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sinistra

La passione durevole

di Salvatore Bravo 

51tnVExBfwL. SX323 BO1204203200 La passione durevole per trascendere le passioni tristi

Alle passioni tristi del capitalismo assoluto si può contrapporre la passione durevole espressione significativa che Costanzo Preve mutua da György Lukács, per rigenerarla nella resistenza teoretica. Il capitalismo assoluto è l’epoca delle passioni tristi, indotte geometricamente e matematicamente secondo il dispositivo della valorizzazione. Passioni disabitate dal soggetto umano, alienate in quanto la loro genesi è nell’automatismo, nel riflesso ritmico ed accelerato dei sistemi di vendita che si riflette nei comportamenti quotidiani, programmati secondo la ferrea legge dell’eterogenesi dei fini, solo che in questo caso, le azioni individuali si pervertizzano nel trionfo del capitalismo assoluto. Il mercato nella sua espansione necessita di stimolare passioni attraverso mezzi che procurano imitazione di massa. E’ una regressione a cui assistiamo, fatale e letale, la si presenta come il prezzo da pagare per l’espansione del PIL, si occulta il dato mortifere: intere generazioni sono cancellate dall’olocausto mediatico. Vi è il passaggio da uno stato di imperfezione minore ad uno stato maggiore. Generazioni che vivono il loro arco esistenziale come consumatori, sconosciute a se stesse. Le passioni tristi sono brevi, mancano di determinazioni, sono flessibili disposizioni emotive, esse devono essere tali, in modo che ad ogni esigenza del mercato debbono essere disposte ad adattarsi, nella rincorsa verso un’impossibile stato di benessere. Se così non fosse non avremmo un numero tanto esorbitante di giovani depressi presso cui si interviene attraverso le istituzioni per normalizzarli, per educarli alla sopportazione fatale del sistema.

 

Passione durevole e Bestimmung

Alle passioni tristi si può contrapporre La passione durevole essa può essere espressa per alcune sue qualità con il termine Bestimmung, ovvero passione durevole, vocazione, determinazione.

La passione durevole è profonda, è l’appartenersi-scoprirsi per donarsi al mondo, vive del dialogo socratico, la sua profondità non ha confini, per cui l’atto della parola è portatore di rigenerazione continua. E’ vita che si rinnova e si stupisce della potenza significante di cui è capace. La meraviglia filosofica, lo “thauma ϑαῦμα”, qui è lo stupore dinanzi alle profondità infinite dell’essere umano che coglie in sé un universo che solo attraverso la prassi dialogica e comunitaria vive e si rigenera. La passione durevole per Preve era ed la Filosofia, fonte inesauribile di resistenza anticapitalistica e di rigenerazione creativa. Le passioni tristi sono invece l’ addomesticamento nichilistico della gioventù ad una mortifera pedagogia adattiva e dunque ripetitiva. Il sistema si autoriproduce con le passioni tristi:

Il primo filosofo moderno che mette la gioventù in quanto tale al centro del suo sistema filosofico è Fichte, che usa la metafora del «ringiovimento» (Verjungen) per indicare il rinnovamento emancipativo della società, ed individua nella gioventù come categoria sociale il suo soggetto storico capace di portarci fuori dall’epoca della compiuta peccaminosità. Oggi tutto questo può sembrare illusorio e “romantico”, ma non bisogna dimenticare che la gioventù di cui parla Fichte non aveva vissuta un’infanzia all’ombra della play-station e dei modelli di consumo televisivi, un’adolescenza in una scuola degradata, ed un’incipiente maturità in un contesto di lavoro salariato flessibile e precario. In altre parole, ed usando una terminologia marxiana, Fichte non poteva neppure immaginare che cosa sarebbe potuto avvenire in un’epoca di sottomissione crescente del lavoro al capitale e di approfondimento orizzontale (la globalizzazione) e verticale (la manipolazione capillare) del modo di produzione capitalistico1 .”

 

La disperazione e la passione durevole

La passione durevole per la Filosofia che si vuole contrapporre alla disperazione edonistica delle passioni tristi, può anch’essa conoscere la condizione della disperazione. Il lavoro filosofico, può sembrare ingrato, in quanto le verità filosofiche non conoscono l’immediatezza della verifica. La verità biografica del singolo deve disporsi nel tempo ideale: ovvero le verità filosofiche non riconosciute nell’immediato dal contesto storico sociale, fioriscono successivamente, divengono spesso patrimonio comune dell’umanità successivamente, il particolare diventa universale nel tempo ideale, “Verum ipsum factum”. La verità degli esseri umani si svela nel tempo della storia, nella sua prassi che supera e sublima le vicende biografiche. La disperazione è nella passione a corto raggio, la Filosofia con la sua passione durevole insegna che la verità si materializza su piani temporali differenti:

Iniziamo dall’analisi di quella particolare disperazione, che potremo chiamare disperazione del filosofo. L’atleta non si dispera, ma perde oppure vince. L’imprenditore non si dispera, ma ha successo e si arricchisce oppure va in fallimento e perde tutto. Il ricercatore scientifico non si dispera, ma verifica le sue ipotesi, oppure vi rinuncia e sceglie un’altra strada. Il filosofo, invece, è quella peculiare figura che da un lato è spesso convinta di aver colto la “verità” della totalità sociale in cui vive, ma non potendo dimostrarla né con metodi scientifici (Galileo), né con metodi argomentativi (Habermas), e restandone tuttavia convinto, si dispera necessariamente per la sua penosa impotenza. Il problema sta allora nel modo in cui si elabora questa impotenza, dal momento che – come dice giustamente Lukács – «ci si dispera assai presto quando l’enunciazione di certe verità produce solo un’eco molto limitata2 ».

Ci si educa alla passione durevole e si trascende la disperazione con un atto di autocoscienza critica. Si discerne e si problematizza il concetto di verità, ponendo in discussione i limiti, anche, di talune posizioni filosofiche che a volte lavorano contro la Filosofia ed il suo fondamento veritativo.

 

La Passione durevole contro il nichilismo

Per uscire dal nichilismo si deve capire che la verità scientifica, è solo una dei paradigmi di verità possibili. Il Filosofo che imita la verità scientifica, che è portatore di un palese complesso di inferiorità, cercherà di adattare la Filosofia alle scienze. Se si cade in questa trappola la passione durevole è fortemente minacciata, in quanto si esige dalla Filosofia l’immediatezza che solo le scienze possono offrire. La passione durevole deve concettualizzare la disperazione per trasformarla in determinazione:

La filosofia se la ride di Popper, Lakatos o Feyerabend. Si commette quindi un errore, quando si comincia a dubitare della propria visione filosofica, necessariamente indimostrabile con i metodi della fisica, perché raccoglie solo un’eco molto limitata. Dall’altro, si può cominciare a pensare che ciò che noi diciamo sia giusto, ma che il mondo esterno sia troppo coglione e corrotto per capirlo. In sostanza, al mondo ci sarebbero soltanto pochi saggi, cioè noi stessi ed i nostri più stretti sodali. Questa via, che definirei paranoico-nicciana, può soltanto portare alla distruzione fisica di chi la pratica. Dal momento che il buon senso è relativamente diffuso nel mondo, pur consentendo che il buon senso è quasi sempre l’ultimo dei metafisici, perché baluardo della «pseudo-concretezza» (Kosík), è storicamente poco probabile che nel mondo gli unici saggi siamo noi ed i nostri sodali. Bisogna quindi percorrere un’altra via3 ”.

 

Ideologia e Filosofia

La passione durevole si esplica secondo un orizzonte comunitario bimondano, partecipa alla vita politica del proprio tempo testimoniando la differenza tra Ideologia e Filosofia, la prima segue un ordinamento burocratico: la verità è sotto il controllo di burocrati, accademici prezzolati, poteri economici. Pertanto l’Ideologia è la cinta trasmissione della riproduzione dei modi di consumo e produzione. L’Ideologia è passione triste, essa è divisoria e gerarchica, lavora per impedire il logos sokraticòs e dunque ogni forma di emancipazione comunitaria, è la corrente fredda del pensiero, oggi espressa dall’economicismo, dalla violenza organizzata dell’estraniamento dei popoli trasformati in plebi. La passione durevole è la resistenza attiva, l’autocoscienza che mentre rischia la marginalità sociale diventa catalizzatore del nuovo. Lo Streben, lo sforzo è prassi per capire, al contrario l’economicismo è il fatalismo senza fondamento veritativo, coazione a ripetere:

La «passione durevole» per il comunismo, o se si vuole per la critica al capitalismo, presuppone dunque – per esistere e per essere coltivata e sviluppata – che ci si renda conto che essa da un lato coincide con il percorso della nostra vita umana concreta, necessariamente e fatalmente breve, ma che dall’altro essa è ideale, nel senso che va al di là della nostra stessa vita umana. Del resto, si tratta dello stesso concetto di «immortalità» presente in una lettera di Antonio Gramsci a sua madre, che era cattolica e non certo “marxista”, e il marxismo lo aveva probabilmente solo sentito nominare. Il marxismo è quindi idealismo non solo nel senso della scienza filosofica “tedesca” delle lettere di Marx ad Engels ed a Lassalle, ma in questo senso ben preciso. Mi rendo conto che questo provocherà una smorfietta epistemologico-positivistica nel marxista medio, ma non so proprio che cosa farci4 ”.

 

Passione durevole e resistenza

La disperazione può diventare resistenza, vocazione. Il filosofo fa dell’esperienza della disperazione il demone contro cui misurare non solo la passione durevole, ma specialmente attraverso di essa si ridispone a chiarire concettualmente la verità filosofica. Dialetticamente trascesa la disperazione, la resistenza diviene il carattere del filosofare. La critica diviene prassi, testimonianza razionale in una speranza fondata sulla fatica del concetto. Si mantiene il proprio disaccordo non per vanità, o vacua critica, ma per convinzione mediata e meditata. Si rafforza il carattere come la resistenza, si diviene capaci di trarre da sé energie inaspettate. Le passioni tristi formano al disincanto, al nichilismo passivo adattivo, mentre la passione durevole si affina con il tempo, con la dedizione al pensiero, la fedeltà è alla coerenza intellettuale, mentre i contenuti filosofici, i valori possono essere ridiscussi:

Sembra oggi che il termine «disincanto» (Entzauberung) debba essere inteso esclusivamente nel senso di Nietzsche (morte di Dio), di Weber (approdo della lunga storia del razionalismo occidentale al politeismo “infondato” dei valori), di Lyotard (disincanto verso la precedente credenza nelle grandi-narrazioni emancipative), di Löwith (scoperta che la presunta scienza marxista non è altro che secolarizzazione della vecchia escatologia ebraico-cristiana nel linguaggio dell’economia politica), di Colletti (scoperta che il pensiero di Marx non è altro che neoplatonismo riverniciato), ed infine di Heidegger letto secondo la coppia postmoderna Vattimo-Galimberti (presa d’atto che il mondo si è rinchiuso sopra di noi in una tecnica planetaria intrascendibile da accettare fatalmente). A pochi viene ormai in mente che questa sorta di fine della storia (attribuita sempre erroneamente ad Hegel, magari letto alla Kojève ed alla Fukuyama) non è che una formazione ideologico universitaria frutto di una congiuntura storica del tutto temporanea, che fra mezzo secolo verrà probabilmente storicizzata e riferita ad un clima culturale che non fa che registrare nel rarefatto e pittoresco mondo ideologico la vittoria tennistica del capitalismo neoliberale sul comunismo storico novecentesco realmente esistito nel ventennio 1985-20055 ”.

Il disincanto è nelle possibilità più probabili di coloro che non credono nella verità, che inseguono il piccolo potere di turno capace di nell’immediato di gratificare con titoli e non solo con quelli. Se l’abitudine all’adattamento prevale, il disincanto con il suo potere depressivo è dietro l’angolo. Il nichilismo è già passione triste, si esprime con improvvise scariche di adrenalina, di violenza e di eccesso per poi ritornare nell’alveo della noia, in cui si costringe la vita dei “non nati”. Il binomio disincanto- passioni tristi è la struttura emotiva del mercato, il cui fine è vincere ogni resistenza a prescindere dalla cultura, dal censo, dal ruolo che si occupa, è l’acido esiziale di una pedagogia dello scoraggiamento. “Sii niente e non avrai paura” è il suo imperativo. Ad esso la passione durevole risponde con la sua presenza e con il suo valore pedagogo.


Note

1 Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia, Petite Plaisance Pistoia, 2013 pag. 462

2 Ibidem pp 460 461
3 Ibidem pag.461
4 Ibidem pag. 461
5 Ibidem pag.

Comments

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Mario Galati
Wednesday, 24 October 2018 10:43
Bisognerebbe invitare tutti a leggere la citata lettera di Gramsci alla madre sull'interpretazione materialistica dell'immortalità dell'anima. Emerge la genericità e la storicità del nostro essere, con la conseguenza che la passione durevole è la coscienza di questa condizione e del nostro ruolo storico. Esattamente ciò che viene fatto mancare alle generazioni del capitalismo della massima espansione dei consumi.
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