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‘La rivoluzione della cura’

La parola al filosofo

Alba Vastano intervista Marco Bersani

curanbvtg"Oggi le persone sono sole e isolate dentro una frammentazione sociale senza precedenti. Questo le fa scivolare nel panico e le fa sfociare nel rancore. Perché il panico diventi preoccupazione (ovvero la fase che precede l’occuparsi) e perché al rancore subentrino rabbia e speranza, il primo passo è ricostruire i luoghi della socialità, far incontrare le persone, permettere la socializzazione delle esperienze e dei saperi. Solo il sentirsi “parte” permette di iniziare a camminare” (M. Bersani)

Il capitalismo produce incuria. Affidando le leve della società alle logiche del mercato e prevedendo relazioni unicamente intermediate dalla compravendita di beni e servizi costringe l’esistenza delle persone dentro la dimensione della solitudine competititiva…” (Marco Bersani)

La soluzione c’è per uscire dal capitalismo che produce isolamento, noncuranza e fagocita le nostre esistenze trasformandoci in merce. La soluzione è fare la rivoluzione. Non quella di stampo bolscevico, ovviamente. Marco Bersani, la definisce ‘la Rivoluzione della cura’ descrivendone i vari aspetti nel suo ultimo saggio. Non è semplice da realizzare, ma si può fare. È una rivoluzione che prevede una profonda analisi politica e sociale riferita agli avvenimenti dell’ultimo trentennio. Soprattutto un’analisi che chiarisca le cause dei disastri in cui viviamo in full immersion. Disastri generati dalla continua serie di crisi concatenate, in cui stiamo navigando maldestramente, senza legarle l’una all’altra, prive del contesto che le accomuna. Occorrerebbe riappropriarci di un pensiero critico che ci consenta di uscire dal loop del pensiero unico, omologato, che fa tanto gioco al potere.

Marco Bersani, saggista, filosofo, nell’intervista che segue ci offre pillole di pensiero critico. Importante la lettura del suo ultimo saggio ‘La rivoluzione della cura- Uscire dal capitalismo per avere un futuro’ per comprendere le dinamiche e i contesti delle crisi attuali che hanno tutte una matrice comune: il capitalismo.

giunto il momento di guardare la luna oltre il dito e ricostruire una chiave di lettura delle crisi multiple del capitalismo: se lette come insieme concatenato rivelano che la sua ferocia è dovuta alla propria intrinseca debolezza” (Marco Bersani)

* * * *

Alba Vastano: ’Siamo in un tempo sospeso’. Lo citi nella seconda di copertina del tuo ultimo saggio ‘La rivoluzione della cura?’. Quale significato ha per te il tempo sospeso e in riferimento a quali specifici attuali avvenimenti, considerando anche la difficoltà di dare una definizione precisa al concetto di tempo?

Marco Bersani: Per ‘tempo sospeso’ intendo la dimensione che attraversa la nostra società nell’epoca della crisi permanente e dell’emergenza. L’incapacità del modello capitalistico di risolvere i problemi da esso stesso creati, lo obbliga a far diventare la crisi una modalità di governo e di disciplinamento sociale Così il tempo scorre da una crisi all’altra e le persone ne vengono investite senza riuscire a coglierne le connessioni e senza poter reagire.

 

A.V.: Da oltre un decennio stiamo attraversando una serie di crisi che si susseguono, senza sosta. Dalla crisi finanziaria a quella sociale, dalla crisi eco- climatica, fino alla pandemia che ha immobilizzato il mondo. E poi l’attuale, ancora più critica per una probabile escalation nucleare, dovuta al conflitto fra Russia e Ucraina che ci coinvolge direttamente. Sembrano crisi slegate per fattori diversi. Cosa le unisce?

M.B.: Il modello capitalistico può sopravvivere solo impedendo che si capisca il contesto che produce le crisi e le connessioni fra le stesse. Perché se fossero resi chiari il contesto e le connessioni, la narrazione dominante sull’insostituibilità del capitalismo cadrebbe e sarebbe resa evidente l’insostenibilità sociale, ecologica e relazionale del capitalismo stesso.

 

A.V.: È il caos. La paura. Quale fattore dovrebbe interagire per trasformare la paura in un’azione che promuova la rabbia e la speranza come motore dell’agire canalizzato contro le false narrazioni?

M.B.: Oggi le persone sono sole e isolate dentro una frammentazione sociale senza precedenti. Questo le fa scivolare nel panico e le fa sfociare nel rancore. Perché il panico diventi preoccupazione (ovvero la fase che precede l’occuparsi) e perché al rancore subentrino rabbia e speranza, il primo passo è ricostruire i luoghi della socialità, far incontrare le persone, permettere la socializzazione delle esperienze e dei saperi. Solo il sentirsi “parte” permette di iniziare a camminare.

 

A.V.: Secondo la narrazione dei poteri dominanti il virus che ha scatenato l’ultima, tragica, pandemia è stata scatenata da un ‘fastidioso nemico esterno che ha inficiato un modello economico che andava alla grande. Sulla prestigiosa rivista scientifica ‘The Lancet’ appare per la prima volta il termine sindemia in luogo del termine pandemia. Cosa si intende per sindemia?

M.B.: Il concetto di sindemia analizza l’emergere di una criticità (in questo caso il virus) dentro il contesto che l’ha prodotta e alimentata. Non considera il virus come una causa, bensì come un effetto. Di conseguenza, non pensa alla salute in termini riduzionisti, come pura assenza di contagio, ma come un insieme di fattori di salute territoriale, ambientale e sociale che devono essere considerati per intervenire efficacemente ogni volta che emerge una criticità. Assumere il concetto di sindemia significa affermare che la pandemia non ha creato ex novo alcun problema, ha invece funzionato come evidenziatore, amplificatore ed acceleratore di problemi esistenti.

 

A.V. : “La prima lezione che si può trarre dalla pandemia è la constatazione che una società interamente regolata dal mercato non è in grado di proteggere le persone”. Lo scrivi nel primo capitolo del tuo saggio. Quali sono stati a tuo avviso i fatti più critici che dimostrano quanto sostieni e che hanno fatto crollare tutto il sistema economico e sanitario durante la pandemia?

M.B.: Nel mio libro argomento approfonditamente su questo tema. Il punto vero è che la vita delle persone e l’azione del mercato si muovono su dimensioni alternative del tempo e dello spazio. La vita delle persone si svolge dentro uno spazio limitato (la comunità) e dentro un tempo lungo, scandito da diverse fasi progettuali; al contrario, l’azione del mercato si svolge dentro uno spazio immenso (il pianeta come unico grande mercato), ma il tempo delle scelte è determinato dall’indice di Borsa del giorno successivo. Questo è il motivo sistemico per il quale quasi tutte le scelte fatte secondo la logica del mercato sono in contrasto con i bisogni della vita delle persone.

 

A.V.: Nel suo ‘Spillover’ David Quammen adduce le cause alla deforestazione e al conseguente salto di specie fino alle malattie zoonotiche, ai wet market, come quello di Wuhan. Mercato, sfruttamento della natura, capitalismo, altro che teorie del complotto su presunti virus creati in laboratorio. La tua opinione?

M.B.: Non sono un esperto, né uno scienziato, per cui non so con certezza l’origine di questa pandemia, anche se mi sembra abbastanza dimostrato il fatto che sia stata provocata dal salto di specie in natura, piuttosto che essere stata prodotta in laboratorio. Ma, aldilà dell’origine specifica di questo virus, che una pandemia fosse in arrivo era dato per certo dal mondo scientifico che da anni studia la relazione fra l’iper-sfruttamento della natura e le zoonosi. Le teorie complottistiche, che vorrebbero dipingersi come anti-sistemiche, sono in realtà funzionali al sistema. Perché se la pandemia fosse stata originata per volontà di un nucleo di persone dal potere occulto, non ci sarebbe nessuna trasformazione sistemica, né nessuna rivoluzione sociale ed ecologica da mettere in campo, bensì un conflitto di poteri che lascerebbe intatto tutto il resto. Purtroppo per i complottisti, il mondo è più complesso di come desidererebbero fosse.

 

A.V.: L’apartheid vaccinale. Lo scandalo dei vaccini negati ai Paesi del Sud del mondo e lo scandaloso business che ha arricchito a non finire le multinazionali farmaceutiche. I paesi del Sud del mondo trasformati nel vivaio del virus per alimentare la pandemia e vendere vaccini in fase di sperimentazione. Reazioni avverse silenziate. Un processo simil -Norimberga che faccia cadere le teste dei responsabili?

M.B.: Un processo simil- Norimberga sarebbe necessario, ma per costringere chi di dovere ad assumersi le responsabilità delle scelte criminali fatte, occorre prima ribaltare i rapporti di forza dentro la società.

 

A.V.: Tornando al problema madre, il capitalismo tossico. Puoi descrivere in breve i motivi per i quali il capitalismo riesce ad essere un’onda malefica inarrestabile, pervasiva e inossidabile, tanto da essere stato definito così: ‘ È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo’?

M.B.: Il fatto è che il capitalismo non è solo un sistema economico e questa visione riduzionista è stata a mio avviso uno dei principali motivi del fallimento delle <esperienze del socialismo reale. Non esiste solo la contraddizione capitale-lavoro e occorre pensare a una concezione estesa del capitalismo, che tenga conto dell’appropriazione dei beni naturali (contraddizione capitale-natura) e dell’appropriazione delle attività di riproduzione sociale (contraddizione di genere). Ma il capitalismo è anche un sistema antropologico che ha ridisegnato la soggettività dentro l’idea dell’individuo autonomo, artefice del proprio destino, l’uomo che “non deve chiedere mai”. Ha quindi reciso il legame relazionale e sociale che invece contraddistingue l’intera vita delle persone. Di fatto, ha proposto l’orizzonte collettivo dell’“uno su mille ce la fa” e l’orizzonte individuale del “io speriamo che me la cavo”, come se la vita delle persone dovesse scorrere dentro l’orizzonte della solitudine competitiva. È questa solitudine a far emergere il paradosso per il quale è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”.

 

A.V.: ‘Dov’era l’io fare il Noi’ (come ripetono i lavoratori della Gkn in lotta). E’ la cura che proponi nel tuo saggio e vuole essere il paradigma di una nuova società. Da dove si inizia? E con chi? Le forze di sinistra radicale sono a brandelli. Diventano sempre più imperanti forze politiche di chiara matrice fascista. Le politiche sono sempre più improntate al predatorio neoliberismo. I partiti comunisti sono frammentati e contano poche unità. Da dove si inizia e con chi?

M.B.: Se vogliamo combattere il capitalismo serve una nuova idea forte che aiuti ad immaginare l’orizzonte di un’alternativa di società. Il paradigma della cura -di sé, dell’altro e dell’altra, del vivente e della natura- è a mio avviso ciò di cui c’è assoluto bisogno in un momento storico in cui è a rischio l’esistenza della vita umana sulla Terra, ed è il paradigma intorno al quale è possibile costruire una diversa società, che sia ecosocialista e femminista invece che capitalista e patriarcale; equa, inclusiva e solidale invece che predatoria, escludente e disuguale. È un processo che deve scaturire dalla società attraverso la convergenza delle lotte e delle pratiche, prima che nella politica in quanto tale. E il tema di quale organizzazione dare all’insieme di queste lotte e di queste pratiche va affrontato dentro una discussione aperta e senza alcun perimetro.

 

A.V.: Sul concetto di cura, citi nel tuo saggio la filosofa Sara Ruddick la quale propone di superare i modelli ideologici della cura e una nuova visione della relazione uomo/donna legati all’identità di madre e padre. Pertanto ogni persona che abbia ricevuto o prestato cura ha la capacità di farlo. Ottimistica osservazione, ma come la mettiamo con l’arroccamento dovuto al buen retiro da collettività sempre più scomposte in una società sempre più alienata?

M.B.: Tutte le persone hanno bisogno di cura e tutte le persone accudiscono durante la loro esistenza Il problema è superare l’idea dominante che propone la competizione invece della cooperazione. Le persone rischiano di cadere nella trappola perché la narrazione dominante propone l’incuria e la noncuranza per le sorti delle altre e degli altri come viatico per l’affermazione individuale. Ma è un tunnel senza uscita che rende le vite ancora più fragili della loro già strutturale vulnerabilità. Occorre rimettere in relazione le persone, perché si riconoscano come comunità di cura, capaci di lotta e di trasformazione, invece che pensarsi come un insieme anonimo di individui brulicanti e rancorosi.

 

A.V.: Come ben descrivi nel tuo saggio, siamo sempre lì, al male inarrestabile? il capitalismo che produce noncuranza. E allora come se ne esce?

M.B.: Se ne esce con la consapevolezza dell’assoluta insostenibilità del modello capitalistico a risolvere le plurime crisi da esso stesso generate: la crisi eco-climatica, l’emergenza sociale, la soppressione della democrazia non possono essere affrontate dentro un modello ispirato alla crescita e al profitto, alla divisione delle persone in vite degne e vite da scarto, al dominio dei pochi sui molti.

 

A.V.: È in atto, promossa da Attac e da molte altre associazioni, la campagna ‘Riprendiamoci il Comune’ che ha il fine centrale di contrapporsi allo sfacelo delle politiche neoliberiste vigenti. Come sta andando la raccolta firme e a cosa sono finalizzate le due leggi di iniziativa popolare?

M.B.: La campagna Riprendiamoci il Comune, con le sue due leggi d’iniziativa popolare, una per la riforma della finanza locale e l’altra per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti, rappresenta il tentativo di applicare il paradigma della cura dentro le comunità territoriali, per aprire la strada ad un nuovo modello sociale ecologico e relazionale. Le proposte provano da una parte a ridisegnare il ruolo dei Comuni, oggi devastato da decenni di politiche liberiste, sulle coordinate di una nuova funzione pubblica sociale, ecologica e di genere; dall’altra, rivendicano la messa a disposizione degli stessi delle ingenti risorse -280 miliardi- del risparmio postale, oggi utilizzate da Cassa Depositi e Prestiti dentro logiche di profitto e non di interesse generale. Sono proposte di legge che guardano alla priorità della partecipazione delle comunità territoriali a tutte le scelte fondamentali che le riguardano e alla costruzione di una reale democrazia di prossimità.


Per chi ne vuole sapere di più:  www.riprendiamociilcomune.it

Fonte: La rivoluzione della cura – Autore: Marco Bersani- Ed. Alegre

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Checilascialozampino
Thursday, 13 April 2023 15:54
Condivido molto.

Non condivido la convinzione che nell'ipotesi che il virus sia uscito da un laboratorio, allora non dovrebbero essere più valide le istanze ecologiste, e quindi bisogna credere al salto di specie. Ovviamente ho sintetizzato.

Inoltre per me il discorso su complotto e complottismo è figlio del sistema capitalistico, per mettere a tacere le ipotesi che si discostano dalla narrativa imposta.

In questo senso trovo molto più esaustiva permeante ed attuale l'interpretazione basata sul concetto di Simulacro e simulazione avanzata da Baudrillard negli anni 80 nel tentativo di analizzare la nostra società, che consiglio.
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