Voci dalla Palestina: una maratona di letture contro l’oblio del genocidio
di Vincenza Pellegrino, Martina Giuffrè e Jacopo Anderlini*
Dal primo all’11 luglio 2025, le piazze di Parma si sono trasformate in aule aperte dove studenti, docenti e cittadini hanno dato vita a una particolare forma di resistenza culturale: la maratona di letture “Stop al genocidio. Voci dalla Palestina”, promossa dall’Osservatorio Paritetico Studenti Docenti Contro la Normalizzazione della Guerra dell’Università di Parma.
L’iniziativa non aveva l’ambizione di essere una lezione accademica su dinamiche geopolitiche o storiche, né un attraversamento superficiale della questione palestinese. L’obiettivo era più radicale e insieme più intimo: creare un cerchio narrativo capace di evocare la vita quotidiana di chi vive il genocidio in corso, costruendo un ponte tra chi ascolta e chi resiste dall’altra parte del mondo. "Sediamoci e ascoltiamo a lungo la storia di qualcun altro”, questa la filosofia che ha guidato dieci giorni di letture continuative. La scelta metodologica richiama le pratiche della public sociology, problematizzando il punto di vista dominante per privilegiare quello della vita quotidiana, di coloro che sono lasciati fuori e invisibilizzati dalle grandi narrazioni mediatiche, dei soggetti che vivono sulla propria pelle l’orrore del genocidio. È la micro-sociologia applicata al contemporaneo, la scelta deliberata di dare voce alla “storia minima” contro le narrazioni egemoniche.
Questa università diffusa ha trovato casa in diversi spazi urbani, dai Portici del Grano a Piazza Garibaldi, fino a Piazzale Bertozzi in Oltretorrente. Ogni luogo ha intercettato pubblici diversi, confermando come lo spazio pubblico possa diventare laboratorio di incontro e confronto. In Piazza Garibaldi, la sera, erano soprattutto gli anziani a fermarsi, attratti dalle sedie lasciate strategicamente vuote. Stanche di camminare, queste persone si trovavano “agganciate” alla questione palestinese quasi per caso, scoprendo poi di voler sapere di più, complimentandosi con i lettori, acquistando i libri.Diversa l’atmosfera a Piazzale Bertozzi, dove la presenza della comunità palestinese ha permesso letture bilingui che hanno trasformato radicalmente la natura dell’evento. Quando risuonavano le parole in arabo, abitanti del quartiere si fermavano riconoscendo la propria madrelingua, iniziando a parlare, a gridare “Palestina libera”. Le poesie di Mahmoud Darwish lette prima in arabo e poi in italiano hanno creato momenti di particolare intensità emotiva.
I testi scelti – “Diario da Gaza” di Wi'am Qudaih, “30 seconds from Gaza” di Mohammad Sabaaneh, “Con il vento nei capelli” di Salwa Salem - non sono casuali. Wi'am Qudaih, in particolare, è diventata la compagna di viaggio di questa esperienza. Giovane donna che è riuscita a diventare scrittrice grazie al suo desiderio di sopravvivere al non senso, di restare umana, come dice lei stessa. Non si tratta di salvarsi individualmente, ma di salvare la storia, la causa palestinese attraverso la testimonianza e la parola. La forza dell’iniziativa è stata nella capacità di tenere insieme soggetti diversi: circa una ventina di persone ogni giorno, per dieci giorni consecutivi, si sono date il turno nella lettura. Associazioni di vario tipo, studenti universitari, docenti, solidali con la causa palestinese, membri della comunità palestinese locale. Questo intreccio ha permesso di creare uno spazio realmente plurale, dove la solidarietà non è rimasta slogan ma si è fatta pratica concreta di condivisione.
L'esperienza parmense dimostra come l’università pubblica possa uscire dalle proprie mura per diventare strumento di elaborazione collettiva, spazio di resistenza culturale, luogo dove la conoscenza si fa pratica politica. In un momento storico in cui l’accademia è sempre più sottoposta a logiche di mercato e valutazione quantitativa, iniziative come questa rivendicano il valore sociale e politico della ricerca e della didattica.
La maratona, conclusasi con un momento conviviale a OltreLab, ha dimostrato che è possibile creare spazi pubblici di contronarrazione, luoghi dove la voce di chi subisce l’oppressione può essere amplificata e dove la solidarietà può diventare pratica quotidiana di resistenza all’oblio.
I contatti con la comunità palestinese presi durante la maratona ci costringono ora a seguire da più vicino ciò che accade, in particolare i bombardamenti e i rastrellamenti che ogni giorno paiono aumentare e alludere a una soluzione finale. Chiediamo, quindi, all'università come istituzione di impegnarsi per facilitare le azioni diplomatiche a favore della popolazione palestinese.