invitano a schierarci a fianco del popolo ucraino immotivatamente aggredito sostenendo gli sforzi del governo per contrastare questa nuova emergenza. Un martellamento a reti unificate da far impallidire i propagandisti di Mussolini e Hitler.

Si tratta di propaganda di guerra che ha come obiettivo quello di farci schierare a sostegno dei nostri valori occidentali contro il dispotismo russo orientale. Come fuori dai denti ci ricorda qualche cronista, qui siamo nel cuore dell’Europa. Non si tratta di afghani, iracheni o siriani e meno che mai di africani, qui si tratta di un Paese e di un popolo fratello che ci somiglia. Nulla a che fare con quegli straccioni né bianchi né biondi arrivati alle frontiere europee, anche provenienti dall’Ucraina, dopo essere scappati da guerre che i governi “democratici” occidentali hanno scatenato contro i loro Paesi e che l’Europa, tanto accogliente ora verso i profughi ucraini, sta ancora adesso lasciando morire di fame e di freddo dietro i fili spinati ed i muri che l’hanno resa una fortezza.

Si tratta di propaganda di guerra del nostro paese, diventato parte attiva del conflitto in atto insieme ai suoi alleati occidentali per giustificare la vera aggressione da essi praticata contro la Russia che dura da decenni e di cui la crisi ucraina costituisce semplicemente il più recente tassello.

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cumpanis

La battaglia per il Quirinale e il Piano Draghi

di Fulvio Winthrop Bellini

Premessa: le due linee politiche

IMMAGINE SECONDO PEZZO SEZIONE POLITICA E TEORIA articolo BelliniSi sono svolte le elezioni del Presidente della Repubblica che hanno visto la conferma di Sergio Mattarella, risultato per nulla scontato. Questo avvenimento ci dà la possibilità di fare alcune importanti riflessioni con una premessa di ordine generale necessaria. In questo articolo non si farà il “tifo” per nessuno. Ci si occuperà del mondo reale, per quello che la politica è e non per quello che dovrebbe essere, baderemo quindi alla “verità effettuale” come ci viene insegnata nel XV capitolo del Principe di Machiavelli. Emergerà un giudizio politico finale circa l’esito delle elezioni che sarà il frutto di un percorso fatto oltre il velo delle ovvietà, delle frasi fatte, degli stereotipi che a bella posta vengono innalzati dai mass media di regime, i quali, come abbiamo sempre ribadito, non hanno il compito di narrare i fatti nel modo più onesto possibile, ma hanno l’incombenza di raccontare la storia scritta secondo i desideri dei “Poteri economici sovranazionali”, come definiti dallo stesso Mattarella, spesso senza curarsi neppure della verosimiglianza di quello che dicono. In una elezione rappresentata come un caos di opinioni contrastanti dove non è apparso alcun disegno da parte dei leader di partito, cercheremo di dimostrare che è vero esattamente il contrario: sotto una confusione apparente si sono scontrate due linee politiche, e se una avesse vinto le conseguenze sarebbero state fatali per il futuro di questo disgraziato paese. Partendo quindi dalla vulgata dei mass media: caos dei partiti che non hanno più saputo cosa fare, e per questo hanno chiesto a Sergio Mattarella di accettare la rielezione, giungeremo a dimostrare la nostra tesi: c’è stato un durissimo scontro tra due precise strategie.

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nicomaccentelli

La sinistra petalosa ed euroliberista fomenta la guerra dal salotto di casa

di Nico Maccentelli

Screenshot 20200510 122714 GalleryTra gatti russi “rimbalzati” a mostre feline, direttori d’orchestra russi a cui viene imposta abiura sull’operato dei suoi connazionali e messe alla gogna di Dostoevskij come all’Università Milano Bicocca, stiamo assistendo a una campagna isterica antirussa che non si ferma alla sola critica dell’operato bellico delle classi dirigenti putin-dughiniane e oligarchiche ma si estende a una messa al bando culturale che ha tutto il sapore dei righi di libri di nazista memoria. E infatti se mettiamo in correlazione il sostegno che il PD con personaggi come Pittella e la Quartapelle hanno dato al regime di Kiev bypassando gli otto anni di atrocità ucraine in Donbass e i battaglioni nazisti, con queste purghe culturali dal sapore totalitario e hitleriano, il quadro che ne emerge è veramente inquietante per quei pochi spazi di democrazia che ancora permangono dopo due anni di censura e discriminazioni sulla popolazione italiana portate avanti con la gestione criminale e lucrosa della pandemia.

Devono farsene una ragione a sinistra: chi porta avanti con il massimo livore questo schema: espungere dalla nostra società tutto ciò che parla di Russia, non sono le destre, ma una sinistra euroliberista e falsamente dirittoumanitarista che si nasconde dietro le bandiere della pace e a paragoni demenziali sulla nostra Resistenza con la parte belligerante Ucraina per seguire pedissequamente la politica guerrafondaia della Casa Bianca. Infatti, è proprio in questa situazione che si dovrebbero aprire le porte del dialogo, per non scadere nell’escalation e per dare una chanche alla pace come cantava John Lennon. Insieme alla censura isterica vengono del tutto occultatele ragioni russe, che non sono poi così aliene dal buon senso.

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lafionda

Conflitto russo-ucraino: essere per la pace significa adoperarsi per una piena neutralità dell’Italia

di Sirio Zolea

banksyPeaceQuella era un’epoca così gaia! La morte intrecciava già le sue mani ossute al di sopra
dei calici da cui bevevamo. Noi non la vedevamo, non vedevamo le sue mani.
Joseph Roth, La cripta dei cappuccini

L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, si legge nell’art. 11 della nostra Costituzione. Traducendo in legge un saggio approccio di politica estera italiano, con cui per decenni governanti di ben altro spessore di quelli di oggi avevano praticato questo fondamentale principio costituzionale, il legislatore del 1990 (legge n. 185) aveva, tra l’altro, escluso in generale l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato. Ecco che, peraltro senza un minimo di dibattito nel corpo diffuso del Paese, sotto l’impulso di un sistema mediatico colto da qualche giorno da un parossismo di frenesia bellicista, il Governo decide di indossare l’elmetto e, in un Consiglio dei Ministri estemporaneo, decide nientemeno che di derogare, tra l’altro, alla suddetta legge (e, aggiungerei, di fatto, alla Costituzione) per autorizzare la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina (decreto-legge n. 16 del 28 febbraio 2022). Perché, in nome del cielo? Possibile che l’unica sirena che riesce a farsi sentire sia quella dell’industria degli armamenti, mentre il vicolo cieco di sanzioni alla Russia e aiuti militari all’Ucraina si annunzia come la pietra tombale per un numero impressionante di imprese italiane che stavano appena iniziando a intravedere l’alba dopo i disastri dell’epidemia?

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lafionda

Non è così che dalla pandemia si esce a sinistra

di Pier Giorgio Ardeni

pandemia 162746Negli ultimi tempi, diverse esternazioni dei dirigenti Pd hanno ribadito un concetto, secondo cui «dalla pandemia si esce da sinistra». Peccato che pare essere più una boutade che un’agenda, dacché nella realtà non sta accadendo nulla che va in quella direzione. Perché «uscire da sinistra» dovrebbe voler dire lasciarsi la pandemia alle spalle migliorando la condizione di chi sta peggio e qui non sembra che ciò stia accadendo.

Da quando i contagi hanno ripreso a crescere, a fine ottobre, per poi raggiungere numeri record, il governo non ha fatto nulla per contenerli, se non continuando ad insistere sulle vaccinazioni, per arrivare addirittura all’obbligo vaccinale per gli «over 50», pur sapendo che non è il vaccino a contenere il contagio ma lasciando credere, con grande risonanza sui media, che questo avrebbe finalmente messo un freno alla pandemia. E, però, se l’Italia è l’ottavo Paese al mondo per decessi da Covid-19 – abbiamo superato i 150.000, ma i giornali non raccontano più le storie dietro a quei numeri, se non sono di irriducibili «no vax» – e tra i primi venti nel numero di morti relativo (peggio di noi, nella UE, i Paesi dell’Est, più poveri), è perché la gestione della pandemia è stata affidata a una medicina territoriale lasciata a se stessa e agli effetti della sindemia – la sinergia di più pandemie.

La «quarta ondata» del contagio ha messo in luce i molti punti deboli del sistema. Migliaia di cittadini in attesa di un contatto – non diciamo di una visita – con il medico curante, di una terapia che non fosse l’inutile «vigile attesa» per farsi poi ricoverare con il virus deflagrato, senza poter accedere né ai monoclonali, alle cure precoci o ad altre terapie (persino Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, è divenuto un solitario «oppositore», enfatizzando l’importanza dei medicinali anti-infiammatori, contro l’approccio delle circolari ministeriali).

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lordinenuovo

Il caso Alitalia-Ita: il nuovo modello di trasporto aereo pubblico nell'epoca delle low cost e delle liberalizzazioni

di Domenico Cortese

Aereo di Alitalia in volo 1 660x4002xIl passaggio Alitalia-Ita è sicuramente una delle decisioni politiche che più rappresentano il corso del 2021. Una risoluzione di una crisi annosa scaricata sulle spalle di lavoratori e consumatori, degli accordi con le istituzioni europee e con i sindacati concertativi che rispondono solo alle “leggi del mercato”, una esplicita rinuncia a comprendere e affrontare le cause profonde e i responsabili della crisi stessa. Tutti elementi che richiamano in modo più o meno evidente lo scenario politico-economico italiano nella sua generalità, con un esecutivo concentrato a minimizzare le perdite delle aziende scaricandole sulla qualità della vita dei dipendenti, senza affrontare le ragioni strutturali del cedimento del sistema di fronte alla sua causa scatenante. Ma la crisi definitiva di Alitalia, oltre a condividere con il Paese intero la pandemia come miccia della sua deflagrazione, è materialmente parte integrante di quel percorso di arretramento rispetto all’idea di programmazione industriale e tutela del personale che, sulla spinta delle lotte operaie e popolari del secondo Novecento e delle necessità oggettive della fase di allora del capitalismo, caratterizzata dall’esigenza di rinnovamento infrastrutturale e accumulazione di capitale a livello nazionale, contraddistingueva uno Stato borghese costretto a fare concessioni parziali alle istanze della collettività e dei lavoratori. Istanze che oggi può invece permettersi di trascurare completamente, in nome di una molteplicità di fattori che vanno da un differente contesto internazionale all’attuale debolezza del movimento operaio, dalla ricerca della competitività nel breve periodo alla retorica dell’efficienza del modello privatistico che caratterizza l’Italia come membro convinto del mercato unico europeo.

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crs

Tra pulsioni presidenzialiste e voglia di proporzionale

di Alfonso Gianni

mattarella giuramento 2022 1Le votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica hanno lasciato persone e cose al loro posto. Tutto si è giocato attorno alla coppia Mattarella-Draghi e alla fine l’uno resta Presidente della Repubblica – si suppone per l’intero settennato – l’altro Presidente del Consiglio, probabilmente fino alla normale fine della legislatura. Ma sotto questo immobilismo nei ruoli apicali delle istituzioni, si verificano sommovimenti notevoli, quasi tellurici. Le coalizioni sono scombussolate; il ruolo dei partiti è apparso inesistente; mentre al loro interno si profilano lotte accanite, i loro leader sembrano come storditi in alcuni casi o palesano un’evidente incapacità in altri (e sono tutti puniti negli inevitabili sondaggi). Il Movimento 5 stelle viene addirittura decapitato e il suo Statuto cancellato da un tribunale civile, quello di Napoli – ed è la prima volta che si registra un intervento così pesante della Magistratura nella vita dei partiti –, accentuando le lotte interne che potrebbero prefigurare una scissione. Il Parlamento, per la seconda volta consecutiva nella storia della Repubblica, ha mostrato la sua incapacità di scegliere una nuova figura da far salire al Colle, disattendendo il monito che Giorgio Napolitano espresse nel discorso del suo reinsediamento nell’aprile del 2013, per cui “la non rielezione, al termine del settennato, è l’alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica”.

Il tema della non rielezione era già stato autorevolmente affrontato da Carlo Azeglio Ciampi, quando, il 3 maggio del 2006, rese pubblica una nota con la quale respingeva le proposte che erano emerse per un suo secondo mandato, facendo riferimento non solo a ragioni di carattere soggettivo – “l’età avanzata” – ma anche, se non soprattutto, a motivi di carattere oggettivo, riassumibili nella frase finale della sua dichiarazione: “il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato”.

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marx xxi

Note sulla vicenda del Quirinale e sull’Italia che verrà

Intervento di Fausto Sorini

Senato politicafemminileVale la pena ritornare sulla vicenda del Quirinale, a cui Marx21.it ha dedicato il suo editoriale del 30 gennaio (1). Essa si sta rivelando assai disvelatrice di tendenze e contraddizioni di fondo della società italiana, di processi e progetti politici differenziati che la attraversano e spaccano coalizioni e partiti anche al loro interno. E allungano lo sguardo sul futuro politico del Paese, dato che l’attuale configurazione del quadro politico italiano appare tutt’altro che stabilizzata.

L’Italia è un Paese rilevante nell’equilibrio geo-politico euro-atlantico (imperniato su Stati Uniti, Ue e Nato) ed euro-mediterraneo (Israele, Medioriente, Nord Africa); tanto più in un contesto di nuova guerra fredda, in alcune aree già calda. Anche sul piano della stabilità economica, scioccata dalla pandemia, l’Italia è paese tutt’altro che secondario negli equilibri e nella tenuta dell’euro e dell’Unione europa.

Che cosa vogliono quindi i “poteri forti”, italiani ed esteri, dall’Italia?

-Rigidà fedeltà euro-atlantica nello scontro globale con Russia e Cina (altro che Via della Seta e cooperazione pacifica euro-asiatica o euro-mediterranea);

-che il Paese non crolli economicamente e riduca il debito pubblico, senza sostanziali redistribuzioni della ricchezza nazionale a danno dei gruppi dominanti e dei ceti sociali medio-alti;

-che riduca e contenga la spesa sociale (pensioni, scuola e sanità pubblica);

-che resti fedele ai parametri liberisti della Ue, sia in fase di austerità che in fase di politica più espansiva. E quindi NO ad un ruolo preminente del pubblico nella vita economica, piena libertà d’azione al capitale finanziario e alle banche, nessuna nazionalizzazione o primato del pubblico in tale settore;