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Da grande voglio fare lo Stato

di Giovanna Cracco

Tra anarco-capitalismo e blockchain, i miliardari della Silicon Valley stanno progettando le loro smart city con sovranità politica

5tgy7Nel 2018 Jeffrey Berns ha messo sul tavolo 170 milioni di dollari e ha com­prato 67.000 acri (270 km2 di nulla, in Nevada: terra arida, non edificata, disabitata. Berns, comunemente de­finito “il miliardario delle criptovalu­te”, fondatore e amministratore de­legato di Blockchains - azienda spe­cializzata nei sistemi crittografici im­piegati nelle criptovalute - ha dichia­rato nel 2020 che in quell’area sareb­be sorta Painted Rock, una smart city a base blockchain: 36.000 residenti programmati, case, scuole, spazi com­merciali e aziende, una criptovaluta interna e servizi cittadini erogati su struttura blockchain. Perché funzio­ni, ha affermato Berns alla BBC, “è necessario un nuovo modello di go­verno locale”: istituzioni politiche au­tonome da quelle del Nevada (1). Nel febbraio 2021 il governatore De­mocratico dello Stato, Steve Sisolak, ha annunciato la proposta di legge Innovation Zones, destinata alle a­ziende dei settori Internet of Things, robotica, intelligenza artificiale, bloc­kchain, tecnologia wireless e green: le società in possesso di almeno 50.000 acri di terreno non edificato e disabitato - all’interno di un’unica contea e al di fuori da città o paesi - con una disponibilità finanziaria di 250 milioni di dollari e un piano di investimento per un miliardo in dieci anni, avrebbero potuto costruire cit­tà e governarle autonomamente. “Le zone inizialmente opererebbero al­l’interno della contea locale in cui si trovano”, ha dichiarato Sisolak, “ma alla fine sarebbero in grado di assu­merne le funzioni e diventare un en­te governativo indipendente”: avreb­bero un consiglio di sorveglianza di tre membri, scelti dall’azienda, con gli stessi poteri di un consiglio di commissari di contea, e il governo au­tonomo avrebbe l’autorità, “per e­sempio, di imporre tasse, formare di­stretti scolastici e tribunali di giusti­zia, e fornire servizi governativi” (2).

Il piano non è andato in porto: la proposta di legge si è insabbiata nel Parlamento del Nevada e il 30 set­tembre 2021 Berns ha ritirato il pro­gramma, lamentandosi del mancato supporto politico (3). Ma Painted Rock non è l’unico progetto in piedi.

Nel 2017 Bill Gates, tramite la Ca­scade Investment, ha pagato 80 mi­lioni di dollari per quasi 25.000 acri (100 km2) di deserto disabitato, in Arizona. Obiettivo: costruire Belmont, una smart city pianificata per 200.000 abitanti, destinata a “una comunità lungimirante, con una spina dorsale di comunicazione e infrastruttura che abbraccia la tecnologia all’avanguar­dia, progettata attorno a reti digitali ad alta velocità (5G), data center, nuove tecnologie di produzione e modelli di distribuzione, veicoli auto­nomi e hub logistici autonomi”, inte­ramente digitale, dai servizi governa­tivi, ai trasporti urbani alla produzio­ne alimentare; un funzionamento au­tomatico complessivo che solo la bloc- kchain può garantire (4). A ottobre 2020 sono stati comprati altri 2.800 acri (5). Del progetto non si sa altro, perché dopo la fuoriuscita della noti­zia sull’acquisto del terreno le infor­mazioni sono state tenute riservate. Lo stesso coinvolgimento di Gates è stato inizialmente taciuto, finché una ricerca giornalistica su dati societari e registri delle proprietà non l’ha sve­lato.

Peter Thiel - creatore di Paypal, tra i primi investitori di Facebook e fondatore nel 2003 di Palantir, im­portante azienda di big data attiva nell’ambito militare e di sicurezza, ap- paltatrice di Pentagono, Cia e Dipar­timento di Stato USA - ha invece in­vestito quasi 9 milioni di dollari in Pronomos Capital, una società di ven­ture capital che si concentra esclusi­vamente su startup come Bluebook Cities (6): fondata nel 2019, sta lavo­rando al progetto “Praxis”. Il sito (www.praxissociety.com/) dà l’idea della visione generale: con una nar­razione epica si definisce un movi­mento di moderni pionieri che vo­gliono costruire una smart city, all’in­terno della quale una comunità di membri facoltosi - 10.000 nella pri­ma fase, poi a crescere: “10.000 resi­denti con un tenore medio di vita di oltre 2 milioni di dollari rappresenta­no collettivamente oltre 20 miliardi di dollari di valore della città” - vivrà in uno Stato con sovranità politica, con una criptovaluta e una criptoe­conomia a base blockchain. L’ubica­zione è ancora da scegliere, potreb­be essere “da qualche parte nel Me­diterraneo” (7): “collaboreremo con un governo ospitante” si legge sul sito, “per creare una giurisdizione specia­le”.

Anche Elon Musk, a marzo 2021, ha dichiarato di voler costruire Star- base, una smart city che vuole inglo­bare e riprogettare il villaggio di Bo- ca Chica, nel Texas, dove attualmen­te ha sede la base spaziale Space X.

La stampa statunitense la definisce una “città privata con leggi proprie”, ma dalle informazioni a oggi disponi­bili sembra più un allargamento della struttura aziendale di Space X e me­no una città vera e propria, aperta a residenti.

Infine c’è Telosa. Uscita nel 2021 dall’immaginazione di Marc Eric Lo- re, il miliardario “mago dell’e-com- merce” che ha portato Walmart a di­ventare il secondo sito di shopping online dopo Amazon, questa città del futuro dovrebbe essere costruita in una zona desertica degli Stati Uniti ancora da definire: “La prima fase di costruzione, che ospiterà 50.000 re­sidenti su 1.500 acri, ha un costo sti­mato di 25 miliardi di dollari; l’intero progetto dovrebbe superare i 400 miliardi, con la città che raggiungerà 150.000 acri (600 km2, n.d.a. ) e la popolazione target di 5 milioni entro quarantanni”, si legge sul sito (www. cityoftelosa.com/). Interamente eco­sostenibile e con una produzione ali­mentare autosufficiente, non è del tutto chiara la governance. Lore par­la di “equitismo, una nuova e più giusta fase del capitalismo”: rispolve­rando una teoria economica del 1879 proposta da Henry George, propone “la creazione di una fondazione pri­vata fondiaria, proprietaria del terre­no, che utilizzerà il reddito generato dalla rivalutazione della terra stessa (grazie alla costruzione e vendita di case, infrastrutture, edifici ecc., n.d.a. ) per finanziare i servizi sociali della città”. Una sorta di nuovo contratto sociale, la cui cittadinanza dipende quindi dalla capacità economica del­l’individuo di acquistare una casa. Questa condivisione della ricchezza generata dalla fondazione, afferma Lore, “ricalca il modello delle startup digitali, dove i dipendenti vengono pa­gati con stock option”. L’organo di go­verno della città sarà una sorta di “consiglio di amministrazione” eletto direttamente dai residenti tramite voto elettronico e blockchain. “Non stiamo solo costruendo una città, stia­mo creando un nuovo modello per la società”, ha dichiarato Lore.

Folli visionari del Big Tech? Non pro­prio. È più una tendenza, che prova a muovere i primi passi su base locale. Anarco-capitalismo e nuove tecnolo­gie, privatizzazioni ed esternalizzazio- ni di funzioni statali e cambiamento nella percezione collettiva dell’im­magine e del ruolo delle imprese, so­no il terreno su cui l’idea ha messo radici e la visione ha iniziato a con­cretizzarsi.

 

Anarco-capitalismo

Come tutti i pensieri politici, anche l’anarco-capitalismo ha correnti al proprio interno, che vanno dall’idea di uno Stato minimo fino a visioni più radicali. Se prendiamo queste ul­time, e tralasciando il quadro econo­mico e filosofico sui quali poggia sto­ricamente e culturalmente, l’anarco- capitalismo è la dottrina secondo la quale una società capitalistica del tut­to priva di Stato è economicamente efficiente e moralmente desiderabi­le. La società così strutturata non ha governo, parlamento, magistratura, polizia, forze armate né qualsivoglia istituzione pubblica: interamente ba­sata sulla proprietà privata, vede le imprese competere sul libero merca­to per offrire tutte le merci e tutti i servizi che la società stessa richiede.

Qualche dettaglio pratico.

Ciò che individuiamo come wel- fare pubblico (sanità, previdenza, di­soccupazione, istruzione...) è vendu­to al singolo cittadino da aziende pri­vate, sotto forma di servizio o assicu­razione; non esiste suolo pubblico, sia esso un terreno, un fiume, un lago... le infrastrutture (strade, piaz­ze, ponti, acquedotti, aeroporti, rete digitale...) sono costruite da imprese private, che ne affittano alle singole persone il diritto di utilizzo, passag­gio o sosta, oppure ne vendono la proprietà (anche in regime di com­proprietà, come la strada che porta a un complesso abitativo acquistata dai proprietari degli appartamenti); polizia, tribunali e carceri sono gesti­ti da società private di sicurezza: fer­mo restando il diritto riconosciuto a ciascuno a difendere da solo la pro­pria persona e la propria proprietà con ogni mezzo, il singolo individuo acquista servizi da una compagnia di sicurezza privata per prevenire o re­primere azioni a suo danno (funzio­ne di polizia), e accetta di rimettersi alla stessa compagnia nel caso in cui si rendesse lui stesso colpevole di violenza contro persone o proprietà (funzioni di tribunale e carcere); que­ste stesse compagnie lo difenderan­no anche in caso di attacchi da parte di entità straniere, svolgendo la fun­zione delle forze armate. Alla base di tutto, un ordine sociale strutturato su un diritto naturale oggettivo che postula nulla più del diritto alla pro­prietà privata e alla libertà individua­le, propria e altrui; su tale diritto vie­ne a costruirsi spontaneamente un corpus di leggi, date dal diritto con­suetudinario e dalla giurisprudenza dei tribunali privati.

È evidente che nel pensiero anarco-capitalista l’unità di base è il sin­golo individuo e tutto si compra e si vende, nella convinzione che il com­portamento interessato di soggetti egoisti produca una cooperazione spontanea, efficace e auto-regolatri­ce. È stabilita l’uguaglianza formale degli esseri umani sul piano giuridi­co, ma è altrettanto postulato il dar­winismo sociale: non esistono reti a supporto, chi è privo di denaro, peri­sce. Al punto che pur ammettendo mecenatismo e beneficenza come meccanismi privati volontari di pro­duzione di beni pubblici, si afferma l’illegittimità di ogni politica distribu­tiva - le imposte statali sono consi­derate un furto - in base al diritto alla libertà individuale: l’obbligo di aiutare gli altri è coercitivo rispetto alla libertà individuale, dunque non può esistere.

Jeffrey Berns di Painted Rock, “il miliardario delle criptovalute” sopra citato, colui che apparentemente si è maggiormente avvicinato alla realiz­zazione in Nevada della sua smart city con sovranità politica e a base blockchain, ha dichiarato alla BBC: “Non sono antigovernativo, ma pen­so che il governo abbia ficcato trop­po il naso nei nostri affari”. Aggiun­gendo che la struttura decentralizza­ta della blockchain può finalmente creare “un posto” dove lo Stato non possa avere il potere di “interferire” nella vita delle singole persone.

La blockchain è infatti stata il pun­to di svolta: ha segnato il passaggio dell’anarco-capitalismo dall’utopia (!) alla possibilità concreta.

 

Blockchain

L’anarco-capitalismo scorre nelle ve­ne della Silicon Valley fin dall’inse­diamento della prima azienda tecno­logica. Non è un caso che il progetto della rete blockchain e del bitcoin na­sca nel 2008 all’interno della comunità hacker californiana, con il mani­festo Bitcoin: A Peer-to-Peer Electro­nic Cash System a firma Satoshi Na- kamoto - uno pseudonimo di cui tut­tora non si sa con certezza a chi cor­risponda, nemmeno se si tratti di un singolo o un collettivo -; il documen­to contiene i principi e il codice di un software open source in grado di creare la prima criptovaluta digitale decentralizzata, che si sottrae al po­tere delle banche e al concetto poli­tico di sovranità monetaria come mo­nopolio statale (8).

Il punto debole dell’anarco-capi- talismo è sempre stato il presuppo­sto di uno stato di natura più vicino a Locke che a Hobbes: non il bellum omnium contra omnes ma uomini predisposti alla giustizia e alla pace, dotati di una Ragione che insegna loro uguaglianza, indipendenza e ri­spetto dell’altrui libertà e proprietà. Certo l’innesto, nella visione politica, dell’egoismo economico di Adam Smi­th, ha dato maggiore solidità alla con­vinzione di un ordine sociale sponta­neo pacificato - più di quanto potes­se fare una lettura idilliaca della na­tura umana - ma non ha risolto il problema della fiducia/garanzia a tu­tela, su cui si basano le relazioni so­ciali: lo ha fatto la tecnologia digita­le.

La blockchain va ben oltre la ca­pacità di creare una criptovaluta: è in grado di eliminare la necessità di qualsivoglia istituzione o organizza­zione, ufficialmente riconosciuta, che si ponga come garante di legittimità e legalità nelle più diverse attività so­ciali, si tratti di una banca centrale per la moneta a corso legale, di un ministero per la certificazione di una votazione, di una università per l’au­tenticazione di titoli accademici, di un pass digitale per accedere a luo­ghi, esercitare diritti ecc. Grazie alla crittografia, alla rete decentralizzata e alla struttura a blocchi, la block­chain elimina la possibilità di truffe, frodi, manomissioni varie: la fiducia creata da bit.

Da Painted Rock a Belmont a Pra- xis a Telosa, tutte le smart city pro­gettate dai miliardari del Big Tech ci­tano la blockchain come struttura portante, a ragion veduta: è l’innova­zione tecnologica che consente loro di implementare un nuovo tipo di governance, orizzontale e non verti­cale. Una società che possa fare a meno di autorità centrali a garanzia, gerarchiche, sia politiche che finan­ziarie ed economiche.

Klaus Schwab, fondatore e diret­tore esecutivo del World Economic Forum di Davos, pubblica nel 2016 La quarta rivoluzione industriale. Nel prevedere “una fusione di tecnologie attraverso il mondo fisico, digitale e biologico”, una "trasformazione del­l’umanità” grazie a blockchain, intel­ligenza artificiale, stampa 3D, roboti­ca, computer quantistici e ingegneria genetica ("Non si tratta solo di cam­biare ‘cosa’ e ‘come’ facciamo le co­se, ma anche ‘chi’ siamo”), Schwab non tralascia l’aspetto politico: "I go­verni ( governments, le amministrazio­ni pubbliche in senso ampio, n.d.a.), nella loro forma attuale, saranno co­stretti a cambiare, poiché il loro ruo­lo centrale nella conduzione della politica diminuirà sempre più, a cau­sa dei crescenti livelli di concorrenza e della redistribuzione e decentraliz­zazione del potere che le nuove tec­nologie rendono possibile”; soprav­viveranno solo se saranno in grado di farlo, afferma Schwab, abbracciando il cambiamento, ma in ogni caso “sa­ranno completamente trasformati in una cellula di potere, molto più snel­la ed efficiente, all’interno di un am­biente di strutture di potere nuove e concorrenti”.

In questa visione, lo Stato è dun­que avviato a perdere centralità. Tut­tavia non si può dire che non abbia collaborato alla propria graduale mar- ginalizzazione.

 

Meno Stato più mercato

Il pensiero neoliberista ha dominato per trent’anni e ha ridisegnato la so­cietà e il rapporto pubblico-privato. Privatizzazioni ed esternalizzazioni hanno progressivamente svuotato lo Stato del proprio ruolo - soprattutto in Europa, dove avevamo conosciuto i ‘trenta gloriosi’. Oggi il welfare è principalmente di natura privata (in regime di accreditamento o meno) e sta prendendo piede quello azienda­le; le guerre e le ‘missioni di pace’ le combattono i contractor delle Socie­tà Militari e di Sicurezza Private ( Pri­vate Military and Security Compa- nies, PMSC), chiamate sempre più a occuparsi anche di sicurezza interna (9); la corsa alla Luna e allo Spazio, le comunicazioni satellitari e le stazioni spaziali - ambiti sia commerciali che militari, come ci ha recentemente mostrato la guerra in Ucraina - sono sempre più dominate dai privati, da Elon Musk a Jeff Bezos (10); la tecno­logia sta sgretolato monopoli statali - quello della moneta, reso obsoleto da blockchain e criptovalute - o ne sta sottraendo il reale controllo: al­goritmi proprietari, di cui solo l’a­zienda privata fornitrice conosce il funzionamento (big data elaborati e logica di calcolo), sono già entrati nei tribunali, ‘dettano’ le sentenze e af­fiancano i giudici nelle decisioni di­battimentali (11), mentre intelligen­za artificiale, algoritmi predittivi e te­lecamere a riconoscimento facciale disseminate in ogni angolo delle città stanno trasformando il modus ope­randi delle forze dell’ordine: non più la gestione di un evento criminale ma la prevenzione del crimine, attra­verso l’identificazione di modelli, luo­ghi, attività e individui sospetti (12) - il pensiero va inevitabilmente a Mi- nority Report di Philip Dick.

Lo Stato ha ceduto al capitalismo parte della propria sovranità e stori­ca legittimità - il contratto sociale e il monopolio delle forza - ben prima che i visionari anarco-capitalisti della Silicon Valley iniziassero a progetta­re le proprie smart city.

***

L’impresa responsabile

Nell'accettazione di un cambiamento sociale, il passaggio simbolico è fon­damentale: ai cittadini deve essere consegnata una nuova narrazione, che per essere introiettata e divenire do­minate deve essere pervasiva e tota­lizzante, occupare ogni spazio pub­blico.

Fino a non molto tempo fa, un'a­zienda era un'azienda, nulla più, e così era percepita: gli affari sono af­fari . Le persone vi si relazionavano nella consapevolezza che l'unico o­biettivo di un'impresa è il consegui­mento di profitti economici; le pub­blicità rivendicavano la qualità dei prodotti e vendevano promesse di letizia o uno status sociale, entrambi indirizzati al singolo individuo ; il pat­to sottaciuto tra il consumatore e l'a­zienda era: tu acquisti e sei felice, io faccio soldi aumentando fatturato e utili.

Da qualche anno, slogan, dichia­razioni e marketing pubblicitario han­no al centro questioni etiche e socia­li, collettive : il cambiamento climati­co, l'ambientalismo, il bene comune, le diseguaglianze di genere e/o raz­ziali ecc. Producono documenti nei quali affermano che l'azienda deve creare benefici non solo per gli azio­nisti ma per tutti gli stakeholder : di­pendenti, fornitori, clienti e soprat­tutto la comunità circostante. Pro­muovono fondazioni filantropiche che finanziano strutture e servizi sociali, escludendo i circuiti statali - come, abbiamo visto, contempla il pensiero anarco-capitalista. Una rivendicata ef­ficienza delle imprese private contro la lenta ed elefantiaca macchina pub­blica, antagonismo già utilizzato per sostenere le privatizzazioni neolibe- riste, viene ora messa al servizio di una comunicazione aziendale a favo­re di politiche sociali e ambientali. Si tratta certamente, anche, di banale marketing volto ad aumentare l'ap­prezzamento del brand e dunque vendite e profitti; ciò non toglie che la nuova narrazione sia riuscita a mutare l'immagine pubblica dell'im­presa e la percezione del cittadino del suo ruolo: non solo un'entità pro­duttiva e finanziaria, squisitamente economica, anche una realtà porta­trice di valori. In una parola, una realtà politica. Al patto sottaciuto in­dividuale si è dunque affiancato quel­lo collettivo, che consegna all'imma­ginario la visione di un mondo futu­ro, un modello politico di società: più giusto, più equo, più responsabile. L'azienda si fa tutto.

 

Confini

La fabbrica, la società, la vita: il Capi­tale non può avere confini, il suo ci­clo vitale è segnato dall'espansione. Deve alimentare costantemente l'ac­cumulazione, fagocitare ogni spazio disponibile, mettere a valore ogni cosa. Sussumerà anche lo Stato? For­se non avrà, in realtà, la convenienza a farlo: svuotare progressivamente il potere politico fino a lasciarne solo un vuoto involucro utile a rappresen­tazioni di proscenio, può risultare economicamente e socialmente più proficuo; senza per questo rinuncia­re alla creazione di smart city priva­te, riservate a facoltosi residenti. Per ora, lo Stato - borghese, direbbe Marx - conserva un'importante fun­zione: salvare il capitalismo dalle sue ontologiche crisi. Iniezioni di denaro pubblico e architettura legislativa su misura sono gli atti politici che con­sentono al sistema capitalistico di so­pravvivere alle sue curve discenden­ti, e permettono il rinnovo tecnologi­co necessario alla continuità dei pro­fitti: la crisi pandemica e quella ener­getica, la transizione ecologica e digi­tale, sono solo gli esempi più recenti (13). Tuttavia la visione marxiana struttura/sovrastruttura inizia a ve­der sfumare il confine. Non è un cambiamento di poco conto.


Da Paginauno n. 80, dicembre 2022 – gennaio 2023

Note

1 https://www.bbc.com/news/world-us-canada-56409924

2 https://www.reviewjournal.com/news/politics-and-government/2021-legislature/bill- would-allow-tech-companies-to-create-local-governments-2272887/

3 Cfr. https://thenevadaindependent.com/article/blockchains-withdraws-plan-for-innova-
tion-zone-legislation-citing-lack-of-support-from-state-governor

4) https://www.dezeen.com/2017/11/13/bill-gates-plans-smart-city-arizona-desert-bel- mont-partners/# e https://hwy.co/bill-gates-smart-city-in-arizona/

5) Cfr. https://www.globest.com/2020/03/05/an-update-on-bill-gates-new-smart-city-in-a- rizona/

6) Cfr.https://nypost.com/2021/05/10/tech-bros-next-move-private-cities-without-govern- ment-control/

7) https://www.curbed.com/article/inside-the-peter-thielbacked-praxis.html

8) Il fatto che il bitcoin sia stato strutturato come una criptovaluta speculativa nulla toglie alla potenzialità della blockchain di creare una moneta mezzo di scambio. Per la storia del bitcoin e il funzionamento della blockchain, cfr. Giovanna Cracco, Bitcoin, tra tecnologia e politica, Paginauno n. 56, febbraio-marzo 2018

9) Per un approfondimento sul tema cfr. Giovanna Cracco, Contractor e diritti umani. Dalla guerra alla pace, la privatizzazione della violenza, 20° Rapporto sui Diritti Globali curato da Associazione Società Informazione, Milieu Edizioni, dicembre 2022

10) Per maggiori dettagli: Marcello Spagnulo, L'invisibile battaglia spaziale nella guerra d'U­craina, Limes n. 7/2022, volume “La guerra grande", luglio 2022; e volume “Lo spazio serve a farci la guerra", Limes, dicembre 2021

11) Cfr. Giovanna Baer, USA: giustizia artificiale. Big data, IA e algoritmi predittivi nei tribu­nali , Paginauno n. 65, dicembre 2019/gennaio 2020

12) Cfr. Kate Crawford, Né intelligente né artificiale. Il lato oscuro delle IA, Il Mulino, 2021

13) Cfr. Giovanna Cracco, Capitalismo e ambientalismo. La transizione (non) ecolo­gica , Paginauno n. 78, giugno/settembre 2022 13)

Comments

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Pantaléone
Saturday, 31 December 2022 16:55
Una deriva illusoria, di una sinistra al capezzale del capitalismo.
Se la città è intelligente, gli abitanti sono dei poveri imbecilli.
Solo in termini di energia, richiede risorse colossali.
Forse questa "Città del Sole" avrebbe avuto come controparte il lavoro forzato.
La tecnologia non sostituirà mai le officine di Manchester in termini di valore aggiunto.
Il mito radicato della tecnologia, nella sinistra, che nelle sue derive allucinatorie può prevedere qualsiasi cosa, tranne ovviamente l'abolizione dell'impostura.
Se vuole essere grande e nello Stato, una bella carriera fascista, un bel futuro aperto.

Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)
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Pantaléone
Saturday, 31 December 2022 17:07
Tornando con i piedi per terra, i giganti della tecnologia, i GAFAM, stanno licenziando in massa.
Quello che si prospetta è un tasso di profitto anemico.
Finché le porte del denaro gratuito erano aperte, potremo anche pensare di costruire un treno per la luna.
Fine del film = C/C >C/V
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francesco cimino
Saturday, 31 December 2022 11:43
Interessante, si tratterebbe di una sorta ritorno all'assetto medievale, nel quale i possidenti privati erano anche autorità militari/giudiziarie e il diritto non era statale, ritorno attuato nelle condizioni della nuova società industriale. Il paragone storico e i recenti eventi suscitano però un'obiezione: che ne è della guerra, delle competizioni reali o potenziali tra collettività, in tale prospettiva? La privatizzazione del potere politico è compatibile con la guerra, tra le maggiori matrici dello Stato moderno?
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