La guerra d’ucraina compie due anni. Due anni di massacri, morti, distruzioni e dissesti economici che avrebbero potuto essere facilmente evitati. La verità è venuta a galla: questa è una guerra causata da un cinico sforzo trentennale degli Stati Uniti per mantenere la Russia debole, anche attraverso l’espansione della Nato in Ucraina. L’Europa, purtroppo, è uno dei due grandi sconfitti della politica statunitense, il più grande dei quali è naturalmente l’ucraina. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero spinto per...
Ho parlato con un mio caro amico economista, forse il migliore di Italia. No extratasse su banche. A partire dalla crisi dei subprime del 2008 e i rendimenti negativi hanno perso molti soldi e la stretta del credito era molto piu' forte. La Bce li spinse a pulirsi dei crediti deteriorati, di cui parlo in Piano contro mercato e a fare aumenti di capitale. Molto meglio la nazionalizzazione con il ritorno della Riforma Bancaria del 1936 di Menichini, futuro governatore della Banca d'Italia nel dopoguerra. Per quanto riguarda il capitalismo delle...
L’editoriale del Corriere della Sera del 3 marzo, dal titolo “I pericoli del declino americano” e firmato da Antonio Polito è un inno all’ignoranza (voluta, per carità, sia chiaro). Però elevata a proclama pubblico di genuflessione al colonialismo culturale; laddove la colonia è, come al solito, quella italiana. D’altronde, il percorso “politico” dell’estensore del servizio riassume – in Wikipedia veritas, qualche volta – lo scompiglio patito da tutta una conventicola di personaggi, diventati “famosi” (“alla maniera di Erostrato”, avrebbe...
Più di 13.000 bambini palestinesi sono morti dall’inizio dell’invasione di Gaza, la maggior parte dei quali come effetto dei bombardamenti aerei, dei colpi di carro armato o di artiglieria e dei fucili dei soldati israeliani. Adesso, i bambini palestinesi muoiono di stenti per la fame e la disidratazione. Il ministero della Salute di Gaza ha dichiarato che 15 bambini sono morti per queste cause soltanto nell’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahiya, nel nord di Gaza, e ieri l’ONU ha dato conferma della situazione di assoluta carestia in cui si...
La macelleria ucraina prosegue a ritmo continuo, con un incremento negli ultimi giorni perché, perse le roccaforti a difesa di Adviika, le forze ucraine non hanno baluardi dietro cui ripararsi e anche i contrattacchi continui hanno come unico effetto quello di mandare i soldati a morte certa (d’altronde è la specialità del nuovo comandante in capo, Oleksandr Syrsky, che per tale motivo si è attirato dai suoi soldati l’epiteto di “macellaio“). Le sanzioni sul cotone e la nuova legge sulla coscrizione Quanto all’assenza delle linee di difesa è...
Proprio come tutti i mass media, molti governi, persino i media indipendenti e i critici della guerra vorrebbero farci credere che tra il 98% e il 99% dell’intera popolazione di Gaza è sopravvissuta, nonostante i malati, i feriti e altri palestinesi che stanno per morire. Questo è del tutto improbabile! Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e Hamas — che Netanyahu ha finanziato nel corso degli anni — hanno un interesse comune nel ridurre il numero di morti e feriti. Ma per motivi diversi. * * * * Con un’assistenza sanitaria...
Autorevoli fonti statunitensi ci spiegano perché la guerra in Ucraina, nonostante le gravi perdite, la mancanza di armamenti adeguati, il taglio dei fondi deve a tutti i costi continuare. Un mondo con la Russia vittoriosa è indigesto all’imperialismo americano. Dopo il fracaso (ossia la disfatta strategica) della controffensiva ucraina d’estate, più volte baldanzosamente annunciata, appariva qualche speranza che la guerra nel cuore dell’Europa volgesse al termine; invece, continua con la sua striscia di sangue e con gli attacchi terroristici...
"Le elezioni locali di martedì sono state un segnale d'allarme lampeggiante per Israele. I partiti ultra-ortodossi, i gruppi sionisti religiosi e i partiti di estrema destra razzisti - organizzati in poche comunità - hanno ottenuto risultati sproporzionati rispetto alle dimensioni reali dei gruppi che rappresentano. Al contrario, il campo democratico [in gran parte laici liberali ashkenaziti], che per quasi un anno è sceso in piazza ogni settimana per gigantesche manifestazioni a Kaplan Street di Tel Aviv e in decine di località del Paese,...
Mercoledì 28 febbraio il presidente del Consiglio, nel corso di un’intervista condotta dal direttore del TG2, ha dichiarato di non essere disposto a prendere lezioni da quelli che, precedentemente al governo, facevano inseguire gli italiani dai droni o “sparavano con gli idranti sui lavoratori seduti a terra”. Questa è stata la sferzata che la premier Meloni ha rivolto alle opposizioni parlamentari impegnate strumentalmente nell’incalzarla sulle cariche pisane della Celere. Il tema della carica degli uomini del Reparto Mobile sugli studenti...
È chiaro a tutti che dopo la caduta di Avdeevka per l'Ucraina la situazione del conflitto con la Russia si è fatta pressoché insostenibile: truppe esauste e prive di quella rotazione tra reparti fondamentale per avere un esercito efficiente, carenza di munizioni e attrezzature, copertura aerea ormai sempre più scarsa se non inesistente e, infine, il rubinetto dei finanziamenti del governo di Washington ormai chiuso a causa delle barricate elevate nel Congresso da parte dei Repubblicani. Pesa su Kiev, come è evidente, soprattutto il mancato...
Dall’inizio della campagna israeliana di bombardamenti a Gaza, lo scorso 7 ottobre, la Striscia è divenuta un’enclave di morte, sradicamento e distruzione. Oltre 30.000 palestinesi sono rimasti uccisi, più di 70.000 sono i feriti, molti dei quali hanno perso arti e/o saranno soggetti a disabilità permanenti. Fra i civili, sono stati colpiti anche medici, operatori umanitari, professori, scienziati, artisti – cancellati insieme alle loro famiglie. Oltre 100 giornalisti sono caduti sotto il fuoco israeliano. Le operazioni belliche di Israele...
La confusione tra debito pubblico e debito estero è una delle più letali, tra le molte in cui si inciampa leggendo i commenti economici dei giornaloni e dei media più o meno paludati. Il debito pubblico, secondo questi commenti, è l’espressione di “aver vissuto sopra le proprie possibilità”. E a chi non è adeguatamente informato questo può sembrare ovvio e logico. No ? Beh, non è né ovvio, né logico, né vero. E una pulce nell’orecchio dovrebbe metterla la constatazione che TUTTI i paesi di un qualche rilievo economico hanno un debito...
Lo slittamento semantico si verifica quando il significato di una parola o di un’espressione muta nel tempo, spesso assumendo connotazioni diverse da quelle originarie. Un termine può cambiare rimandi e senso per varie ragioni, tra cui l’evoluzione culturale, l’uso comune o il cambiamento di contesto. Ma spesso è la politica ad appropriarsi di un vocabolo e travisarne – volutamente o meno – il valore. Distorcendo, così, anche la percezione socialmente condivisa. Al giorno d’oggi in pochi negherebbero di voler aspirare a una società...
Al terzo tentativo in un anno la NATO è finalmente riuscita ad affondare il pattugliatore “Sergey Kotov”: la prima volta attaccato con due droni, la seconda con cinque, stanotte con una decina. Ho già scritto fino alla nausea del motivo sostanzialmente propagandistico di questi attacchi e delle conseguenze sul prosieguo delle operazioni militari, scarsissime dal punto di vista pratico, ma molto grandi per il dilemma strategico che comportano per la Russia, e non mi ripeterò. Diciamo che la carta che ieri campeggiava alle spalle di Medvedev ne...
C’è questa foto di puro orrore, è quella di un ragazzo con il suo fucile. Il ragazzo si chiama Brenton Harrison Tarrant. Il 15 marzo 2019 a Christchurch, in Nuova Zelanda, armato di fucile e di una telecamera montata sul casco, compie nel giro di pochi minuti due stragi. Prima dentro una moschea e poi nei pressi di un centro islamico. Muoiono oltre cinquanta persone: la più piccola ha tre anni, la più anziana settantasette. Le immagini sono trasmesse in diretta dalla sua telecamera su un noto social network. Sul fucile ci sono incisi dei...
Il mondo politico, soprattutto di destra, è in rivolta contro una struttura fin qui osannata pubblicamente da tutti, ma che le prime indagini mostrano esser diventata un “potere indipendente” cresciuto in barba a molte regole e a tutte le “opportunità” proprie di una democrazia liberale. Vicenda complicata, come tutte quelle che si svolgono a metà strada tra poteri “segreti” e ruoli pubblici, ma che si può riassumere così: un ex sostituto procuratore dell’Antimafia e il suo braccio operativo, un tenete della Guardia di Finanza, avrebbero...
Non è rimasta inosservata l'eccezionale intervista di Luca Busca al fisico e grande intellettuale italiano, Carlo Rovelli, pubblicata da l'AntiDiplomatico. Decine e decine le testimonianze di apprezzamento che ci sono giunte in redazione. Una qualità di contenuti e una capacità di comprensione dei fenomeni attuali che è linfa vitale nei tempi bui. Non è rimasta inosservata al punto da urtare la suscettibilità atlantica di Mattia Feltri, direttore dell'Huffington Post, che gli ha dedicato una risposta - "Una storia spaziale" - pubblicata,...
Subito dopo la morte di Alexej Navalny, la Bild aveva rivelato che l’oppositore del Cremlino stava per essere liberato in cambio di alcuni russi detenuti in Occidente, ma la notizia è stata presto cestinata. Tuttavia, poco dopo, Maria Pevchikh, Presidente della Fondazione Anticorruzione, quella di Navalny, lo ha confermato. E questo cambia tutto, dato il ruolo della stessa e i dettagli rivelati. Navalny: l’accordo era fatto Prima in una dichiarazione, poi in un video, la Pevchikh ha spiegato che, dopo l’arresto del loro leader, la sua...
Molti degli elettori che hanno scelto Giorgia Meloni alle scorse elezioni non si sarebbero certo aspettati una politica estera più draghiana di Draghi, più atlantista del direttore di Repubblica Molinari o più filo Zelensky di un’Ursula qualunque. Eppure, l’ultimo viaggio a Kiev da presidente di turno del G7 del nostro premier nella capitale ucraina ha sciolto tutti i dubbi rimasti. L’accordo decennale con cui la Meloni, senza nessun passaggio parlamentare, ha legato il paese al regime di Kiev rimane il lato più oscuro e inquietante. Nessuno...
Alcuni anni fa lo storico israeliano Ilan Pappè inchiodava le responsabilità della comunità internazionale nella complicità con i crimini coloniali israeliani contro i palestinesi chiedendo: “Fino a quando il mondo permetterà a Israele di fare quello che fa?” L’incantesimo sbagliato, che ha consentito decenni di consensi e complicità del tutto ingiustificati a livello internazionale verso Israele, sembra però essersi spezzato in più punti di fronte al genocidio dei palestinesi in corso a Gaza Perfino in tre importanti paesi dove il livello di...
È notte fonda, ho fatto 7:30 di sonno, sto ascoltando Radio Gaga dei Queen. Mi si chiede, con citazioni di canzoni, di ritornare al campo di sinistra, mio naturale approdo. Non vi appartengo dalla delusione della Pantera, ero simpatizzante socialista, rimasi depresso dalla fine della Prima Repubblica, e dalla distruzione degli assetti pubblici e istituzionali fatti con la Seconda Repubblica. Dopo la laurea volevo lavorare presso la Presidenza del Consiglio come analista economico, ma rinunciai, non volli servire la Seconda Repubblica. Ora c'è...
Mentre la Casa Bianca pone veti su veti per impedire il cessate il fuoco e nelle cancellerie europee continua il silenzio di fronte al genocidio in Palestina a opera del regime sionista, il governo cinese ha rilasciato una coraggiosa dichiarazione in cui afferma il diritto del popolo palestinese a impegnarsi nientemeno che nella lotta armata per la sua liberazione. Si tratta di un messaggio fortissimo per una diplomazia, quella cinese appunto, conosciuta per essere stato sempre (almeno negli ultimi 30 anni) molto cauta e moderata. La Cina...
Nel 2024 l’Italia ha assunto la presidenza del G7. La Meloni ha deciso d’indire a Kiev il primo vertice dell’anno, per sfruttare la concomitanza con il secondo anniversario dell’inizio dell’Operazione Militare Speciale lanciata dalla Russia sul territorio ucraino. Con l’occasione la Meloni ha stipulato con Zelensky una serie di scellerati accordi bilaterali in ambito militare, dell’energia, per la ricostruzione. Tutte cose che non è chiaro come verranno pagate. Anche se la cosa non ha costi economici diretti immediati, la Meloni ha anche...
Quasi mi viene da sorridere. In tempi ormai lontani, quando CS era sui social, accadde una cosa. Un giorno aprii la pagina e mi resi conto che tutti i post contenenti un link a questo blog erano spariti. Era il 12 dicembre 2019 e il blog aveva appena raggiunto 100.000 visualizzazioni ("Che caso!" disse Starbuck). Per due giorni successe anche su twitter. Per alcuni mesi fu impossibile postare su facebook un link a questo blog. Poi tutto finì, senza mezza parola, senza mezza comunicazione da parte della piattaforma. Non sono mai stato propenso...
Le politiche guerrafondaie e di scontro del governo sottomesso ai diktat occidentali e della NATO, stanno chiudendo la piccola repubblica della Pridnestrovie in una situazione pericolosa e molto delicata, da qui la richiesta ufficiale di aiuto del Parlamento di Tiraspol, per l’unificazione alla Russia come forma di autodifesa. Ma in caso di conflitto, c’è un fattore che potrebbe essere un detonatore che investirebbe e incendierebbe a domino, anche i paesi vicini: la base militare di Kolbasna sotto protezione russa, dove si ipotizza vi siano...
Sul Quotidiano L’Adige, giornale pubblicato in Trentino, di venerdì 23 febbraio comparivano in prima pagina due contributi a firma Aldo Civico (antropologo) e di Domenico Quirico (famoso giornalista). Gli scritti pubblicati erano molto netti e preannunciavano in realtà un evento organizzato da EUcraina, l’associazione sponsorizzata da Giovanni Kessler, ex parlamentare europeo (anche ex obiettore di coscienza a questo punto…), dal 2011 al 2017 direttore dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e nominato nel 2014 membro della...
Il Sacro Occidente non ha mai preteso di essere perfetto e immune da critiche; si accontenta più modestamente di stabilire di essere meglio dei regimi dittatoriali che lo circondano e lo minacciano. Non è vero che noi pretendiamo di essere i buoni, è solo che gli altri sono cattivi e ci dobbiamo difendere, quindi siamo costretti a spendere per le armi. Andando al sodo, a questo si riduce l’essere occidentali: comprare armi. Potevano dirlo subito senza tanti preamboli inutili. Chissà quante armi ci siamo fatti sfuggire con queste perdite di...
Pisa non ha mostrato solo l’attacco vigliacco degli agenti di polizia ma anche il silenzio della scuola. La verità, scrive Paola Lattaro su Insegnare, la rivista del Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, è che sulla facciata di ogni scuola, da mesi dovrebbe esserci un striscione con la scritta “Stop Bombing Gaza”, da mesi si dovrebbero portare avanti in aula iniziative per informare su quello che sta accadendo. Con che faccia gli chiederemo di realizzare l’ennesimo powerpoint di educazione civica? Come gli diremo ancora una volta...
Ci sono giorni che contano come anni per la velocità con cui si svolgono gli eventi ed è proprio questo il caso delle settimane appena trascorse. Dalle dichiarazioni di Trump, in cui ha annunciato di non voler più proteggere militarmente i membri della NATO che non contribuiscono adeguatamente alle spese militari dell’organizzazione più guerrafondaia della storia, si sono succedute una serie di prese di posizioni di leader europei, a partire da quello tedesco Olaf Scholz, che hanno rivelato l’intenzione, che probabilmente già covava sotto la...
L’«Accordo di cooperazione sulla sicurezza tra Italia e Ucraina», firmato a Kiev il 24 febbraio da Zelensky e Meloni, è un fatto grave di cui ancora non è stata colta la portata. Sia il governo, che la stampa mainstream, lo hanno presentato come un atto più simbolico che sostanziale. «Il nostro accordo – come quelli stipulati da Francia, Germania e Regno Unito – non sarà giuridicamente vincolante», ha detto il ministro Tajani il 22 febbraio alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Non vincolante? Ma allora a cosa serve?...
Non si può non notare l'attivismo di Mario Draghi di quest'ultimo periodo. Il dinamismo del Grand Commis romano per la verità non sembra dettato dall'ambizione che lo spinge a ricercare altre super poltrone di grande potere ma piuttosto dalla volontà di salvare la creatura di cui è stato certamente uno dei massimi architetti. Ormai che l'Europa rischi di non sopravvivere non è più argomento per complottisti, ma un dato di fatto di cui si prende atto ai massimi livelli e infatti Draghi ne ha parlato apertamente il 24 Febbraio durante l'ultimo...
Da gennaio in poi stiamo assistendo a un susseguirsi di accordi di cooperazione in materia di sicurezza fra l’Ucraina e diversi stati europei, sia che facciano parte della Ue che no, e anche d’oltreatlantico. A partire dal 12 gennaio di quest’anno, tali accordi bilaterali, che più propriamente e realisticamente dovremmo chiamare di alleanza militare, sono stati firmati dalla Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca e da ultimo Italia e Canada. Il tratto comune di questi accordi, che rivela apertamente la loro finalità, consiste nel...
Mi sono permesso, nel titolo, di parafrasare, fino a cambiarne il riferimento ma non il senso, il verso di Dante sul sacrificio di Catone per la libertà sottratta da Cesare. Riferimento cambiato fino a un certo punto, però, visto che l’aviere dell’aeronautica USA proprio per la libertà di vivere del popolo palestinese, si è ucciso, facendosi liberare e purificare dal fuoco della sua involontaria, ma subita, complicità col male. Non mi va di usare il termine cuore, per quella roba zuccherosa e scipita che s’è fatta di questo muscolo nelle...
Lo tsunami Navalny si è abbattuto su entrambe le sponde dell’oceano con effetti differenti. Se negli Usa l’effetto è stato attutito, salvo qualche intemperanza verbale verso Putin, in Europa ha avuto l’effetto della benzina sulle fiamme in via di estinzione della guerra ucraina, ravvivando l’incendio. Guerra ucraina, la “disperazione” neocon Al congresso Usa infatti i repubblicani fedeli a Trump sembrano aver resistito alle pressioni neocon per rilanciare la crociata anti-russa. E questa non è cosa da poco visto che la Camera dovrà decidere...
Il sistema capitalista è profondamente dipendente dai combustibili fossili ed è in agricoltura che quella dipendenza è decisiva. Quelli che sono in alto lo sanno, non possono e non vogliono sbarazzarsi del fossile: per questo promuovono una transizione energetica con cui consolidarsi in un periodo caos climatico. In questo senso, il capitalismo, scrive Raúl Zibechi, opera con le stesse modalità che mette in atto di fronte alle contestazioni del patriarcato e del colonialismo: cercando di legittimarsi con presunte politiche contro il...
Anche in Italia i propagandisti pro-Netanyahu scrissero sui giornali e raccontarono in tv degli “stupri di massa” commessi da Hamas a Gaza il 7 ottobre. L’avevano letto sul New York Times, e la “notizia” era stata rilanciata dalla Bbc, dal Guardian, dalla Cnn, dall’Associated Press e da Reuters; ma quegli articoli sugli “stupri di massa” erano un falso. I co-autori di quei pezzi, lodati all’epoca dal caporedattore del Times Joe Kahn, erano Jeffrey Gettleman, Anat Schwartz e Adam Sella. Sabato scorso l’account Telegram @zei_squirrel ha aperto...
Voglio ribadire la mia solidarietà ai giovani liceali pisani che sono stati presi a manganellate dalla polizia. Dire – come hanno fatto alcuni esponenti del governo e del centrodestra – che gli agenti hanno reagito in quel modo perché sono stati provocati o presi a parolacce è ridicolo. Ogni domenica negli stadi poliziotti e carabinieri vengono insultati (e a volte anche fatti oggetto di lanci di oggetti di vario genere) e, anche se può essere fastidioso accettarlo, sono pagati anche per sopportare insulti, fischi e lazzi, perché il fine...
Le due tesi fondamentali su cui si è basata e in larga misura continua a basarsi la campagna di propaganda occidentale contro la Russia sono la natura “non provocata” dell’intervento militare lanciato quasi esattamente due anni fa e il semplice appoggio esterno dei paesi NATO al regime di Zelensky, ufficialmente contrari a una partecipazione diretta alle operazioni belliche contro Mosca. Un lungo articolo del New York Times, pubblicato nel fine settimana, ha smentito però entrambe le versioni, confermando sia la strettissima collaborazione...
Sull’anniversario dei due anni dall’invasione russa in Ucraina non dovrei scrivere nulla, sia per coerenza con quanto ho sempre sostenuto (la tragedia non è iniziata il 24 febbraio 2022), sia perché dopo due anni non vedo fatti sorprendenti da commentare in Ucraina rispetto a quanto succede altrove. Semmai merita una riflessione l’anniversario dei trent’anni (dal 1994) di destabilizzazione in Europa e allargamento della Nato ai danni della sicurezza russa, dei vent’anni di guerra di sovversione (dal 2004) da parte degli Stati Uniti in Ucraina...
1) Sul Kototoi bridge di Tokyo, sospeso sullo scorrere del canale di Sumida, insieme alla nipote Niko, Hirayama, il protagonista, pronuncia il suo unico discorso per esporre una teoria di spazio e tempo. Lo spazio è “monadi”, afferma: “ognuno è un Mondo” con possibilità ma non necessità di incontrare “un altro Mondo”. Il tempo è istanti presenti - discontinui, canticchia con la nipote: “adesso è adesso - un’altra volta è un’altra volta” e allude a una non linearità – progressiva del tempo. Il film narra la “routine” del protagonista e questa...
‘Crisi’ è un sostantivo femminile che viene dal latino crisis, e dal greco κρίσις, e significa ‘decisione’, ‘scelta’, in economia indica una fase (in un ciclo) nella quale uno squilibrio fondamentale determina l’incapacità di utilizzare tutti i fattori idonei alla produzione di beni e di servizi che la società esprime. Keynes, in “Un’analisi economica della disoccupazione” [1] ha scritto che “un boom è generato da un eccesso di investimento rispetto al risparmio e una crisi da un eccesso di risparmio rispetto all’investimento”. Se è così è dai primi anni settanta che siamo in crisi; da allora l’insieme dei capitali distolti dall’investimento in beni produttivi, in favore di forme di impiego puramente finanziario è infatti sempre cresciuta. La finanziarizzazione è, del resto, il segno più palese ed evidente del nostro tempo, e lo è da decenni. Per i marxisti ortodossi la crisi è una conseguenza della caduta tendenziale del saggio di profitto, che prevale sui diversi fattori ed escamotage che possono essere messi in opera per alleviarla. Per i keynesiani è l’effetto di una carenza di domanda globale, a sua volta causata dalla ineguaglianza e dalla concentrazione dei redditi sulla parte alta della scala sociale [2].
Più in generale si può dire che, al di là del meccanismo scatenante particolare, l’instabilità del capitalismo, che determina le crisi, è causata dalla presenza di due mercati (merci e moneta)[3] e da una programmazione intrinseca orientata alla mera accumulazione di segni monetari[4].
‘Globalizzazione’, invece, è un termine invalso da alcuni anni a significare il fenomeno di riduzione delle regolazioni nazionali, incremento del commercio internazionale su un piano di maggiore parità, vorticoso movimento di capitali tra le principali città globali mondiali sede di ‘piazze finanziarie’.
La tesi che vorremmo sostenere è che il fenomeno esteriore della globalizzazione è solo l’effetto di una molteplice crisi che non trova soluzione. Questa crisi ha preso direttamente avvio dall’esaurimento della soluzione che alle tensioni scatenate dal capitalismo competitivo primo ottocentesco[5] era stata trovata nel dopoguerra, e da allora procede per trasformazioni continue che coinvolgono tutti gli assetti di potenza modificandosi continuamente[6].
Ci sono un gran numero di interpretazioni del termine e di ricostruzioni della meccanica degli eventi che l'ha scatenata di nuovo[7], dopo il parziale disciplinamento degli spiriti animali più distruttivi creato a Bretton Woods[8]. A partire da quel momento l’equilibrio di crescita all’ombra dell’egemone era proseguito, per una larga serie di fattori[9], per alcuni decenni nel quadro necessario della diarchia USA/Urss, fino a che, al punto culminante di una crisi egemonica dalle molte facce[10], Nixon riaprì il vaso di Pandora della finanza, sganciando la generazione di moneta dall'ancoraggio reale all'oro. Con questa mossa, anche senza avvedersene, confermò la legittimità di ciò che già accadeva da qualche anno con i cosiddetti ‘eurodollari’[11], la generazione di moneta attraverso aperture di credito incrociate dal nulla, la moneta ‘fiat’[12] che era sempre esistita, ma sempre controllata ed inibita dalla moneta legale dello stato. In questo momento l'enorme massa di denaro in movimento, amplificata dall'aumento del costo delle materie prime[13], fa saltare del tutto i fragili equilibri del mondo di prima, già sotto pressione insopportabile da parte delle pressioni dei lavoratori e delle lotte sociali del ventennio precedente[14]. La spinta a ridisciplinare i desideri di controllo del proprio destino e di partecipazione alla produzione di ricchezza delle classi subalterne, fattasi incompatibile con i profitti, avvia quindi una gigantesca stagione di deregolazione nella quale l'Europa (Inghilterra, Francia, poi Germania, e infine Italia) è in prima fila. Deregolazione della finanza, quindi del lavoro e infine delle merci. La deregolazione procede simmetricamente alla perdita di peso delle organizzazioni del lavoro e insieme al sorgere ed applicarsi di tecnologie che consentono organizzazioni a rete orizzontale, apparentemente meno gerarchiche e standardizzazioni su una scala che, insieme al movimento dei capitali, fa diventare possibile costruire reti logistiche lunghissime ma non per questo inefficienti. E' la stagione degli investimenti diretti all'estero che spezzano le reni al potere dei sindacati e costringono il lavoro ad accettare una riduzione della ripartizione di base della ricchezza di oltre dieci punti[15].
Al termine di una lunga agonia interviene a questo punto il fattore cruciale di accelerazione: la dissoluzione pacifica dell'impero sovietico. La parte est viene assorbita in pochi convulsi mesi dall'Europa, ritornata improvvisamente ad egemonia tedesca (mentre i francesi, come loro solito, si illudono di dominarla), e tutti i movimenti socialisti occidentali ripiegano in disordine. Si forma l'Unione Europea[16] sotto questo segno, la ‘fine della storia’[17] ed il trionfo del modello anglosassone di capitalismo (anche se nelle stanze di dietro gli abili tedeschi inseriscono copiose dosi di Ordoliberalismo). Viene blindata in questo modo un’area di mercato competitivo nel quale non può trovare posto la redistribuzione e i meccanismi di compromesso sociale e politico del capitalismo latino[18].
Insomma, sotto il benevolo controllo americano, ed all'ombra delle numerosissime basi militari, sembra a molti che la storia complessa del novecento sia davvero finita e resti solo la promessa di arricchirsi da raccogliere però individuo per individuo, l’uno contro l’altro. Una società dei consumi, felice di competere nella quale il migliore potrà sempre trovare la propria strada. Una società che si incardina su un potentissimo e pervasivo dispositivo nascosto che fa leva su bisogni e desideri dei singoli, chiedendogli di pensarsi come potenza in atto non come produttori, e quindi collettivamente[19], ma come consumatori e capaci di piacere e desiderio individuale. Questa promessa di vita e di energia individuale produce un immaginario irresistibile che però ha un rovescio: il dominio e lo sfruttamento di coloro la quale potenza resta in attesa, spesso per sempre, e che devono essere sfruttati perché quella di pochi passi ‘in atto’. Dimenticando la linea di ombra[20], la società generata dalla competizione senza freni, fatta sistema, della mondializzazione neoliberale finisce quindi per costruire una narrazione avvincente, accompagnata dallo spettacolo multiforme della tecnica, che prevale sulle trascendenze alternative e concorrenti: sulla teologia politico-economica del marxismo, nelle sue diverse forme, e sulla teologia politico-sociale del cristianesimo.
Al passaggio di millennio, però, viene compiuto quel che la storia si incaricherà di indicare come un errore incomprensibile, una hyubris guidata dall'orientamento a corto termine che la finanza ed il sistema delle imprese giganti che ha preso il centro della scena ha connaturato: nell'Uruguay Round viene ammessa la Cina, con un trattamento di favore, e sono abbattute quasi tutte le barriere. Da allora tutte le produzioni a basso, e via via maggiore, valore aggiunto si spostano in oriente, i prezzi delle merci precipitano ma insieme e per lo stesso meccanismo, come due lati di una medaglia, lo fa anche il potere di acquisto delle classi basse e via via superiori.
Si apre un vuoto nel centro dell'occidente, al quale i paesi tradizionalmente volti all'esportazione (Germania e Giappone in primis) rispondono allargando ancora i loro squilibri commerciali che comunque erano usciti dall’equilibrio precedente già dalla caduta di Brandt[21]. In un lungo concatenamento di effetti e cause intrecciati come una catena di acciaio il vuoto si propaga, e rende necessario un sempre più affannoso inseguimento con nuove espansioni di valore fittizio fatte gocciolare a compensare l'incapacità di troppi di ottenere ciò che il sogno del consumo (che legittima l'esistente) promette[22]. Si arriva quindi alla parossistica coltivazione di ‘bolle’ l'ultima delle quali è quella immobiliare, e si arriva, con l'inesorabile meccanismo descritto da Minsky al crac del 2007[23].
Da allora seguono dieci anni di ristrutturazione e di tentativi continui di far continuare il business che si è rotto, scaricandone i costi su chiunque altro. Ma insieme, da allora, si comincia a vedere le forze relative della Cina e la ripresa della Russia promettere ormai che non potrà più riprendere il vecchio gioco di dominio solitario e quindi la globalizzazione ‘felice’ degli anni novanta [24].
Guardando dal punto di osservazione delle società occidentali, intorno a questi fenomeni che tendiamo a riassumere nel termine ‘globalizzazione’ ha in sostanza preso forma un nuovo compromesso sociale a rapporti di forza invertiti, rispetto a quello del “welfare state” novecentesco. Nel contesto di un’impostazione economica essenzialmente deflattiva, si è creata la condizione (di potere normativa e tecnologica) per un enorme allargamento della base produttiva, con il coinvolgimento di centinaia di milioni di nuovi lavoratori, che ha prodotto effetti molteplici sia sulla distribuzione sociale sia sui costi dei beni industriali e quindi sul consumo. A partire dagli anni settanta, e via via più velocemente, sono calati i prezzi relativi dei beni industriali di massa e questo, malgrado l’erosione del reddito della parte attiva della popolazione, ha creato a lungo sia una sensazione crescente di ricchezza diffusa sia il fenomeno sociale e culturale del “consumismo”. Dunque le condizioni per la creazione di un consenso su nuove basi: sul consumo anziché sul lavoro.
Ma questo continuo accelerare della instabilità, disperatamente tamponata, nello sforzo di sacrificare altri e conservare la propria potenza, con ricette opposte nei principali centri del capitale occidentale[25] si è presento sulla scena approfondendo ininterrottamente per dieci anni il vuoto nel quale l’occidente tra precipitando. Insieme alla spirale di perdita di capacità di acquisto, sovrapproduzione, tensione deflattiva, erosione dei margini di profittabilità, ricerca di soluzioni a breve termine comprimendo i costi, caduta della produttività, rinvio degli investimenti, e via dicendo, inizia però alla fine a venire meno il consenso sul quale il neoliberismo aveva vinto la sua battaglia contro le promesse di salvezza alternative: la crescita della felicità attraverso il consumo.
La globalizzazione è stata, insomma, un continuo inseguire la crisi per stare un passo avanti, ma ormai questa ci ha raggiunti.
Sarà necessario che la storia, che sembrava finita, riprenda il suo cammino e la soluzione tampone trovata per strada per rimediare all’esaurimento dell’equilibrio sociale keynesiano venga superata.
Ormai ha scavato tutta la terra che era accumulata sotto i propri piedi[26].
Note
[1] - John Maynard Keynes, “Un’analisi economica della disoccupazione”, intervento alla Harris Foundation, 1931, in Come uscire dalla Crisi, Laterza,1983, p.44.
[2] - Il meccanismo di trascinamento è che le classi alte hanno una propensione al consumo inferiore. Dunque se la stessa somma è distribuita in alto, la quota risparmiata è maggiore e le somme tesaurizzate tendono a non circolare abbastanza. A sua volta, la riduzione dei consumi inibisce gli investimenti produttivi, per assenza di domanda dei beni da produrre, e quindi tende ad aumentare gli impieghi meramente speculativi.
[4] - Anziché di ricchezza reale, qualunque cosa la società possa intendere con questo termine. In altre parole, il capitalismo è autoprogrammato per generare valore solo per chi è incluso nel suo circuito autoreferente. Il meccanismo di trasformazione della natura in ‘merce’, e del suo consumo attraverso il realizzo del suo ‘valore’, attraverso il quale si determina il ‘capitale’ è orientato non al consumo, ovvero alla creazione di ‘ricchezza’, ma all’accumulazione di altro ‘capitale’. Il ‘capitale’ è quella forma del valore che per esistere deve accrescersi costantemente senza altro scopo che la propria esistenza. Ciò genera un ‘sistema automatico’ che non è affatto dotato di volontà, e non è un macrosoggetto (essendo, anzi, il luogo della concorrenza), ma è portatore di una logica immanente. Bisogna prestare attenzione ad un elemento importante: non è affatto la finanza ad essere la parte ‘cattiva’ e l’industria quella ‘buona’, la crescita di questa, anche se ha andamento ‘tumorale’, è causata dalla carenza di sbocchi della prima. La congestione dei capitali da valorizzare nell’economia reale è il motore iniziale. E quindi la necessità intrinseca, direi definitoria, del capitale di valorizzarsi a qualsiasi costo, necessità che cammina sulle gambe di tutti gli operatori, in qualunque posizione siano nel sistema.
[5] - E che furono oggetto delle analisi di Marx e di Engels, mentre la soluzione lo fu delle analisi di Polanyi sul piano sociale Cfr. Karl Polanyi, “La grande trasformazione”, 1944.
[6] - Dunque la globalizzazione va vista anche come effetto e fenomeno connesso con la “grande partita” in corso per l’egemonia nel mondo, nella transizione tra logiche “territorialiste” e “capitaliste” (Arrighi).
[7] - La globalizzazione non è un fenomeno esclusivo del tardo ventesimo secolo, e non è neppure una irresistibile e tendenza della storia, che apprende la strada dell’armonia universale, è molto più un movimento ciclico determinato dal gioco del potere. Si tratta, come è avvenuto a scale diverse con i grandi imperi del passato proto-capitalista e in epoca moderna con la fase imperiale del dominio inglese (dopo la sconfitta di Napoleone via via consolidatosi nella sostanza entro il XIX secolo) dell’effetto e della forma che prende la capacità di un modo di produzione egemone, sostenuto dalla forza anche militare e comunque economica, di costringere ogni altro alla compatibilità. Momenti di predominio che, per loro natura, non possono durare in eterno, le condizioni che lo rendono possibile tramontano, e i sistemi alternativi, resi subalterni e costretti ad aprirsi, per questo, apprendono, alzando il livello del confronto.
[8] - Cfr, per una descrizione parziale dei problemi che dovettero essere affrontati nella Conferenza di Bretton Woods, condotta sotto stretto controllo americano e con l’agenda seminascosta di consolidarne il dominio morbido sul mondo che la guerra rendeva evidente, davanti alla necessità di ridisegnare gli assetti del mondo e garantire la rimozione delle cause della tragica doppia guerra civile europea (identificati negli squilibri di capitale e nelle guerre commerciali derivanti) si veda … Keynes
[9] - Il relativo dominio industriale e quindi commerciale degli USA, nel campo occidentale, e quello dell’Urss, nel relativo campo, determina le condizioni per un capitalismo a competizione temperata e sufficientemente minacciato dall’esempio sovietico da non poter forzare la mano alle forze sociali organizzate del lavoro. In un quadro di aspra conflittualità il capitale si trova inibito dalla sua principale fonte di forza, la mobilità (arrestata dagli accordi presi), e d’altra parte a partire dagli anni cinquanta si trova ad essere ancorato al dollaro, un dinamico squilibrio si istituisce tra la tendenza della competizione intercapitalistica, sia entro sia tra sistemi di regolazione intrecciati, ad erodere il saggio di profitto e le controforze determinate dal capitale pubblico, che fornisce beni sottratti alla logica di mercato, sia dalla intensificazione della produttività per via tecnologica e sociale, sia, infine, dalla espansione dei consumi e quindi dei mercati. Fino a che questo meccanismo resta in ascesa se ne giovano sia i lavoratori, che vedono crescere il proprio reddito disponibile e i beni pubblici disponibili (reddito indiretto) sia il capitale, che guadagna in estensione quel che perde in intensità dello sfruttamento. Si tratta, sotto molti profili di quel che Minsky (1975) chiama “keynesismo privatizzato” che coltiva gli elementi destabilizzanti nascosti in particolare nell’intrinseca instabilità della moneta finanziaria.
[10] - Con la necessaria sintesi, una crisi competitiva, dato che l’industria americana non aveva più lo schiacciante predominio che aveva determinato l’esito della crisi delle due guerre, ed era sfidata da potenze industriali emergenti di vario rango, tra le quali il Giappone, la Germania, la stessa Italia, e le prime “tigri asiatiche”. Ma anche una crisi militare (con i costi di protezione che esplodono ed i costi delle due guerre semiperse di Corea e Vietnam ad erodere anche il prestigio). Ciò che accade in quegli anni è che il progetto del dopoguerra, creare mercati per l’industria USA, facendo ripartire i consumi del mondo al contempo creando delle aree forti, ma subalterne, anche in prospettiva antisovietica, dei guardiani del faro, nella Germania e nel Giappone, incontra i suoi limiti. Il piano egemonico statunitense prevedeva, per restare in equilibrio, che l’eccedenza commerciale venisse reinvestita nelle aree captive (Europa e Giappone), facendo leva sui paesi d’ordine (Germania e Francia nel caso europeo). Mentre l’industria centroeuropea doveva trovare sbocco in particolare nell’aurea comunitaria, l’industria giapponese vede il sostegno direttamente del mercato americano e delle guerre d’area, come stimolo aggiuntivo. Ma la guerra del Vietnam finisce per costare quasi 300 miliardi di dollari complessivi, e crearono condizioni di inflazione che in cinque anni erosero di due punti il potere di acquisto degli americani e di diciassette i profitti medi delle imprese. Contemporaneamente la “grande società” di Lyndon Johnson presentò il suo conto e il governo federale dovette far lievitare enormemente il debito pubblico. Al 1971 le passività americane erano di 70 miliardi di dollari, a fronte di riserve d’oro di 12. Una enorme quantità di dollari inonda i mercati mondiali e genera pressioni inflazionistiche secondarie in Francia, Inghilterra e via dicendo. Ciò perché le regole del cambio fisso costringono i paesi europei, a loro volta, a fare espansione monetaria. In sostanza gli europei accusano gli Stati Uniti di esportare inflazione per finanziare il loro welfare (ai fini di garantirsi stabilità interna) e la guerra. L’ “esorbitante privilegio” di poter stampare dollari senza apparenti vincoli, mostrava il suo rovescio. Quando gli Stati Uniti passano da paese che esporta eccedenze, a paese che accumula deficit, quel vincolo comincia ad esportare instabilità. Allora, nel 1967 l’Inghilterra viola le regole e deflaziona la sterlina del 14%, costringendo gli USA ad impegnare il 20% delle riserve per mantenere il prezzo del dollaro rispetto all’oro (35 dollari per oncia), nel 1970 Paul Volcker, nominato sottosegretario al Tesoro, propone la soluzione di sospendere la convertibilità. Nel agosto 1970 la Francia e l’Inghilterra chiedono la conversione delle loro riserve in moneta ed il piano di Volcker, in risposta, scatta.
[13] - L’enorme aumento del costo delle materia prime, che provoca una serie devastante di effetti a catena, facendo aumentare i costi di produzione, l’inflazione, è un effetto della rottura di Bretton Woods nelle condizioni di grave squilibrio nella quale avviene. L’oro passa da 35 a 455 dollari l’oncia nel 1979, il dollaro perde il 35% del valore rispetto al marco ed il 20% sullo Yen ed il franco, il petrolio, influenzato da un cartello difensivo dei produttori, passa da 3 $ al barile a 30, dopo la guerra del Kippur, e via dicendo (tutte le materie aumentano, bauxite, rame, ferro, argento, …). L’effetto complessivo è che il resto del mondo finisce per finanziare il deficit americano, redistribuendo per via finanziaria le eccedenze nel mercato americano. I flussi di capitale invertono la loro direzione. Ma è necessario, dal punto di vista americano anche contenere la competizione che l’industria estera fa a quella americana, e a tale fine l’incremento dei fattori produttivi (dato che gli USA hanno ingenti risorse di materie prime) sono una buona strada.
[17] - Il riferimento è al famoso libro di Fukuyama, “La fine della storia”.
[18] - Per un confronto con spessore storico tra il capitalismo latino e quello anglosassone, a volte definito, protestante, si veda Luigino Bruni “Il mercato e il dono”.
[20] - Nella distorsione prospettica per la quale ognuno, equivocando la natura sociale di ogni possibile potere e di ogni possibile piacere e consumo, si pensa vincitore, quando è tanto più probabile non esserlo.
[24] - Che, naturalmente, ‘felice’ è stata solo per chi riusciva a posizionarsi nei pressi dei flussi di capitali caldi che attraversavano il mondo e sembravano non avere limiti.
[25] - In Usa con un’espansione monetaria imponente e tempestiva, accompagnata da estensioni di protezione e garanzie esclusivamente estese alla parte finanziaria dell’economia (di cui è riconosciuta la centralità sistemica e il potere reale), insieme ad una costante intensificazione dello sfruttamento, in Europa con l’insorgere di una economia duale, con un ‘core’ dedito all’esportazione ed all’accumulo di attivi finanziari, riciclati nei mercati in espansione, ed una periferia costretta ad una brutale austerità per dare priorità al servizio del debito nei confronti del centro. Cfr. Streeck “l’ascesa dello Stato di consolidamento europeo”.
[26] - L’intero equilibrio, e tutte le politiche postkeynesiane, sul piano del consenso sono inconsapevolmente appoggiate sulla pacificazione sociale creata dalle politiche welfariste. L’attuale “Rivolta degli elettori”, come efficacemente scrive Spannaus, e quindi l’intera perdita di stabilità politica dell’occidente, in modo singolarmente simile alla crisi descritta da Polanyi, è invece causata dall’erosione insopportabile per le biografie concrete di troppi della sicurezza esistenziale che era stata prodotta (e delle classi medie che la incarnavano). Le politiche liberiste, concentrate sulla riduzione della ‘minaccia’ della burocratizzazione e dei sistemi di regolazione, sentiti come oppressivi, e quindi operanti per via di deregolazione e disgregazione dei corpi intermedi protettivi della società (inclusa la stessa democrazia rappresentativa, a ben vedere, cfr, ad esempio Peter Mair, “Governare il vuoto”) hanno insomma distrutto la base sociale del loro consenso. Promettendo felicità hanno portato incertezza ed angoscia.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
Salvatore Minolfi: Le origini della guerra russo-ucraina