Crisi dell’egemonia Usa e vittime sacrificali per la salvezza del sistema capitalistico
di Federico Giusti
È indispensabile analizzare l’ascesa di Trump e la sua elezione non solo come fattore interno agli Usa ma intrinseco alla nuova stagione capitalistica. In caso contrario ricondurremmo le decisioni Usa sui dazi, sulla Nato, sulle guerre, sulla finanza a scelte umorali del Presidente senza riferimento alcuno agli interessi materiali che determinano obiettivi economici, politici e geo strategici ben definiti.
Secondo Maurizio Lazzarato “Trump politicizza ciò che il neoliberalismo aveva cercato di depoliticizzare: non è più l'«oggettività» del sistema di mercato, delle leggi finanziarie a comandare, ma l'azione di un «signore» che decide in modo arbitrario le quantità di ricchezza che ha diritto di prelevare dalla produzione dei suoi «servi».Così, oggi, il capitalismo non ha più bisogno, come un tempo, di affidare il potere ai fascismi storici, perché la democrazia è utilizzata a propri fini, fino a produrre e riprodurre guerra, guerra civile, genocidio. I nuovi fascismi sono marginali rispetto ai fascismi storici e, quando accedono al potere, si schierano immediatamente dalla parte del capitale e dello Stato, limitandosi a intensificare la legislazione autoritaria e repressiva e agendo sull’aspetto simbolico-culturale”.
Per cogliere il rapporto tra capitalismo e guerra gli scritti di Lenin, risalenti a oltre un secolo fa, mantengono una struggente attualità, a distanza di anni pensiamo che quanto avvenuto con la crisi del 2008 sia stato analizzato poco e compreso ancora meno.
Capire quanto avviene negli Usa è di primaria importanza perché in questo paese si muovono i monopoli delle imprese di armi, le grandi società che accumulano e gestiscono il risparmio su scala globale, sono insomma il cuore dell’economia capitalistica e la forza militare dominante. E senza dubbio le scelte operate dal 2008 ai nostri giorni, per quanto contraddittorie e oggetto di uno scontro intestino tra differenti blocchi capitalistici, sono state determinanti per arrestare o limitare la crisi dell’egemonia statunitense.
In questa fase storica si ripetono scenari già visti negli anni ottanta con le guerre stellari di Reagan, la corsa al riarmo, la supremazia militare e tecnologica ricopre un ruolo nevralgico per la egemonia Usa e non solo in chiave anti russa e anti cinese ma anche anti europea.
Raggi laser sparati dai satelliti, un progetto spaziale faraonico da 175 miliardi di dollari sulla cui efficacia in molti, anche tra gli analisi Usa, nutrono dubbi, resta il fatto che questa corsa al riarmo avrà un effetto devastante sulle economie occidentali, un sistema antimissili si porterà dietro la costruzione di sistemi offensivi capaci di bucare le nuove linee difensive. Insomma si aprono scenari nei quali le nuove guerre spaziali richiederanno stanziamenti e tecnologie sempre maggiori e per sostenere questo sforzo economico non indifferente la UE sarà costretta a ridimensionare il proprio welfare acuendo una crisi acuita con la guerra in Ucraina e la fine del rifornimento di gas e petrolio a basso costo da parte dalla Russia.
Ma torniamo agli anni passati, a una lotta intestina agli Usa con il diffondersi di una ideologia reazionaria che si è portata dietro norme anti migranti oltre a processi di militarizzazione delle scuole e degli atenei, contrazione degli spazi di libertà e di democrazia, una risposta conservatrice e reazionaria che ha portato alla vittoria Trump ed è servita come ideologia da contrapporre alle istanze di equità sociale ed economica delle classi più deboli. Se negli Usa sono state adottate politiche fiscali favorevoli all’iperconsumo degli strati ricchi della popolazione, la riduzione delle aliquote fiscali in Italia ha favorito le fasce abbienti della popolazione, non ha aiutato l’economia a superare una lunga fase di crescita assai ridotta se non addirittura inesistente, non ha favorito processi di innovazione tecnologica.
Se guardiamo alle proteste operaie nella manifattura statunitense di due anni or sono, settimane di scioperi per un salario equo sono servite a ottenere aumenti e contratti più favorevoli ma non hanno arrestato la crisi del settore con licenziamenti di massa e delocalizzazioni avvenute nei mesi successivi alle mobilitazioni, questa crisi poi si è ripresentata nel vecchio continente ove stanno prospettando la riconversione di fabbriche civili a uso militare.
Rispetto alla Ue, dove il welfare è ancora presente, negli Usa gli anni neo liberisti hanno distrutto una buona parte dello stato sociale residuale e le esplosioni sociali sono state senza dubbio diffuse, maggiori di numero e più violente ma stando a quanto accade in Germania o in Gb le contraddizioni stanno maturando anche nel vecchio continente.
Il fatto che la classe operaia bianca degli Usa oggi voti per i repubblicani e assuma posizioni di estrema destra si spiega con l’abbandono dei democratici delle istanze profonde della periferia Usa avendo sposato le tesi del capitalismo ultra tecnologico che opera lungo le dorsali dei due Oceani.
Ma i risultati di questi processi sono stati anche dirompenti per la tenuta sociale degli Usa, le posizioni dei vari contendenti si sono via via radicalizzate e oggi risultano distanti come mai nel passato
Gli Usa nell’epoca Trump si considerano ormai un paese minacciato internamente ed esternamente da forze economiche e politiche ostili, in realtà sono terrorizzati dall’idea che un domani la loro supremazia economica e militare possa vacillare ed essere messa in discussione.
Per questo vogliono scaricare gli oneri economici del riarmo sul vecchio continente a cui imputano la crisi statunitense attuale e l’elevato debito pubblico.
Alla base dei dazi la convinzione che gli alleati abbiano vissuto al di sopra delle loro possibilità a mero discapito dei cittadini statunitensi. E ancorati a questa idea degli Usa vittime sacrificali della loro stessa generosità ritroviamo l’americano medio, i ceti ricchi sostenitori di Trump e perfino buona pare dei suoi detrattori e avversari politici.
In ogni caso è proprio la classe dominante a drammatizzare ogni posizione, terrorizzata dall’idea di una possibile crisi egemonica statunitense, oggi la Ue si trova nella stessa condizione del Giappone di oltre 40 anni or sono, costretta a pagare la crisi della potenza egemone.
Chiudiamo sul nemico interno ed esterno, da un lato il sorgere dell’economia di guerra che necessita anche di reprimere il conflitto interno e da qui la necessità di diffondere un sistema di leggi eccezionali per governare i paesi a capitalismo avanzato e, in politica estera, attraverso politiche genocide come quelle perpetrate da Israele contro i Palestinesi.
Condividiamo quanto scritto da Lazzarato: Il genocidio getta una luce inquietante sulla natura del capitalismo e della democrazia, costringendoci a vederli come forse non lo avevamo mai visti prima. Il capitalismo e le democrazie organizzano insieme un genocidio come se fosse la cosa più normale e naturale del mondo. Un gran numero di imprese (logistica, armamenti, comunicazione, controllo, ecc.) ha partecipato all’economia di occupazione della Palestina e ora organizzano, senza alcuno scrupolo, l’economia del genocidio. Come le imprese tedesche negli anni ’30 e ’40, garantiscono profitti enormi tramite la pulizia etnica dei palestinesi. L’indice principale della Borsa di Tel Aviv è aumentato del 200% durante il genocidio, assicurando un flusso continuo di capitali, soprattutto americani ed europei, verso Israele.
Con il genocidio, le democrazie liberali riallacciano i fili con la loro genealogia, che, rimossa, ritorna con forza: quella americana ha le sue fondamenta nel genocidio degli indigeni, nell’instaurazione della schiavitù e del razzismo, mentre le democrazie europee facevano lo stesso, ma nelle colonie lontane. La questione coloniale, razziale e la schiavitù sono al cuore di entrambe le rivoluzioni liberali della fine del XVIII secolo.
Il razzismo strutturale ormai è un tratto distintivo del nuovo capitalismo che si porta dietro crescenti disuguaglianze economiche e sociali destinate a una svolta autoritaria della società, fare i conti con lo stesso è diventata una priorità non solo per noi ma per chiunque voglia comprendere i cambiamenti in atto. Se Trump incarna il capitalismo guerrafondaio d’assalto con caratteristiche reazionarie se non proprio fasciste, la presunta diversità del vecchio continente ispirato dai valori della Rivoluzione francese e dell’Illuminismo sta diventando una pia illusione.