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I frutti della politica UE: diktat dagli USA, prezzi alle stelle e il Qatar minaccia lo stop al GNL

di Gianandrea Gaiani

Non bastava il “suicidio bellico” con cui l’Unione Europea ci ha privato dell’energia russa a buon mercato e in quantità infinita condannando il continente a de-industrializzazione e recessione.

Non bastava la recente, disastrosa e umiliante missione di Ursula von der Leyen in Cina mentre la “la guerra dei dazi” ha visto poche ore fa il trionfo di Donald Trump  che ha umiliato la signora von der Leyen imponendoci l’acquisto in tre anni di 750 miliardi di dollari in GNL e petrolio americani oltre a 600 miliardi di investimenti UE negli USA, con in aggiunta i massicci acquisti di armi “made in USA” già annunciati.

A queste disfatte la Commissione  von der Leyen aggiunge gli effetti sul mercato energetico delle sue folli politiche ambientali, un “suicidio green” della Ue che ha trovato il 26 luglio l’ennesima conferma nella minaccia espressa dal Qatar di interrompere le forniture di gas liquefatto (GNL) se Bruxelles non allenterà i vincoli ambientali contenuti nella nuova direttiva sulla due diligence aziendale (CSDDD).

Secondo quanto rivelato dal giornale tedesco Welt am Sonntag, il ministro dell’Energia qatariota, Saad Sherida al Kaabi, ha scritto a diversi governi europei e all’esecutivo di Ursula von der Leyen avvertendo che, in assenza di modifiche sostanziali alla norma, Doha e QatarEnergy potrebbero “valutare seriamente mercati alternativi al di fuori dell’Ue, più stabili e favorevoli alle imprese”.

Il riferimento è alla nuova direttiva europea che obbliga le grandi aziende a monitorare e gestire l’impatto ambientale e sociale delle proprie catene di fornitura. La Commissione Ue ha confermato di aver ricevuto la comunicazione, ricordando che a febbraio è stata già proposta una proroga di un anno per l’entrata in vigore della direttiva, con emendamenti attualmente in fase di recepimento.

Nel mirino di Doha c’è in particolare l’articolo 22 della direttiva, dedicato alla protezione del clima, che secondo il Qatar presenta “incongruenze evidenti” con le leggi nazionali qatariote.

Il documento sostiene inoltre che l’obbligo, per le imprese extra Ue, di adottare piani di transizione climatica “va oltre gli obiettivi e le intenzioni dell’Accordo di Parigi” del 2015, violando il principio di sovranità degli Stati nel definire le proprie politiche ambientali.

Il governo tedesco ha invece dichiarato di non commentare corrispondenze riservate con altri Stati ma il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha lasciato intendere di voler spingere l’asticella ben più in là: “Il rinvio è solo un primo passo, l’abrogazione di alcune direttive è il passo logico successivo“, aveva affermato a maggio al suo esordio a Bruxelles, citando la direttiva sulla due diligence.

Il Qatar, terzo esportatore mondiale di GNL dopo Stati Uniti e Australia, ha garantito tra il 12% e il 14% delle importazioni europee di gas liquefatto dall’inizio della guerra in Ucraina.

Secondo Eurostat, nel primo trimestre 2025 il Qatar ha fornito il 10,8 per cento del fabbisogno europeo di GNL, posizionandosi come terzo fornitore dopo gli Stati Uniti (50,7 per cento) e la Russia (17 per cento). Un eventuale blocco delle forniture da parte del Qatar renderebbe più difficile per l’Ue rispettare il piano di sanzioni contro il gas russo previsto entro il 2028. Inoltre potrebbe determinare scelte analoghe anche da parte di altri fornitori e scatenare l’ennesima corsa al rialzo dei prezzi dell’energia in Europa

Del resto, se il  GNL che vogliamo comprare dal Qatar o da altri fornitori unito a quello che ci impongono di comprare i nostri “alleati” statunitensi ci costa il quadruplo del gas via tubo russo, quale é l’affare che la politica della UE ci ha assicurato in questi ultimi anni? Essere l’area industrializzata del mondo che paga a prezzo più caro l’energia: cioè le condizioni perfette per de-industrializzazione, recessione e tracollo economico.

Un incubo specie in un momento in cui in Italia l’Unione Nazionale Consumatori (UNC) ha elaborato i dati ISTAT per stilare la classifica dei maggiori rincari rispetto al periodo precedente la guerra in Ucraina iniziata nel febbraio 2022.

Da allora – si legge in una nota – si sono alternati in testa ai rialzi svariati prodotti, dall’energia elettrica del mercato libero ai voli nazionali, dallo zucchero all’olio diverso da quello di oliva, per via del balzo dell’olio di girasole. Ma quale di questi, dopo i vari saliscendi, vince la classifica di questi anni di incrementi astronomici?

Cosa è rimasto con prezzi stellari e cosa invece si è nel frattempo ridimensionato, con una riduzione dell’ampiezza della crescita? Per fare un confronto omogeneo, che tenesse conto della stagionalità, considerando anche che l’energia ha iniziato la sua corsa nel luglio del 2021, la base di partenza è quella dei prezzi del giugno 2021.

Ebbene in 4 anni, dal giugno 2021 al giugno 2025, a fronte di un’inflazione generale del 17,8%, ci sono alcune voci che sono più che raddoppiate di prezzo. In testa i voli europei che rispetto a giugno del 2021 decollano del 156,5%; medaglia d’argento per quelli nazionali, che se sono volati su giugno 2024 del 38,7%, rispetto a 4 anni fa si impennano addirittura del 124,9%.

Sul gradino più basso del podio l’olio di oliva che ora costa il 59,5% in più. Al quarto posto il burro, +58,6%, poi l’energia elettrica del mercato libero con +54,7% (superiore al mercato tutelato che si trova solo in 37esima posizione con un ben più contenuto +29,5%), la gioielleria (+53,5%), al settimo posto alberghi e motel (+52,7%), poi riso (+49,1%) e caffè (+46,6%).

Chiudono la top-ten i pacchetti vacanza nazionali con +45,8%. In undicesima posizione cacao e cioccolato in polvere con +44,6%, seguito dal gas del mercato tutelato con +44,5%. Si precisa che il gas del mercato libero è rilevato dall’ISTAT solo a partire dal gennaio 2022, e da quel momento sale del 23%, più del mercato tutelato che, nello stesso periodo, aumenta dell’11,9%, quasi la metà-

Al 13esimo posto le patate (+44%), poi la margarina (+41,9%), i gelati (+41,6%), il latte conservato (+40,7%), in 17 posizione i voli intercontinentali (+40,3%), poi i formaggi fusi (+39,4%), i frutti a bacca (uva, fragole, frutti di bosco) con +38,3%. Chiude la top 20, autocaravan, caravan e rimorchi (+36,4%).

Nella top 40 si segnalano poi lo zucchero (22°, con +35,3%), le uova e il trasporto marittimo (entrambi al 26° posto, con +32,8%), pane confezionato (33°, +31%), i vegetali surgelati (38° posto, +29,3%).

Fuori dalla top 40, alcuni prodotti che in passato avevano registrato rialzi record, a cominciare dall’olio diverso da quello di oliva che, dopo aver ripetutamente vinto la top-ten degli aumenti tendenziali, pur segnando ancora un incremento, rispetto a giugno 2021 del 25,7%, ora sta sotto la media dei Prodotti alimentari che salgono del 26,2%.

Stesso discorso per la Pasta (secca e fresca) che si paga il 25,8% in più, la Farina (+23,8%), il latte fresco intero (+23,5%), il Pane fresco (+24,3%).

“Sono tutti rincari comunque inaccettabili, sia chiaro, ma attenuati rispetto ai primati del passato”, afferma Massimiliano Dona , presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Meglio invece, per la benzina e il gasolio per auto che costano, rispettivamente, solo il 5,8% e il 9,7% in più.

Questo studio dimostra che, anche se ora l’inflazione è bassa, a giugno +1,7%, e alcuni prodotti sono spariti da mesi dalle top-ten degli aumenti, come le patate (solo +0,8% su giugno 2024), la margarina (+1,8%) o addirittura stanno diminuendo di prezzo su base tendenziale, come la farina (-0,5%), la pasta (-3,2%), l’olio di oliva (-17,7%), lo zucchero (-9,5%), i loro prezzi restano insostenibili e oggi, rispetto ai tempi normali, sono più cari come minimo di circa il 25 per cento. Inoltre, nella top 40, ben 29 prodotti sono beni alimentari, spese obbligate per definizione“, conclude Dona.

La guerra in Ucraina e la postura assunta rispetto al conflitto dalla Ue e dall’Italia hanno determinato un disastro in termini energetici, industriali e di impoverimento dei cittadini che oggi è sotto gli occhi di tutti e trova ampie conferme nei dati che vengono resi noti.

Eppure queste conseguenze erano state anticipate e previste da diversi osservatori fin dai primi mesi di guerra. Analisi Difesa ne scrisse già nel giugno 2022 nell’editoriale La UE “a tutto gas” verso disastro economico e irrilevanza strategica.

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