Quando l’unica giustizia è la vendetta
di Eros Barone
Le vostre concezioni borghesi della libertà, della cultura, del diritto ecc., sono anch’esse un prodotto dei rapporti borghesi di produzione e di proprietà, così come il vostro diritto non è che la volontà della vostra classe innalzata a legge.
K. Marx – F. Engels, Manifesto del partito comunista.
1. “Negare, ritardare, difendere"
Il 4 dicembre scorso, il cinquantenne Brian Thompson, amministratore delegato della compagnia di assicurazioni UnitedHealthcare, è stato ucciso a colpi di pistola fuori dall’hotel Hilton Midtown di New York, dove alloggiava per partecipare alla riunione annuale degli investitori. L'uomo, che già in passato aveva ricevuto minacce di morte, è stato ucciso da un’arma da fuoco e sui proiettili utilizzati per l’agguato sono state scritte con un pennarello le parole “Negare, Ritardare, Difendere”, un chiaro riferimento alla strategia operativa delle compagnie di assicurazioni che mirano a ritardare i pagamenti, a negare i rimborsi dovuti e a difendere queste azioni dando inizio a lunghe battaglie legali. Un uomo è stato arrestato per aver presumibilmente ucciso il suddetto dirigente della multinazionale statunitense UnitedHealthcare.
Il sospettato, Luigi Mangione, è stato arrestato il 9 dicembre in Pennsylvania e la polizia ritiene che si sia trattato di un omicidio premeditato. Al momento dell’arresto, Mangione aveva con sé un “manifesto” in cui l’impresa assicurativa sanitaria viene condannata per aver ricavato i suoi enormi profitti speculando in vario modo sulle malattie dei pazienti. Nel “manifesto” si afferma a chiare lettere che «questi parassiti se l’erano cercata». 1
Sono molte le persone che, negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo, hanno espresso comprensione per la rabbia di Luigi Mangione nei confronti di questa multinazionale della sanità privata. Il consenso di vaste masse di cittadini, che sulla Rete hanno approvato l’omicidio, ha rivelato una verità scomoda, e cioè che nel loro intimo milioni di Americani hanno sognato una simile vendetta. Fra tutte le anonime e incontrollabili forze che governano la vita quotidiana dei cittadini, la sanità commerciale è infatti quella che infligge le maggiori sofferenze e le più crudeli ingiustizie ai cittadini inermi.
Così, Mangione, ingegnere di chiara origine italiana, il quale sembra provenire da un ambiente privilegiato, ha deciso di esprimere la sua rabbia nel modo più micidiale, riscuotendo una viva simpatia, e perfino un’attiva solidarietà, da parte di milioni di persone che patiscono quotidianamente le pene dell’inferno per le azioni tanto vampiresche quanto subdole di una importante impresa multinazionale che lucra sulle malattie dei pazienti nel settore delle assicurazioni sanitarie. UnitedHealthcare, presente anche in Italia, e imprese simili create non per soddisfare le esigenze delle persone in materia di assistenza sanitaria, ma per generare profitti osceni a beneficio della classe dei miliardari, sono giustamente odiate da grandi masse di lavoratori e da altri strati oppressi negli Stati Uniti, paese – va ricordato – in cui non esiste un servizio sanitario pubblico. Nel 2023, UnitedHealthcare ha ricavato oltre 23 miliardi di dollari di profitti estorti a pazienti, dottori e infermieri, e trasferiti nelle tasche dei miliardari. I maggiori azionisti di UnitedHealth sono il gigante della gestione patrimoniale Vanguard, che detiene una quota del 9%, seguito da BlackRock (8%) e Fidelity (5,2%). 2
L’essenza di questo discorso può essere riassunta in una semplice notazione: mentre gli Stati Uniti hanno il sistema sanitario di gran lunga più costoso del mondo, occupano un posto molto più basso (il 42°) nella classifica sull’aspettativa di vita. Si tratta perciò di un sistema quanto mai inefficiente, che esclude un buon terzo della popolazione dalla possibilità effettiva di cure efficaci, quando non da qualsiasi cura. Certo, quella di uccidere i massimi dirigenti delle assicurazioni sanitarie non è la soluzione più valida in un sistema che esclude qualsiasi intervento pubblico: un sistema in cui vige l’individualismo più sfrenato, la salute è equiparata a una merce e la povertà è vista come uno stigma religioso che marchia gli strati sociali che ne sono colpiti. Ma in qualche modo spiega perché Mangione viene visto da molti Americani non come un assassino o un folle, ma come un vendicatore.
2. Il tema della vendetta nella letteratura e nella storia
Va detto che il tema dell’eroe che vendica un sopruso, là dove la giustizia antica, quella feudale o quella borghese si rivelano impotenti a impedirlo o addirittura ne sono complici, risale almeno all’“Odissea”, rivive in Robin Hood e nel conte di Montecristo, è incarnato dall’anarchico Gaetano Bresci che uccide il re Umberto I per vendicare i proletari di Milano massacrati dalla repressione del generale Bava Beccaris3, e giunge fino a noi nella forma della “propaganda armata” praticata dalle Brigate rosse.
A questo proposito, vi è una nota dei Quaderni del carcere, in cui Antonio Gramsci, analizzando il vasto successo di pubblico registrato da romanzi, come Il conte di Montecristo, imperniati su tale tema, avanza un’osservazione che merita di essere tenuta presente nel valutare le reazioni popolari al gesto compiuto da Mangione, espressione, sì, di un sentimento profondo di rabbia di fronte a una delle manifestazioni più ignobili della crudeltà sociale, ma anche potenziale succedaneo oppiaceo di una condizione di passività, di impotenza e di inerzia sul piano politico: «…nel popolo il fantasticare è dipendente da un suo complesso di inferiorità (sociale) che determina lunghe fantasticherie sull’idea di vendetta, di punizione dei colpevoli dei mali sopportati, ecc. Nel Conte di Montecristo ci sono tutti gli elementi per cullare queste fantasticherie e per quindi propinare un narcotico che attutisca il senso del male, ecc.». 4
Da questo punto di vista, Gramsci, cogliendo molto acutamente la funzione socialmente vicariante e psicologicamente risarcitoria, che assolve «il “superuomo” nella letteratura popolare» (e, in generale, nell’immaginario collettivo) arriva ad auspicare una specifica «ricerca…dei suoi influssi nella vita reale e nei costumi (la piccola borghesia e i piccoli intellettuali sono particolarmente influenzati da tali immagini romanzesche, che sono come il loro “oppio”, il loro “paradiso artificiale” in contrasto con la meschinità e le strettezze della loro vita reale immediata)». Né manca di mettere in luce con ironia sferzante «la fortuna di alcuni motti come: “è meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora”, fortuna particolarmente grande in chi è proprio e irrimediabilmente pecora». Parimenti, non manca di commentare questi costrutti fantastici di natura compensatoria con un’ultima nota sarcastica: «Quante di queste “pecore” dicono: oh! avessi io il potere anche per un giorno solo ecc.; essere “giustizieri” implacabili è l’aspirazione di chi si sente sotto l’influsso di Montecristo».5
3. La domanda che ha posto di fatto Luigi Mangione
Orbene, anche se il metodo individualistico e terroristico che sta alla base della sua azione non può essere condiviso, il merito che si deve ascrivere a Mangione è, comunque sia, quello di aver posto un problema reale e di averlo portato, eliminando una vita e rischiando la propria, all’attenzione dell’opinione pubblica americana e mondiale. Esso attesta, peraltro, che una conseguenza sempre più importante della degenerazione oligarchica e plutocratica della cosiddetta “democrazia americana” è la guerra civile strisciante in corso, ormai da anni, nel paese guida dell’Occidente capitalistico (si rammenti, oltre ai vari episodi di terrorismo individuale variamente motivato l’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti avvenuto il 6 gennaio 2021).
La domanda, che anche l’omicidio compiuto da Mangione sollecita, è allora la seguente: quale significato assume oggi la rivoluzione? Per rispondere a questa domanda conviene senz’altro richiamare le «Tesi di filosofia della storia» di Walter Benjamin, che è forse uno dei più grandi pensatori del Novecento. Questo testo straordinariamente incisivo non è caratterizzato dalla condanna (scontata) del nazismo, ma dall’accusa, rivolta alla socialdemocrazia, di essere responsabile della rovina del proletariato, avendo distrutto la sua coscienza di classe e avendo tolto la volontà di combattere alla classe operaia. Questo è un punto fondamentale, che va ribadito una volta per tutte sul piano storico, e la cui riaffermazione consente anche di rispondere, almeno in linea di principio, alla domanda sulle forme di lotta, precisando che il conflitto di classe non esclude per nulla, come accade nelle posizioni controrivoluzionarie della socialdemocrazia, la violenza di massa e la lotta armata (si pensi alle azioni dei GAP durante la Resistenza). 6
Un altro aspetto decisivo, affermato in modo giustamente provocatorio da Benjamin, consiste nel rilevare che il proletariato ha commesso un errore micidiale quando si è proposto di pensare alla felicità dei figli e dei nipoti, giacché il problema è, invece, la vendetta. In altri termini, di fronte alla borghesia che non solo sfrutta il proletariato, ma nutre anche un’avversione profonda per esso e possiede una piena coscienza del proprio ruolo di classe dominante, è paradossale che la stragrande maggioranza dell’umanità sia rappresentata da proletari di fatto privi di coscienza di classe o, ancor peggio, da quei sottoproletari che sono definiti nel Manifesto del partito comunista come «infima putrescenza della società borghese».
Delle aspre sofferenze patite dai padri e dagli avi, così come delle crescenti sofferenze patite dagli sfruttati odierni, è giusto e doveroso ricordarsi, e altrettanto giusto e doveroso è assumersi, come movimento rivoluzionario, la responsabilità di un’azione conseguente sul terreno teorico, ideologico, politico e organizzativo.
Dal canto suo, il filosofo tedesco ci ricorda, per un verso, che «il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell’Anticristo», e per un altro verso che la classe operaia, avendo disappreso alla scuola della socialdemocrazia «sia l’odio che la volontà di sacrificio», può riscattarsi unicamente «come la classe vendicatrice, che porta a termine l’opera della liberazione in nome di generazioni di vinti».7Del resto, non è forse questa prospettiva che riscatta il gesto di Luigi Mangione dai limiti che sono propri dell’eroismo “di chi si sente sotto l’influsso di Montecristo” e gli conferisce un significato universale?
1- È il capitale che determina su quale piano si svolge quella che tu chiami "critica", dalla quale scaturisce un conflitto che conflitto non è
2- Le organizzazioni che si autodefinisco anticapitaliste rifiutano di prendersi la responsabilità di determinare loro il piano - e quindi i rapporti di forza - dello scontro col capitale
potrete continuare a rimuovere dalle vostre esistenze ciò che vi spaventa più di ogni altra cosa. Di conseguenza, vi auguro di fare esperienza di qualcosa che vi impedisca questa rimozione. Tutto qui.
Quindi anche la tua critica sarebbe determinata dal capitale, nel senso che gli dai tu. O tu saresti legibus solutus? L' opposizione scaturita dal nulla, il piano parallelo di realtà separate che, ad un certo punto, con la sua volontà cambia direzione e si oppone al piano del capitale.
E in effetti, la tua critica è determinata dal capitale più di quanto non immagini.
"prova a dire a un lavoratore, in una situazione non rivoluzionaria come quella attuale, che avere un servizio sanitario che ti cura e non ti fa aspettare due anni per un accertamento vitale, da costruire a spese dei padroni con una borghesissima imposizione fiscale progressiva, non va bene perché invece di disarticolare l'ordito del diritto e dell'organizzazione borghese lo rende più inestricabile.
Vedrai cosa ti risponderà.".
se la situazione non è rivoluzionaria a prescindere, perchè dovrebbe essere consentito ad organizzazioni rivoluzionarie di esistere? Perciò, le organizzazioni riformiste e gradualiste hegelo-marxiste si autolegittimano nel loro diritto all'esistenza affermando il carattere non rivoluzionario della contingenza. Una contingenza della quale sono artefici, che dura da 50 anni e che consente, tra l'atro, ad organizzazioni fasciste di strutturarsi nella società e di governare. Il paradiso dei Galati di tutti i paesi, ripeto
Infine, chi si deve assumere la responsabilità di far esprimere il potenziale rivoluzionario agli sfruttati? Non certo le organizzazioni esistite ed esistenti, che per Galati stanno facendo il loro dovere, ma quelle che non esistono! Certo, così il cerchio si chiude: chi ha deciso (e chi decide) che la situazione non è rivoluzionaria esorta chi vorrebbe che lo fosse senza poterlo nemmeno pensare ad innescare la scintilla del grande rivolgimento! Forse quando faccio riferimento alla necessità di andare da "uno bravo" utilizzo un'iperbole, ma non credo di essere poi così lontano dalla realtà...
"rimozione idealistica di qualsiasi forma di conflitto dalle relazioni umane", e via cantando.
A parte il fatto che io parlavo della vita e delle condizioni di vita degli oppressi e degli sfruttati, anche quelli attuali, non solo quelli futuri sopravvissuti che godranno delle beatitudini che promette la tua jihad, ma tu pensi che le vite degli avversari e dei nemici non contino nulla? Pensi che lo scopo o il mezzo della rivoluzione sia lo sterminio? E non gettarla in caciara con espressioni sciocche e disoneste sulla volontà di preservazione nei padroni della capacità di opprimere e sfruttare o sui portatori di diritti borghesi.
Certo, se non contano le vite dei tuoi, figuriamoci quelle degli avversari.
Se vi fosse veramente una situazione di pace, di lavoro, ecc. la tua posizione non avrebbe senso. L' inutilità del proprio ruolo dovrebbe essere lo scopo di un comunista, ma dubito che sia il tuo scopo.
Infine, ti rendi conto che quando parli con arroganza e saccenza degli hegelo-marxisti stai parlando di gente come Lukàcs?
Ho cercato pure di suggerirti che stai coinvolgendo addirittura Engels e Lenin, ma tu tiri dritto a testa bassa con le tue stupide invettive.
Se scrivi:
«Non riesci a capire che prima della vita con o senza o per il capitale c'è la vita tout court. Come prima del lavoro astratto o concreto, schiavile, feudale o capitalistico, c'è il lavoro come attività umana che provvede alla produzione e riproduzione sociale, al metabolismo uomo natura»
leggi Marx in senso idealistico anteponendo l'attività astratta al lavoro capitalistico; fornisci una versione hegelizzata, pacificata del concetto di "lavoro" in Marx che va in direzione diametralmente opposta agli intenti del medesimo, come fa ad esempio tra gli altri Hannah Arendt in Vita Activa o The Human Condition, in cui sia "Labor", sia "Work" che "Action" diventano necessità umane deconflittualizzate.
Sempre in tema di assenza di conflitto radicale, Galati, non so se l'hai notato, ma la discussione a seguito del post di Barone si è sviluppata sulla base della critica dello stesso Barone al gesto di Mangione, derubricato a "vendetta" e di conseguenza relegato alla sfera della morale e dell'indignazione borghesi. Ora, sia il gesto in sè in quanto operazione di un singolo che l'interpretazione che ne ha dato Barone si prestano ad una critica sulla base della citazione che lo stesso Barone pone ad esergo del suo articolo, quella tratta dal Manifesto comunista e che individua il vero nodo del contendere: il diritto borghese.
Siccome a me è sempre interessato capire come la sinistra e le sue organizzazioni intendessero ed intendano il loro rapporto col diritto borghese (dato che io tendo, sbagliando ovviamente, a dare per scontato che se uno cita Marx un qualche legame con la pratica teorica che punta all'abolizione dello stato di cose presenti ce l'ha), mi sono chiesto in che misura l'episodio Mangione e le interpretazioni che ne vengono date a sinistra riescono a far luce sulla natura di questo rapporto. Il fatto teorico di relegare a gesto vendicativo qualcosa che è stato sì compiuto da un singolo, ma con motivazioni ben più vaste e con implicazioni ben più serie della semplice rivalsa, rivela la volontà politica propria dei parrocchiani di sinistra alla Barone di non associare alla militanza organizzata un certo tipo di conflitto, di rimuoverne persino il ricordo. Lo ripeto: per me la vita degli oppressori e dei loro collaborazionisti è sempre stata oggetto di inimicizia, perchè se l'inimicizia dei proletari nei confronti dei borghesi cessa di manifestarsi, si ritorna alla Lega dei Giusti il cui motto era "tutti gli uomini sono fratelli", prima che Marx ed Engels ne facessero giustamente strame e la tramutassero in Lega dei Comunisti. Se si vuole continuare ad interpretare Marx, Engels, Lenin secondo l'idealismo hegelo-marxista per depurarli dalle parti scabrose, bisogna essere intellettualmente onesti e ammettere di aver contribuito a creare un contesto privo di conflitto radicale. Mi pare, Galati, che Lukàcs abbia scritto qualcosa circa il rapporto tra storia e coscienza di classe, dopo essere stato affascinato da Hegel (e dopo averlo aspramente criticato). Domanda: a quale conflitto di classe Lukàcs avrebbe fatto riferimento se avesse vissuto in un contesto storico dal quale la coscienza di classe fosse stata estirpata dalle parrocchie della sinistra, come fosse stata una malapianta? Tutti i "maestri" del marxismo possono essere letti o dal punto di vista dello scontro col capitale, o da quello del compromesso con la realtà che produce, quella sì disumana. Tu e tanti altri avete scelto la seconda strada, più rassicurante e meno sconveniente, egemonizzando per decenni le organizzazioni della sinistra...e i risultati cominciano appena a vedersi.
Ascolta, Mirco, non sono io a parlare di lavoro in generale e di lavoro in una forma specifica, ma Marx.
Io non ho anteposto un bel nulla e tu hai semplicemente approfittato di un mio esempio su una prassi in generale ed una sua forma specifica. Esempio che fatto per segnalare che prima di una vita in una data forma viene la vita in generale, con riferimento alla vita e alla salute del lavoratore. La quale salute, anche all'interno di rapporti capitalistici, sempre salute è. Quindi, oltre all'interesse mediato a sovvertire gli attuali rapporti di produzione, sociali, il lavoratore ha un interesse immediato a proteggere la sua salute. In questo la riforma che migliora la sua vita, per quanto provvisoria e non risolutiva, ha una sua ragion d'essere. Questo anche per Lenin, che vedeva, si, la riforma come tattica e legata alla meta finale, ma che guardava anche alla vita attuale dei lavoratori.
Ma tu, nel tuo fanatismo, non riesci a concepire interessi vitali immediati dei lavoratori, i quali per te devono essere esclusivamente votati allo scopo finale.
Ti ho invitato a chiedere ai lavoratori se sono d'accordo con questa tua concezione. Potresti pure interrogare Marx ed Engels sulle ragioni delle riforme proposte nello stesso Manifesto.
Perciò, lascia stare Hanna Arendt, con la quale non mi vedresti per nulla d'accordo.
E poi, sempre secondo la concezione leniniana, il riformismo e l'opportunismo hanno le loro radici nell'aristocrazia operaia, ossia in una condizione oggettiva, per es. legata ai superprofitti coloniali. Ti sei mai premurato di indagare e indicare le condizioni oggettive dei bersagli delle tue giaculatorie, invece di fermarti alle responsabilità soggettive dei riformisti vari? Non mi sembra.
- Sul giudizio circa il gesto di Mangione, forse ti sarebbero utili le considerazioni di Lenin riguardo al terrorismo individuale, sempre che tu, come per la faccenda di Hegel, non sia più leninista di Lenin, oltre che più marxista di Marx.
- quanto alla sostituzione della unità proletaria e della lotta di classe alla fratellanza umana, pensi che questo significhi rigetto della comune umanità in Marx? Ti sbagli, scopo della rivoluzione è trasformare tutta la società, non sterminare i nemici. Questi sono invece i metodi coloniali capitalistici, che tu rifletti nelle tue concezioni.
La violenza è necessaria, non esaltata. L' esaltazione della violenza, non la sua necessità, è propria del nazifascismo, non della lotta di classe. Ricorda i versi di Brecht.
Anche l'odio di classe è ammissibile e conseguente alla condizione di oppressione, ma è un mezzo, non un fine.
- Lukacs è rimasto hegelo-marxista anche dopo Storia e coscienza di classe.
Questo tuo dividere nettamente la vita tra scontro e compromesso è manichea e priva di senso. Come se si trattasse di scegliere una postura eterna di fronte alla mutevolezza delle situazioni e dei rapporti di forza.
Quello di trattare un hegelo-marxista come un hegeliano puro è un giochetto furbo che ti rende facile la vita.
La lotta di classe non è un gioco. La metafora non regge.
E poi tu che ne sai delle esperienze di chi non conosci?
Tu non sai né di cosa parli né di chi stai parlando.
-Tu deduci conseguenze false da premesse false.
Sei incorreggibile (sono di nuovo ricaduto nel personale).
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/29655-alessandro-barile-roberto-fineschi-marx-e-hegel.html
così forse capite qual è il problema...
Nella cultura del marxismo antihegeliano, c'è una visione essenzialista naturalizzata delle classi sociali, le quali sarebbero ontologicamente inconciliabili, non in quanto in opposizione/contraddizione, ma in opposizione in quanto ontologicamente diverse, come espressione di realtà parallele e non espressione conflittuale di un'unica realtà sociale, di una totalità. È la visione dell'operaismo italiano di Tronti, per es., o la la visione del proletkult criticato da Lenin.
C'è una matrice positivistica naturalistica in tutto questo.
Alla stessa matrice si può fare risalire la cultura femminista della differenza, per es.
C'è una base conservatrice/reazionaria, una visione frammentaria tipica della cultura borghese liberale.
È fonte di fanatismo, non riconosce la comune umanità e, nel perseguire scopi supremi astratti e irriducibili, disconosce la stessa umanità e i bisogni umani fondamentali della stessa classe nel cui nome pretende di lottare.
Il fanatismo utopista che ne scaturisce vede la meta finale come astrazione reificata (il comunismo, per es.), dimenticando i contenuti concreti di questa meta, che, paradossalmente, possono essere sacrificati tranquillamente di fronte all'astrazione reificata (v. rapporto riforme- rivoluzione, correttamente trattato da Lenin, il quale non a caso, era "abbastanza" hegeliano nel suo marxismo).
I lavoratori non aspettano che i predicatori-messia come te. E per la prospettiva realistica che gli indichi sono disposti pure a fare morire i loro figli.