Una crisi politica dirompente
di Eros Barone
Le dimissioni di Conte, presidente incaricato proposto dalla coalizione M5S-Lega, e il conferimento dell’incarico per la formazione del nuovo governo a Cottarelli segnano, nel braccio di ferro tra uso politico della presidenza della repubblica e uso populistico delle elezioni, una nuova fase, concitata e drammatica, della crisi politica e istituzionale italiana determinata dai risultati elettorali del 4 marzo scorso. Tuttavia, anche se la vicenda offre una ricca materia agli specialisti del diritto costituzionale, sarebbe miope pensare che la questione riguardi soltanto la corretta interpretazione delle prerogative del presidente della repubblica e la corretta applicazione delle regole e delle procedure previste dalla Carta - questione in sé astrattamente scolastica e formale -, poiché essa riguarda, in realtà, un conflitto verticale di volontà politiche e di interessi economici tra blocchi sociali contrapposti. Schematizzando, si tratta dello scontro fra la grande borghesia europeista e la piccola borghesia anti-unionista: scontro furibondo come non mai e perciò aperto ai colpi più duri che si possano sferrare dall’una e dall’altra parte.
In effetti, la spaccatura economica tra queste frazioni della borghesia capitalistica è diventata prima elettorale e poi politica; inoltre, se si pensa, insieme con il ‘casus belli’ rappresentato dalla candidatura di Savona al dicastero dell’economia, alle due misure del reddito di cittadinanza e della ‘flat tax’, proposte rispettivamente dal M5S e dalla Lega, non è escluso che la spaccatura possa assumere altre connotazioni ancor più pesanti, cioè un ‘mix’ tra rivolta sociale e rivolta fiscale che, questo sì, metterebbe a repentaglio la sussistenza del ‘vincolo esterno’.
Dal canto suo, il potere del presidente della repubblica ha confermato in modo sempre più palese, con il progredire della crisi istituzionale attraverso i decenni, la sua natura elastica di strumento di azione (o di reazione) del blocco dominante: strumento a geometria variabile, cui è sempre immanente la possibilità della torsione autoritaria (da Pertini a Scalfaro, da questo a Napolitano e da quest’ultimo a Mattarella)1.Quell’istituto ha fedelmente registrato le diverse fasi della lotta politica che si è svolta in Italia e ha dimostrato, in particolare, che, negli stati d’eccezione, un potere che dovrebbe essere, secondo la teoria politica liberale, frazionario, è ‘tutto il potere’, sancendo così la rivincita di Hobbes su Locke (il quale, peraltro, potrebbe prendersi la sua rivincita facendo valere, nella prossima fase, il diritto di resistenza all’oppressione, diritto che “la Costituzione più avanzata del mondo” non prevede).
Dal canto loro, il M5S e la Lega dimostrano di essere “profeti disarmati”, se nello scontro decisivo non vogliono o non possono gettare sul piatto della bilancia le loro spade, ossia la forza della mobilitazione diretta delle masse. Senonché essi ‘vogliono’ soltanto ciò che ‘possono’ o, più esattamente, essendo i rappresentanti politici delle ‘mezze classi’, ciò che ‘vuole’ la frazione della borghesia capitalistica che li appoggia (da qui nasce il ‘doppio gioco’, tra Berlusconi e Di Maio, probabilmente praticato da Salvini). E la ragione di questa impossibilità risiede in ciò, che le ‘mezze classi’ possono innescare il conflitto con il regime borghese esistente, ma non condurlo sino alle sue estreme conseguenze, che sono, con tutta evidenza, ‘tecnicamente rivoluzionarie’. Fin quando non scatterà la mobilitazione delle masse, seccamente espropriate dall’intervento del capitale finanziario internazionale del frutto che si attendevano dai loro suffragi elettorali, uno dei contendenti parteciperà alla partita con le mani legate. Ciò nondimeno, se e quando una simile mobilitazione avrà luogo, deve essere chiaro che essa non potrà che essere, per la sua natura, per i suoi contenuti e per i suoi obiettivi, una mobilitazione reazionaria. Il conflitto che si è iniziato è, infatti, un conflitto inter-capitalistico, in cui le masse svolgeranno, in assenza di un fronte di classe organizzato e di un programma autonomo, una parte inevitabilmente subalterna, al servizio di certe frazioni della borghesia, contro certe altre frazioni della medesima.
Nel frattempo, può essere utile, per Di Maio e per Salvini, leggere questo passo del “Principe” di Machiavelli, che qui riporto come opportuno stimolo alla riflessione.
«E debbasi considerare, come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né più periculosa a maneggiare, che farsi capo a introdurre nuovi ordini […] È necessario, pertanto, volendo discorrere bene questa parte, esaminare se questi innovatori stanno per loro medesimi, o se dependano da altri; cioè, se per condurre l’opera loro bisogna che preghino, ovvero possono forzare. Nel primo caso capitano sempre male, e non conducano cosa alcuna; ma, quando dipendono da loro proprii e possono forzare, allora è che rare volte periclitano. Di qui nacque che tutti e’ profeti armati vinsono, e li disarmati ruinorono.»
Comments
In quanto all'errore strategico di Mattarella, cioè della rappresentanza del grande capitale italiano ed europeo, che ha evitato di mandare al governo i "populisti" piccolo e medio borghesi oggi, ma con un’ampia dose di probabilità che nelle prossime imminenti elezioni gli stessi partito/movimento si rafforzeranno a tal punto da rendere impossibili tali giochetti. Pertanto mi chiedo: non sarà che lorsignori hanno in mente una diversa soluzione dell'attuale crisi istituzionale italiana?
Inoltre, la crisi politica italiana, così come quella inglese, spagnola, tedesca e americana, dimostrino che la crisi del sistema democratico borghese è generalizzata, se poi vi aggiungiamo quella economico/produttiva, del debito pubblico e privato di molti paesi (negli Usa, secondo Il Sole 24 Ore del 26/5 u. s., i crediti al consumo delle famiglie ammontano a 3.840 miliardi dollari, con un incremento del 45% rispetto al 2008, e ben il 27% di tali debiti è classificato , cioè poco affidabile!) la crisi sociale, ecc., ecc., significa che l’attuale sistema è proprio al collasso. Purtroppo però, la crisi politico/organizzativa del proletariato, se non equivalente, è anche peggiore…
Non capisco.