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Fine corsa

Dante Barontini

Il 27 novembre Berlusconi ci ha lasciato. Momento atteso, mitizzato, invocato, liberatorio. Nel pomeriggio il Senato ha votato per la sua decadenza da parlamentare, una (piccola) manifestazione del suo “popolo” sotto palazzo Grazioli ha cercato di dargli conforto nel momento triste, alla procura di Milano – e in altre - forse si preparano nuovi mandati di cattura. Questa volta non si risolleverà dal baratro.

“Lo vuole l'Europa”, più che la politica italiana. Lo vuole fuori dai piedi così come l'aveva accettato benvolentieri quando si trattava di demolire la credibilità internazionale di questo paese e del suo establishment, in modo da aprir meglio la strada allo svuotamento della Costituzione repubblicana, alla distruzione della “sinistra radicale” (sempre disponibile a farsi asservire dal centrosinistra in nome del “pericolo Caimano”), al prepotere della finanza continentale, e infine al governo della Troika. Spremuto il limone di quanto poteva utilmente dare, restava solo l'impresentabile macchietta porno-mafiosa, l'impresario che evade il fisco e tocca il sedere alle ballerine, che si fa scrivere le leggi dai suoi avvocati portati appositamente in Parlamento.


Fine corsa.

Ma non si tornerà per questo indietro. Non torneremo al “Parlamento sovrano” dove partiti politici, espressione di interessi sociali differenti e opposti, battagliano per trasformare la ricchezza prodotta dal paese in dividendi sociali ineguali, ma “liberamente contrattati”.

Questo ancora non è stato capito dai protagonisti – si fa per dire – della squinternata “sinistra” italiana. L'invasione che c'è stata due anni fa, con la nomina regale del “governo Monti”, ha sancito per sempre che il “gioco politico” si esercita ormai su aree molto ristrette e per nulla discrezionali del bilancio complessivo. E anche le “riforme strutturali” vengono dettate in base a interessi e strategie altrui. Senza troppe consultazioni.

L'eliminazione politica di Berlusconi è diventata necessaria nel momento in cui il “blocco sociale” coagulato intorno alla sua figura è entrato nel cono d'ombra dei “tagli alla spesa”. Un blocco formato da evasione/elusione fiscale, cannibalizzazione di appalti e subappalti con fondi pubblici, economia sommersa o direttamente criminale, piccola impresa galleggiante sul lavoro nero, rendita immobiliare diffusa e ricchezza patrimoniale basata su prezzi “fuori mercato”... Un pezzo di lardo accumulato da smagrire, spremere, svuotare di potere. La “competitività” si deve fare strada anche grazie a “sacrifici” caricati su questo insieme. E non è più accettabile – dal punto di vista dei poteri continentali – che questo blocco disponga di una “rappresentanza politica” potente, dotata di mezzi di comunicazione di massa gestiti con abilità e sfrontatezza, peso condizionante le scelte del governo (la “legge di stabilità” messa al voto di fiducia ieri notte è il risultato di questo condizionamento; e non a caso non piace a nessuno, né risolve alcun problema, neppure dal punto di vista liberista).

Adieu, Silviò. Non ci mancherai. Di certo la tua assenza sarà un problema per quel “discorso politico”, veicolato per venti anni da alcuni media soi-disant “progressisti”, che ha fatto scomparire programmaticamente ogni problema sociale e politico dietro quel tuo ghigno da jokerman minaccioso. Dovranno reinventarsi, o chiudere finalmente bottega per assoluta mancanza di idee proprie.

Adesso la nuda realtà ci guarda dritto in faccia, senza più veli. Ve la sentite di guardarla negli occhi?

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