Da Lenin a Putin…
di Michele Castaldo
Premetto che ho riflettuto a lungo se pubblicare una nuova nota dopo aver scritto più di un articolo sulla guerra in corso in Ucraina. Ho sperato che in certi ambiti della cosiddetta ultrasinistra ci potesse essere un certo rinsavimento che lo scorrere dei fatti avrebbe consentito. Devo purtroppo prendere atto che certe chine iniziali si sono ulteriormente incancrenite.
Ci si potrebbe domandare: a che pro questo insistere su posizioni di gruppi politici ultra minoritari che rappresentano poco più che se stessi? La mia risposta è netta: viviamo una fase molto complicata della storia dove tra l’altro è apertamente tangibile la crisi di una teoria rivoluzionaria, proprio mentre sta arrivando al capolinea quella potenza dominatrice costituita dall’Occidente liberista. Insomma i nodi vengono al pettine e non è più possibile nascondersi e fare il pesce in barile. A maggior ragione se tutti i difensori del liberismo occidentalista scendono in campo in difesa dei valori a cui è giunta la loro storia fatta di rapina.
Propongo un modello diverso di organizzazione sociale? No, perché come ho più volte scritto la storia del modo di produzione capitalistico non è un modello definito a tavolino una volta per tutte, ma è un movimento fondato sullo scambio e sull’individualismo che ha sviluppato oltre misura tutti i rapporti di concorrenza fra i mezzi di produzione e le merci e per questa ragione è arrivato al capolinea, cioè in una crisi irreversibile. Chi pertanto oppone un nuovo modello di rapporti sociali non ha inteso bene che essi potranno scaturire solo dall’implosione per fine vita del capitalismo.
Fatta questa premessa e senza portare a spasso il cane vengo al dunque e mi riferisco a un articolo de “Il pungolo rosso” dal titolo Putin versus NATO: verità e menzogne, comparso sul loro sito e su sinistrainrete.info, che ha la pretesa di sfiorare fugacemente questioni storiche importanti, liquidandole sommariamente nel tentativo di sostanziare una posizione politica sulla guerra in corso in Ucraina, avvolta in un alone dai contorni indefiniti. La storia, dico all’estensore dell’articolo, bisogna studiarla e bene, come consigliava W. Churchill, prima di tentare di volgerla ai propri fini e l’ “ignorantitudine”, cioè l’abitudine all’ignoranza, come si dice a Napoli, gioca brutti scherzi. Sicché la storia della Russia, se non la conosci, evita di avventurarti per sentieri scoscesi, e l’estensore dell’articolo in questione mostra di non conoscerla affatto. E quel che è peggio è che rimuove in toto tutti i tentativi operati partendo dalla riforma della servitù della gleba del 1861 che aveva lo scopo di favorire gli investimenti di industrie dei paesi europei in competizione fra loro. Un aspetto storico che mostra già l’interrelazione e la forza dell’economia di un movimento in ascesa cui la Russia non si sarebbe potuta sottrarre, come non si è potuta sottrarre successivamente la Cina e l’insieme dell’Asia.
Sicché il 1989 è il punto di approdo di un’aggressione, con la caduta del Muro di Berlino e l’implosione dell’Urss. Altrimenti detto e senza remora alcuna, il modo di produzione che in Occidente aveva trovato la sua forza per l’accumulo di potenza esercitato sin dal famoso 1492, ha esercitato un fascino e un’invasione frantumando ogni tentativo di sviluppo alternativo che la volontà dell’uomo potesse operare.
A certi militanti dell’estremismo di sinistra interessa l’ideologia piuttosto che la storia reale e le forze sociali che l’hanno espressa. Sicché a quanti ripetono concetti ideologici astratti e lontani anni luce dalla realtà dei fatti, come ad esempio il definire « controrivoluzione staliniana » un periodo storico estremamente convulso e di lotta di classe in Russia da dopo la morte di Lenin fino alla morte di Stalin, tanto per identificare un percorso, vuol dire ragionare con le idee applicandole ai fatti piuttosto che dai fatti trarre le idee.
Giacché ci siamo, voglio scandalizzare i più affermando perentoriamente che i tentativi operati dal bolscevismo dalla notte della presa del potere, nel novembre 1917, fino alla cosiddetta staliniana « collettivizzazione della terra », ebbero tutte un’impronta comunitaria in netta contrapposizione a come si era operato fino ad allora in Occidente. Da quelle misure scaturiva l’odio e il rancore nei confronti dei comunisti e dei bolscevichi.
A certi estremisti di sinistra internazionalisti che sputano veleno su quella Russia, per la repressione operata nei confronti dei “contadini”, andrebbe ricordato che il liberismo occidentalista ha giustificato con il fine, cioè il progresso portato in certe aree invase, le più infami atrocità, come l’uso schiavistico dei neri in America.
Si, è vero, Lenin prima e Stalin poi si illusero che le mani callose dei braccianti agricoli potessero condividere lo spirito collettivista del proletariato che il marxismo professava, ma essi non capivano che fin da prima della Rivoluzione le due classi, il proletariato e i contadini, avrebbero avuto due percorsi completamente diversi, tanto è vero che i contadini già in dicembre del 1917 votarono contro i bolscevichi e in gennaio dell’anno successivo questi furono costretti a sciogliere l’Assemblea costituente.
Per onestà storica a certi internazionalisti andrebbe ricordato che fin dalla Rivoluzione francese furono operati dei tentativi di equilibrare lo sviluppo economico senza castigare troppo le classi meno abbienti. E che successivamente fu tentata la stessa cosa con la Comune di Parigi: Robespierre finì ghigliottinato e i poveri comunardi massacrati. Lo stesso Mao tentò disperatamente uno sviluppo equilibrato di città e campagna e morì in tempo per non dover essere sopraffatto dalla corrente di Deng Xiaoping che proveniva dall’Occidente, per non parlare di Fidel Castro e di tanti altri bravi militanti anticolonialisti e antimperialisti.
Oggi diciamo che abbiamo avuto torto a voler dirigere le leggi del modo di produzione che avevano il vento in poppa dal 1492 e non poteva in alcun modo essere fermato e invertito.
La storia agisce secondo leggi proprie e il Putin di oggi è il punto di arrivo a cui l’Occidente ha costretto la Russia, e i cosiddetti estremisti internazionalisti di sinistra non possono operare a proprio piacimento uno iato in un punto della storia per nascondere il proprio opportunismo, quando basterebbe un minimo di buon senso e osservare il fatto che tutto il mondo liberista è schierato in modo rancoroso contro la Russia. Ma i nostri estremisti internazionalisti non amano il buon senso dei comuni e umili mortali perché essi vivono della propria vanagloria ideale.
Ma andiamo con ordine. Scrive il “Pungolo”: « L’attacco dell’Occidente è spiegato a partire dal paese di Stalin, di Chruscev, di Breznev; è quella la Russia che Putin vuole restaurare e, semmai, quella precedente alla Rivoluzione di Ottobre. Le critiche a Lenin e alla sua politica non sono mancate e non appartengono certo al passato, ma si rinnovano regolarmente nei fatti.».
Ora, la tesi che Putin sognerebbe addirittura un ritorno alla Russia zarista è sostenuta vergognosamente dal liberismo per giustificare il suo accerchiamento alla Russia con l’allargamento della NATO e il suo coinvolgimento in una guerra contro il le regioni russofone del Donbass.
Come spiegano allora i nostri internazionalisti di sinistra questa volontà di Putin e innanzitutto da dove la traggono sul piano storico se la Russia è arretrata continuamente senza colpo ferire da quando si è dissolta l’Urss? Non solo, ma poi si scorre l’articolo e dopo poche righe si legge: « Dall’altro lato l’associazione di briganti riuniti sotto le bandiere della Nato ha manifestato tutti i propositi di distruggere la Russia, e di diffondere e difendere la “democrazia”, ovvero la propria dominazione sull’universo globo, come ha sempre fatto in tutto il mondo, Usa in testa, dal ’45 ad oggi: […] ».
« Un’associazione di briganti », carissimi internazionalisti, che non si è costituita dal 24 febbraio come conseguenza dell’azione militare della Russia, ma che era operante da molto prima. Dunque c’è una consecutio storica precedente e successiva al 24 febbraio 2022. Come mai non viene presa coerentemente in considerazione? Per giustificare una “purezza” politica equidistante o per che cosa ancora? Siate seri!
Veniamo alle motivazioni che vorrebbero giustificare la scelta del pesce in barile. Scrivono i nostri internazionalisti: « Anzitutto i suoi richiami alla patria e agli eventi dell’‘89 mostrano senza dubbi che i suoi riferimenti non sono la Rivoluzione di Ottobre ma il capitalismo, variamente definito, dell’Urss postleninista ». Ma va!? Putin non è comunista, non è leninista, non è bolscevico, ma sarebbe espressione della Russia postleninista? Una rivelazione storica sconvolgente per davvero. E sia.
Ma in discussione non c’è la Russia di Putin o la rivoluzione proletaria, no, in discussione c’è la dissoluzione della Russia da parte dell’Occidente, sì o no. E non credo che con la dissoluzione della Russia il suo proletariato starebbe meglio come è successo con i lavoratori albanesi, polacchi, romeni, ucraini per non parlare dello stillicidio dei poveri neri che arrivano e vengono schiavizzati in Europa.
Facciamo un piccolo passo indietro della storia moderna: 2 agosto 1990 l’Iraq, dopo 10 lunghi anni di guerra contro l’Iran pro domo sua e pro Occidente, invase il Kuvait « violando la legalità internazionale ». Tutto l’Occidente si schierò con l’Onu contro Saddam Hussein, mentre solo un pugno di autentici internazionalisti si schierarono contro l’Onu, la legalità internazionale e l’insieme dell’Occidente.
Era comunista o bolscevico Saddam Hussein o erano coglioni quei militanti che si schierarono correttamente definendo l’Onu covo di briganti nel 1990/91?
Facciamo ancora un passo indietro: 1979 e rivoluzione iraniana. Anche in quell’occasione gli internazionalisti autentici si schierarono contro l’Occidente e a fianco della rivoluzione. Era comunista o bolscevico o leninista Komeini o furono coglioni quegli internazionalisti che si schierarono correttamente contro l’Occidente?
Nel luglio dell’‘89 da veri internazionalisti capimmo che le mobilitazioni degli “studenti”, in modo particolare a Pechino, avevano un sapore da testa di ponte per favorire la disgregazione di quell’immenso paese alla penetrazione occidentale. Poi la Cina ha seguito il suo corso e oggi è posta su un crinale di una crisi catastrofica insieme al resto del modo di produzione capitalistico.
E giusto per stare ai giorni nostri: erano comunisti o bolscevichi i talebani che hanno dato un calcio in culo agli americani e occidentali tutti? E allora come la mettiamo? Potrei continuare con la Libia o la ex Jugoslavia, con l’infamia del Kossovo e così via, ma ce n’è abbastanza per capire da parte di chi vuole capire. Perché per chi non vuole capire non servono ragioni “teoriche”, ma il campo di battaglia, quello che è stato costretto a fare la Russia.
Concludo questa breve nota dicendo: nelle circostanze date il punto teorico e politico in questione non è quello di schierarsi a favore, no, ma come e perché schierarsi contro. È perciò fuorviante il modo di porre la questione alla maniera del “Pungolo rosso”: « Dunque Putin ed il suo gruppo di comando, i suoi oligarchi, i suoi epigoni non sono i paladini del proletariato internazionale, quindi nemmeno di quello russo ».
Voglio ancora una volta sconfortare i più affermando: l’azione della Federazione Russa in Ucraina in questa fase è un atto di anticolonialismo allo stato dato, ovvero secondo le determinazioni storiche del processo economico, politico e sociale della fase. Determinazioni che non le decidono i rivoluzionari.
Quello che certi internazionalisti non capiscono è che certe posizioni teoriche, religiose e politiche di certe aree hanno ragion d’essere proprio perché hanno lo specchio davanti di dove è arrivato il liberismo. Un mondo liberista che a detta degli stessi liberisti fa schifo ed è avviato verso il crack, ma è il migliore dei mondi possibili.
La domanda è: perché è necessario schierarsi contro l’Occidente, apertamente, senza se e senza ma, e innanzitutto senza equidistanza, come ci siamo schierati sulle altre situazioni storiche appena menzionate?
La risposta per i veri internazionalisti è chiara e netta: perché sta giungendo finalmente, ed era ora, a conclusione un ciclo storico che ha visto dominare in maniera criminale in tutto il mondo il liberismo occidentale. Perché l’azione di difesa della Russia può accentuare la crisi che in Occidente si va aggravando e aprire finalmente una fase rivoluzionaria e mettere in discussione il modo capitalistico di produzione.
Chi fa il pesce in barile e straparla di ideologia astratta non vede l’unica possibilità di una vera discesa in campo degli oppressi e sfruttati della terra che è data da una sonora sconfitta dell’Occidente.
Se la caduta del tasso di profitto è corretta, i proletari hanno il potere di creare il tipo di crisi politico-economica di massa necessaria per abbattere il sistema.
Si può, in altre parole, creare artificialmente una sorta di "situazione storica instabile, che scuote fortemente le soggettività conservatrici".