È certamente corretto sostenere che le motivazioni che stanno spingendo Washington a mettere sotto assedio Pechino sono di natura economica. Paradossalmente questa tesi è stata infatti espressa indirettamente dalla stessa Segretario al Tesoro Yellen, in una intervista della settimana scorsa che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato nonostante anticipasse i temi che la stessa Yellen sta trattando con l'élite politica cinese nel suo viaggio diplomatico in corso in questi giorni. Di importanza capitale per comprendere la situazione a...
Pubblichiamo un estratto della prefazione del libro “Ucraina, Europa, mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale” di Giorgio Monestarolo (Asterios, Trieste, pp.106, euro 13). L’autore è ricercatore presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana e docente di Storia e Filosofia al liceo Vittorio Alfieri di Torino. La prefazione è del generale Fabio Mini, che tra le altre cose è stato generale di Corpo d’Armata, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione...
Volete uscire dal dominio neoliberista, volete allentare la morsa della gabbia d’acciaio capitalista, volete invertire l’allungamento in corso da decenni della scala sociale di cui tra l’altro vi è vietato l’uso per provare a scalarla. Avete idee di mondo migliore, più giusto, qualsiasi sia la vostra idea di “giusto”. Tutto ciò è politico. Ma la vostra società non è ordinata dal politico, è ordinata dall’economico. È l’economico il regolamento del gioco sociale, è lui a dettare scala di valori, premi, punizioni, mentalità e cultura comune. E...
Nelle Conferenze di La Paz, nel 1995, il teologo e filosofo argentino, tra i pionieri della Teologia della Liberazione e in esilio dalla sua patria durante il regime fascista sviluppa la sua attentissima lettura di Marx dal punto di vista rivendicato dell’esternità e del lavoro ‘vivo’; ovvero della persona effettiva, reale, completa. Questo, declinato nelle sue diverse forme, marginali e ‘poveri’, stati subalterni e periferici, è il tema centrale della filosofia e della prassi politico-culturale ed etica di Dussel. Proviamo, dunque, a...
Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola…. Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni. Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare...
L’apparente moderazione dell’Iran di fronte all’aggressione israeliana non dovrebbe essere confusa con la debolezza. Teheran esercita costantemente pressioni su Tel Aviv attraverso i propri metodi, preparando attentamente il terreno per il disfacimento di Israele. «La leggenda narra che una rana posta in una pentola poco profonda piena d’acqua riscaldata su un fornello rimarrà felicemente nella pentola d’acqua mentre la temperatura continua a salire, e non salterà fuori anche se l’acqua raggiunge lentamente il punto di ebollizione e uccide la...
Più passano i giorni, più Israele procede nella sua campagna di sterminio, più si isola dal resto del mondo, più comprendo che il pogrom del 7 ottobre, pur essendo, come non può che essere un pogrom, un’azione atroce moralmente inaccettabile, è stato un atto politico capace di cambiare la direzione del processo storico. La conseguenza immediata di quell’azione è stata lo scatenamento di un vero e proprio genocidio contro la popolazione di Gaza, ma il genocidio era in corso in modo strisciante da settantacinque anni, nei territori occupati, in...
Marx era consapevole della difficoltà che l’idea di classe poneva come categoria che rappresenta un insieme eterogeneo di lavoratori, perché sapeva che il proletariato era composto non solo dagli operai di fabbrica ma da tanti altri lavoratori che, al pari di oggi, avevano in comune il fatto di trovarsi nella stessa posizione nei rapporti di potere. Tuttavia, nel pieno del capitalismo industriale, la classe in termini marxiani ha rappresentato una categoria utile a descrivere l’asimmetria dei rapporti di produzione e come questi fossero...
Premettendo che l'uscita di CS dai social ebbe molte ragioni circostanziate e che continuo a pensare che i social network siano già da tempo "territorio nemico", cominciamo mettendo in rilievo l'annuncio nell'articolo: Sabato 11 Maggio alle ore 10 presso il Centro Congressi Cavour sito a Roma in Via Cavour 50/a, ci riuniremo per il decennale de L’Interferenza e sarà l’occasione, oltre che per un dibattito politico sui vari temi di politica e di politica internazionale, anche per lanciare una battaglia per la libertà di informazione, per...
I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri. Alla base del divario, tra gli altri fattori, anche le eredità che in molti Paesi passano di mano senza essere tassate, o quasi. Così per la prima volta in 15 anni, secondo i dati di Forbes, tutti i miliardari sotto i 30 anni hanno ereditato la loro ricchezza. Detto in altri termini: nessuno di loro ha un’estrazione socio-economica familiare differente e si è “fatto da solo”. Addio ascensore sociale: il “grande trasferimento di ricchezza” – 84.000 miliardi di dollari nei...
Il giornale statunitense Politico ha intervistato alcuni ufficiali militari ucraini di alto rango che hanno prestato servizio sotto il generale Valery Zaluzhny silurato a febbraio da Zelenski. Le conclusioni sono che per l’Ucraina “il quadro militare è cupo”. Gli ufficiali ucraini affermano che c’è un grande rischio che le linee del fronte crollino ovunque i generali russi decidano di concentrare la loro offensiva. Inoltre, grazie a un peso numerico molto maggiore e alle bombe aeree guidate che stanno distruggendo le posizioni ucraine ormai...
L’assassinio del generale Reza Zahedi in un edificio dell’ambasciata iraniana di Damasco, assassinato insieme ad altri membri delle guardie rivoluzionarie, supera un’altra delle linee rosse che normalmente hanno limitato la portata dei conflitti del Secondo dopoguerra, evitando al mondo escalation ingestibili (il mondo guidato da regole esisteva prima dell’89; dopo il crollo del Muro, le regole sono state riscritte a uso e consumo degli Usa…). Anzitutto perché Israele ha colpito un alto ufficiale di una nazione non ufficialmente in guerra....
Sul quotidiano La Stampa di ieri è stata pubblicata una significativa intervista al fisico Carlo Rovelli che ha preso posizione a sostegno delle mobilitazioni degli studenti che chiedono la sospensione della collaborazione tra le università italiane e le istituzioni israeliane. Qui di seguito il testo dell’intervista Carlo Rovelli, fisico teorico, autore dei bestseller di divulgazione scientifica “Sette brevi lezioni di fisica” e “L’ordine del tempo”, non è uno da giri di parole. Nemmeno quando le idee rischiano di essere impopolari. Di...
Riporto questo articolo di Xi Jinping uscito ieri sul L’Antiplomatico, che conferma quanto ho avuto modo di analizzare in un mio contributo apparso si Carmilla e ripreso da Sinistrainrete poche settimane or sono. Non starò a ripetermi in queste sede e in estrema sintesi, mi limito a ribadire che quello cinese non è socialismo, ma nell’ambito di un processo internazionale multipolare occorre sostenere tutte le forze e i paesi che vanno in quella direzione e che di fatto contribuiscono al declino storico e generale dell’imperialismo atlantista,...
Mi scuso con chi legge questo articolo perché era mia intenzione aprire alla grande con una congrua citazione marxiana dai Grundrisse, quella che si avvia con: «Der Krieg ist daher eine…». Poi ho assistito in TV a una pensosa trasmissione condotta dal noto filosofo con nome primaverile, Fiorello, e ho cambiato idea. Il pensatore ha introdotto la categoria post-postmoderna di Ignoranza Artificiale. A questo punto ho meditato. Grande LLM di GPR-3! Grandissimo PaLM-2 che è addestrato da 340 miliardi di parametri! Grandioso GPT-4 addestrato da un...
Terminata la lettura delle scarse 150 pp. del volume di Stefano Isola, A fin di bene: il nuovo potere della ragione artificiale (Asterios, 2023), la sensazione è di inquietudine. Il dibattito sulle potenzialità della cosiddetta “intelligenza artificiale” (AI) è salito al punto da echeggiare i temi della fantascienza sulla “rivolta delle macchine”. Impressiona il fatto che la denuncia dei rischi venga non da qualche sorta di “primitivista”, ma da imprenditori del settore e da ricercatori. “Il 49% dei ricercatori di intelligenza artificiale ha...
Aleksandr Herzen diceva che il nichilismo non è il voler ridurre le cose a nulla, bensì riconoscere il nulla quando lo si incontra. La nulliloquenza non sarebbe difficile da individuare, dato che consiste nel muoversi costantemente su categorie astratte senza mai scendere nel dettaglio concreto. Purtroppo a volte è sufficiente drammatizzare la mistificazione nel modo giusto per far cascare l’uditorio nell’illusione. Nel gennaio scorso ci hanno raccontato la fiaba sul liberista, “libertario” e “anarco-capitalista” Xavier Milei, neo-presidente...
Ieri sera nel salotto di Floris il padre di Ilaria Salis ha pronunciato le seguenti parole: “Mia figlia è in carcere perché è una donna, perché è antifascista e perché non è ungherese”. Ora, un padre direbbe e farebbe di tutto pur di tirar fuori la propria figlia dalla galera, e questo ci sta tutto ed è ciò che lo nobilita. Dopo di che se crede o meno in ciò che dice o sia solo una escamotage per aiutare la figlia non lo sappiamo perché non siamo nella sua testa e, tutto sommato, è anche irrilevante saperlo. Chiarito questo, lo spropositato...
In prima serata per modo di dire, ovviamente. Come diceva qualcuno, se campi abbastanza ne vedi di tutte le specie. Aggiungerei che finisci per vedere tutto e il contrario di tutto. Esce su Netflix Il problema dei tre corpi e improvvisamente tutti parlano di caos deterministico, il che è molto curioso ai miei occhi. È molto curioso perché mi ricordo molto bene di quando iniziai a parlare di teorie del caos. Fu nel 2016 e il partito de lascienza ci mise poco a classificare la cosa: "le teorie del caos sono un marker dell'antivaccinismo". Mi...
Quattro autorevoli personalità tedesche – Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo Funke, il generale in pensione Harald Kujat e Horst Teltschik, già consigliere del cancelliere Helmut Kohl – hanno presentato un piano di pace (qui il testo tradotto) altamente competente e realistico su come si potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina attraverso un cessate il fuoco e successivi negoziati di pace. Si tratta probabilmente della proposta di pace più completa e innovativa che sia stata avanzata da un...
Quando il conflitto in Ucraina passerà alla storia, le passioni si placheranno e gli storici professionisti inizieranno ad analizzare gli eventi del recente passato, rimarremo tutti scioccati: come è potuto accadere che abbiamo accettato per oro colato un'ovvia menzogna? È consuetudine ironizzare sul passato di Vladimir Zelenskyj nel mondo dello spettacolo, ricordando come simulava suonare il pianoforte con i genitali per il divertimento del pubblico. C'erano altre battute di basso livello nel suo repertorio. Ma questo fu l’inizio, e...
Il libro di Giorgio Monasterolo, Ucraina, Europa mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale, pubblicato dalla casa editrice Asterios (2024), affronta l’argomento guerra in Ucraina e quella fra Israele e palestinesi della striscia di Gaza rispondendo contemporaneamente a due domande: come scoppiano i conflitti militari e perché. E’ opportuno, sostiene, spostare l’attenzione dal “come”, dalla logica aggressore-aggredito – secondo la quale la guerra ucraina è iniziata nel 2022, con l’attacco russo e quella di Gaza nell’ottobre 2023 con il...
«Indipendentemente dalla volontà degli uomini e delle autorità che li dirigono», scrive Fernand Braudel, i fenomeni collettivi si generano, accadono, tramontano, mutano (Civiltà materiale, economia e capitalismo (secoli XV-XVIII), vol. III, I tempi del mondo, trad. di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1982, p. 65). Una volta avviate, le dinamiche sociali e politiche vivono di vita propria, seguendo regole certo non rigide come quelle che guidano il mondo fisico ma molto forti e a volte assai simili ai principi che sottendono le trasformazioni...
Dall’intelligenza artificiale allo sfruttamento dei satelliti. Dai dati sul traffico marittimo alle operazioni di compravendita che si chiudono in millesimi di secondo. Vale tutto sui mercati finanziari, pur di vincere la gara. Arrivare per primi, avere le informazioni una frazione di istante prima degli altri. Essere i più veloci a realizzare qualsiasi operazione di acquisto o vendita. Secondo un recente articolo di Les Echos alcuni fondi analizzano le foto satellitari dei porti per monitorare il numero di container in attesa. L’analisi di...
Dopo sole 24 ore dall’orribile eccidio del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca, che ha provocato la morte di almeno 137 persone innocenti e il ferimento di altre 60, i funzionari statunitensi avevano attribuito la responsabilità del massacro all’ISIS-K, la branca di Daesh dell’Asia centro-meridionale. Per molti, la rapidità dell’attribuzione aveva sollevato il sospetto che Washington stesse attivamente cercando di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale e del governo russo dai veri colpevoli – l’Ucraina e/o la Gran...
Il deficit pubblico incrementa il risparmio privato, e il debito pubblico E’ risparmio privato. Queste affermazioni, che dovrebbero essere sostanzialmente ovvietà, se non tautologie, sono nondimeno fortemente avversate dagli euroausterici. Spesso il loro tentativo di confutazione s’impernia grosso modo su quanto segue. Sì certo, il deficit pubblico mette soldi a disposizione del settore privato. Ma questi soldi rimangono in tasca ad alcuni soggetti, non a tutti. C’è chi riesce a risparmiare, magari anche parecchio, e magari utilizza il...
Il mondo è in grande trasformazione, con cambiamenti mai visti prima, come scrivono da diverso tempo i compagni cinesi. Siamo entrati in una nuova fase della storia mondiale, una fase di guerre aperte – dalla proxy war di USA-NATO-UE contro la Russia in Ucraina, al Vicino Oriente, con la guerra genocida di Israele contro la resistenza palestinese. A differenza delle guerre del precedente trentennio post-sovietico – aggressioni unilaterali USA-NATO contro Paesi e popoli che in un modo o nell’altro erano di ostacolo alla marcia...
«Le Università non possono schierarsi o entrare in guerra», ha detto giorni fa la ministra Anna Maria Bernini. «Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività». E’ questo il mantra ripetuto e declinato da tutti i difensori degli accordi esistenti tra università italiane e israeliane. Che non sempre si fermano sul limite segnato dalla Costituzione, ossia l’autonomia garantita degli atenei. Il loro obiettivo è stigmatizzare...
In una lunga intervista concessa alle Izvestija, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov si è soffermato particolarmente sul piano di pace proposto dalla Cina per il conflitto in Ucraina, dandone un’altissima valutazione. Nonostante che tale proposta sia stata avanzata oltre un anno fa, a parere di Lavrov è tuttora attuale, proprio perché è inquadrata nel complesso della sicurezza collettiva mondiale, il cui rifiuto da parte occidentale, nel dicembre 2021, aveva condotto alla crisi attuale. Sul sito REX, il politologo Vladimir Pavlenko...
Qualche giorno fa, durante una protesta davanti all’ambasciata israeliana di Città del Messico, qualcuno ha gridato degli slogan antisemiti. Era un provocatore ed è stato subito isolato. Tuttavia, la questione è delicata perché lo Stato sionista sta sfruttando l’innegabile recrudescenza dell’antisemitismo dopo l’invasione di Gaza per giustificare i propri crimini. Tale narrazione è legittimata da un fatto storico: gli ebrei sono stati vittime di uno dei più grandi massacri della storia, l’Olocausto (Shoah in ebraico), compiuto dai nazisti nel...
“Ne abbiamo abbastanza dei diktat dell’UE”. A dirlo è la 41enne eurodeputata Kateřina Konečná, leader del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM) che ha promosso una coalizione elettorale denominata “STAČILO!”, letteralmente “Basta!” con cui ricandidarsi al parlamento dell’Unione Europea in giugno. Definita come l’unica “opposizione rilevante”, la nuova coalizione ritiene che alla tradizionale divisione fra destra e sinistra occorra preferire oggi, in un’epoca storica nuova, un altro tipo di distinzione, basata su due priorità: quella...
Guardando i video provenienti da Gaza si rimane colpiti dalla ferocia dell’esercito israeliano; è percepibile in ogni gesto, persino nell’irrisione gratuita dei bambini. Non c’è alcuna giustizia in essa, alcuna coscienza etica o azione giustificata; c’è soltanto una gigantesca volontà di annichilire i palestinesi. Ferocia, crudeltà, terrore. Qualsiasi termine si usi per descrivere il comportamento dell’esercito israeliano, anche il più preciso, non sarà mai in grado di rappresentare compiutamente quello che sta accadendo realmente a Gaza. Che...
La Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia ha ammonito Israele a permettere “senza indugio […] la fornitura… di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”, cioè alimenti, medicine, carburante e altri beni essenziali. La Corte e il genocidio di Gaza È la seconda volta che la Corte, chiamata a vigilare sul crimine di genocidio, si pronuncia sulla guerra di Gaza. A gennaio emanò una sentenza nella quale richiamò Israele a prevenire il crimine di genocidio contro i palestinesi, imponendo, tra le altre cose, di cessare...
In un articolo del 23 febbraio dicevamo: «Ma il punto più interessante riguarda l’automotive (il Parlamento europeo ha bocciato la proposta sul regolamento “Euro 7”). Questa doveva essere la vera grande “rivoluzione” che avrebbe comportato, non solo il rinnovo dell’intero parco macchine, ma anche una svolta nelle abitudini quotidiane dei cittadini europei. Ebbene, che cosa è successo? Che la Cina si è lanciata prima e meglio dell’Europa sul settore, praticando con una accorta politica di programmazione a lungo periodo, che ha coinvolto le...
Alla fine degli anni ’90 scriveva il docente statunitense Mike Davis: “Se oggi Marx fosse vivo sottolineerebbe il carattere allucinatorio della visione che ha galvanizzato le masse durante le cosiddette rivoluzioni del 1989. Il miraggio verso cui milioni di persone marciavano era la cornucopia del fordismo: cioè la società dei consumi di massa, con alti livelli di salari e di consumi, tuttora identificata con lo stile di vita americano (e del Nord Europa). La sola emancipazione raggiunta dagli sfortunati cittadini dell’ex blocco di Varsavia è...
Il 24 marzo 1976 tre criminali scesero da un bel carro armato davanti alla Casa Rosada. Per iniziare le loro attività promulgarono la pena di morte per tutti coloro che conducessero attività sovversive, abolirono i diritti civili e sciolsero il parlamento. Comprensiva, la Corte Suprema stabilì che gli “atti sovversivi” sarebbero stati esclusi dalle competenze degli organi giudiziari regolari ma, per evitare eventuali perdite di tempo, vennero sospesi tutti i magistrati ritenuti non collaboranti. Nel pomeriggio furono vietati i partiti...
A sei mesi dall’inizio della guerra lampo di Israele su Gaza, l’intelligence militare dello stato occupante ha riconosciuto con riluttanza ciò che molti sospettavano: ottenere una vittoria decisiva su Hamas è un obiettivo irraggiungibile. Nonostante la retorica iniziale del primo ministro Benjamin Netanyahu di annientamento totale, la realtà sul campo racconta un’altra storia. Tzachi Hanegbi, capo della sicurezza nazionale israeliana, aveva precedentemente dichiarato che Israele si sarebbe accontentato solo della “vittoria totale”. Eppure,...
Il conflitto tra Russia e Ucraina pare impantanato in una sostanziale situazione di stallo che allontana sempre più l’ipotesi di una risoluzione militare degli eventi. I mesi passano, uno dopo l’altro e uno identico all’altro, con un portato di morte e distruzione che monta a dismisura. Nulla di tutto questo, però, pare scalfire la determinazione con cui le principali potenze occidentali perseverano nell’applicare all’Ucraina il principio del ‘vai avanti tu, che a me viene da ridere’, continuando a soffiare sulle braci di una guerra per...
Truppe, armi e propaganda, ma non solo. I soldi, non mancano mai i soldi. Quando si volesse cercare un elemento simbolico per descrivere la crisi d’identità politica e di prospettiva dell’Unione Europea, ormai estensione statunitense, c'è la vicenda del sequestro dei beni russi a seguito del conflitto in Ucraina. La vicenda in sé, infatti, presenta una miscela di subordinazione ideologica, illegittimità giuridica e incapacità politica facile da descrivere. Il Consiglio d’Europa, riunito la settimana scorsa a Bruxelles per affrontare la...
‘Crisi’ è un sostantivo femminile che viene dal latino crisis, e dal greco κρίσις, e significa ‘decisione’, ‘scelta’, in economia indica una fase (in un ciclo) nella quale uno squilibrio fondamentale determina l’incapacità di utilizzare tutti i fattori idonei alla produzione di beni e di servizi che la società esprime. Keynes, in “Un’analisi economica della disoccupazione” [1] ha scritto che “un boom è generato da un eccesso di investimento rispetto al risparmio e una crisi da un eccesso di risparmio rispetto all’investimento”. Se è così è dai primi anni settanta che siamo in crisi; da allora l’insieme dei capitali distolti dall’investimento in beni produttivi, in favore di forme di impiego puramente finanziario è infatti sempre cresciuta. La finanziarizzazione è, del resto, il segno più palese ed evidente del nostro tempo, e lo è da decenni. Per i marxisti ortodossi la crisi è una conseguenza della caduta tendenziale del saggio di profitto, che prevale sui diversi fattori ed escamotage che possono essere messi in opera per alleviarla. Per i keynesiani è l’effetto di una carenza di domanda globale, a sua volta causata dalla ineguaglianza e dalla concentrazione dei redditi sulla parte alta della scala sociale [2].
Più in generale si può dire che, al di là del meccanismo scatenante particolare, l’instabilità del capitalismo, che determina le crisi, è causata dalla presenza di due mercati (merci e moneta)[3] e da una programmazione intrinseca orientata alla mera accumulazione di segni monetari[4].
‘Globalizzazione’, invece, è un termine invalso da alcuni anni a significare il fenomeno di riduzione delle regolazioni nazionali, incremento del commercio internazionale su un piano di maggiore parità, vorticoso movimento di capitali tra le principali città globali mondiali sede di ‘piazze finanziarie’.
La tesi che vorremmo sostenere è che il fenomeno esteriore della globalizzazione è solo l’effetto di una molteplice crisi che non trova soluzione. Questa crisi ha preso direttamente avvio dall’esaurimento della soluzione che alle tensioni scatenate dal capitalismo competitivo primo ottocentesco[5] era stata trovata nel dopoguerra, e da allora procede per trasformazioni continue che coinvolgono tutti gli assetti di potenza modificandosi continuamente[6].
Ci sono un gran numero di interpretazioni del termine e di ricostruzioni della meccanica degli eventi che l'ha scatenata di nuovo[7], dopo il parziale disciplinamento degli spiriti animali più distruttivi creato a Bretton Woods[8]. A partire da quel momento l’equilibrio di crescita all’ombra dell’egemone era proseguito, per una larga serie di fattori[9], per alcuni decenni nel quadro necessario della diarchia USA/Urss, fino a che, al punto culminante di una crisi egemonica dalle molte facce[10], Nixon riaprì il vaso di Pandora della finanza, sganciando la generazione di moneta dall'ancoraggio reale all'oro. Con questa mossa, anche senza avvedersene, confermò la legittimità di ciò che già accadeva da qualche anno con i cosiddetti ‘eurodollari’[11], la generazione di moneta attraverso aperture di credito incrociate dal nulla, la moneta ‘fiat’[12] che era sempre esistita, ma sempre controllata ed inibita dalla moneta legale dello stato. In questo momento l'enorme massa di denaro in movimento, amplificata dall'aumento del costo delle materie prime[13], fa saltare del tutto i fragili equilibri del mondo di prima, già sotto pressione insopportabile da parte delle pressioni dei lavoratori e delle lotte sociali del ventennio precedente[14]. La spinta a ridisciplinare i desideri di controllo del proprio destino e di partecipazione alla produzione di ricchezza delle classi subalterne, fattasi incompatibile con i profitti, avvia quindi una gigantesca stagione di deregolazione nella quale l'Europa (Inghilterra, Francia, poi Germania, e infine Italia) è in prima fila. Deregolazione della finanza, quindi del lavoro e infine delle merci. La deregolazione procede simmetricamente alla perdita di peso delle organizzazioni del lavoro e insieme al sorgere ed applicarsi di tecnologie che consentono organizzazioni a rete orizzontale, apparentemente meno gerarchiche e standardizzazioni su una scala che, insieme al movimento dei capitali, fa diventare possibile costruire reti logistiche lunghissime ma non per questo inefficienti. E' la stagione degli investimenti diretti all'estero che spezzano le reni al potere dei sindacati e costringono il lavoro ad accettare una riduzione della ripartizione di base della ricchezza di oltre dieci punti[15].
Al termine di una lunga agonia interviene a questo punto il fattore cruciale di accelerazione: la dissoluzione pacifica dell'impero sovietico. La parte est viene assorbita in pochi convulsi mesi dall'Europa, ritornata improvvisamente ad egemonia tedesca (mentre i francesi, come loro solito, si illudono di dominarla), e tutti i movimenti socialisti occidentali ripiegano in disordine. Si forma l'Unione Europea[16] sotto questo segno, la ‘fine della storia’[17] ed il trionfo del modello anglosassone di capitalismo (anche se nelle stanze di dietro gli abili tedeschi inseriscono copiose dosi di Ordoliberalismo). Viene blindata in questo modo un’area di mercato competitivo nel quale non può trovare posto la redistribuzione e i meccanismi di compromesso sociale e politico del capitalismo latino[18].
Insomma, sotto il benevolo controllo americano, ed all'ombra delle numerosissime basi militari, sembra a molti che la storia complessa del novecento sia davvero finita e resti solo la promessa di arricchirsi da raccogliere però individuo per individuo, l’uno contro l’altro. Una società dei consumi, felice di competere nella quale il migliore potrà sempre trovare la propria strada. Una società che si incardina su un potentissimo e pervasivo dispositivo nascosto che fa leva su bisogni e desideri dei singoli, chiedendogli di pensarsi come potenza in atto non come produttori, e quindi collettivamente[19], ma come consumatori e capaci di piacere e desiderio individuale. Questa promessa di vita e di energia individuale produce un immaginario irresistibile che però ha un rovescio: il dominio e lo sfruttamento di coloro la quale potenza resta in attesa, spesso per sempre, e che devono essere sfruttati perché quella di pochi passi ‘in atto’. Dimenticando la linea di ombra[20], la società generata dalla competizione senza freni, fatta sistema, della mondializzazione neoliberale finisce quindi per costruire una narrazione avvincente, accompagnata dallo spettacolo multiforme della tecnica, che prevale sulle trascendenze alternative e concorrenti: sulla teologia politico-economica del marxismo, nelle sue diverse forme, e sulla teologia politico-sociale del cristianesimo.
Al passaggio di millennio, però, viene compiuto quel che la storia si incaricherà di indicare come un errore incomprensibile, una hyubris guidata dall'orientamento a corto termine che la finanza ed il sistema delle imprese giganti che ha preso il centro della scena ha connaturato: nell'Uruguay Round viene ammessa la Cina, con un trattamento di favore, e sono abbattute quasi tutte le barriere. Da allora tutte le produzioni a basso, e via via maggiore, valore aggiunto si spostano in oriente, i prezzi delle merci precipitano ma insieme e per lo stesso meccanismo, come due lati di una medaglia, lo fa anche il potere di acquisto delle classi basse e via via superiori.
Si apre un vuoto nel centro dell'occidente, al quale i paesi tradizionalmente volti all'esportazione (Germania e Giappone in primis) rispondono allargando ancora i loro squilibri commerciali che comunque erano usciti dall’equilibrio precedente già dalla caduta di Brandt[21]. In un lungo concatenamento di effetti e cause intrecciati come una catena di acciaio il vuoto si propaga, e rende necessario un sempre più affannoso inseguimento con nuove espansioni di valore fittizio fatte gocciolare a compensare l'incapacità di troppi di ottenere ciò che il sogno del consumo (che legittima l'esistente) promette[22]. Si arriva quindi alla parossistica coltivazione di ‘bolle’ l'ultima delle quali è quella immobiliare, e si arriva, con l'inesorabile meccanismo descritto da Minsky al crac del 2007[23].
Da allora seguono dieci anni di ristrutturazione e di tentativi continui di far continuare il business che si è rotto, scaricandone i costi su chiunque altro. Ma insieme, da allora, si comincia a vedere le forze relative della Cina e la ripresa della Russia promettere ormai che non potrà più riprendere il vecchio gioco di dominio solitario e quindi la globalizzazione ‘felice’ degli anni novanta [24].
Guardando dal punto di osservazione delle società occidentali, intorno a questi fenomeni che tendiamo a riassumere nel termine ‘globalizzazione’ ha in sostanza preso forma un nuovo compromesso sociale a rapporti di forza invertiti, rispetto a quello del “welfare state” novecentesco. Nel contesto di un’impostazione economica essenzialmente deflattiva, si è creata la condizione (di potere normativa e tecnologica) per un enorme allargamento della base produttiva, con il coinvolgimento di centinaia di milioni di nuovi lavoratori, che ha prodotto effetti molteplici sia sulla distribuzione sociale sia sui costi dei beni industriali e quindi sul consumo. A partire dagli anni settanta, e via via più velocemente, sono calati i prezzi relativi dei beni industriali di massa e questo, malgrado l’erosione del reddito della parte attiva della popolazione, ha creato a lungo sia una sensazione crescente di ricchezza diffusa sia il fenomeno sociale e culturale del “consumismo”. Dunque le condizioni per la creazione di un consenso su nuove basi: sul consumo anziché sul lavoro.
Ma questo continuo accelerare della instabilità, disperatamente tamponata, nello sforzo di sacrificare altri e conservare la propria potenza, con ricette opposte nei principali centri del capitale occidentale[25] si è presento sulla scena approfondendo ininterrottamente per dieci anni il vuoto nel quale l’occidente tra precipitando. Insieme alla spirale di perdita di capacità di acquisto, sovrapproduzione, tensione deflattiva, erosione dei margini di profittabilità, ricerca di soluzioni a breve termine comprimendo i costi, caduta della produttività, rinvio degli investimenti, e via dicendo, inizia però alla fine a venire meno il consenso sul quale il neoliberismo aveva vinto la sua battaglia contro le promesse di salvezza alternative: la crescita della felicità attraverso il consumo.
La globalizzazione è stata, insomma, un continuo inseguire la crisi per stare un passo avanti, ma ormai questa ci ha raggiunti.
Sarà necessario che la storia, che sembrava finita, riprenda il suo cammino e la soluzione tampone trovata per strada per rimediare all’esaurimento dell’equilibrio sociale keynesiano venga superata.
Ormai ha scavato tutta la terra che era accumulata sotto i propri piedi[26].
Note
[1] - John Maynard Keynes, “Un’analisi economica della disoccupazione”, intervento alla Harris Foundation, 1931, in Come uscire dalla Crisi, Laterza,1983, p.44.
[2] - Il meccanismo di trascinamento è che le classi alte hanno una propensione al consumo inferiore. Dunque se la stessa somma è distribuita in alto, la quota risparmiata è maggiore e le somme tesaurizzate tendono a non circolare abbastanza. A sua volta, la riduzione dei consumi inibisce gli investimenti produttivi, per assenza di domanda dei beni da produrre, e quindi tende ad aumentare gli impieghi meramente speculativi.
[4] - Anziché di ricchezza reale, qualunque cosa la società possa intendere con questo termine. In altre parole, il capitalismo è autoprogrammato per generare valore solo per chi è incluso nel suo circuito autoreferente. Il meccanismo di trasformazione della natura in ‘merce’, e del suo consumo attraverso il realizzo del suo ‘valore’, attraverso il quale si determina il ‘capitale’ è orientato non al consumo, ovvero alla creazione di ‘ricchezza’, ma all’accumulazione di altro ‘capitale’. Il ‘capitale’ è quella forma del valore che per esistere deve accrescersi costantemente senza altro scopo che la propria esistenza. Ciò genera un ‘sistema automatico’ che non è affatto dotato di volontà, e non è un macrosoggetto (essendo, anzi, il luogo della concorrenza), ma è portatore di una logica immanente. Bisogna prestare attenzione ad un elemento importante: non è affatto la finanza ad essere la parte ‘cattiva’ e l’industria quella ‘buona’, la crescita di questa, anche se ha andamento ‘tumorale’, è causata dalla carenza di sbocchi della prima. La congestione dei capitali da valorizzare nell’economia reale è il motore iniziale. E quindi la necessità intrinseca, direi definitoria, del capitale di valorizzarsi a qualsiasi costo, necessità che cammina sulle gambe di tutti gli operatori, in qualunque posizione siano nel sistema.
[5] - E che furono oggetto delle analisi di Marx e di Engels, mentre la soluzione lo fu delle analisi di Polanyi sul piano sociale Cfr. Karl Polanyi, “La grande trasformazione”, 1944.
[6] - Dunque la globalizzazione va vista anche come effetto e fenomeno connesso con la “grande partita” in corso per l’egemonia nel mondo, nella transizione tra logiche “territorialiste” e “capitaliste” (Arrighi).
[7] - La globalizzazione non è un fenomeno esclusivo del tardo ventesimo secolo, e non è neppure una irresistibile e tendenza della storia, che apprende la strada dell’armonia universale, è molto più un movimento ciclico determinato dal gioco del potere. Si tratta, come è avvenuto a scale diverse con i grandi imperi del passato proto-capitalista e in epoca moderna con la fase imperiale del dominio inglese (dopo la sconfitta di Napoleone via via consolidatosi nella sostanza entro il XIX secolo) dell’effetto e della forma che prende la capacità di un modo di produzione egemone, sostenuto dalla forza anche militare e comunque economica, di costringere ogni altro alla compatibilità. Momenti di predominio che, per loro natura, non possono durare in eterno, le condizioni che lo rendono possibile tramontano, e i sistemi alternativi, resi subalterni e costretti ad aprirsi, per questo, apprendono, alzando il livello del confronto.
[8] - Cfr, per una descrizione parziale dei problemi che dovettero essere affrontati nella Conferenza di Bretton Woods, condotta sotto stretto controllo americano e con l’agenda seminascosta di consolidarne il dominio morbido sul mondo che la guerra rendeva evidente, davanti alla necessità di ridisegnare gli assetti del mondo e garantire la rimozione delle cause della tragica doppia guerra civile europea (identificati negli squilibri di capitale e nelle guerre commerciali derivanti) si veda … Keynes
[9] - Il relativo dominio industriale e quindi commerciale degli USA, nel campo occidentale, e quello dell’Urss, nel relativo campo, determina le condizioni per un capitalismo a competizione temperata e sufficientemente minacciato dall’esempio sovietico da non poter forzare la mano alle forze sociali organizzate del lavoro. In un quadro di aspra conflittualità il capitale si trova inibito dalla sua principale fonte di forza, la mobilità (arrestata dagli accordi presi), e d’altra parte a partire dagli anni cinquanta si trova ad essere ancorato al dollaro, un dinamico squilibrio si istituisce tra la tendenza della competizione intercapitalistica, sia entro sia tra sistemi di regolazione intrecciati, ad erodere il saggio di profitto e le controforze determinate dal capitale pubblico, che fornisce beni sottratti alla logica di mercato, sia dalla intensificazione della produttività per via tecnologica e sociale, sia, infine, dalla espansione dei consumi e quindi dei mercati. Fino a che questo meccanismo resta in ascesa se ne giovano sia i lavoratori, che vedono crescere il proprio reddito disponibile e i beni pubblici disponibili (reddito indiretto) sia il capitale, che guadagna in estensione quel che perde in intensità dello sfruttamento. Si tratta, sotto molti profili di quel che Minsky (1975) chiama “keynesismo privatizzato” che coltiva gli elementi destabilizzanti nascosti in particolare nell’intrinseca instabilità della moneta finanziaria.
[10] - Con la necessaria sintesi, una crisi competitiva, dato che l’industria americana non aveva più lo schiacciante predominio che aveva determinato l’esito della crisi delle due guerre, ed era sfidata da potenze industriali emergenti di vario rango, tra le quali il Giappone, la Germania, la stessa Italia, e le prime “tigri asiatiche”. Ma anche una crisi militare (con i costi di protezione che esplodono ed i costi delle due guerre semiperse di Corea e Vietnam ad erodere anche il prestigio). Ciò che accade in quegli anni è che il progetto del dopoguerra, creare mercati per l’industria USA, facendo ripartire i consumi del mondo al contempo creando delle aree forti, ma subalterne, anche in prospettiva antisovietica, dei guardiani del faro, nella Germania e nel Giappone, incontra i suoi limiti. Il piano egemonico statunitense prevedeva, per restare in equilibrio, che l’eccedenza commerciale venisse reinvestita nelle aree captive (Europa e Giappone), facendo leva sui paesi d’ordine (Germania e Francia nel caso europeo). Mentre l’industria centroeuropea doveva trovare sbocco in particolare nell’aurea comunitaria, l’industria giapponese vede il sostegno direttamente del mercato americano e delle guerre d’area, come stimolo aggiuntivo. Ma la guerra del Vietnam finisce per costare quasi 300 miliardi di dollari complessivi, e crearono condizioni di inflazione che in cinque anni erosero di due punti il potere di acquisto degli americani e di diciassette i profitti medi delle imprese. Contemporaneamente la “grande società” di Lyndon Johnson presentò il suo conto e il governo federale dovette far lievitare enormemente il debito pubblico. Al 1971 le passività americane erano di 70 miliardi di dollari, a fronte di riserve d’oro di 12. Una enorme quantità di dollari inonda i mercati mondiali e genera pressioni inflazionistiche secondarie in Francia, Inghilterra e via dicendo. Ciò perché le regole del cambio fisso costringono i paesi europei, a loro volta, a fare espansione monetaria. In sostanza gli europei accusano gli Stati Uniti di esportare inflazione per finanziare il loro welfare (ai fini di garantirsi stabilità interna) e la guerra. L’ “esorbitante privilegio” di poter stampare dollari senza apparenti vincoli, mostrava il suo rovescio. Quando gli Stati Uniti passano da paese che esporta eccedenze, a paese che accumula deficit, quel vincolo comincia ad esportare instabilità. Allora, nel 1967 l’Inghilterra viola le regole e deflaziona la sterlina del 14%, costringendo gli USA ad impegnare il 20% delle riserve per mantenere il prezzo del dollaro rispetto all’oro (35 dollari per oncia), nel 1970 Paul Volcker, nominato sottosegretario al Tesoro, propone la soluzione di sospendere la convertibilità. Nel agosto 1970 la Francia e l’Inghilterra chiedono la conversione delle loro riserve in moneta ed il piano di Volcker, in risposta, scatta.
[13] - L’enorme aumento del costo delle materia prime, che provoca una serie devastante di effetti a catena, facendo aumentare i costi di produzione, l’inflazione, è un effetto della rottura di Bretton Woods nelle condizioni di grave squilibrio nella quale avviene. L’oro passa da 35 a 455 dollari l’oncia nel 1979, il dollaro perde il 35% del valore rispetto al marco ed il 20% sullo Yen ed il franco, il petrolio, influenzato da un cartello difensivo dei produttori, passa da 3 $ al barile a 30, dopo la guerra del Kippur, e via dicendo (tutte le materie aumentano, bauxite, rame, ferro, argento, …). L’effetto complessivo è che il resto del mondo finisce per finanziare il deficit americano, redistribuendo per via finanziaria le eccedenze nel mercato americano. I flussi di capitale invertono la loro direzione. Ma è necessario, dal punto di vista americano anche contenere la competizione che l’industria estera fa a quella americana, e a tale fine l’incremento dei fattori produttivi (dato che gli USA hanno ingenti risorse di materie prime) sono una buona strada.
[17] - Il riferimento è al famoso libro di Fukuyama, “La fine della storia”.
[18] - Per un confronto con spessore storico tra il capitalismo latino e quello anglosassone, a volte definito, protestante, si veda Luigino Bruni “Il mercato e il dono”.
[20] - Nella distorsione prospettica per la quale ognuno, equivocando la natura sociale di ogni possibile potere e di ogni possibile piacere e consumo, si pensa vincitore, quando è tanto più probabile non esserlo.
[24] - Che, naturalmente, ‘felice’ è stata solo per chi riusciva a posizionarsi nei pressi dei flussi di capitali caldi che attraversavano il mondo e sembravano non avere limiti.
[25] - In Usa con un’espansione monetaria imponente e tempestiva, accompagnata da estensioni di protezione e garanzie esclusivamente estese alla parte finanziaria dell’economia (di cui è riconosciuta la centralità sistemica e il potere reale), insieme ad una costante intensificazione dello sfruttamento, in Europa con l’insorgere di una economia duale, con un ‘core’ dedito all’esportazione ed all’accumulo di attivi finanziari, riciclati nei mercati in espansione, ed una periferia costretta ad una brutale austerità per dare priorità al servizio del debito nei confronti del centro. Cfr. Streeck “l’ascesa dello Stato di consolidamento europeo”.
[26] - L’intero equilibrio, e tutte le politiche postkeynesiane, sul piano del consenso sono inconsapevolmente appoggiate sulla pacificazione sociale creata dalle politiche welfariste. L’attuale “Rivolta degli elettori”, come efficacemente scrive Spannaus, e quindi l’intera perdita di stabilità politica dell’occidente, in modo singolarmente simile alla crisi descritta da Polanyi, è invece causata dall’erosione insopportabile per le biografie concrete di troppi della sicurezza esistenziale che era stata prodotta (e delle classi medie che la incarnavano). Le politiche liberiste, concentrate sulla riduzione della ‘minaccia’ della burocratizzazione e dei sistemi di regolazione, sentiti come oppressivi, e quindi operanti per via di deregolazione e disgregazione dei corpi intermedi protettivi della società (inclusa la stessa democrazia rappresentativa, a ben vedere, cfr, ad esempio Peter Mair, “Governare il vuoto”) hanno insomma distrutto la base sociale del loro consenso. Promettendo felicità hanno portato incertezza ed angoscia.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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