Tricontinental | Iper-imperialismo: una nuova fase pericolosa di declino
Introduzione
di Antiper
Introduzione a Tricontinental. Institute for Social Research, Hyper-Imperialism: A Dangerous Decadent New Stage, 23 gennaio 2024
Sono passati appena 30 anni da quando gli ideologi della borghesia, in un impeto di wishful thinking, hanno dichiarato la “fine della storia” dando per scontata l’intangibilità dell’imperialismo statunitense. Ma per le lotte e i movimenti popolari che sentivano sul collo lo stivale dell’imperialismo, non si intravedeva all’orizzonte una fine del genere.
Nonostante la violenta repressione, come nel massacro di Carajás in Brasile nel 1996, il Movimento dei Lavoratori “Sem terra” guidò la riappropriazione delle terre per realizzare una riforma agraria popolare attraverso occupazioni e coltivazioni, sfidando i colossi dell’agrobusiness, come la multinazionale statunitense Monsanto. [2]
Un “soldato che ha scosso il continente”, Hugo Chávez, vinse le elezioni popolari [in Venezuela] nel 1999, una brusca svolta a sinistra che fu seguita da altri paesi in America Latina. Questa svolta incluse un’ondata di mobilitazioni di massa di milioni di lavoratori, contadini, indigeni, donne e studenti che nel 2005 sconfisse le proposte di Area di Libero Scambio delle Americhe [ALCA] degli Stati Uniti, sfidando direttamente quasi 200 anni di Dottrina Monroe. [3]
Nel 2002, le donne nigeriane si radunarono ai cancelli della Shell e della Chevron per protestare contro la distruzione e lo sfruttamento ambientale nel Delta del Niger. Gli haitiani rifiutarono secoli di umiliazioni con manifestazioni di massa in seguito alla destituzione di Jean-Bertrand Aristide da parte degli Stati Uniti e all’occupazione statunitense nel 2004. Milioni di nepalesi celebrarono il rovesciamento della monarchia attraverso la resistenza armata sotto la guida dei comunisti nel 2006. Quando il fruttivendolo Mohamed Bouazizi si diede fuoco nel 2010, il popolo tunisino si ribellò al sistema neoliberista che lo aveva spinto ad un gesto così estremo.
Negli anni successivi, si verificarono cambiamenti, a volte piccoli e impercettibili, altre volte turbolenti ed esplosivi. Questi cambiamenti coinvolsero sia movimenti popolari che attori statali, in alcuni casi estremamente potenti.
Gli Stati Uniti si trovarono a fronteggiare una potenza economica emergente come la Cina, le economie in crescita del Sud Globale (che nel 2007 superarono il PIL del Nord Globale in termini di PPA), anni di trascuratezza degli investimenti interni a favore della finanziarizzazione dell’economia con la [progressiva] perdita della superiorità manifatturiera.
L’ascesa del Tea Party nel 2009 segnalò una frattura nella politica interna degli Stati Uniti. A livello internazionale, gli Stati Uniti non riuscirono a ottenere né una destabilizzazione soft in Cina, né la denuclearizzazione o il cambio di regime in Russia. Dopo una temporanea riduzione della spesa militare con la fine della disastrosa guerra in Iraq (2003-2011), gli Stati Uniti si rivolsero all’uso e alla minaccia della potenza militare come pilastro centrale della loro risposta a questi cambiamenti.
Storicamente l’egemonia si perde in tre fasi: [prima si perde l’egemonia nell’ambito della] produzione, [poi in quello della] finanza e [infine in quello] militare. [4]
Gli Stati Uniti hanno perso l’egemonia produttiva, sebbene mantengano ancora alcuni ambiti di egemonia tecnologica, compresi quelli legati all’ambito militare. La loro egemonia finanziaria sta subendo una sfida, sebbene ancora in fase iniziale, allo status del dollaro statunitense. Sebbene gli aspetti economici e politici del loro declino possano accelerare, essi mantengono ancora una potenza militare, il che crea negli Stati Uniti la tentazione di provare a superare le conseguenze del proprio declino economico con mezzi militari o ad esso correlati.
Gli Stati Uniti hanno definito la Cina come loro competitore strategico. Il programma minimo degli Stati Uniti è il contenimento e l’indebolimento economico della Cina, al fine di garantire la futura e perpetua egemonia economica degli Stati Uniti.
Dal suo punto di vista, il capitalismo statunitense si comporta razionalmente con i suoi tentativi di limitare l’ascesa della Cina. In caso contrario, si eroderebbe il vantaggio relativo che gli Stati Uniti hanno nel controllo dei livelli più avanzati di forze produttive e i conseguenti privilegi monopolistici che tale controllo comporta. Vi è una quasi totale convergenza tra gli attori statali statunitensi sulla necessità del decoupling dalla Cina (nonostante l’impossibilità quasi totale di rimodernare completamente le forze produttive statunitensi) e di promuovere i preparativi militari contro la Cina.
L’ingresso delle truppe russe in Ucraina nel febbraio 2022 – conseguenza delle continue violazioni delle garanzie statunitensi sulla non espansione della NATO (North Atlantic Treaty Organization) una nuova fase nell’allineamento militare mondiale degli Stati Uniti. Con una serie di mosse rapide, gli Stati Uniti hanno apertamente subordinato tutti i paesi del Nord Globale e in questo modo hanno subordinato anche l’apparato militare di quegli stati. Hanno dichiatato come potenza militare egemone quella che viene eufemisticamente chiamata NATO+ e che include tutti i membri dell’ex blocco orientale, tranne tre. Coloro che hanno partecipato al vertice NATO del 2023 a Vilnius, in Lituania, come membri o osservatori – tra cui Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Repubblica di Corea – sono di fatto membri della NATO+. Solo Israele (esonerato dalla partecipazione per opportunità politica) e alcuni paesi più piccoli del Nord Globale non hanno partecipato.
A partire dall’ottobre 2023, Israele ha avviato una campagna di deportazione forzata, pulizia etnica, punizioni collettive e genocidio contro i palestinesi, con il pieno e spudorato appoggio del governo degli Stati Uniti. Gli sviluppi in Ucraina, seguiti dalla recente escalation a Gaza, sono indicatori significativi che riflettono un cambiamento qualitativo all’interno del sistema imperialista. Gli Stati Uniti hanno ormai completato la subordinazione economica, politica e militare di tutti gli altri paesi imperialisti. Ciò ha consolidato un blocco imperialista integrato e militarmente focalizzato che mira a conservare il controllo sul Sud Globale nel suo complesso e ha rivolto la sua attenzione al dominio dell’Eurasia, l’ultima area del mondo sfuggita al suo controllo.
Non è esagerato affermare che il Nord Globale ha dichiarato uno stato di aperta ostilità e guerra verso qualsivoglia parte del Sud Globale che non si conformi le sue politiche. Ciò risulta [anche] dalla dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO, pubblicata il 9 gennaio 2023:
“Mobiliteremo ulteriormente l’insieme combinato di strumenti a nostra disposizione, siano essi politici, economici o militari, per perseguire i nostri obiettivi comuni a beneficio del nostro miliardo di cittadini” [5]
Il popolo palestinese a Gaza sta certamente percependo in modo tangibile la barbarie della NATO+ e del “consenso forzato di massa” di cui il Nord Globale è capace. Come ha affermato di recente la leader della liberazione palestinese Leila Khaled:
“Sappiamo che parlano di terrorismo, ma sono loro i veri terroristi. Le forze imperialiste in tutto il mondo, in Iraq, in Siria, in diversi paesi… si stanno preparando ad attaccare la Cina. Tutto ciò che essi dicono del terrorismo parla di loro. Le persone hanno il diritto di resistere con ogni mezzo, inclusa la lotta armata. Questo è sancito dalla Carta delle Nazioni Unite. Stanno violando il diritto dei popoli alla resistenza e il loro diritto a riconquistare la libertà. E questa è, e lo ripeto sempre, una legge fondamentale: dove c’è repressione, c’è resistenza. I popoli non accetteranno di vivere sotto occupazione e repressione. La storia ci ha insegnato che quando i popoli resistono, possono preservare la propria dignità e la propria terra” [6]
* * * *
L’imperialismo ha cominciato la sua trasformazione verso una nuova fase: l’iper-imperialismo. [7]
Si tratta di un imperialismo condotto in forma esasperata e convulsa, pur restando vincolato dai limiti che sono imposti ad un impero [ormai] declinante. La natura spasmodica del suo sforzo è avvertita dai milioni di congolesi, palestinesi, somali, siriani e yemeniti che spravvivono sotto il militarismo statunitense, pronti a scattare istintivamente in cerca di riparo ad ogni rumore improvviso.
Questa non è la marcia sanguinosa iniziata con la Guerra Fredda e combattuta in battaglie per procura a cui ha fatto seguito l’imperialismo economico [condotto] attraverso la Banca Mondiale e altre istituzioni “per lo sviluppo”.
È l’imperialismo di un miliardario che sta annegando e che crede fermamente di aver il diritto di tornare sul suo yacht.
Questo imperialismo mette in mostra i muscoli del maggiore potere che possiede ancora: la forza militare. Tuttavia, in assenza di capacità produttive, consapevoli che il potere finanziario è a un punto critico e che l’intera gamma di tecnologie imperialistiche di controllo che un tempo avevano a disposizione non lo è più, gli Stati Uniti canalizzano i propri sforzi verso i meccanismi che gli sono più congeniali: la “cultura” (il controllo della verità) e la guerra.
Le tattiche dell’iper-imperialismo sono in parte plasmate dalla modernizzazione della guerra [in guerra] ibrida, che include lawfare (uso strumentale [e selettivo] del diritto), iper-sanzioni, sequestro di riserve e beni nazionali e altre forme di guerra non guerreggiata. I nuovi strumenti tecnologici di sorveglianza e comunicazione mirata che caratterizzano l’era digitale vengono impiegati per esercitare il controllo imperialista nella battaglia delle idee. Questo ha comportato l’adozione di metodi sempre più perversi e occulti contro la verità, come la prigionia politica di Julian Assange, editore di WikiLeaks, che ha svelato numerosi crimini contro il Sud Globale. [8]
Il Nord Globale è oggi un blocco militare, politico ed economico integrato, composto da 49 paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Israele, Giappone e vari paesi dell’Europa occidentale e orientale. Sul piano militare, nella definizione di “Blocco militare a guida USA” includiamo anche la Turchia (membro NATO), la Corea del Sud e le Filippine (colonie militarizzate di fatto degli Stati Uniti), sebbene appartengano formalmente al Sud Globale.
Negli ultimi vent’anni, il Nord Globale ha subito un significativo declino relativo non solo economico, ma anche politico, sociale e morale. Le sue false rivendicazioni “morali” [a proposito] di diritti civili e di “libertà di stampa” sono ormai delle vere e proprie caricature, [visto come agiscono per] rendere illegale il sostegno pubblico (anche online) verso i diritti dei palestinesi. Questo sostegno totale all’umiliazione e alla distruzione dei popoli non bianchi del mondo ricorda i secoli passati, mettendo a nudo quella che può essere descritta come “fragilità bianca” collettiva.
I paesi del Sud Globale comprendono ex colonie e semi-colonie, alcuni Stati indipendenti non europei e progetti socialisti, passati o presenti. Per la maggior parte di essi, le lotte per la liberazione nazionale, l’indipendenza, lo sviluppo e una piena sovranità economica e politica non sono ancora state completate.
Nonostante i limiti della terminologia, in questo studio useremo i termini “Nord Globale” e talvolta “Occidente” (espressione spesso vaga), come sinonimi dell’espressione più accurata: campo imperialista a guida USA.
Analizzeremo il Nord Globale attraverso quattro “anelli”. Il resto del mondo, comunemente indicato come “Sud Globale” (in passato “Terzo Mondo”), verrà analizzato in sei “raggruppamenti”, determinati in base al grado con cui ciascun paese è oggetto di tentativi di cambio di regime e al ruolo che il suo governo gioca nell’avanzare pubblicamente posizioni anti-imperialiste internazionali. Il Nord Globale è oggi impegnato in livelli sempre più elevati di conflitto generalizzato con il resto del mondo, ossia con il Sud Globale.
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