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Il governo Salvini-Di Maio: chiude i porti agli emigranti, li spalanca alla NATO

Intervista a "Il cuneo rosso"

presidio catania sabatoCon questa intervista alla redazione de il cuneo rosso, iniziamo un ciclo di conversazioni con le realtà politiche e sociali che intendono contrastare l'attuale esecutivo muovendosi sul terreno dell'anticapitalismo. La scelta del primo interlocutore ci è sembrata in qualche modo obbligata: il cuneo rosso ha posto con tempestività l'istanza di un'opposizione complessiva, senza se e senza ma, al cosiddetto "governo del cambiamento". Mettendo il evidenza il segno di classe, padronale delle politiche vessatorie nei confronti degli immigrati e rifiutando quelle derive nazionaliste che vedono coinvolti diversi intellettuali che pur continuano a dichiararsi "marxisti".

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Inevitabilmente, il primo aspetto da analizzare nel confrontarsi con l'attuale governo è l'estrema ferocia del suo attacco verso gli immigrati, in termini propagandistici e fattuali. Qual è il senso ultimo di questa politica?

C'è un enorme scarto tra la volgare demagogia di Salvini e la reale funzione della politica migratoria del governo Lega-Cinquestelle. Costui si atteggia a salvatore dell'Italia dall'invasione di spaventose maree di immigrati. Ma di quale invasione parla? Il movimento migratorio verso l'Italia è il più ridotto degli ultimi vent'anni, e questo è avvenuto anzitutto per effetto dei decreti e della politica di Minniti, sulla cui scia l'attuale ministro di polizia si muove, inasprendone i termini. Lo stesso vale per il movimento migratorio verso l'Europa.

Ciò premesso, per cogliere il senso ultimo di questa politica, è utile chiedersi chi sono gli emigranti su cui si sta accanendo in questi mesi il governo Lega-Cinquestelle. Potenziali azionisti di Unicredit, potenziali dirigenti di Fincantieri, potenziali direttori di Tg, potenziali grand commis (grandi affaristi) di stato? Difficile. Al netto dei casi più tragici, sono candidati/e al 99,99% alla raccolta dei pomodori, delle arance, delle mele o del radicchio a 2-3 euro l'ora, alle pulizie di case e uffici, ai lavori più pesanti in edilizia, nell'industria alimentare o tessile, e - dovesse andargli alla grande - alle fabbriche di lavorazione delle pelli nella Valle del Chiampo, dove hanno trovato impiego molti operai africani che scambiano un discreto salario con la rovina precoce della propria salute, a beneficio di avide sanguisughe leghiste.

Si tratta quindi di proletari e proletarie destinati ai gironi più profondi dello sfruttamento del lavoro. Questo è tanto più vero per gli ultimi contingenti della attuale tratta degli schiavi dall'Africa che avviene sotto il comando dell'Italia e dell'Unione europea, composti da uomini e donne con modesti o modestissimi livelli di istruzione - a differenza dell'emigrazione di massa siriana del 2015 o dei movimenti migratori dall'Africa di quindici-venti anni fa, composti da forza-lavoro più, o molto più, scolarizzata.

L'estrema ferocia propagandistica e fattuale di cui giustamente parlate non ha l'obiettivo di una totale, ermetica, chiusura delle frontiere. Negli stessi giorni in cui Salvini montò il caso Aquarius (per regolare i conti con quella Ong, probabilmente, o con le Ong in generale, in modo da riservare il Mediterraneo alle sole navi militari - ordine della NATO?), almeno altre tre imbarcazioni attraccavano in porti del Sud con un numero di emigranti nettamente superiore a quelli stipati sull'Aquarius. La stessa cosa è avvenuta nelle ore in cui il medesimo impostore montava ad arte il caso Diciotti (probabilmente per regolare i conti con un settore della Guardia costiera che considera indisciplinato). In quei giorni, guarda caso, il governatore leghista del Friuli Fedriga si è precipitato ad allestire la ridicola messinscena di misure di controllo alle frontiere di nord-est da dove notoriamente si continua a passare senza grossi problemi, specie da quando si sono ridotti gli accessi da sud.

Del resto pochi giorni fa la Confindustria e gli industriali veneti hanno ricordato ai loro sottostanti al governo che esiste tutt'oggi, anche con un tasso di crescita economica così ridotto, un fabbisogno di nuovi immigrati e immigrate pari a circa 200.000 l'anno. Questo i Salvini e i Di Maio, bavosi cani/cagnetti da guardia del padronato, lo sanno bene. Il loro scopo, come del resto quello dei loro predecessori Minniti e Renzi, è un altro: terrorizzare gli emigranti in arrivo, umiliarli fino all'estremo, piegarli dentro nel loro animo, di modo che fin da subito si dispongano ad accettare le forme più estreme e degradanti di sfruttamento del lavoro senza fiatare. Non va dimenticato che da una decina d'anni, in Italia, i protagonisti delle lotte sindacali più dure sono stati proprio alcune migliaia di lavoratori immigrati della logistica, e sono state alcune rivolte di braccianti africani ad alzare il velo sulle infami condizioni di lavoro nelle campagne. "Basta con queste robe! Se siete qui, dovete solo ringraziarci, e sgobbare al nostro servizio": ecco l'intimazione che il governo Lega-5 stelle invia a chi sta entrando in Italia o progetta di farlo. Zero immigrazione? No. L'obiettivo è immigrazione a zero diritti, per alimentare la già vasta produzione sommersa, o fare da manovalanza negli appalti e sub-appalti della produzione "regolare". Del resto, dove mai finiranno i 100 immigrati/e della Diciotti che sono stati presi in cura dalla Chiesa e i 13 ricoverati negli ospedali?

Si parla pochissimo, purtroppo, di uno strumento essenziale per la produzione statale di immigrati "clandestini", cioè forzatamente privi di permesso di soggiorno. Questo strumento sono i decreti flussi, che servono a definire anno per anno quanti nuovi immigrati possono essere regolarizzati. Ora, negli ultimi dieci anni, con la sola eccezione del 2011, per gli ingressi regolari in Italia di immigrati/e non stagionali sono stati fissati dei tetti semplicemente irrisori: in media 13-14.000 l'anno. E il tetto includeva spesso un buon numero, o un gran numero, di conversioni di permessi di soggiorno di persone già presenti sul suolo italiano. Questo significa che nell'ultimo decennio tutti i governi hanno programmato di mettere a disposizione delle imprese, dei vari rami delle istituzioni (comuni, scuole, etc.) e della criminalità organizzata alcune centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici immigrati costretti alla irregolarità, privi dei più elementari diritti collegati al permesso di soggiorno. La stima corrente è di circa 600.000 lavoratori e lavoratrici immigrati in queste condizioni, costretti dallo stato a restare in Italia senza regolare permesso di soggiorno. In campagna elettorale Salvini promise di espellerli tutti e 600.000, Berlusconi la sparò più grossa, "ne espelleremo 1 milione" - miserabili balle, utili però come mezzo di intimidazione, da un lato, e dall'altro come falsa apertura ai disoccupati e ai precari autoctoni: vi leviamo di torno un po' di pericolosi concorrenti, pensiamo al vostro bene, noi della destra... (ma non è solo la destra storica; l'ostilità ai lavoratori immigrati e ai loro diritti è un tratto distintivo, da sempre, anche del blog di Grillo e dei 5S).

Su questo punto, sulla necessità di un'immigrazione a zero diritti, la concordanza tra il governo Lega-Cinquestelle e l'Unione europea è completa. L'intera UE è per la selezione più spietata degli emigranti che cercano di arrivare in Europa; per centellinare le regolarizzazioni e le concessioni dello status di rifugiato; per militarizzare le frontiere europee ed estrenalizzarle con la costruzione di kampi in tutta l'Africa del Nord, non solo in Libia. Le tensioni all'interno dell'UE sono solo sulla ripartizione dei costi e dei benefici di questo nuovo traffico di schiavi, non sulla sua prosecuzione e sulle sue modalità. Per i palazzi di Bruxelles, come per quelli di Roma, i 30.000 morti nel mar Mediterraneo (nei primi 8 mesi del 2018 ce ne sono stati ufficialmente 1.600, con una crescita percentuale del 400% sul 2017), le terribili sofferenze delle emigranti e degli emigranti, gli assassinii, le torture, gli stupri, e quant'altre delizie sono qualcosa di assolutamente necessario. I rapporti dei suddetti palazzi di Bruxelles e di Roma con le bande di piccoli trafficanti e con quelle della grande criminalità organizzata a cui è affidato gran parte del lavoro sporco, sono ottimi. Tant'è che prosperano - a stroncarle servirebbe poco, se lo si volesse.

Questo, però, è solo un aspetto di una politica anti-proletaria a 360 gradi, che appare come una catena con più anelli. L'aggressione agli ultimi emigranti si lega infatti a quella contro i reclusi nei centri di detenzione (Hotspot, Cara, Cie, Cpr, Cas, etc.), descritti come scrocconi, a cui si tagliano i viveri e si impone nei fatti l'obbligo del lavoro gratuito per i comuni, avviato dai precedenti governi sulla base di una circolare di Alfano. A loro volta i soprusi ai danni dei reclusi nei centri di detenzione si legano alla minaccia permanente nei confronti degli immigrati senza permesso di soggiorno, con il ricatto di espellerli dall'Italia per costringerli a spezzarsi la schiena e tenersi lontani da ogni forma di protesta. Ma il governo in carica non ha dimenticato di intensificare l'attacco anche contro gli immigrati regolari: i loro figli non avranno accesso gratuito agli asili, e se mai ci sarà, gli immigrati disoccupati non avranno diritto al cd. reddito di cittadinanza. Questo stabilisce il famigerato contratto Lega-Cinquestelle. Del resto non da oggi la propaganda di stato presenta abitualmente (con poche eccezioni) i lavoratori immigrati come un peso per le casse dello stato e, quanto meno, come una presenza sgradita per la società, una fonte di malessere sociale. E lo fa anche per spingere una parte di loro a schierarsi, per paura, a sostegno della crociata del governo contro i nuovi immigrati.

Né è finita qui perché, se si hanno gli occhi per vedere, è evidentissimo che l'attacco scatenato dal governo è finalizzato a creare un fossato di diffidenza, di sospetto, di ostilità, di odio tra proletari immigrati e proletari autoctoni, a dividere la classe lavoratrice per indebolirla tutta, nel suo insieme. Schiacciare e svalorizzare al massimo il lavoro salariato "irregolare" e regolare degli immigrati serve a spremere e svalorizzare al massimo anche il lavoro dei salariati autoctoni. Da tre decenni il "sistema-Italia" sta perdendo quote del mercato mondiale a favore dei suoi concorrenti europei, dei nuovi capitalismi ascendenti e degli iperaggressivi Stati Uniti; per limitare almeno le ulteriori perdite, ha un bisogno vitale di lavoro low cost e azzittito.

Insomma, il razzismo, le discriminazioni, le vessazioni contro i proletari immigranti e immigrati sono armi nelle mani dei padroni e dei loro scagnozzi. E per tali vanno combattute.

 

L'antirazzismo prettamente umanitario propugnato da Roberto Saviano e da altri fa velo alla comprensione di questo processo, non vi pare?

L'anti-razzismo umanitario alla Saviano resta alla superficie delle cose, non va alle radici capitalistiche delle politiche alla Salvini. Si illude che possa esserci una soluzione relativamente semplice, pacifica e legale della questione attraverso canali regolamentati di emigrazione, di accoglienza e di "integrazione". La sua campagna per il modello-Riace ruota intorno al concetto: "gli immigrati sono una ricchezza per l'Italia, accoglierli non è solo umano, è anche conveniente". Ora, che i lavoratori immigrati siano una preziosa risorsa per l'economia italiana e per la rivitalizzazione di aree e paesi semi-abbandonati ("un raggio di sole sepolto nella terra"), è sicuro. Ci sono anche singoli aspetti delle denunce di Saviano che possono essere condivisi. Ad esempio, è certamente appropriata la qualifica che ha dato a Salvini di "ministro della malavita", perché più si inasprisce la politica di illegalizzazione degli immigrati, più intorno ai muri, ai divieti, e alle condizioni di forzata "irregolarità", prospera la malavita organizzata - nemica, è ovvio, della regolarizzazione immediata di tutti gli immigrati, che è invece per noi un importante obiettivo per cui battersi.

Ma la prospettiva di fondo indicata da Saviano, quella di un capitalismo democratico compassionevole capace di "integrare" con rispetto e pari dignità in Italia e in Europa le popolazioni immigrate in una sorta di Riace generalizzata, è fuori dalla realtà perché non fa i conti con le esplosive contraddizioni sociali del capitalismo che stanno generando su scala mondiale dei movimenti migratori sempre più grandi e minacciosi per l'ordine costituito.

Benché sia completamente falso che è in atto un'invasione di immigrati dall'Africa, la situazione in Africa (solo per limitarci alle aree più vicine all'Italia e all'Europa) è effettivamente esplosiva. Sono in corso possenti migrazioni prodotte in larga misura da una brutale invasione neo-coloniale del continente, da nord a sud, da est a ovest, un'invasione nella quale le imprese italiane e i governi italiani sono in prima fila. Per la maggior parte questi movimenti sono interni all'Africa, ma si sta decisamente intensificando la spinta ad emigrare fuori dall'Africa e riguarda senza dubbio masse di milioni di individui sradicati dalla terra. E il solo modo efficace in cui, da qui, si può affrontare questa situazione su una linea alternativa a quella del governo Lega-Cinquestelle e dell'UE è andare alle radici di questi processi, per cominciare a rimuoverne le cause, mettere in luce e denunciare l'invasione e il nuovo stupro dell'Africa in corso, mobilitarci, batterci per l'annullamento del debito estero, per il ritiro immediato delle truppe italiane e NATO dal Mediterraneo e dall'Africa, per la restituzione delle terre rapinate con il land grabbing, etc. etc. (vedi https://pungolorosso.wordpress.com/2018/08/06/il-nuovo-assalto-allafrica-e-la-crisi-migratoria-in-europa/ ).

Quanto poi alla situazione del mercato del lavoro in Italia e in Europa, non assomiglia affatto a quella di una Riace in grande, ovvero a un territorio spopolato da ripopolare. In Italia e in Europa esiste, al contrario, una crescente sovrabbondanza di forza-lavoro precarizzata, sotto-utilizzata o stabilmente disoccupata. E gli ulteriori processi di informatizzazione-robottizzazione in corso accentueranno questa sovrabbondanza, che è una delle ragioni, forse la primaria, del vasto malessere sociale su cui stanno lucrando i demagoghi fasciostellati. Ecco perché, per quanto sia oggi compressa, la situazione è destinata a diventare esplosiva anche in Italia e in Europa.

Stretti come sono nella morsa Usa-Cina, i capitalisti italiani ed europei, inclusi quelli della Germania, che imposero ben quindici anni fa il durissimo Hartz-IV, hanno un crescente bisogno di forza-lavoro ultra-precaria, a costo infimo. E per questa ragione hanno una necessità vitale del razzismo anti-immigrati come arma di divisione e di super-sfruttamento. Il corso sociale e politico che ha portato al potere in Italia, in Austria, in Polonia, in Ungheria, in Cechia e ad un passo dal potere in Francia, in Svezia, etc. i partiti che hanno fatto dell'aggressione ai lavoratori e alle lavoratrici immigrate il centro della propria azione, corrisponde alla necessità/capacità delle forze padronali e filo-padronali di deviare e indirizzare il malcontento e le sofferenze di consistenti aree di sfruttati autoctoni, spesso impoveriti, contro i rifugiati e gli immigrati prima che esploda contro di loro.

La sovrapproduzione di forza-lavoro non è un dato limitato all'Africa e all'Europa, è un dato globale. È uno dei principali indicatori del fatto che con la grande recessione del 2008 siamo entrati in una gigantesca crisi strutturale del capitalismo globale. Una crisi storica, tamponata finora da eccezionali misure anti-cicliche prese in Occidente e in Cina, certamente asimmetrica, ma tutt'altro che superata. Al contrario, da quello che resta il centro di comando più potente del capitale globale, l'amministrazione Trump ha avviato un corso di politiche protezionistiche e di rilancio del militarismo che sta portando con sé l'intensificazione della concorrenza tra paesi, e quindi tra sfruttati, alla scala mondiale, e crescenti pericoli di guerra. Le politiche contro gli emigranti e gli immigranti sono parte integrante di questo corso: non solo in Italia e in Europa, anche negli Stati Uniti, nell'America del Sud, nella stessa Africa, in Asia (pensate al muro in costruzione tra India e Bangladesh) perché servono a far risalire i profitti, a cercare di uscire dalla crisi attraverso un catastrofico peggioramento delle condizioni di esistenza delle classi lavoratrici, a prevenire o almeno rendere più complicate e limitate le inevitabili sollevazioni sociali scagliando gli sfruttati gli uni contro gli altri.

Questo corso non è irresistibile. Ma potrà essere fermato e rovesciato solo da una accesissima lotta di classe anti-capitalistica e anti-coloniale, che veda protagoniste grandi masse di sfruttati e di oppressi. Le soluzioni non traumatiche dettate dal buon senso e dai buoni sentimenti sono bruciate in partenza dalla profondità e dalla violenza degli antagonismi sociali. Ed evidentemente, anche i giovani e i meno giovani che apprezzano le denunce umanitarie alla Saviano, e i militanti dei collettivi No Borders che si mobilitano per esprimere la loro solidarietà ai fratelli di classe repressi alle frontiere, sono chiamati, sfidati, a prenderne atto, e partecipare attivamente a questa lotta.

 

Oltre le ragioni per così dire strategiche che avete appena richiamato, ci sono forse anche delle ragioni tattiche che spiegano il feroce attacco del governo agli immigrati: per esempio la difficoltà a dare seguito alle promesse elettorali per cui Lega e 5S sono stati votati.

Certo.

Il successo di Cinquestelle e Lega è strettamente legato alle loro solenni promesse di restituire ai lavoratori larga parte di ciò che è stato loro rapinato da trent'anni di politiche "neo-liberiste". Ma la concreta possibilità di una reale restituzione non c'è. Per attuarne anche solo una parte, il governo dovrebbe aggredire capitalisti, interni ed esteri, banche, borsa, ma non ci pensa minimanente. Aggredire i loro soprastanti? Andiamo! Al contrario, al centro della sua politica economica c'è la detassazione del piccolo-medio capitale e la conferma della detassazione di fatto dei grandi capitali: la trasformazione dell'Italia nel più grande paradiso fiscale d'Europa. Dunque, non c'è trippa per gatti. Lo sanno benissimo.

Ecco allora il facile capro espiatorio: gli immigrati!, diventati la causa di tutti i mali, quelli che, grazie alla sinistra (la sinistra?), verrebbero sistematicamente prima degli italiani, e che finalmente Lega-5S rispediranno a casa (falsissimo, anche con Salvini i rimpatri effettivi degli immigrati senza permesso di soggiorno sono e resteranno ben pochi) o a cui toglieranno i "privilegi", ovvero i già limitati diritti (verissimo, nelle intenzioni del governo, ma non sarà a favore degli italiani in generale, bensì degli imprenditori e degli strati parassitari che ne succhiano il sangue). A questi "scrocconi" che fanno la bella vita alla nostre spalle bisogna fargliela vedere, dargli addosso senza pietà, e finalmente sono andati al governo i vendicatori degli italiani depredati e vessati dagli immigrati...

Questa propaganda anti-immigrati, che è in modo particolare contro i proletari immigrati, è in atto in Europa da oltre 40 anni, in Italia da almeno 25 anni. È una propaganda sistematica, ossessiva, capace di ogni furbizia nel manipolare anche dati reali, e di ogni infamia. Passa attraverso i media di stato e privati, tradizionali e nuovi (ormai è chiarissimo che esistono ditte e gang specializzate e prezzolate che operano su Facebook, Instagram, etc.), e si serve della legislazione speciale varata contro gli immigrati. In questo lungo arco di tempo sono cambiati i ministri, ma non la minestra: il veleno razzista di stato. Questo veleno si è negli ultimi tempi diffuso a livello "popolare" per la quasi totale assenza di reali antidoti, il primo di tutti: la lotta. E così non ha trovato grossi ostacoli la cinica speculazione di stato sul disagio, le paure, l'ignoranza di larghi strati di lavoratori, in un contesto di generale peggioramento dell'esistenza dei salariati e di settori dei ceti medi.

Attenzione, però, a un refrain diffusissimo in questi mesi, il seguente: Salvini fa il duro (lo fa con i più spossessati e indifesi, ovviamente) per raccogliere voti. Dunque: lo fa perché glielo chiede, anzi glielo impone, "la gente". Questo ritornello non ha nulla di ingenuo, perché colloca in basso, negli strati "popolari", la sorgente prima del razzismo, della violenza e delle discriminazioni contro gli emigranti-immigrati. E così facendo occulta e rovescia l'effettivo processo reale. Il razzismo come arma della classe sfruttatrice ha due fonti inesauribili: il mercato (il capitale - in tutte le aziende esiste una divisione del lavoro fondata anche su basi razziali) e lo stato (del capitale). E ha un altrettanto inesauribile sistema di cinghie di trasmissione operante h24 costituito dai mass media, che sono nelle mani, appunto, del capitale e dello stato. I primi destinatari di tutta questa melma sono, naturalmente, i lavoratori autoctoni (capitalisti e governanti non hanno bisogno di essere ammaestrati, loro nascono già "imparati"). E oggi siamo arrivati ad un punto critico perché una serie di fatti segnalano che il veleno razzista ha camminato parecchio tra i lavoratori, specie tra i più demuniti (anziani, poveri, disoccupati), oltre che tra i più "aristocratici" (quelli che s'immaginano borghesi). Ha camminato per ragioni materiali anzitutto: per l'insicurezza sociale e personale che attanaglia tanti, che temono di essere danneggiati dalla concorrenza o dalla semplice presenza delle popolazioni immigrate, che hanno una crescente paura per il futuro che li attende e attende le nuove generazioni di autoctoni. Ha camminato così tanto che è possibile perfino mettere in scena il capovolgimento della realtà facendo di loro quelli che pretendono dai Salvini-Di Maio politiche feroci contro gli immigranti e gli immigrati - mentre i diffusori professionali dei veleni razzisti possono travestirsi da semplici esecutori di sentenze emesse dal "popolo". Il famoso "popolo sovrano"...

 

Che tipo di mobilitazione va svolta, per contrastare questo razzismo di Stato, che sta attecchendo anche negli strati popolari?

Ci sono già state delle prime reazioni agli effetti più estremi e tragici di questa politica - l'assassinio o il ferimento di proletari immigrati, il super-sfruttamento sul lavoro, i respingimenti in Libia, la "chiusura delle frontiere", i sequestri tipo-Diciotti, etc.. Ma ci vorrà una risposta molto più forte, radicale e di massa per ricacciare indietro e far cadere questa politica e il governo fasciogrillino. Una risposta al governo, al padronato, all'UE, che non può essere circoscritta al terreno dell'anti-razzismo, ma dovrà aggredire alla radice il malessere sociale che accomuna proletari autoctoni e immigrati, attaccando i meccanismi dello sfruttamento del lavoro. E per voltare pagina rispetto a decenni di sacrifici e di precarizzazione del lavoro, dovrà rivendicare forti aumenti salariali egualitari e sganciati dalla produttività delle imprese, la riduzione drastica e generalizzata degli orari di lavoro (ecco l'unica possibile soluzione alla compresenza di super-sfruttamento intensivo/estensivo e disoccupazione!), del salario medio operaio garantito a precari e disoccupati finanziato da un prelievo fiscale sulla classe capitalistica e gli alti redditi, e così via. Una simile risposta non potrà venire che dalla massa dei proletari immigrati e autoctoni e dai giovani nati senza privilegi.

Quanto alla specifica questione delle politiche anti-immigrati di Lega-Cinquestelle, ai militanti che avvertono il bisogno di reagire ad esse il compito di mostrare ai lavoratori autoctoni che sono anche loro i bersagli del razzismo di stato, che non avranno alcun beneficio dalla passività o, peggio, dalla condivisione delle politiche anti-immigrati di Lega e Cinquestalle, che anzi hanno tutto l'interesse a combatterle. La divisione per linee "razziali" o nazionali non ha mai portato nulla di buono agli oppressi. Chi l'ha detto che gli immigrati possono essere solo dei concorrenti sleali degli autoctoni? Le lotte più dure degli ultimi anni in Italia le hanno fatte, anzitutto con il SI Cobas, i facchini e gli autisti salariati della logistica, che sono in larghissima parte immigrati, di 20-30 diverse nazionalità. E se allarghiamo lo sguardo al mondo, senza nulla togliere al valore dei conflitti sociali scoppiati in Grecia, in Francia, o dei primi scioperi transnazionali in Europa contro Amazon e Raynair, vediamo che negli ultimi anni le lotte operaie e sociali di maggiore impatto sono avvenute per lo più nei paesi non occidentali: nei paesi arabi, in Cina, in Bangladesh, in Sud-Africa e in un'altra decina di paesi dell'Africa nera, in America Latina.

I proletari immigrati non vengono qui dal Sud del mondo per farsi trattare come schiavi. Vengono per conquistare una vita degna di essere vissuta, che gli è negata nei loro paesi di nascita. È la legislazione speciale contro di loro, è l'incessante propaganda di stato che li inferiorizza e li criminalizza a metterli in una condizione di permanente ricatto, e a costringerli ad accettare anche condizioni di lavoro, di casa, di vita, che loro stessi avvertono come indegne. E allora il passo da compiere è spezzare questo ricatto, imporre la loro incondizionata regolarizzazione, la totale, effettiva parità di trattamento in tutti i campi tra lavoratori immigrati e autoctoni!

Non sono i lavoratori immigrati che ci hanno tolto la scala mobile, il contratto nazionale, la sanità quasi gratuita. Non sono loro che hanno varato il Fiscal Compact, il Jobs Act, la riforma Fornero. Non sono loro che si sono arricchiti sul blocco dei salari, sull'allungamento degli orari, sui titoli del debito di stato. Semmai, hanno sofferto di tutto ciò più di noi autoctoni. E dunque, per mettere fine a questo maledetto trentennio di arretramenti sempre più disordinati e passivi, rivolgiamoci e uniamoci contro i nostri veri nemici : il padronato, le banche, il governo Salvini-Di Maio, la BCE, l'Unione europea. Ritorniamo alla lotta insieme ai nostri fratelli di classe immigrati. Divisi siamo nulla, uniti diventiamo fortissimi.

E diamo anche una rinfrescata alla nostra memoria. C'è stato un periodo in cui, invece di andare indietro come i gamberi, abbiamo fatto un po' di passi in avanti conquistando salari migliori, riducendo gli orari, allargando la democrazia in fabbrica e nei sindacati, ottenendo il servizio sanitario nazionale, portando dentro la scuola i temi sociali più scottanti, introducendo nella legislazione il diritto all'aborto e al divorzio - è stato l'unico periodo in cui i padroni hanno dovuto abbassare la cresta. In quel periodo, gli anni del '68, siamo riusciti a modificare i rapporti di forza a nostro favore, solo grazie alle lotte e alla più stretta unità tra gli operai del Nord e del Sud, gli immigrati interni di quell'epoca. Negli anni '60 i quartieri periferici di Milano, abitati in prevalenza da operai e proletari meridionali, si presentavano ancora come altrettante Coree, mentre a Torino c'erano ancora bar e ristoranti in cui era vietato l'ingresso ai cani e ai meridionali... Le lotte del '68 e degli anni seguenti, nelle quali spesso gli operai e gli studenti provenienti dal Sud furono all'avanguardia, spazzò via tutta questa merda, e non sono stati sufficienti gli sforzi di Bossi e della sua banda (la Lega Nord, legittima progenitrice della Lega-Salvini) a farci ritornare indietro a quegli anni.

Ora ci si vuole scagliare contro i milioni di lavoratori e lavoratrici immigrati arrivati qui da tanti paesi del mondo perché costretti ad emigrare dal sottosviluppo, dalle guerre, dal landgrabbing, dai disastri ecologici, dal debito estero strangolatorio dei propri paesi, etc., cioè da cause che quasi sempre riportano qui ai padroni di "casa nostra", alle multinazionali e agli stati occidentali che spadroneggiano nel mondo, alle devastatrici guerre della NATO. Sveglia! Più accettiamo che siano bastonati, discriminati, assassinati senza muovere un dito, peggio sarà anche per noi. Il destino dei lavoratori immigrati è il nostro stesso destino! A maggior ragione oggi che abbiamo da affrontare un nemico di classe non solo nazionale, ma globale (pensiamo a chi è padrone della borsa di Milano, della FCA, dell'Ilva, dei titoli del debito di stato, ai poteri che hanno deciso il Fiscal Compact, ai centri di comando militare, etc.), è tanto più vitale l'unione internazionalista dei proletari di tutti i paesi.

 

Proprio l'affermazione dell'unità e indivisibilità della classe proletaria, rende evidente quanto siano fuorvianti certi discorsi che circolano pure a sinistra, del tipo: è un governo un po' xenofobo, ma potrebbe attuare politiche del lavoro interessanti...illusioni che hanno già trovato una prima smentita con il Decreto Dignità...

Infatti.

Poiché finora è stata l'aggressione ai richiedenti asilo e agl'immigrati pressoché l'unica attività del governo, bisognava pur dare un qualche segnale di "restituzione", dopo 3 mesi di vita. Ed ecco il "Decreto Dignità", un nome pomposo studiato per ingigantire le poche briciolette gettate sul tavolo (era il DD 1.0). Ma non appena si è fatta sentire la voce del padrone, ecco in quattro e quattr'otto il DD 1.0 diventare il DD 2.0, che ritira buona parte di quelle briciolette e re-introduce i voucher (per una analisi nel dettaglio, vedi sicobas.org/.../3103-nazionale-contro-la-propaganda-del-decreto-dignita-sciopero-gen... ).

I capi grillini erano partiti con il solenne impegno di fare a pezzi il Jobs Act e reintrodurre l'art. 18. Nulla di tutto ciò. L'intera legislazione che in più di vent'anni ha precarizzato i rapporti di lavoro, moltiplicato le forme contrattuali fino a 43-45, svuotato i contratti nazionali, trasformato la struttura del salario, ristretto brutalmente la democrazia sui luoghi di lavoro e nella rappresentanza, insomma tutto, proprio tutto, l'armamentario anti-operaio apprestato dalle politiche neo-liberiste del centro-destra e del centro-sinistra resta intatto in piedi, inclusi i voucher. La grandiosa rivoluzione nei rapporti di lavoro targata Gigino (uno che ignora sia cos'è lavorare, sia cos'è la dignità) rassomiglia, in piccolo, alla trovata degli 80 euro di Renzi, che preludeva alla mazzata del Jobs Act: ti do 80 oggi per toglierti 800 domani.

 

Alla concezione errata che vede garanzie sociali generosamente concesse "dall'alto", si può contrapporre uno slogan caro ai movimenti per il diritto all'abitare di Roma: i diritti si conquistano a spinta. C'è però chi, pur riconoscendo un qualche valore alle lotte, ritiene che un governo populista possa essere permeabile più di altri alle istanze provenienti dal basso. In questo senso, si fa l'esempio dell'atteggiamento dei pentastellati rispetto alla Tav...

Certo, in un contesto di crisi capitalistica irrisolta e di furiosa competizione internazionale, è solo con le lotte di massa organizzate e il più possibile generalizzate ("la spinta", appunto, la forza organizzata) che si possono strappare miglioramenti materiali e normativi, o almeno fissare dei presidii contro ulteriori peggioramenti. Tutto il resto fa parte delle illusioni. E lo si è largamente sperimentato a livello locale a Roma e a Torino con le giunte grilline, per esempio proprio in materia di sfratti e di negazione del diritto alla casa per tutti.

Qualche modifica di tracciato per la Tav? Possibile, anche se non è certo. Un piccolo aumento delle indennità per il 4-5% dei titolari di contratti precari? Possibile. Ma chi prende questi fatti per prove di permeabilità del governo alle "istanze popolari", per l'inizio di una nuova stagione, si fissa ad ammirare due filini d'erba per terra (uno dei quali, però, ancora deve uscire) e non si accorge del carro armato che sta avanzando e gli passerà sopra spianandolo.

Auguri!

Tra le tante cose che colpiscono negli estimatori, per dir così, di sinistra di questo governo, c'è l'assoluto, omertoso silenzio da parte loro sulla sua politica internazionale e sul senso ultimo (e anche penultimo) della sua azione da guastatori dentro l'UE, in chiave anti-tedesca e anti-francese. Noi l'abbiamo definito da subito, tra i pochi, un governo trumpista. Ma ora i contorni di questo filo-trumpismo non soltanto ideologico sono nettissimi. Nell'incontro di fine luglio a Washington, Conte ha controfirmato tutte le richieste dell'asse Wall Street-Pentagono: per primo il forte incremento delle spese belliche agognato da Trump, a cominciare dalla conferma dell'acquisto di tutti gli F-35 e, a seguire, l'assunzione di un ruolo di primo piano nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente nella guerra al jihadismo, agli emigranti dall'Africa, all'influenza russa e cinese in Medio Oriente. Insomma: militarismo senza limiti, né confini. È palese: i cosiddetti "sovranisti" di Roma - nessun termine è più demenziale di questo applicato al mondo contemporaneo dove il sovrano unico e assoluto è il capitale globale - fanno il loro sporco "lavoro" anche per conto di Wall Street e del Pentagono. E questo ipoteca tutto il resto.

 

Per concludere: va registrato che le illusioni più perniciose, rispetto all'attuale esecutivo, vengono diffuse proprio da intellettuali che dichiarano di muoversi nel solco del materialismo storico. Anche se poi abbracciano l'ottica ben poco marxiana della difesa del cosiddetto interesse nazionale, concepito come interesse superiore che accomuna tutte le classi sociali. Per questa via, sulla rivista online marx21.it Pasquale Cicalese è arrivato a parlare di Salvini come di un Enrico Mattei meno consapevole, ma comunque dedito alla causa del riscatto del paese...

Proprio così.

È uno spettacolo tra il grottesco e lo squallido, che fa venire in mente l'arruolamento al nazionalismo e al fascismo, un secolo fa, di un certo numero di intellettuali anarco-sindacalisti, socialisti e perfino ex-comunisti. Se ne è risentito anche Cremaschi che ha intimato a questi "finti compagni" un più che giustificato "giù le mani da Marx!". In effetti, per gente di questa risma (i nomi crescono di giorno in giorno) è appropriato avere come interlocutori in materia economica boss della finanza bancaria e onorati membri di Gladio alla Savona, bancarottieri alla Siri, esportatori di capitali alla Borghi, esperti affetti da monomaniaco cretinismo monetario come il super-guru Bagnai, secondo cui basterà tornare alle monete nazionali e in tutta Europa rifioriranno benessere e democrazia (!?), questi sono gli economisti volgari che fanno per loro. Ma Marx, lascino perdere il grande Marx! Il red terror doctor non è pane per i loro denti.

Così come non è assolutamente materia per i loro cervelli intrisi di marcio nazionalismo, l'internazionalismo (proletario, comunista). Un solo esempio per capirci. Uno degli esponenti di questo circo, tale Cesaratto, che di sicuro non conosce neppure l'abc della storia del movimento proletario, si avventura in "pensieri" (!?) del genere: "Esistono ormai due sinistre, fra le quali lo spartiacque è l'importanza attribuita al concetto di sovranità", "sovranità democratica, sociale e riformista". E a suo parere è venuto il momento che emerga in Europa una sinistra che "strappi alla destra la bandiera della difesa degli interessi nazionali", e pratichi - attenti, è in arrivo una perla - "un internazionalismo autentico, volto a restituire ai popoli del continente la sovranità perduta, fuori da gabbie sovranazionali in cui prevale la legge del più forte". Per costui, insomma, l'internazionalismo autentico sarebbe quello che spasima per tornare alle nazioni e ai nazionalismi pre-UE, pre-CEE, pre-Euratom, pre-CECA, a quell'Europa di "nazioni sovrane" imperialiste (giusto?) che partorì due guerre mondiali (esatto, Cesaratto?), nelle quali, ovviamente, prevalse l'imperialismo (non europeo) più forte. Ecco una prospettiva interamente ed, è il caso di dire, autenticamente reazionaria.

C'è però una cosa essenziale che sfugge a molti di quelli che non intendono, non ce la fanno, a sottoscrivere oggi mostruosità del genere: la subordinazione della classe alla nazione che caratterizza tutta la gente (gentarella) di cui sopra, viene da lontano, da molto lontano, dalla "via italiana al socialismo" del "partito nuovo" di Palmiro Togliatti. E senza una critica corrosiva, internazionalista, rivoluzionaria, di quella ideologia, di quella prospettiva strategica, di quella storia politica - quella critica che gli ambienti di Eurostop e neo-togliattiani si guardano bene dal fare - si è condannati a priori a scivolare verso i luoghi in cui sono finiti quelli a cui si intima di mettere giù le mani da Marx. Le presunte terze vie di PaP, l'Europa dei popoli o una UE riformata e ritornata "sociale" secondo i fatui sogni di Varoufakis/De Magistris/Colau, e di Eurostop, il blocco euro-mediterraneo in accesa competizione con l'Europa franco-germanica, portano acqua ai mulini del nazionalismo. Non ci sono terze vie: o il nazionalismo sciovinista che mette al primo posto gli interessi della nazione, cioè del capitalismo nazionale, dell'imperialismo italiano (ecco una categoria colpevolmente scomparsa, insieme con la metodica denuncia della NATO, et pour cause!); o l'internazionalismo rivoluzionario centrato sui bisogni, le aspettative, le più profonde aspirazioni di liberazione degli sfruttati di tutte le "razze" e i colori, sull'attualissimo, assai più attuale oggi che nel 1848, "proletari di tutti i paesi unitevi, avete da perdere solo le vostre catene e tutto un mondo da guadagnare". Unitevi/uniamoci contro il capitale globale, globalizzate/globalizziamo le lotte e l'organizzazione di classe! 

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