Il Parlamento europeo è vivo e finge di lottare insieme a noi!
di Andrea Guazzarotti
Era stato annunciato in primavera: il Parlamento europeo (PE) non accetta di essere scavalcato nella politica di riarmo dell’Europa patrocinata da Consiglio e Commissione! Oggi, finalmente, il Parlamento batte un colpo e chiede addirittura l’annullamento del regolamento SAFE, rientrante nel pacchetto Rearm Europe-Readiness 2030 presentato dalla Commissione in primavera e acclamato dallo stesso Parlamento europeo (Guazzarotti). Il SAFE consiste nell’emissione di debito pubblico europeo per finanziare – a prezzi calmierati per i governi più deboli sui mercati – il riarmo dei singoli Stati (non certo per quello dell’inesistente difesa comune europea). Ebbene, il PE chiede, sì, alla Corte di giustizia l’annullamento di tale regolamento, ma solo perché adottato secondo la procedura d’urgenza di cui all’art. 122 TFUE (con cui, ad es., fu approvato il NGEU), che non prevede il coinvolgimento del Parlamento, nel suo ruolo di seconda Camera accanto al Consiglio (i governi degli Stati). Contemporaneamente, il PE chiede alla stessa Corte di giustizia di mantenere gli effetti del regolamento impugnato fino alla sua successiva sostituzione con altro regolamento equivalente approvato stavolta anche dal PE. Come emerso da plurime deliberazioni della Plenaria del PE, infatti, i parlamentari sono entusiasti, nella loro maggioranza, del riarmo europeo, ma non accettano che venga minata «la legittimità democratica agli occhi dell’opinione pubblica. Non esiste un Parlamento al mondo che lo accetterebbe». Il SAFE, sottolinea il PE, gode del pieno sostegno del PE: «(r)iconosciamo la sua importanza per l’Europa, per l’Ucraina e per tutti noi».
Il PE «accoglie pertanto con favore il fatto che la maggioranza degli Stati membri abbia espresso la volontà di contrarre prestiti UE per gare d’appalto per un importo di 127 miliardi di euro».
Questo gioco delle parti, con il PE pronto a votare toto corde un regolamento eguale a quello di cui chiede l’annullamento, sembra un teatro dell’assurdo, con un’opposizione di facciata alla scelta della Commissione di estrometterlo (è la Commissione che sceglie le procedure da seguire); anziché rafforzare la sua legittimità democratica agli occhi dell’opinione pubblica (come se ne esistesse una sola nell’UE), sembra svilire il ruolo del dibattito e del voto parlamentare. L’esito è già predeterminato nella dichiarazione della Presidente Metsola, che, fra l’altro, dimostra di essere poco sintonizzata sulle esigenze della democrazia parlamentare, le quali consistono anche nel salvare l’apparenza.
Potrebbe dirsi che, in tal modo, il PE non ha perso l’occasione per far valere le proprie prerogative e, in ultima analisi, le esigenze di rispetto dello stato di diritto nell’UE (non abusare della procedura d’urgenza dell’art. 122 TFUE). Sacrosanto! Se solo lo volesse, il PE potrebbe opporsi anche nel merito alla politica di riarmo codificata nel regolamento SAFE. Se è vero che, in passato, il PE non ha mai inciso significativamente su atti dal forte impatto simbolico e/o dalla portata strutturale, come il SAFE, non è detto che ciò non possa avvenire in futuro e dunque è perfettamente lecito, anzi doveroso, che esso difenda le sue prerogative in attesa di tempi migliori… Ossia, quando l’UE funzionerà davvero secondo logiche politico-parlamentari, e non come una strana forma di impero con un centro egemonico irresoluto e irresponsabile, senza forze armate per costringere gli Stati riottosi (Streeck). Tutto questo può dirsi vero in astratto, ma non se applicato all’UE, ossia a una federazione asimmetrica di Stati ove è impossibile esternare platealmente i conflitti sociali, che si portano sempre dietro quelli tra Stati (di qui lo strapotere della BCE). Questa è stata per decenni la verità dell’UE e l’istituzione e l’esaltazione delle magnifiche sorti e progressive del Parlamento europeo è servita, storicamente, a confondere le acque. Per partiti originariamente avversi al progetto neoliberale che già si intravedeva al varo della CECA e della CEE (il PCI italiano e il PCF francese), il PE è stato una sorta di “trappola per topi”, che ha alimentato l’illusione di poter modificare dall’interno la macchina della CEE (Guazzarotti), fino all’estremo del referendum extra ordinem del 1989, con cui il popolo italiano baldanzosamente chiedeva al PE di trasformarsi in autentico parlamento democratico, addirittura in Assemblea costituente europea! Sic transit gloria mundi