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Fa discutere il piano di pace dei quattro tedeschi
di Michael Von der Schulenburg
Quattro autorevoli personalità tedesche – Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo Funke, il generale in pensione Harald Kujat e Horst Teltschik, già consigliere del cancelliere Helmut Kohl – hanno presentato un piano di pace (qui il testo tradotto) altamente competente e realistico su come si potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina attraverso un cessate il fuoco e successivi negoziati di pace. Si tratta probabilmente della proposta di pace più completa e innovativa che sia stata avanzata da un governo, da un’organizzazione internazionale o, come in questo caso, da una iniziativa privata dall’inizio della guerra nel febbraio 2022.
Qui la traduzione di un articolo esplicativo del 1 8 ottobre sul piano scritto da Michael Von der Schulenburg* a cura di Martin Köhler, (qui il suo discorso, tradotto, alla marcia per la pace di Pasqua a Berlino)
(qui il comunicato finale delle 120 marce per la pace di Pasqua in Germania)
* * * *
Il fatto che l'Ucraina stia morendo dissanguata viene apparentemente accettato
Questa proposta arriva in un momento estremamente critico della guerra in Ucraina.
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Bravo maestro Zelenskyj: la propaganda ucraina ha raggiunto un livello hollywoodiano
di Jafar Salimov
Quando il conflitto in Ucraina passerà alla storia, le passioni si placheranno e gli storici professionisti inizieranno ad analizzare gli eventi del recente passato, rimarremo tutti scioccati: come è potuto accadere che abbiamo accettato per oro colato un'ovvia menzogna?
È consuetudine ironizzare sul passato di Vladimir Zelenskyj nel mondo dello spettacolo, ricordando come simulava suonare il pianoforte con i genitali per il divertimento del pubblico. C'erano altre battute di basso livello nel suo repertorio. Ma questo fu l’inizio, e Zelenskyj non si accontentò del successo del comico; migliorò e divenne il vero Elon Musk mondo dello spettacolo.
Zelenskyj ha percepito in modo molto sottile quanto piace alla gente comune, ciò che le persone si aspettano, ciò che vogliono sentire, quello in cui le persone credono con piacere. Così ha costruito narrazioni. E il fatto che le sue sitcom fossero ugualmente popolari in Ucraina, Russia e Bielorussia conferma solo che queste tre nazioni rappresentano un monolite di un’unica cultura.
Prima Zelenskyj ha convertito il suo talento in applausi e fama, poi in denaro. Alla fine ha appreso come acquisire influenza politica ed è divenuto presidente dell'Ucraina. Ma anche questo gli sembrava abbastanza.
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Come e perché scoppiano le guerre
di Diego Giachetti
Il libro di Giorgio Monasterolo, Ucraina, Europa mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale, pubblicato dalla casa editrice Asterios (2024), affronta l’argomento guerra in Ucraina e quella fra Israele e palestinesi della striscia di Gaza rispondendo contemporaneamente a due domande: come scoppiano i conflitti militari e perché. E’ opportuno, sostiene, spostare l’attenzione dal “come”, dalla logica aggressore-aggredito – secondo la quale la guerra ucraina è iniziata nel 2022, con l’attacco russo e quella di Gaza nell’ottobre 2023 con il tragico raid palestinese del gruppo di Hamas – alle concause del momento e del prima per comprendere, non giustificare, il perché di quegli attacchi.
La retorica aggredito-aggressore, che decade facilmente nel contrasto dei buoni contro i cattivi, cancella la complessità della storia, sbiadisce il ruolo, presente e passato, del terzo incomodo di quella guerra: la Nato. Non tiene conto della storia dell’Ucraina stessa, di una popolazione linguisticamente composita: ucraini ucraini, ucraini ungheresi, polacchi, russofoni, né di quella, altrettanto complessa della Russia. Stesso scollamento tra propaganda e realtà si è verificato in seguito all’azione di guerra di Hamas del 7 ottobre 2023 verso lo Stato d’Israele.
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Sorvegliare e punire nel XXI secolo
di Alberto Giovanni Biuso
«Indipendentemente dalla volontà degli uomini e delle autorità che li dirigono», scrive Fernand Braudel, i fenomeni collettivi si generano, accadono, tramontano, mutano (Civiltà materiale, economia e capitalismo (secoli XV-XVIII), vol. III, I tempi del mondo, trad. di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1982, p. 65). Una volta avviate, le dinamiche sociali e politiche vivono di vita propria, seguendo regole certo non rigide come quelle che guidano il mondo fisico ma molto forti e a volte assai simili ai principi che sottendono le trasformazioni materiche.
I climi di guerra sono pericolosi anche per questo, come gli eventi del 1914 ampiamente dimostrano, costituendo un sinistro precedente dell’isteria antirussa che, creata di proposito dagli Stati Uniti d’America, sta causando il massacro del popolo ucraino, mandato letteralmente al macello, e sta preparando una catastrofe bellica per l’Europa occidentale, dopo aver già prodotto una crisi economica sempre più grave. La natura di colonia dell’Europa, chiara sin dal suicidio del 1939-1945, è ormai del tutto evidente e i governi nazionali sono in realtà dei governi-fantoccio al servizio degli USA. Servilismo nel quale si distinguono gli esecutivi e i parlamenti italiani, che siano a guida/maggioranza del Partito Democratico o di Fratelli d’Italia.
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Un’analisi di tutto rispetto
di Laura Baldelli
Recensione del libro di Antonio Calafati L’uso dell’economia. La sinistra italiana e il capitalismo 1989-2022.
Nell’analisi dell’autore, critica del pensiero liberale, non troveremo le categorie e i termini marxiani come coscienza di classe, conflitto di classe, imperialismo. Non si mette in discussione il capitalismo, né il liberismo, bensì il neoliberismo del capitalismo sovrano che non vuole sottostare alle regole della democrazia. Il prof. Calafati contesta l’uso ideologico dell’economia politica, definito “una patologia mortale per la democrazia” e quindi per lui è consequenziale anche la condanna delle società del socialismo reale. Il saggio è affascinante come un romanzo, dove l’approccio storico e filosofico ci guida al pensiero di Adam Smith, di Friedrick Engels, di Alexis de Toqueville, di John Stuart Mill, di Joseph Alois Schumpeter per spiegare epoche ed eventi storici della società europea e della metamorfosi della Sinistra Italiana.
Il prof. Antonio Calafati è un economista urbanista. È stato docente universitario presso l’Università Politecnica di Ancona, facoltà di economia Giorgio Fuà, alla Friedrich-Schiller-Universitat di Jena e all’Accademia di Architettura di Mendrisio, inoltre ha coordinato l’International Doctoral Programme in Urban Studies a L’Aquila. È autore dei saggi come Città in nuce nelle Marche, scritto con Francesca Mazzoni per Franco Angeli ed. 2008, Economie in cerca di città. La questione urbana in Italia” ed. Donzelli 2009, Città tra sviluppo e declino (a cura di) ed. Donzelli 2013. La sua ricerca parte sempre dall’osservazione del mondo reale, con un approccio multidisciplinare, contrassegnata da una grande onestà intellettuale e libertà di pensiero, offrendoci una riflessione della storia recente del nostro Paese dall’’89 al ’22, con gli strumenti dell’economia, dell’urbanistica e della sociologia.
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A viso aperto. Intervista di Mario Scialoja a Renato Curcio. Recensione
di Claudio Cereda
Si tratta di un libro datato (marzo 1993) ma che ha il pregio di ripercorrere l’esistenza di Renato Curcio dalla nascita alla uscita dal carcere dopo 24 anni nello stiel della intervista che consente la trattazione breve e diretta delle diverse questioni e me lo sono letto nell’ambito del percorso di analisi biografica dei capi dell BR alla ricerca di motivazioni, pulsioni e diversità. Il tutto è stato innescato dalla morte di Barbara Balzerani che, come Renato Curcio è stata una esponente di primo piano delle BR, non pentita, non dissociata ma nemmeno irriducibile.
Curcio è stato il padre fondatore, non è stato mai convolto direttamente in omicidi, ha gestito tutta la fase iniziale di sviluppo della organizzazione e da subito dopo l’uccisione della moglie ha vissuto l’evoluzione della politica delle BR dalla propaganda armata, agli omicidi, al sequestro Moro, alla gestione Moretti che non condivideva sino alla disfatta..
La sua vicenda personale è quella di un figlio di ragazza-madre. Il padre, il fratello del regista Luigi Zampa, molla la madre incinta e dunque i suoi primi anni di vita avvengono tra disagio e miseria con ricordi felici tra le valli valdesi e la imposizione di una scuola superiore (perito chimico) scelta perché gli negarono il liceo artistico. Al termine delle superiori R.C. molla la madre a Sanremo e se ne va a Genova vivendo di espedienti nel centro storico finché, ormai alle soglie della vita da barbone alcolista qualcuno gli parla della facoltà di sociologia a Trento. Ci va e grazie ai voti con cui si era diplomato riesce ad avere borsa e collegio universitario.
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Fondi speculativi del terzo tipo
di Andrea Baranes
Una nuova speculazione legata a modelli statistici e tecnologici allontana sempre più la finanza dall’economia reale
Dall’intelligenza artificiale allo sfruttamento dei satelliti. Dai dati sul traffico marittimo alle operazioni di compravendita che si chiudono in millesimi di secondo. Vale tutto sui mercati finanziari, pur di vincere la gara. Arrivare per primi, avere le informazioni una frazione di istante prima degli altri. Essere i più veloci a realizzare qualsiasi operazione di acquisto o vendita.
Secondo un recente articolo di Les Echos alcuni fondi analizzano le foto satellitari dei porti per monitorare il numero di container in attesa. L’analisi di questi nodi nevralgici del commercio mondiale permetterebbe di ottenere informazioni fondamentali per decidere se acquistare o vendere. E farlo prima di altri soggetti che operano sui principali mercati finanziari del mondo.
Dai dati alle previsioni del tempo
Analogamente sembra che alcuni hedge fund utilizzino le foto dei parcheggi dei grandi centri commerciali. Per poi incrociare questi dati con i consumi di elettricità o telefonici e capire in questo modo se il giro di affari della determinata impresa è in crescita o meno. Prima che le stesse informazioni siano disponibili tramite la pubblicazione dei bilanci o altri canali “tradizionali”.
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Come la CIA e l’MI6 hanno creato l’ISIS
di Kit Klarenberg - english.almayadeen.net
Contrariamente alla sua rappresentazione mainstream, che lo vede ispirato esclusivamente dal fondamentalismo religioso, Daesh è soprattutto un'organizzazione di sicari a pagamento
Dopo sole 24 ore dall’orribile eccidio del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca, che ha provocato la morte di almeno 137 persone innocenti e il ferimento di altre 60, i funzionari statunitensi avevano attribuito la responsabilità del massacro all’ISIS-K, la branca di Daesh dell’Asia centro-meridionale. Per molti, la rapidità dell’attribuzione aveva sollevato il sospetto che Washington stesse attivamente cercando di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale e del governo russo dai veri colpevoli – l’Ucraina e/o la Gran Bretagna, il principale sponsor per procura di Kiev.
Non sono ancora emersi tutti i dettagli su come i quattro terroristi siano stati reclutati, diretti, armati e finanziati, e da chi. I duri metodi di interrogatorio a cui sono stati e senza dubbio continueranno ad essere sottoposti hanno lo scopo di strappare loro queste ed altre informazioni vitali. Di conseguenza, gli assassini potrebbero finire per fare false confessioni. In ogni caso, è probabile che essi stessi non abbiano la minima idea di chi o cosa abbia veramente sponsorizzato le loro mostruose azioni.
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Debito pubblico, oneri e benefici
di Marco Cattaneo
Il deficit pubblico incrementa il risparmio privato, e il debito pubblico E’ risparmio privato. Queste affermazioni, che dovrebbero essere sostanzialmente ovvietà, se non tautologie, sono nondimeno fortemente avversate dagli euroausterici.
Spesso il loro tentativo di confutazione s’impernia grosso modo su quanto segue.
Sì certo, il deficit pubblico mette soldi a disposizione del settore privato. Ma questi soldi rimangono in tasca ad alcuni soggetti, non a tutti. C’è chi riesce a risparmiare, magari anche parecchio, e magari utilizza il risparmio per comprare titoli di Stato. C’è che non ci riesce. Però l’onere di pagare le tasse grava invece su tutti.
Per cui, conclude l’euroausterico, in realtà la spesa pubblica beneficia alcuni soggetti più, magari molto più, di altri, mentre “l’onere del debito” (in realtà, la necessità di pagare tasse per non spingere il deficit a livelli eccessivi in quanto inflazionistici) è un onere dell’intero paese.
La maniera corretta di esporre la situazione è un’altra.
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La transizione al mondo multipolare
Editoriale del n. 1/24 della rivista MarxVentuno
Il mondo è in grande trasformazione, con cambiamenti mai visti prima, come scrivono da diverso tempo i compagni cinesi. Siamo entrati in una nuova fase della storia mondiale, una fase di guerre aperte – dalla proxy war di USA-NATO-UE contro la Russia in Ucraina, al Vicino Oriente, con la guerra genocida di Israele contro la resistenza palestinese. A differenza delle guerre del precedente trentennio post-sovietico – aggressioni unilaterali USA-NATO contro Paesi e popoli che in un modo o nell’altro erano di ostacolo alla marcia dell’unipolarismo occidentale, dall’Iraq alla Jugoslavia, dall’Afghanistan alla Libia e alla Siria – queste guerre rivestono oggi il carattere dello scontro diretto e globale tra due prospettive opposte:
– mantenimento del dominio e dell’egemonia unipolare di USA-NATO-UE-G7 in tutti i principali campi, da quello più direttamente geopolitico e militare, a quello economico-finanziario, a quello, non meno importante, ideologico-culturale, con la pretesa dell’Occidente di essere l’unico depositario e portatore di valori morali, l’unico creatore della civiltà, l’unico protagonista della storia mondiale;
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Un senso precipite d’abisso
Lettere al futuro 9
di Marino Badiale
Il messaggero giunse trafelato/ disse che ormai correva/ solo per abitudine/ il rotolo non aveva più sigilli/ anzi non c’era rotolo, messaggio,/ non più portare decrittare leggere/ scomparse le parole/ l’unica notizia essendo/ visibile nell’aria/ scritta su pietre pubbliche/ in acqua palese ad alghe e pesci./ Tutto apparve concorde con un giro/ centripeto di vortice/ un senso precipite d’abisso.
(B.Cattafi, La notizia)
1. Introduzione: un mondo condannato
L’attuale civiltà planetaria si sta avviando all’autodistruzione, a un collasso generalizzato che porterà violenze e orrori. Una organizzazione economica e sociale che ha come essenza della propria logica di azione il superamento di ogni limite è ormai arrivata a scontrarsi con i limiti fisici ed ecologici del pianeta. Non potendo arrestarsi, essa devasterà l’intero assetto ecologico del pianeta prima di collassare. Il fatto che questo sia il percorso sul quale è avviata la società globalizzata contemporanea emerge con chiarezza da molte ricerche, interessanti in sé e anche perché svolte da studiosi di formazione scientifica (nel senso delle scienze “dure”) e lontani da impostazioni teoriche legate al marxismo o in generale all’anticapitalismo. Uno dei centri di ricerca di questo tipo è lo Stockholm Resilience Center dell’Università di Stoccolma [1]. Al suo interno viene sviluppata da anni la ricerca relativa ai “limiti planetari” che la società umana non deve superare per non rischiare la devastazione degli ecosistemi planetari e quindi, in ultima analisi, l’autodistruzione. Gli studiosi del Resilience Center hanno individuato nove di questi limiti (fra i quali, ad esempio, la perdita di biodiversità, il cambiamento climatico, l’acidificazione degli oceani).
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Il salario minimo non vi salverà
di Nico Maccentelli
Savino Balzano, Il salario minimo non vi salverà, Fazi Editore, Collana Le Terre – 2024, pp. 168, 12 euro
Leggere Il salario minimo non vi salverà di Savino Balzano, offre un’infinità di spunti di riflessione per chi ancora oggi voglia proseguire e rilanciare lo scontro di classe e intenda ragionare su una piattaforma che coniughi diritti fondamentali sul lavoro, compreso il salario, e la questione della democrazia e della partecipazione popolare nella lotta di classe. Ottima la prefazione di Lidia Undiemi, che già in precedenza aveva analizzato i tratti negativi dell’operazione salario minimo.
In sintesi, ciò che il libro evidenzia è l’inutilità se non la controproducenza di un salario minimo legale finché le politiche attuate nel nostro paese sono quelle neoliberiste, che mettono al centro la massimizzazione dei profitti, subordinando retribuzioni e qualità della vita a questo desiderata che di fatto è un imperativo indiscutibile per la classe padronale.
Il salario minimo ha a che vedere con il potere d’acquisto? È una prima sostanziale domanda da porsi.
Il potere d’acquisto delle retribuzioni in Italia, con il nostro paese che è diventato il fanalino di coda per livelli salariali in Europa e quindi con una misura come il salario minimo c’entra come la panna nella carbonara. Così ironizza Savino Balzano(1), sostenendo a giusta ragione che la contrazione salariale in questi ultimi trent’anni ha riguardato categorie le cui retribuzioni sono ben oltre la soglia di salario minimo che si vorrebbe introdurre, come i meccanici, i chimici, i bancari, i farmaceutici, il pubblico impiego, solo per fare alcuni esempi. Ciò pertanto non produrrebbe alcun effetto. Il salario minimo legale, nel contesto italiano e per come pensato da chi per decenni ha remato contro gli interessi dei lavoratori, non comporterebbe effetti significativi per la stragrande maggioranza della popolazione salariata.
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Dalla “primavera ecologica” all’imbroglio dello “sviluppo sostenibile”
Mezzo secolo fa la “primavera ecologica” investe l’Europa
di Marino Ruzzenenti
Negli anni ‘70 in Europa si inizia a discutere di crisi ecologica e si fa strada un’ecologia critica verso il sistema economico vigente. Dagli anni ‘80 però le grandi multinazionali e le associazioni di imprese impongono al dibattito e alla politica una virata neoliberista che mette ipocritamente insieme difesa dell’ambiente e crescita infinita
Le difficoltà del Green Deal stanno emergendo alla luce del sole, non solo a causa degli sconquassi prodotti dalla guerra in Ucraina e dalla postura autolesionista assunta dall’Ue.
Può essere di qualche utilità per comprendere l’attuale impasse dare uno sguardo al mezzo secolo che abbiamo alle spalle, da quando all’Europa sono state chiare la gravità della crisi ecologica e l’urgenza di porvi rimedio.
Pochi sanno che nel 1972, per dieci mesi, fu Presidente della Commissione europea un ecologista radicale, Sicco Mansholt1, socialdemocratico, già leader dei contadini olandesi e protagonista della cosiddetta “rivoluzione verde” in agricoltura (ovvero chimica e macchine a gogò). Mansholt aveva avuto l’opportunità di leggere in bozza la ricerca commissionata dal Club di Roma al Massachusetts Institute of Technlogy di Boston, che poi sarebbe uscita con il titolo, in inglese, The limits to Growth, e in italiano, I limiti dello sviluppo. Una fulminate conversione, per lui. Così ne trasse la convinzione che l’Europa e in generale il Primo mondo, come si diceva all’epoca per l’Occidente industrializzato, dovesse porre un freno allo sviluppo materiale dell’economia, ovvero al prelievo di risorse naturali e allo sversamento di inquinanti, e che si dovesse lavorare nella prospettiva di una crescita zero o addirittura “sottozero”, sganciandosi dal vincolo del Prodotto nazionale lordo come unico misuratore del benessere sociale per adottare un nuovo indicatore, il Bonheur national brut, la Felicità nazionale lorda, il buen vivir, come diremmo oggi.
Mansholt in realtà interpretava lo spirito del tempo, quella straordinaria stagione ricca di analisi e proposte che attraversava l’Europa e non solo e che venne da Giorgio Nebbia chiamata “primavera ecologica”.
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La facoltà di “Scienze Repressive” della Hebrew University
di Redazione Contropiano - Orly Noy *
«Le Università non possono schierarsi o entrare in guerra», ha detto giorni fa la ministra Anna Maria Bernini. «Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività».
E’ questo il mantra ripetuto e declinato da tutti i difensori degli accordi esistenti tra università italiane e israeliane. Che non sempre si fermano sul limite segnato dalla Costituzione, ossia l’autonomia garantita degli atenei.
Il loro obiettivo è stigmatizzare le mobilitazioni studentesche, che hanno convinto diversi atenei a sospendere alcuni progetti comuni con quelli israeliani, grazie anche alla pressione di un folto numero di docenti.
Fanno ovviamente molto peggio i sionisti da battaglia.
Stefano Parisi, presidente dell’ Associazione «Setteottobre», anche quella di rompere almeno gli accordi su ricerche dual use – con ricadute sia civili che militari – è comunque «una scelta gravissima e inquietante che ci riporta a un passato lontano che non avremmo mai voluto rivivere.
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Il "Piano cinese": l'unica speranza di pace oggi in Ucraina
di Fabrizio Poggi
In una lunga intervista concessa alle Izvestija, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov si è soffermato particolarmente sul piano di pace proposto dalla Cina per il conflitto in Ucraina, dandone un’altissima valutazione. Nonostante che tale proposta sia stata avanzata oltre un anno fa, a parere di Lavrov è tuttora attuale, proprio perché è inquadrata nel complesso della sicurezza collettiva mondiale, il cui rifiuto da parte occidentale, nel dicembre 2021, aveva condotto alla crisi attuale.
Sul sito REX, il politologo Vladimir Pavlenko afferma che l’attualità della proposta cinese è riconducibile a tre aspetti. Essa apparve nel momento in cui in Occidente, puntando tutto sulla “controffensiva ucraina di primavera”, ci si illudeva su un presunto isolamento internazionale della Russia. Allora, Washington, Londra, Bruxelles, dopo aver fatto saltare i colloqui di Istanbul, puntavano tutt’altro che a una soluzione pacifica. Tutte le sortite su “tregua”, “soluzione coreana”, ecc., afferma Pavlenko, erano venute più tardi, per le disfatte militari di Kiev; mentre il piano di Pechino era stato precedente a quelle e aveva significato l’apertura di una breccia nel muro della propaganda occidentale a senso unico sul conflitto.
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Contro il sionismo, contro l’antisemitismo, per l’umanità
di Claudio Albertani
Dal n. 6/2024 di”Collegamenti” riportiamo questo articolo di Claudio Albertani. L’articolo, originariamente pubblicato su “La Jornada”, è stato tradotto da Clara Ferri
L’antisemitismo è il socialismo degli idioti
Auguste Bebel
Qualche giorno fa, durante una protesta davanti all’ambasciata israeliana di Città del Messico, qualcuno ha gridato degli slogan antisemiti. Era un provocatore ed è stato subito isolato. Tuttavia, la questione è delicata perché lo Stato sionista sta sfruttando l’innegabile recrudescenza dell’antisemitismo dopo l’invasione di Gaza per giustificare i propri crimini. Tale narrazione è legittimata da un fatto storico: gli ebrei sono stati vittime di uno dei più grandi massacri della storia, l’Olocausto (Shoah in ebraico), compiuto dai nazisti nel corso della Seconda guerra mondiale. Ciò giustificherebbe il fatto che i sopravvissuti si siano rifugiati in Palestina, una regione che in teoria apparterrebbe loro per ragioni storiche e teologiche.
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A Praga sorge “STAČILO!” l’alternativa patriottica contro l’UE. A guidarla Kateřina Konečná, il volto nuovo della sinistra!
di Redazione
“Ne abbiamo abbastanza dei diktat dell’UE”. A dirlo è la 41enne eurodeputata Kateřina Konečná, leader del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM) che ha promosso una coalizione elettorale denominata “STAČILO!”, letteralmente “Basta!” con cui ricandidarsi al parlamento dell’Unione Europea in giugno.
Definita come l’unica “opposizione rilevante”, la nuova coalizione ritiene che alla tradizionale divisione fra destra e sinistra occorra preferire oggi, in un’epoca storica nuova, un altro tipo di distinzione, basata su due priorità: quella cioè fra partiti “svendipatria” e chi persegue invece gli interesse nazionali e quella che divide chi si concentra sui diritti sociali da chi invece li scarta.
Il KSČM, che presenta fra i suoi candidati anche il giornalista indipendente Milan Krajča, attualmente membro del Consiglio esecutivo del Consiglio Mondiale della Pace (WPC), è riuscito nell’impresa di unire sotto la propria leadership anche altri due partiti: i nazionalisti di sinistra dello storico Partito Nazionale Sociale Ceco (fondato nel 1896 e fino al 1993 noto come Partito Socialista Cecoslovacco) e il partito euroscettico dei Democratici Uniti (SD-SN), nella cui quota si candiderà anche l’“Avvocato dell’anno” 2006, Ondřej Dostál, già esponente del Partito Pirata ceco.
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Le opposte narrazioni sull’attentato di Mosca: Stato Islamico o pista ucraina?
di Roberto Iannuzzi
E’ possibile che i servizi ucraini abbiano organizzato l’attacco al Crocus City Hall, eventualmente servendosi della rete del terrorismo islamico come copertura?
A una settimana dal terribile attentato che ha visto uomini armati fare irruzione nel Crocus City Hall (un’affollata sala da concerto a Krasnogorsk, sobborgo di Mosca), aprire il fuoco contro gli spettatori, e incendiare la sala uccidendo circa 140 persone, sull’accaduto si sono consolidate due narrazioni contrapposte.
La prima è quella diffusa dai governi e dai media occidentali, secondo la quale la Russia è stata vittima di un attacco da parte di una specifica branca dello Stato Islamico (spesso indicato come ISIS) – quella che si fa chiamare “Stato Islamico della Provincia del Khorasan” (ISKP, secondo l’acronimo inglese più corretto, ma sono state usate anche altre sigle, come ISIS-K e IS-K).
La seconda è quella russa, la quale, pur non scartando del tutto la tesi dell’estremismo di matrice islamica, ritiene che i mandanti vadano ricercati a Kiev.
La narrazione occidentale sostiene che l’invasione russa dell’Ucraina avrebbe “distratto” Mosca da minacce come quella dell’estremismo islamico. Washington afferma anche di aver messo in guardia – invano – il governo russo, nei giorni precedenti l’attentato, sulla possibilità che luoghi affollati divenissero bersaglio di attacchi da parte di estremisti.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha appoggiato la versione americana, dichiarando alla stampa che “le informazioni in nostro possesso…così come quelle dei nostri principali partner, indicano in effetti che è stata un’entità dello Stato Islamico a istigare questo attacco”. Egli ha aggiunto che sarebbe “cinico e controproducente” per Mosca addossare la colpa all’Ucraina.
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Sul diritto del lavoro nella Seconda Repubblica
di Simone Bisacca
Comprendere l’evoluzione (in peggio) del diritto del lavoro negli ultimi trent’anni costituisce un fondamentale strumento di comprensione della situazione presente e un importante bagaglio teorico per qualunque militante rivoluzionario. Questo articolo di Simone Bisacca, pubblicato sul n. 6/2024 di “Collegamenti” ne delinea un quadro sintetico ma efficace
La produzione legislativa in materia di diritto e processo del lavoro dal 1997 (c.d. Pacchetto Treu – governo Prodi I) al 2023 (decreto lavoro del 1 maggio 2023 – governo Meloni) ha ratificato lo spostamento dei rapporti di forza tra capitale e lavoro a favore del capitale avvenuta a partire dagli anni ’80 e ne ha accresciuto la dinamica.
Secondo i dettami del liberismo, compito dello Stato è rimuovere ogni impedimento alla libera determinazione dei prezzi anche nel mercato del lavoro e alla possibilità dell’impresa di soddisfare il proprio fabbisogno di manodopera con la massima flessibilità.
Flessibilità declinata sia in entrata che in uscita, con effetto di precarizzare la condizione dei lavoratori; la contropartita teorica della flessibilità avrebbe dovuto essere l’aumento di occasioni di lavoro e quindi la diminuzione della disoccupazione, ma la relazione tra i due fattori resta indimostrata e gli unici effetti certi sono stati l’aumento delle diseguaglianze sociali e la diminuzione della conflittualità sul posto di lavoro.
Il mercato del lavoro, del resto, è componente dell’economia che, banalmente, sconta gli andamenti macroeconomici ed è mistificatorio attribuirvi poteri taumaturgici rispetto al benessere complessivo della società.
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Il comunismo non si costruisce e non si organizza
di Michele Garau
In occasione dell'uscita di Lo scisma da un mondo che muore. Jacques Camatte e la rivoluzione di Michele Garau terza pubblicazione del nuovo marchio editoriale MachinaLibro, proponiamo un estratto del libro in cui l'autore ragiona sul rapporto tra comunismo e organizzazione nel pensiero del filosofo francese.
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La componente più importante e meno intuitiva dell’eredità di Bordiga che Camatte valorizza è quella del rapporto tra comunismo e organizzazione. Più di preciso si tratta del rifiuto, espresso da Bordiga, verso ogni feticismo delle forme e «mistica dell’organizzazione». Una fiducia assoluta nel partito come programma e comunità che supera le generazioni, ma una critica feroce verso il culto delle strutture burocratiche, qualificato come «fascista» da Camatte e da Bordiga stesso: «l’ideologia fascista per cui tutto è questione d’organizzazione, di messa in piedi di strutture!»[1]. C’è indubbiamente un primo significato, superficiale ma esatto, per cui il comunismo non si organizza in quanto sorge dal corso spontaneo e automatico del movimento storico – è il frutto del suo determinismo – non da progetti, interventi o dall’esercizio della volontà umana. Non si può costruire il comunismo, innanzitutto, ma al massimo rimuovere gli ostacoli che ne intralciano lo sviluppo: «[…] con virulenza si insiste sull’assioma: il comunismo non si costruisce, si distruggono soltanto gli ostacoli al suo sviluppo»[2]. È un concetto che punteggia l’elaborazione di Bordiga e che viene spiegato, tra l’altro, nel già citato Dialogato con Stalin.
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Gaza, l’abisso genocida di un certo Occidente
di Nevio Gambula*
Guardando i video provenienti da Gaza si rimane colpiti dalla ferocia dell’esercito israeliano; è percepibile in ogni gesto, persino nell’irrisione gratuita dei bambini. Non c’è alcuna giustizia in essa, alcuna coscienza etica o azione giustificata; c’è soltanto una gigantesca volontà di annichilire i palestinesi.
Ferocia, crudeltà, terrore. Qualsiasi termine si usi per descrivere il comportamento dell’esercito israeliano, anche il più preciso, non sarà mai in grado di rappresentare compiutamente quello che sta accadendo realmente a Gaza. Che è qualcosa di eccezionale; stra-ordinario, proprio.
Diventa sempre più chiaro che quello che sta accadendo in quella striscia di terra è, insieme, una ferocia già vista, che si riallaccia ad altre pulsioni genocidarie, e una ferocia di tipo nuovo, che si distingue per l’alta capacità tecnologica utilizzata contro un popolo sostanzialmente inerme. Una ferocia penosa e vigliacca.
È evidente che il fine dell’esercito israeliano non è “la distruzione di Hamas”, bensì l’allontanamento dei palestinesi dalla Striscia di Gaza, prima tappa per una nuova colonizzazione. Non esiste – ne è possibile, vista la storia di quel conflitto – nessun obiettivo diverso.
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Gaza: il provvedimento dell'Aia, le sorprese e lo scopo della guerra
di Piccole Note
Scopo della guerra? Devastare e dividere Gaza, sfruttare i giacimenti di gas marini al largo della Striscia... Hamas, gli ostaggi sono cose secondarie
La Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia ha ammonito Israele a permettere “senza indugio […] la fornitura… di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”, cioè alimenti, medicine, carburante e altri beni essenziali.
La Corte e il genocidio di Gaza
È la seconda volta che la Corte, chiamata a vigilare sul crimine di genocidio, si pronuncia sulla guerra di Gaza. A gennaio emanò una sentenza nella quale richiamò Israele a prevenire il crimine di genocidio contro i palestinesi, imponendo, tra le altre cose, di cessare le uccisioni di civili e di garantire l’assistenza alla popolazione.
Il peggioramento della situazione della popolazione della Striscia ha spinto la Corte a pronunciarsi ancora una volta, con un provvedimento di urgenza che chiede, in modo “vincolante”, che sia assicurata l’assistenza dei civili.
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La retromarcia dell'UE sulla transizione elettrica. Nuovo greenwashing?
di La Riscossa
In un articolo del 23 febbraio dicevamo:
«Ma il punto più interessante riguarda l’automotive (il Parlamento europeo ha bocciato la proposta sul regolamento “Euro 7”). Questa doveva essere la vera grande “rivoluzione” che avrebbe comportato, non solo il rinnovo dell’intero parco macchine, ma anche una svolta nelle abitudini quotidiane dei cittadini europei. Ebbene, che cosa è successo? Che la Cina si è lanciata prima e meglio dell’Europa sul settore, praticando con una accorta politica di programmazione a lungo periodo, che ha coinvolto le case costruttrici del Paese. L’affarone del secolo si è quindi sgonfiato nelle mani dei monopolisti occidentali, come testimonia il fatto che ora il primo produttore di auto elettriche nel mondo è cinese, con costi bassi e affidabilità alta, inarrivabili per i concorrenti.»
Ebbene, forse la retromarcia avverrà in tempi molto più rapidi di quanto ci si potesse immaginare.
Naturalmente prima vanno avanti le pattuglie di esplorazione, che in questo caso sono costituite da “studiosi” – ignari o conniventi, non importa – e poi, una volta saggiato il terreno, procederà il resto delle truppe.
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Il bisogno di esperienze traumatiche
di Brics Multipolare
Alla fine degli anni ’90 scriveva il docente statunitense Mike Davis: “Se oggi Marx fosse vivo sottolineerebbe il carattere allucinatorio della visione che ha galvanizzato le masse durante le cosiddette rivoluzioni del 1989. Il miraggio verso cui milioni di persone marciavano era la cornucopia del fordismo: cioè la società dei consumi di massa, con alti livelli di salari e di consumi, tuttora identificata con lo stile di vita americano (e del Nord Europa). La sola emancipazione raggiunta dagli sfortunati cittadini dell’ex blocco di Varsavia è un paleo-capitalismo sinistro, che combina tutti gli elementi più arretrati e più brutali del sottosviluppo (ivi compresa la rapina accelerata delle risorse naturali e delle foreste vergini da parte delle multinazionali), con gli aspetti più avanzati della criminalità organizzata mondiale”.
Quelle pseudo-rivoluzioni erano in realtà dei colpi di stato organizzati con la partecipazione occidentale (l’ultimo riuscito fu quello del 2014 a Kiev).
La UE non vedeva l’ora di potersi allargare così facilmente e di acquisire i beni dell’Europa orientale. Uno dei prezzi più gravosi che faceva pagare a quelle ex-nazioni del socialismo statalizzato era l’ingresso nella NATO.
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Trittico mediorientale
di Pierluigi Fagan
Pubblicherò a seguire, ben tre diversi articoli di analisi di ciò che sta succedendo e potrebbe in prospettiva succedere in Medio Oriente, con epicentro Israele Gaza. Purtroppo, essendo la faccenda complessa, non si può far di meno. Complesso non significa perdersi in nuvolaglie di incertezze indeterminate, quella si chiama confusione. Complesso è ricostruire il groviglio di variabili, loro interrelazioni spesso non lineari, dentro relazioni tra vari sistemi e sottosistemi, dentro contesti in evoluzione, per certi tratti di tempo. Buona lettura ai coraggiosi! [I testi provengono da post mattutini sulla mia pagina fb e forse a qualcuno potrebbe interessare il dibattito che spesso ne è scaturito].
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LA TERRA PROMESSA (27.03.04)
Perché si chiama “geopolitica”? Be’ perché come insegnano le cartine di Luisa Canali su Limes, tutti i discorsi che fai a parole sulla politica, li devi mettere su una cartina geografica, no? Avete presente? Il territorio, le coste, i fiumi, i monti, i laghi… L’ora di geografia era in genere un relax, ma forse vi siete rilassati troppo visto la vasta ignoranza che circola in materia. In più, visto che siete tendenzialmente idealisti, ‘ste brutte robe concrete della realtà, vi impicciano il libero svolazzo e non le amate troppo. Ravvedetevi se volete capire qualcosa del mondo intorno a voi, il mondo si sta muovendo parecchio di recente.
Allora, dovete sapere che sono anni che si coltiva l’idea di creare un Grande Medio Oriente con Israele pacificato con una parte del mondo arabo di area Golfo alle spalle.
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