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vocidallestero

La patologizzazione del dissenso

di C.J. Hopkins

1462336768 sanders trumpDa CounterPunch traduciamo un azzeccato articolo che descrive, con sfumature satiriche, l’imponente opera di delegittimazione del dissenso (ogni genere di sostanziale dissenso rispetto alla direzione unica indicata dalle classi dirigenti) svolta quotidianamente dai media. Non cambia molto che si tratti di Trump, Sanders, Putin, Le Pen, Brexit, sinistra, destra, anarchici, wikileaks: i media dell’establishment buttano tutti nello stesso mucchio di disdicevoli populisti che non vale la pena ascoltare, tanto meno confutare.  Perfino lo stesso riconoscimento dell’esistenza dell'”establishment”, delle “classi dirigenti” e dei loro interessi in contrapposizione a quelli della gente comune, tende ad essere sancito, in questa distopia orwelliana (per ora morbida), come segno di devianza,  di complottismo patologico.

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Secondo gli organi di informazione mainstream, nel suo recente discorso a West Palm Beach Donald Trump avrebbe dato definitivamente di matto.  Gesticolando furiosamente con le sue piccole mani, alla maniera inconfondibilmente hitleriana, avrebbe sputato fuori una serie di parole in codice innegabilmente inneggianti all’odio antisemita … vale a dire parole tipo “establishment politico”, “élite globali”, ma anche, sì, “banche internazionali”.  Si sarebbe addirittura spinto al punto di affermare che le “corporation” [le grandi aziende] e i loro “lobbisti” avrebbero messo in gioco milioni di dollari per queste elezioni, e che stiano cercando di fare applicare il TPP [il “trattato transpacifico per il commercio”] non per il bene dei cittadini americani, ma solamente per arricchire se stessi. Avrebbe poi proseguito accusando i media di collaborare con “la macchina Clinton“, presumibilmente a beneficio di queste “élite globali”, delle “banche internazionali” e dei “lobbisti”.

Be’, c’è un sacco di gente incapace di riconoscere immediatamente i significati segreti che si nascondono dietro a queste parole fasciste in codice, e dunque credono erroneamente che l’espressione “élite globali” si riferisca alla classe dominante capitalista transnazionale, e che “lobbisti” si riferisca proprio ai lobbisti, e che “banche” voglia dire… be’, lo sapete, che voglia dire proprio banche.  Ma a quanto pare tutto questo è completamente falso. Nessuna di queste parole mantiene veramente il suo significato, almeno non nel linguaggio in codice antisemita. Ed ecco allora che arrivano i media mainstream a farci la traduzione. “Establishment politico” vuole dire “gli ebrei”, “élite globali” vuole dire “gli ebrei”, “banche” vuole dire “gli ebrei”, “lobbisti” vuole dire “gli ebrei”, e perfino “grandi media” vuole dire “gli ebrei”. A quanto pare tutto il discorso di Trump consisteva in una serie di segnali segreti inviati alle sue legioni di sicari nazisti che, subito dopo la vittoria della Clinton, salteranno fuori dalle buche dove stanno nascosti, attaccheranno frontalmente l’esercito statunitense, rovesceranno il governo e, sì, avete indovinato, “uccideranno gli ebrei”.

Ok, forse sto un po’ esagerando con la caricatura della reazione dei media, o forse il discorso di Trump era davvero così fascista. Giudicate voi. Leggete la trascrizione (Qui la traduzione in italiano su Vocidallestero).  Poi confrontate le reazioni del Wall Street Journal, del New York Times, del Washington Post, dell’Inquirer, del Guardian, e di altri grandi quotidiani, di riviste e di blog tipo Mother Jones, Forward, Slate, Salon, Vox, Alternet, e una serie di altri, molti dei quali si affidano a Jonathan Greenblatt, amministratore della Lega Anti-Diffamazione ed ex-assistente speciale del Presidente, come fonte autorevole sulla criptologia trumpiana. (Lo stesso Greenblatt, a proposito, dovrebbe ben sapere cosa significa, dopo il trattamento che gli è stato riservato dalle pubblicazioni dei sionisti irriducibili per essersi rifiutato di demonizzare Black Lives Matter, e per “essersi schierato contro” lo Stato di Israele.)

Badate che non sto difendendo Donald Trump, che considero un pallone gonfiato, un imbonitore senz’anima di infimo ordine, e i cui sostenitori includono effettivamente un mucchio di anti-semiti, razzisti, misogini e altra gente di questa specie. Sto solo cercando di far notare come i grandi media abbiano, per mesi, ripetuto sempre lo stesso discorso sulla stessa melodia, suonata su un gigantesco pianoforte Goebbelsiano, e come milioni di americani stiano cantando questa melodia da soli (come lo facevano prima dell’invasione dell’Iraq, che non rappresentava alcuna minaccia per gli USA, ma che secondo i media aveva armi di distruzione di massa), e quanto tutto questo sia spaventoso. Se non lo avete già capito subito, il titolo della melodia è “Quel tizio è Hitler!“, e non sono le dita tozze e volgari di Donald Trump a toccare i tasti. E no, non c’entrano nemmeno “gli ebrei”. Si tratta dei grandi media, le grandi società che li posseggono, e il resto della classe dirigente capitalista globale … in altre parole, queste “élite globali”.

La cosa che trovo particolarmente inquietante è che queste osservazioni piuttosto banali — vale a dire: (a) che la classe dirigente globale esiste, (b) che si tratta anzitutto di grandi società, (c) che questa classe persegue i propri interessi e non gli interessi degli stati sovrani — che queste osservazioni, dicevo, vengano stigmatizzate come vaneggiamenti di sgangherati antisemiti. Questa stigmatizzazione non si limita ai trumpisti. Anche chiunque stia a sinistra della Clinton è oggi, a quanto pare, un antisemita. Per esempio, sul New York Times, Roger Cohen cavalca lo tsunami di condanne contro l’insidioso discorso di Trump a West Palm, ed estende la condanna diffamando anche Jeremy Corbyn e i “corbynisti” (ai media piace molto forgiare questi epiteti), che denuncia come dei virulenti “anti-americani”, “anti-capitalisti”, “anti-globalisti”, nonché “antisemiti e anti-sionisti”.

Questo – lasciatemelo subito aggiungere, sottolineare, e ancora enfatizzare – non significa che nel Partito Laburista, nella sinistra britannica, nella sinistra americana o in qualsiasi altra sinistra, non ci sia nessun antisemita. Non significa questo. Gli antisemiti sono dappertutto. Ma non è questo  il punto.  O almeno non è il punto che voglio sollevare.

Il mio punto è che la campagna di stigmatizzazione fa  parte di un progetto ideologico molto più ampio, che ha ben poco a che fare con Trump, con Jeremy Corbyn o coi loro rispettivi partiti.  Diffamare gli oppositori politici di qualcuno non è certo una novità. È una cosa vecchia come il mondo.  Ma ciò a cui stiamo assistendo è qualcosa di più della semplice diffamazione. Come ho proposto su queste pagine già in luglio, il dissenso politico sta venendo progressivamente “patologizzato” (vale a dire stigmatizzato come aberrante o come comportamento “anormale”, quindi come una posizione che non merita nemmeno di essere discussa). Considerate questa “patologizzazione” di Sanders, quando parlava di “banche”, di “élite globali” e di altre cose importanti, o pensate al ritratto che i media hanno fatto degli elettori britannici dopo il referendum sulla Brexit, dipingendoli come razzisti.  E sì, pensate anche alle accuse mosse contro Trump, per quanto possiamo disprezzare lui come persona. L’antisemitismo, l’incitazione alla violenza, la teorizzazione paranoide sulle cospirazioni, l’insurrezione, il tradimento, e così via — non sono argomenti legittimi, a cui occorre contrapporre  argomenti più forti.  Sono solo sintomi di deviazione dalla norma, segni di criminalità o patologia, ed è così che le classi dirigenti stanno ignorando chiunque cerchi di contrapporsi.

È stata tracciata una linea sulla sabbia dell’ideologia. Da una parte c’è la gente decorosa, la gente normale, con giacca e cravatta, i diplomi di laurea, le prescrizioni mediche e i debiti.  Dall’altra parte, be’, dall’altra parte ci sono i deplorevoli, gli ignoranti, i razzisti, gli antisemiti, i neonazionalisti, gli estremisti populisti. Questa linea è trasversale a destra e sinistra, sostituisce destra e sinistra, trasforma presunti avversari come Obama, Clinton, Kagan, Wolfowitz, Scowcroft e gli altri, in partner che stanno insieme nel campo dei “normali”, e dall’altra parte mette trumpisti, putinisti, populisti europei, corbynisti, sandersiani, socialisti, anarchici, hacker di Wikileaks, anti-sionisti, anti-capitalisti, neonazisti, gente di Black Lives Matter, pensionati greci arrabbiati, ambientalisti attivisti, fanatici religiosi, Klu Klux Klan, David Graeber, gran parte degli autori di CounterPunch e vari altri tipi di “estremisti”, molti dei quali si detestano tra loro: li butta tutti insieme nella squadra dei “deplorevoli”.

I grandi media stanno mandando un messaggio … un messaggio rivolto a un pubblico molto più ampio di quello degli elettori americani indecisi (posto che queste creature esistano realmente). Il messaggio è “stateci, aderite al dannato programma, oppure verrete stigmatizzati come antisemiti, razzisti, spie russe o qualcosa di simile“. Il messaggio è “deponete la retorica populista, statevene zitti sulle banche di Wall Street, sulle corporation, sull’  ‘uno percento’  e,  in generale,  dimenticatevi proprio la politica, ad eccezione ovviamente dell’identità politica.  Andate avanti e piantatela con queste cose“.  Il messaggio è  “o siete con noi o siete contro di noi … e non importa nulla del motivo per il quale siete contro di noi, o a favore di cosa voi pensiate di essere. Destra, Sinistra … ma chi se ne importa? Per noi siete solo un grande mucchio di gente deplorevole“.

Questo messaggio ovviamente ha molte delle caratteristiche della classica mentalità autoritaria, la necessità di un conformismo quasi totale, l’obbedienza insensata ai propri cosiddetti superiori, la delegittimazione di qualsiasi punto di vista discordante, e l’adorazione infantile di figure “eroiche” tipo Obama e Clinton … Certo non è l’autoritarismo vecchia maniera, quello che dovrebbe essere rappresentato da presunti despoti tipo Trump.  È una versione più attraente, amabile, votata alla speranza e al cambiamento,  dove non ci sono spaventosi leader hitleriani che abbaiano formule antisemite, e dove nessuno sta sterminando migliaia di persone in paesi lontani al fine di dominare interamente una regione geografica. No, questa è la versione dove Obama vende il TPP al pubblico durante lo spettacolo di Jimmy Fallon, dove le guerre di aggressione non sono guerre di aggressione ma “interventi umanitari“.  È la versione nella quale l’assistenza sanitaria universale è purtroppo “irrealistica“,  ma dove 38 miliardi di dollari allo Stato di Israele perché possa operare la sua Apartheid, o la vendita di armi all’Arabia Saudita perché possa bombardare quei luridi agricoltori dello Yemen e decapitare persone per blasfemia – questi sono in qualche modo “interessi vitali dell’America”.

Ma che ne so io?  Io faccio solo satira. Dovrei probabilmente lasciar perdere queste cose complicate, cose del tipo quale sia o non sia il mio interesse, e cosa significhino realmente certe parole, dovrei lasciare queste cose agli esperti dei media mainstream.  Dato che sono stati così bravi a decodificare il discorso di Trump, forse saranno bravi anche a decodificare qualche altro codice con cui ho avuto difficoltà, tipo quelli virgolettati sopra, o altri simili, tipo “nemico combattente“, “accordo per il libero commercio“,  “barriere di sicurezza“,  “detenzione a tempo indeterminato“,  “omicidio mirato“, o “troubled asset relief program” [programma di acquisto di titoli tossici da parte della FED, ndt].

Potrei andare avanti,  ma forse non dovrei.  È probabile infatti che io sia già nella lista degli adoratori di Putin, antisemiti, razzisti, misogini, neonazionalisti, di quelli che non si alzano in piedi di fronte all’inno nazionale, dei livorosi cospirazionisti anti-americani.  L’ultima cosa che devo fare adesso è iniziare a blaterare su quanto gli Stati Uniti siano una distopia corporativista e autoritaria governata da un’élite capitalista globale a cui non importa nulla degli americani (o di qualsiasi altro popolo che vive in qualsiasi altro paese),  dove i grandi media possono aizzare masse di fanatici a sostenere una guerra di aggressione, o burattini nelle mani delle corporation, solo puntando il dito verso un qualche spauracchio, gridando “Hitler” a pieni polmoni. Dunque la prossima volta che scrivo di “banche”, “aziende multinazionali”, e “sovranità nazionale”, sappiamo già tutti di cosa sto parlando, no?

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