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ilpungolorosso

Su un capolavoro di F. Engels (La situazione della classe operaia in Inghilterra) e una onesta ricerca sui “morti per disperazione” nell’Amerika di oggi

di Luca Bistolfi

“Morti per disperazione”: uno studio e un classico fanno riflettere sul sistema capitalistico. Che non aumenta il benessere, ma esalta disparità e dolore

engels giovaneQuesto bell’articolo di L. Bistolfi (che francamente conosciamo poco, o nulla) stabilisce un accostamento interessante tra il massimo capolavoro (forse) di Federico Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra (al 1844), appena ripubblicato da Feltrinelli – un libro da leggere e da rileggere ! -, e un’onesta ricerca di due accademici statunitensi su tre flagelli che imperversano negli Stati Uniti di oggi, e spingono i più disperati, in genere proletari o proletarizzati, verso la morte: l’alcool, la droga, il suicidio.

In tempi come questi, fatti di messaggi brevi, con tempi di lettura minimi e cronometrati (2, 5, 8 minuti), invitare alla lettura di libri e allo studio, ed in particolare allo studio dei nostri classici, è controcorrente. Lo sappiamo bene. E nondimeno invitiamo, incitiamo i frequentatori di questo blog a leggere i libri indispensabili (quello di Engels è tale) e, se si ha tempo, anche quelli utili a comprendere gli implacabili antagonismi del capitalismo.

* * * *

Bisogna elevare un grande plauso alla recente pubblicazione per i tipi di Feltrinelli della Situazione della classe operaia in Inghilterra, l’opera di Engels che lasciò ammirato Marx e che di fatto segnò l’inizio del loro sodalizio umano e politico. Un lavoro denso e preciso edificato sulla stampa e sulle relazioni delle commissioni dell’epoca e sulla diretta osservazione dell’autore, che schiude le porte dell’inferno sulla terra mostrando con spietatezza la realtà dei lavoratori e delle lavoratrici, bambini inclusi, a mezzo dell’Ottocento.

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centroriformastato

Il lavoro al tempo delle piattaforme

di Giulio De Petra

Intervento per la sessione “L’egemonia delle piattaforme" del convegno “Rileggere il Capitale”, organizzato da ARS e CRS

home office 4996834 1920 1 1536x854Un conflitto necessario

La traiettoria del capitalismo, delle sue crisi e dei suoi sviluppi, si intreccia inestricabilmente con quella del lavoro, della sua forma e delle sue lotte.

È la riorganizzazione continua del modo di produzione capitalista che determina la forma del lavoro, i modi e l’intensità dello sfruttamento, le caratteristiche della sua alienazione.

E, nello stesso tempo, sono i conflitti prodotti dall’organizzazione politica del lavoro a determinare i tempi e i modi dei passaggi della riorganizzazione del capitalismo.

Ed è un conflitto necessario, senza il quale il meccanismo di sviluppo del capitalismo rischia di avvitarsi su se stesso, di procedere per inerzia, proseguendo sulla propria traiettoria senza adeguata consapevolezza delle conseguenze sociali, economiche, ambientali che determina.

Questa reciproca implicazione di lavoro e capitalismo vede nell’utilizzo delle tecnologie storicamente disponibili la risorsa determinante, quella che consente determinate forme di produzione e quella che influenza l’organizzazione politica del lavoro.

La comprensione di come le tecnologie digitali, la forma attuale delle tecnologie di produzione e di organizzazione sociale, modificano e determinano la forma del lavoro è quindi centrale per comprendere la forma attuale del capitalismo.

Ma è centrale anche da un altro punto di vista, che è una delle motivazioni (la principale?) di queste due giornate di analisi e confronto.

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linterferenza

Appunti sulla cultura del lavoro tra liberalcapitalismo e postmodernismo

di Gerardo Lisco

industria Imagoeconomica 1525975 kFKB 1020x533IlSole24Ore WebLa proposta di Letta di istituire un’imposta patrimoniale per costituire un fondo a favore dei giovani, che dovrebbe servire per l’Università o per avviare un’attività imprenditoriale, è da inserire nel cambio di paradigma che vuole il lavoro non più un diritto ma un dovere, secondo la logica del Ministro Fornero. La proposta è stata respinta dal Presidente del Consiglio Draghi, la destra Conservatrice si è opposta alla proposta avanzata da Letta sostenendo la decisione del Presidente del consiglio. La destra conservatrice si è schierata a difesa dell’idea che solo riducendo il prelievo fiscale sui patrimoni e sui redditi alti è possibile liberare risorse utili al rilancio dell’economia, in sostanza la teorie del trickle-down rappresentata dalla curva di Laffer; la destra Liberale, il PD e il ceto di opinionisti e intellettuali che gravitano nella sua orbita si sono immediatamente affannati a sostenere la proposta di Letta come di sinistra e a sottolineare come essa fosse stata sostenuta da Liberali come Einaudi e Keynes.

La proposta avanzata da Letta non molto tempo fa è l’altra faccia della medaglia rispetto all’idea avanzata da Renzi di un referendum per abrogare il reddito di cittadinanza. Entrambi gli istituti vanno inquadrati nel contesto economico e sociale nel quale devono operare. Come spiegano Van Parijs e Vanderborght [1] l’idea di introdurre strumenti quali reddito di base, nel caso specifico il reddito di cittadinanza, o una dotazione di base secondo la proposta avanzata da Letta sono rintracciabili a partire dalla fine del XVIII secolo interessando sia la destra che la sinistra ( solo per memoria le categorie politiche di destra e sinistra nascono proprio sul finire del 700 durante la Rivoluzione francese). I due autori, per inciso, appartengono alla schiera di coloro che da Sinistra sostengono la necessità di introdurre istituti quali il reddito di cittadinanza.

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officinaprimomaggio

Tra conflitto e pratica dell’obiettivo

Riccardo Emilio Chesta intervista la Tech workers coalition italiana

external content.908785g74Anche in seguito alla crisi da Covid-19 da circa un anno in Italia si è costituita una sezione della Tech workers coalition (Twc), rete transnazionale dei lavoratori delle aziende Ict. Li abbiamo incontrati dopo un evento pubblico online di presentazione delle loro attività. Composta di lavoratori qualificati nel settore informatico, grafico, che include progettisti e sviluppatori, la Twc è un soggetto che cerca di parlare a diverse realtà lavorative investite dagli attuali processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica. Si propone di coinvolgere nelle proprie iniziative non solo chi le tecnologie digitali le programma e sviluppa ma anche chi le esperisce nel proprio lavoro, come i rider delle piattaforme di food-delivery o i magazzinieri della logistica, tentando dunque di gettare ponti che leghino i lavoratori più tecnicamente qualificati con i lavoratori manuali sempre più coinvolti dai processi di digitalizzazione. Da un lato la Twc si pone obiettivi specifici e settoriali – è composta in prevalenza da lavoratori e lavoratrici del settore informatico – ma ritiene che possano essere un mezzo attraverso cui coinvolgere nella propria organizzazione tanto lavoratori manuali quanto figure tecniche ibride, a cavallo col lavoro culturale, come i grafici e i designer.

Già l’adozione del termine “coalizione” li identifica come un soggetto aperto, non corporativo che tenta di andare oltre un’opera pur necessaria di sindacalizzazione e organizzazione, ponendosi come obiettivo un’opera più generale di acculturazione all’azione collettiva e alla costruzione di solidarietà tra i lavoratori tech, in primis sul proprio posto di lavoro ma anche al di là, invitando a riflettere sui legami tra la propria professionalità e le implicazioni più generali in società.

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la citta futura

L’utopia della de-mercificazione della forza-lavoro

di Domenico Laise

La mercificazione della forza-lavoro è una condizione necessaria per l’esistenza del modo di produzione capitalistico. Di conseguenza, la “de-mercificazione” della forza-lavoro è incompatibile con il modo di produzione capitalistico. È, cioè, la sua negazione

7e4a56645e0956469242b759988ca5b2 XLDal tempo in cui Marx scriveva il Capitale ad oggi sono mutati molti aspetti nel modo in cui il lavoro viene organizzato ed erogato. L’introduzione di tecnologie come le piattaforme digitali, per esempio, ha generato quello che, da molti autori, viene chiamato il “capitalismo digitale”. Ma, nonostante queste “mutazioni”, alcuni aspetti essenziali del modo di produzione capitalistico non hanno subito modifiche sostanziali. Uno di questi aspetti è la “mercificazione della forza-lavoro”, ovvero la riduzione della forza-lavoro a merce. Da questo dato di fatto occorre ripartire per dare solide basi teoriche anche alle analisi delle forme moderne di erogazione e organizzazione tayloristiche del lavoro. Da questo incontestabile dato di fatto occorre ripartire per illustrare scientificamente l’esistenza dello sfruttamento del lavoro umano, anche nel capitalismo digitale

Per illustrare la natura di alcune forme moderne del lavoro conviene prendere le mosse da un caso concreto e abbastanza noto: il lavoro con piattaforma digitale del food delivery. Attraverso l’uso di algoritmi di ottimizzazione, la piattaforma digitale Deliveroo è in grado di gestire le attività di un’ampia rete di lavoratori (una rete di fattorini o rider), disponibili just in time. Altri noti esempi di lavoratori impiegati e coordinati su piattaforme digitali sono gli autisti di Uber e i lavoratori dei magazzini di Amazon.

Una prima difficoltà che emerge nell’analisi del lavoro del food delivery è quella di individuare la natura del lavoro del driver che consegna il cibo. Sorge il seguente quesito: il driver è un lavoratore subordinato, etero-diretto dalla piattaforma, oppure è un lavoratore autonomo che sceglie quando e quanto lavorare e che si auto-dirige come un imprenditore di sé stesso?

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coniarerivolta

Confindustria attacca il lavoro, i sindacati confederali applaudono

di coniarerivolta

grandeaccordoNonostante l’Italia si trovi ancora in una profonda crisi occupazionale, con il numero di lavoratori occupati calato di circa 800 mila unità tra febbraio 2020 e giugno 2021 e con un tasso di disoccupazione aumentato dal 9,5% di fine 2019 al 10,5% di maggio 2021, la scadenza del blocco dei licenziamenti è arrivata. Con il decreto-legge n. 99/2021 il Governo pone fine, a partire dal 1° luglio 2021, al blocco dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo introdotto nel marzo 2020, escludendo dallo stop solo il comparto della moda (ritenuto uno dei settori che più ha subito la crisi per effetto delle misure di contrasto alla pandemia) e la filiera produttiva ad esso collegata come calzature, pelletteria e tessile.

A corredo della misura governativa, martedì 29 giugno Governo, sindacati confederali (CGIL, CISL e UIL) e Confindustria hanno siglato un accordo. Si tratta, in realtà, di una mera presa d’atto di cui non si comprende il valore giuridico e l’effetto vincolante che potrà esercitare, ma che il segretario della CGIL Landini non ha esitato a definire un grande risultato per tutto il Paese. Nell’accordo si afferma testualmente quanto segue: “le parti sociali alla luce della soluzione proposta dal Governo sul superamento del blocco dei licenziamenti, si impegnano a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente ed il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro”.

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la citta futura

Lo smart working sopravviverà alla pandemia?

di Domenico Laise

Cos’è lo smart working? È una formula organizzativa che i capitalisti utilizzano per accrescere lo sfruttamento dei lavoratori (plusvalore). È la finalizzazione dello smart working allo sfruttamento del lavoro che va combattuta e non la formula dello smart working in quanto tale

aFArrbYqd8yGZo783XkntnIn questa nota si sosterrà che ci sono validi motivi per ritenere che lo smart working sopravvivrà oltre il tempo della pandemia. Esso, è, infatti, uno strumento a disposizione dei capitalisti per “destrutturare, frammentare e atomizzare” la residua resistenza della classe dei lavoratori proletari, nella lotta per la difesa delle conquiste che essi hanno realizzato nel passato [1].

La pandemia, dovuta al virus Covid-19, ha incentivato il ricorso allo smart working. Ciò, come è noto, è dipeso, principalmente, dal fatto che lo smart working può essere svolto senza vincoli stringenti di spazio e di tempo, permettendo il distanziamento richiesto per ridurre il rischio di contagio.

Ora, all’interno della disputa sui vantaggi e gli svantaggi dello smart working ci si domanda: “dopo la fine della pandemia lo smart working continuerà a svilupparsi oppure ritornerà ad essere un fenomeno relativamente marginale come nel passato?”

Per dare una risposta a questo quesito, bisogna analizzare nel dettaglio la natura dello smart working [2].

Nel dibattito tra gli “addetti ai lavori”, alcuni autori, di orientamento neo-liberista, sostengono che lo smart working si svilupperà ancora di più nel post-pandemia, poiché esso è uno strumento che soddisfa il bisogno naturale e primario di auto-organizzazione del lavoratore, bisogno che il lavoro tradizionale (taylorista-fordista) non è in grado di soddisfare perché è etero-organizzato dal capitalista.

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officinaprimomaggio

Lavori culturali senza rappresentanza?

di Mattia Cavani e Anna Soru

PAT 13.Cavani Soru lavori culturali 1024x800Negli ultimi anni, complice l’esaurimento dei movimenti dei precari, è emerso un florilegio di pessimismi della ragione e della volontà riguardo le possibilità di mobilitazione dei lavoratori autonomi e “atipici” nei settori creativi e culturali. Mentre tenevano banco le discussioni sulla classe creativa di Richard Florida e la fine del lavoro di Jeremy Rifkin, la condizione di queste professioni continuava a peggiorare e, con l’esplosione dell’emergenza sanitaria, sono diventati molto evidenti problemi già presenti da decenni. Partendo dall’esperienza di Redacta (la sezione di Acta dedicata all’editoria libraria, di cui abbiamo scritto nel primo numero di Officina Primo Maggio) e da alcuni progetti affini a cui abbiamo partecipato nell’ultimo anno (Acta-media, dedicata a chi lavora nella comunicazione e nel giornalismo, e Art Workers Italia, che riunisce le professionalità dell’arte contemporanea), in questo articolo proveremo a tracciare quali sono le problematiche concrete che si incontrano nell’organizzare questi lavoratori e lavoratrici, un passo necessario per misurare le potenzialità di una rappresentanza in grado di emanciparne la condizione, anche oltre l’ottica emergenziale.

 

Luoghi di aggregazione 

Il primo passo è trovare questi lavoratori: non esiste un luogo fisico analogo alla fabbrica, dove se ne possono intercettare numerosi. Sono sparpagliati e spesso lavorano da remoto in città differenti. Ciononostante, continuano a proliferare forme di auto-organizzazione all’interno della stessa professione o del settore d’appartenenza. Grazie a un mix di relazioni personali e professionali, le prime aggregazioni si manifestano di solito sul territorio; per un successivo allargamento, sono via via più importanti siti dedicati, blog e social media. Questa è per esempio la modalità impiegata da Redacta e Acta-Media.

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bollettinoculturale

"Conversando sul lavoro - I limiti dello smartworking"

di Bollettino Culturale

Presentazione dell'incontro sul libro di Savino Balzano "Contro lo smartworking"

324hduuNel Capitale Marx analizza il settore dell'“industria domestica” che, non avendo più nulla in comune con l'antico artigianato, è diventato un “reparto esterno della fabbrica, della manifattura o del grande magazzino”, disperso nelle campagne e nelle città, e collegata da “fili invisibili” al capitale. Assumendo le differenze storiche e tecnologiche tra il settore nel periodo in cui scrive l'autore tedesco e quello attuale, è rilevante notare come le conseguenze di questo tipo di lavoro per il lavoratore fossero evidenti e possono aiutare l'analisi del lavoro a distanza:

“Lo sfruttamento di forze lavoro immature e a buon mercato assume aspetti più sfrontati nella moderna manifattura che nella vera e propria fabbrica, perché la base tecnica qui esistente, — sostituzione della forza muscolare con macchine e semplificazione del lavoro —, là manca in gran parte e, nello stesso tempo, il corpo femminile o ancora immaturo è lasciato senza il minimo scrupolo in balia degli influssi di sostanze venefiche ecc.; ed è più sfrontato nel cosiddetto lavoro a domicilio che nella manifattura, perché la capacità di resistenza degli operai diminuisce con la loro dispersione, perché tutta una serie di parassiti e predoni si inserisce fra il vero e proprio datore di lavoro e l’operaio, perché il lavoro a domicilio lotta dovunque con l’azienda meccanizzata o almeno manifatturiera nello stesso ramo di produzione, perché la miseria deruba l’operaio delle condizioni di lavoro più necessarie, lo spazio, la luce, la ventilazione ecc., perché l’irregolarità di occupazione aumenta, e infine perché, in questi ultimi rifugi di coloro che la grande industria e la grande agricoltura hanno reso «superflui», la concorrenza nel lavoro raggiunge necessariamente il massimo.”

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officinaprimomaggio

Pianificazione e controllo dei lavoratori

di Nadia Garbellini

AP Automotive Products CybertecDa decenni ci sentiamo ripetere che lo Stato è pachidermico, inefficiente, impone “lacci e lacciuoli” all’iniziativa privata e ne spiazza gli investimenti. Bisogna quindi limitarne il ruolo alla rimozione degli ostacoli alla libera concorrenza, lasciando al mercato il compito di realizzare felicemente la configurazione di equilibrio in corrispondenza della quale ognuno riceve quanto merita e tutto funziona alla perfezione.

Ciò viene affermato con forza non solo dalle organizzazioni padronali – che dopo tutto fanno il loro lavoro – ma anche dai partiti dell’intero arco costituzionale, che inorridiscono quando sentono parlare di intervento statale. Quando però qualche evento “esogeno” mette a repentaglio i profitti privati, ecco che sono gli imprenditori i primi a invocare l’intervento dello Stato affinché paghi i loro lavoratori, elargisca contributi, rinunci a riscuotere le tasse ecc.

Eppure, è proprio l’assunzione del rischio ciò che, secondo la vulgata, giustifica l’enorme disparità nella distribuzione del valore aggiunto tra profitti e salari. Il lavoratore non rischia nulla, e quindi si deve accontentare di remunerazioni esigue. L’imprenditore invece rischia sulla propria pelle, e quindi è giusto compensare con profitti assai ricchi gli eventuali periodi di magra.

Ma il padrone non si accontenta mai. Dopo aver sfruttato lavoratori e ambiente per il suo massimo profitto, vuole spremere anche le casse dello Stato. Non possiamo sforare i sacri vincoli di Maastricht per rimettere in sicurezza le infrastrutture, far frequentare ai nostri figli scuole che non crollino loro in testa, garantire ai soggetti più deboli un’adeguata assistenza socio-sanitaria. Però bisogna andare a Bruxelles a battere i pugni sul tavolo quando si tratta di difendere i profitti.

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lacausadellecose

Dei delitti e delle pene, e del libero arbitrio

A proposito dell’uccisione di Adil, militante del Si Cobas

di Michele Castaldo

2021061901845502639Le nostre leggi sono il risultato delle regole imposte dai romani, mischiate con i riti dei Longobardi e le tradizioni che si sono accumulate in tanti secoli di storia ed i nostri governanti le mettono in pratica come fossero leggi provenienti da Dio; ora io mi provo a fare una critica di questo procedimento, così come ho imparato a fare sotto i miei illuminati sovrani. La società è retta da tre tipi di principi: quelli divini, quelli naturali e quelli politici.
Cesare Beccaria

In piazza Alimonda a Genova fu ucciso con un colpo di pistola Carlo Giuliani, che manifestava con i No global. Il carabiniere Mario Placanica che sparò lo fece per difendersi – si legge nella sentenza – da un lancio di un estintore che Carlo Giuliani tentava di scagliare contro di lui che seduto nella camionetta non aveva via di scampo. Inoltre il fuoristrada, nel tentativo di fuggire rapidamente dai manifestanti, riprende la manovra passando sul corpo di Carlo due volte (una prima in retromarcia, la seconda a marcia avanti). Erano le 17:27 del 20 luglio 2001.

Alle prime luci dell’alba del 18 giugno del 2021, ai magazzini della Lidl di Biandrade in provincia di Novara, il sindacato Si Cobas della Logistica organizza un picchetto per bloccare le merci in uscita e dare forza alla propria lotta.

Da un'altra porta che funge da entrata delle merci esce un camion alla cui guida c’è il giovane autista Alessio Spaziani che, scoperto dai manifestanti, temendo di finire come il topo in trappola ed essere perciò linciato dai manifestanti – questa è la sua versione rilasciata al magistrato che lo ha interrogato – ha accelerato investendo e uccidendo il povero Adil, operaio di 37 anni, padre di due figli e attivista del Si Cobas.

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sinistra

Lotta di classe, repressione statale e violenza padronale

di Eros Barone

plotical pics 177[…] Ai nostri padroni, chiunque siano, / piace tanto la nostra discordia, / e finché ci disuniranno / resteranno i nostri padroni. / Avanti senza dimenticare / di che è fatta la nostra forza! / Che si mangi o che si abbia fame, / avanti senza dimenticare: la solidarietà! [...]

Bertolt Brecht – Hanns Heisler, Canto della solidarietà.

     1. I fatti, il potere e il diritto

La premessa da cui occorre partire è che vi è un riemergere del conflitto capitale-lavoro e di reazioni ad esso cui non eravamo più abituati dagli anni Sessanta del secolo scorso. Questo è il messaggio che ci invia la morte di Adil Belakhdim, un giovane e combattivo sindacalista del S.I. Cobas assassinato da un autista crumiro nel corso di un picchetto svoltosi davanti al magazzino della Lidl di Biandrate: ultimo anello, per ora, di una catena sanguinosa di azioni aggressive e repressive poste in essere dallo Stato e dai padroni contro le lotte dei lavoratori del settore della logistica. 1

Gli analisti ci dicono, dal canto loro, che la democrazia liberale borghese e lo stesso Stato costituzionale di diritto, sorti dalle ceneri della seconda guerra mondiale, stanno vivendo una crisi profonda, probabilmente irreversibile, determinata da più fattori: la globalizzazione imperialista, i mutamenti della tecnologia, la trasformazione securitaria dei rapporti sociali, i flussi migratori, l’impoverimento di massa e i nazionalismi. Sennonché questo tema cruciale – la crisi della democrazia liberale borghese – non è stato finora affrontato in maniera e in misura adeguate, come dimostra l’oscillazione interpretativa tra la categoria della ‘democrazia autoritaria’ (un ossimoro meramente descrittivo e scarsamente esplicativo) e la categoria della fascistizzazione (un approccio che tiene maggiormente conto delle trasformazioni economico-sociali, politico-istituzionali e ideologico-culturali in corso).

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lafionda

Contro lo smart working. Per una vera comunità del lavoro

di Matteo Falcone

Savino Balzano: Contro lo smart working, Laterza, 2021

548237 facebook 998x500È intuitivo comprendere come dopo un’esperienza così totalizzante, come sono stati questi 15 mesi di pandemia, almeno negli ambienti più accorti, si senta la necessità di discutere del nostro futuro. In una recente lezione intitolata La grande migrazione online: costi e opportunità, tenuta da Juan Carlos De Martin, professore ordinario di ingegneria informatica al Politecnico di Torino ed uno degli studiosi più attenti alle trasformazioni prodotte dalle tecnologie sulla nostra società e sulla nostra democrazia, sottolineava come sia arrivato il momento di iniziare una seria riflessione collettiva sul post-pandemia e su quale futuro vogliamo costruire per la nostra comunità nazionale. Un futuro che, ci avvertiva, verrà comunque costruito, ma senza un franco dibattito democratico lo sarà in modo più opaco e, probabilmente, prescinderà dagli interessi della maggioranza della popolazione italiana.

Contro lo smart working di Savino Balzano, appena edito da Laterza (2021), rientra pienamente all’interno di questo spirito. L’autore dichiara fin dalle prime pagine del saggio di avere come primo obiettivo innanzitutto quello di tentare di aprire un dibattito franco (e dal suo punto di vista critico) sul lavoro agile o, riprendendo la vulgata mediatica, sullo smart working. Un dibattito che oggi – come lo stesso autore non manca di sottolineare variamente – sembra essersi raccolto attorno a questioni marginali, concentrandosi spesso, se non prevalentemente, sui potenziali effetti positivi che il lavoro agile produce su una serie di questioni problematiche presenti nel nostro Paese (e non solo nel nostro Paese), piuttosto che essere centrato, come dovrebbe essere, innanzitutto sugli effetti di questo nuovo strumento di flessibilizzazione del lavoro sui lavoratori e sui loro diritti.

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lacausadellecose

I fatti di Tavazzano Lodi nelle complicazioni della fase

di Michele Castaldo

Lavoratore ferito PiacenzaIl fatto quotidiano, giornale democratico che ha sostenuto i governi Conte Uno e Conte Due, sui fatti di Tavazzano Lodi, titola in prima pagina: « Fedex Tnt: squadrismo contro gli operai licenziati ». Poi comincia l’articolo dicendo: « sarà un’indagine a svelare se il presidio dei lavoratori assaltato con bastoni e bottiglie è stato opera di bodyguard pagati dall’azienda ».

Sono i miserabili democratici al servizio di sua maestà il capitale che si scandalizzano per fatti che nei tempi moderni ormai non dovrebbero più accadere. Cerchiamo di entrare più da vicino sui fatti, e capire in profondità le complicazioni che presenta la fase per le condizioni dei lavoratori e la possibilità della loro organizzazione per difendersi in questa crisi.

Indipendentemente se siano stati bodyguard o lavoratori di imprese del nuovo appalto nel nuovo impianto di FedEx Tnt di Tavazzano Lodi ad aggredire gli operai licenziati della FedEx Tnt di Piacenza che cercavano di farsi sentire, perché licenziati in 298, bloccando il transito dei mezzi in entrata e in uscita delle merci, c’è un responsabile criminale che

si chiama rincorsa del profitto e che siede nelle poltrone dei capitani d’industria. Dunque c’è innanzitutto un imputato certo, pertanto non cerchiamo nella risposta del magistrato, che indaga, il colpevole, peggio ancora se certe indagini vengono affidate a certi magistrati come la dottoressa Pradella che giustificò l’intervento della polizia, a Piacenza, in virtù di « gravi fattori di pericolosità » nei confronti di lavoratori che chiedevano qualche sacrosanto diritto « garantito dalla Costituzione », o – peggio ancora – come il giudice per le indagini preliminari, la signora Donatella Bonci Buonamici che definì « atto di civiltà » la scarcerazione degli indagati incarcerati da un altro magistrato.

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lordinenuovo

Sblocco dei licenziamenti e liberalizzazione del subappalto

Un attacco frontale alla dignità e alla sicurezza dei lavoratori

di Domenico Cortese

Lavoratore pavimentazione stradaleNel decreto legge Sostegni-bis è stato stabilito che il blocco dei licenziamenti non andrà oltre il 30 giugno per le grandi aziende e fine ottobre per le piccole e medie imprese. L’unica “concessione” che il governo Draghi sembra fare alla classe lavoratrice coinciderebbe con l’istituzione di una Cassa integrazione agevolata per le aziende accompagnata dal divieto, per queste, di licenziare. In altre parole, vince Confindustria su tutta la linea, con il solo ammortizzatore sopravvissuto per i lavoratori concesso a patto di espungere totalmente ogni voce di costo per il padronato.

Infatti, dal 1° luglio 2021 i datori di lavoro che non potranno più utilizzare la cassa integrazione ordinaria Covid-19 prevista dal decreto Sostegni (i.e. massimo 13 settimane tra il 1° aprile 2021 ed il 30 giugno 2021) potranno accedere alla cassa integrazione ordinaria o straordinaria prevista dal D.Lgs. n. 148/2015 senza tuttavia pagare contributi addizionali fino al 31 dicembre 2021. Durante l’utilizzo dei predetti ammortizzatori, le imprese resteranno allora vincolate al divieto di licenziamenti.

Il quadro che si profila lungo l’estate del 2021 diviene perciò estremamente pesante per i lavoratori, non tanto e non solo per le conseguenze occupazionali che lo sblocco apporterà (si va dai 150 mila posti di lavoro che si perderanno secondo la Fondazione Adapt1 ai quasi 600 mila stimati da Bankitalia e ministero del lavoro2, che si aggiungerebbero ai 900 mila occupati in meno da inizio pandemia) quanto per il crollo del potere politico e negoziale che risulta già evidente da un intervento dei sindacati confederali fiacco e convenzionale.