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marxismoggi

Marx ed Engels e Il Manifesto del Partito comunista

di Cosimo Cerardi

manifesto comunistaIl modello che i socialisti utopisti proponevano era dato da un'idea di organizzazione in cui tutta la società viene ad essere intesa come una grande lega di famiglie (governata nell’insieme dal trio), suddivisa in minori leghe di famiglie governate dalle compagnie dei maestri, ecc. Accanto a questa organizzazione, quella delle Accademie, e quella del Consiglio di salute. Nessuno può essere eletto se non cede tutti i suoi beni allo stato.

Se si accetta la riforma proposta, conclude il Weitling, al dominio della pura e bruta forza si sostituirà quello del diritto; si eviterà che i doni dell’eloquenza e del bell’aspetto traggano in inganno gli elettori; anch’essi sono « privilegi », ai quali bisogna ovviare; si evitano tutti i personalismi come pure tutti gli inutili dibattiti parlamentari; aumenta lo zelo per il progresso nelle invenzioni e nelle scoperte, nelle arti e nelle scienze; ogni cambiamento di personale nell’amministrazione darà impulso progressivo alla società; e le nuove grandiose idee potranno essere messe rapidamente in atto.

In quella che viene considerata come la sua opera più matura (dopo l’abbandono del primitivo comunismo egualitario di tipo babuvista, che lo aveva portato a partecipare all’insurrezione del 1839 a Parigi, dopo le persecuzioni da parte del Bluntschli in Svizzera e prima delle fantasie religiose degli ultimi anni), il Weitling, in sostanza, propone una riforma elettorale su basi corporative ed egualitarie, che dovrebbe servire a permettere la realizzazione delle nuove e grandi idee, fra le quali anche, probabilmente, quella della comunione dei beni. E’ inutile soffermarci più a lungo su questo scritto, e analizzare gli elementi eterogenei, fourieristi e sansimoniani, che ne formano la sostanza; ed è anche inutile sottolineare come permanga in esso l’idea della abolizione della criminalità e di ogni sistema giuridico, e come si riscontri a ogni piè sospinto quello che si può dire, con parola forse anacronistica, l’operaismo del Weitling, cioè la sua avversione per i privilegiati dei talenti naturali, della scienza scolastica, per gli intellettuali, insomma, contro i quali non si stancava mai di predicare.

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blackblog

La crisi del lavoro e i limiti della società capitalista

di Norbert Trenkle

workout61 - Quando il CEO della Siemens, Josef Kaeser, ha annunciato, nel novembre del 2017, che la sua azienda avrebbe tagliato qualcosa come 7.000 posti di lavoro nel mondo, ed avrebbe chiuso diversi siti produttivi in Germania, questo, com'era prevedibile, ha innescato feroci critiche e proteste. La gente si è chiesta perché mai stavano facendo dei tagli nel momento in cui l'azienda realizzava grandi profitti. Le lamentele provenivano da tutti quei settori che ancora una volta sottolineavano come un'azienda si sottometteva ai dettami dei mercati finanziari e degli azionisti, e come non contasse più quel «lavoro onesto» che l'aveva portata al successo. Alcuni giornalisti liberali si sono anche preoccupati del fatto che le scelte del capo della Siemens avrebbero potuto danneggiare la legittimità del sistema capitalista. Sulla "Süddeutsche Zeitung", nel novembre 2017, Detlef Esslinger ha scritto che «se si vuole, in fondo è per le persone che sono alla ricerca disperata di una crescita con l'economia di mercato, il capitalismo, e  la globalizzazione, che devi comportarti come Kaeser & Company. Sono loro che stanno promuovendo i peggiori cliché a proposito degli avidi speculatori che non sono mai soddisfatti che i tassi dei mercato azionario siano abbastanza alti.»

In effetti, il caso Siemens evidenzia sia la situazione del lavoro che le relazioni di potere fra lavoro e capitale nell'attuale era del sistema capitalista globale. Ovviamente, negli ultimi trent'anni, le dinamiche dell'accumulazione di capitale si sono spostate in direzione dei mercati finanziari, e ciò ha avuto le sue drastiche conseguenze sulle condizioni di vita e di lavoro nella società. Ma tutto questo non è dovuto all'avidità di alcuni manager, banchieri ed investitori  che hanno agito a livello globale.

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lanatra di vaucan

“Marx e la follia del capitale”

Un confronto fra Harvey e Critica del valore

di Giordano Sivini

In Marx e la follia del capitale Harvey si imbatte nella Critica del valore ma evita il confronto

foto concorso elogio alla folliaHarvey si auto colloca nell’alveo marxista “radicato nella relazione di classe tra capitale e lavoro”.1 Entro questa tradizione opera una distinzione tra il capitalismo, inteso come sistema intriso del valore che ci imprigiona, e il suo motore che produce valore riconfigurando attraverso grandi crisi i rapporti sociali capitalistici, i quali retroagiscono riproducendo il rapporto tra capitale e lavoro costitutivo del capitale. Secondo Harvey “la posizione di Marx (…) è che il capitale probabilmente può continuare a funzionare indefinitamente, ma in modo tale da provocare un degrado progressivo della terra e un impoverimento di massa, aumentando drasticamente la disuguaglianza fra le classi sociali, e, insieme, producendo la disumanizzazione della maggior parte dell’umanità, che verrà tenuta sottomessa da una negazione sempre più repressiva e tirannica del potenziale di sviluppo umano individuale”.2

Harvey è considerato “probabilmente il più eminente studioso marxista vivente”,3 un “classico della scrittura marxista”.4 Nel suo lavoro teorico e nella sua prolifica attività divulgativa non aveva mai fatto menzione della Critica del valore. Lo fa in Marx e la follia del capitale, l’ultimo libro in cui riprende e ripete in modo discorsivo le sue convinzioni teoriche, e introduce anche un nuovo concetto – l’anti-valore – con l’obiettivo di spiegare il nesso tra finanziarizzazione e valorizzazione in maniera compatibile con la sua teoria della sopravvivenza del capitalismo alle sue crisi.

La citazione della Critica del valore evidenzia le difficoltà in cui Harvey si trova nello sviluppare questo obiettivo, e, più in generale, nel continuare a sostenere la tesi della riproducibilità senza fine del capitalismo, i cui fondamenti teorici risalgono agli anni ’70 del ‘900. Con l’introduzione del concetto di anti-valore gli sembra di poter dimostrare che il capitalismo si sta riproducendo sulla base di un intreccio inedito tra capitale produttivo di interesse e capitale produttivo di valore. Senonché dall’interno della Critica del valore, proprio intorno al rapporto tra capitale produttivo di interesse e capitale produttivo di valore, Ernst Lohoff fa emergere l’ineluttabilità della fine del capitalismo, sulla base di elementi che Harvey non ha preso in considerazione.

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sinistra

Dialettica o eclettismo?”

Un’anticritica

di Eros Barone

castello di sammezzano 1«Amico, non veniamo per Callia e non siamo sofisti. Forza, apri! Siamo venuti per vedere Protagora. Digli che siamo qui!»

Platone, Protagora, 314, c-e.1

Ringrazio innanzitutto Fabrizio Marchi per avermi offerto la preziosa e stimolante opportunità di sviluppare e approfondire il discorso a partire dai punti di consenso e di dissenso che egli ha espresso, sia pur sinteticamente, nella nota dedicata ad alcuni aspetti cruciali del dilemma “Dialettica o eclettismo?” qui , che ho posto al centro del mio articolo qui, laddove non può sfuggire l’importanza teorica e il carattere dirimente di tale dilemma sia nell’analisi scientifica che nell’orientamento pratico del movimento di classe. Seguirò quindi, nella mia disàmina, l’ordine di successione adottato da Marchi nella sua nota.

 

  1. Il ‘metodo delle etero-integrazioni’ e l’autonomia teorica del marxismo

Prima di entrare nel merito delle questioni poste dal mio interlocutore, ritengo opportuno premettere alcune considerazioni generali e di metodo. Orbene, è un classico ‘topos’ della cultura borghese di sinistra, al quale mi sembra che anche Marchi in qualche misura soggiaccia, distinguere tra un marxismo ‘critico’ ed ‘aperto’ e un marxismo ‘dogmatico’ e ‘chiuso’. Questa distinzione è stata spesso assunta e fatta propria da un buon numero di marxisti i quali, non avendola basata sui propri princìpi, cioè in sostanza non avendola ritradotta in un linguaggio rigoroso, hanno finito col mutuarne tutto il contenuto ideologico di origine: ciò è avvenuto non solo in Occidente, ma anche negli stessi paesi socialisti, quantunque lì la ricezione del ‘topos’ sia avvenuta ‘a posteriori’, cioè per opporre il nuovo ‘Diamat’ al vecchio ‘Diamat’. In realtà, la suddetta ricezione si è sempre realizzata, in un senso o nell’altro, sull’onda di una qualche ‘criticità’ del pensiero borghese, da integrare in quello marxista.

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marxismoggi

Attualità di Marx. Che cosa possiamo dire di nuovo sulla Scienza dal punto di vista del materialismo storico?

di Angelo Baracca

eruption carola onkamoNella ricorrenza del bicentenario della nascita di Marx si stanno ovviamente moltiplicando le iniziative a livello internazionale, nazionale e locale. Non devo certo esprimere la mia convinzione che dall'elaborazione di Marx ci siano ancora tantissimi insegnamenti da trarre. La vera sfida è di trarre spunti fecondi sui temi più scottanti oggi sul tappeto. Non ho l'ambizione di fare questo, ma vorrei dare un contributo su un campo che probabilmente non sarà al centro dei temi trattati, ma sul quale mi sono personalmente impegnato per quattro decenni e che ritengo sempre più cruciale oggi: il tema della Scienza. Intendo la Scienza capitalistica, quella cioè che venne fondata (schematizzo brutalmente) nei secoli XVII-XVIII e divenne con il decollo della Rivoluzione industriale del XVIII secolo uno dei cardini, sempre più imprescindibili, della Società industriale e del capitalismo. E qui sono convinto che ci sia ancora moltissimo da trarre da Marx.

La Scienza, in tutte le sue manifestazioni, informa sempre più tutti gli aspetti non solo della produzione e della distribuzione, ma della vita sociale e individuale. Questi sviluppi sempre più radicali e pervasivi sembrano avere anestetizzato la maggior parte delle persone le quali, nell'illusione di acquisire attraverso tecnologie sempre più sofisticate capacità a poteri eccezionali, non si rendono più conto di essere (anche) strumenti sempre più passivi e dipendenti dalla prossima innovazione che verrà introdotta, e per la quale viene sapientemente costruita l'aspettativa. Inutile dire che in questo meccanismo ha assunto un ruolo esorbitante la pubblicità, che pervade in modo incontenibile tutti gli aspetti della nostra vita, utilizzando molto frequentemente slogan che non hanno nessun fondamento, quando non sono palesemente infondati.

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marxismoggi

Economicismo o dialettica? Un approccio marxista alla questione europea

di Emiliano Alessandroni

[Con questo saggio di Emiliano Alessandroni, “Marxismo Oggi” intende aprire una discussione approfondita sulla questione europea, e più in generale sulle contraddizioni e i problemi dell’attuale quadro internazionale; una discussione complessa su temi complessi, che dunque intendiamo affrontare evitando semplificazioni e schematismi, in uno spirito di confronto e ricerca critica, utilizzando il metodo scientifico di analisi proprio del marxismo]

sindacalistiSRa Domenico Losurdo
(in memoriam)

1. Gli USA e l'orientalizzazione dell'Europa

Nei periodi storici caratterizzati da profonde crisi – di natura, oltre che economica, anche politica e culturale –, i ragionamenti che governano il dibattito pubblico, ivi compreso lo spazio del dissenso, vedono indebolirsi il campo della riflessione dialettica, contestualmente al rafforzarsi di prospettive meccaniciste e logiche binarie. In tali periodi sono dunque queste ultime a guidare i passi e a tracciare le vie d'uscita dai problemi in cui di volta in volta ci si imbatte, sono queste ultime a orientare i pensieri generali e a forgiare le nostre formae mentis. Così ad esempio, per quanto concerne l'imperialismo, nel mondo intellettuale, non meno che nel senso comune, una convinzione tende ad affermarsi: esso costituisce un atto di soggiogamento politico e militare che si verifica ai danni di un paese economicamente povero e tecnicamente arretrato. Gli Stati dell'Europa, non a caso, vengono pensati il più delle volte in relazione a dinamiche predatorie e molto raramente ai rischi di sottomissione. Eppure la storia non ha fatto mancare gli episodi che smentiscono un simile paradigma. Tra la Prima Coalizione organizzata contro il governo giacobino dopo la Rivoluzione del 1789 e la Guerra franco-prussiana scatenata da Bismarck, la Francia subisce più volte l'aggressione delle altre potenze europee, sebbene successivamente, con le guerre napoleoniche, i ruoli si capovolgano e sarà questo Stato ad assumere la veste dell'invasore straniero contro una Germania ben presto demolita e saccheggiata. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, le parti si invertono nuovamente e con la Repubblica di Vichy metà del territorio francese diventa, nel giro di poco tempo, una sorta di colonia tedesca.

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ottobre

Lenin e la concezione materialistica della storia

di Sabato Danzilli

Alcune note su “Che cosa sono gli ‘Amici del popolo’ e come lottano contro i socialdemocratici?

lenin streetart2Nel 1894 un ventiquattrenne Lenin componeva Che cosa sono gli “Amici del popolo” e come lottano contro i socialdemocratici?. Questo testo si inserisce in una polemica molto articolata e di durata decennale, che ha portato marxisti e populisti a discutere sullo sviluppo capitalistico della Russia e assume in essa un’importanza fondamentale per la chiarezza e l’originalità con cui viene trattata la materia. L’opera ha ancora oggi un grande valore, non per i banali parallelismi con l’attualità italiana, che potrebbero essere indotti dal suo titolo, ma per la sua robusta capacità di parlare del presente, basata sulla ricchezza di strumenti di analisi che esso fornisce. Questo contributo non pretende di essere un’esposizione completa del testo leniniano, ma di evidenziarne alcuni spunti e di sottolineare attraverso esso alcuni elementi degni di nota in modo particolare. Il bersaglio polemico dell’opera è il populista liberale Michajlovskij, la cui rivista, la Russkoe Bogatstvo, aveva pubblicato nei mesi precedenti articoli che criticavano alcuni elementi fondamentali del marxismo. Da questo elemento occasionale Lenin sviluppa la propria analisi della filosofia marxista e della situazione economica e sociale della Russia del suo tempo.

In quale delle sue opere Marx ha esposto la sua concezione materialistica della storia?

Proprio in apertura del testo Lenin affronta questa supposta critica di Michaijlovskij. Non nuoce ricordare che l’opera marxiana che più si avvicina a un’esposizione sistematica del materialismo storico, L’ideologia tedesca, rimarrà inedita fino al 1932, ma proprio per questo la risposta è particolarmente degna di nota:

Chiunque conosca Marx gli risponderebbe con un’altra domanda: in quale delle sue opere Marx non ha esposto la sua concezione materialistica della storia?

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sinistra

Dialettica o eclettismo?

di Eros Barone

Fort Vimieux 1831 JMW Turner«L'eclettismo è sostituito alla dialettica; nei confronti del marxismo questa è la cosa più consueta, più frequente nella letteratura socialdemocratica ufficiale dei nostri giorni. Questa sostituzione non è certo una novità; si poté osservarla persino nella storia della filosofia greca classica. Nella falsificazione opportunistica del marxismo, la falsificazione eclettica della dialettica inganna con più facilità le masse, dà loro una apparente soddisfazione, finge di tener conto di tutti gli aspetti del processo, di tutte le tendenze dello sviluppo e di tutte le influenze contraddittorie ecc., ma in realtà non dà alcuna nozione completa e rivoluzionaria del processo di sviluppo della società.»

Lenin, Stato e rivoluzione, 1917.

  1. La struttura concettuale dell’eclettismo

Qualsiasi dizionario ci informa che l’eclettismo è un atteggiamento che consiste nello scegliere da differenti teorie le tesi che più si apprezzano, senza considerare la coerenza di queste tesi fra di loro e la connessione di esse con le teorie da cui sono state desunte. La definizione testé riportata mette in rilievo la duplice natura - teorica e pratica - di un atteggiamento mentale, che «si fonda» sulla congiunzione di un elemento soggettivo, arbitrario, con un elemento logico, contraddittorio. Si tratta, in effetti, della struttura che caratterizza l’ideologia come falsa coscienza all’interno di una società divisa in classi e le assegna un ruolo specifico nella riproduzione delle condizioni spirituali di questa società. Parafrasando l’asserzione con cui Lenin apre lo scritto su Marxismo e revisionismo (1908) 1 - asserzione la quale ricorda che «un noto adagio dice che se gli assiomi della geometria urtassero gli interessi degli uomini, si sarebbe probabilmente cercato di confutarli» - si riesce più facilmente a comprendere come l’eclettismo si sforzi di conseguire il medesimo risultato, cioè l’inconfutabilità, con la giustapposizione, opportunamente dosata, di ingredienti eterogenei, ricavati da differenti teorie e resi compatibili non attraverso qualche forma, ancorché problematica, di riduzione concettuale, ma attraverso la loro finalizzazione pratica al progetto «sistemico» di cui l’eclettismo è lo strumento principe: la riproduzione della egemonia ideologica della classe borghese entro le «forme belle» della democrazia rappresentativa e dello Stato di diritto e l’occultamento della dittatura congiunta del profitto e della rendita esercitala sulle masse lavoratrici dal capitale finanziario.

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rifonda

Rivoluzione o decadenza?*

di Samir Amin

Pensieri sulla transizione tra i modi di produzione in occasione del Bicentenario di Marx

Samir Amin 156002 210x210Introduzione

Karl Marx è un gigante del pensiero, non solo per il diciannovesimo secolo, ma ancora di più per comprendere il nostro tempo contemporaneo. Nessun altro tentativo di sviluppare una comprensione della società è stato tanto fertile, a condizione che i “marxisti” si muovano oltre la “marxologia” (semplicemente ripetendo ciò che Marx era in grado di scrivere in relazione al proprio tempo) e invece portino avanti il suo metodo in accordo con i nuovi sviluppi della storia. Lo stesso Marx ha continuamente sviluppato e rivisto le sue opinioni nel corso della sua vita.

Marx non ha mai ridotto il capitalismo a un nuovo modo di produzione. Considerò tutte le dimensioni della moderna società capitalista, capendo che la legge del valore non regola solo l’accumulazione capitalista, ma governa tutti gli aspetti della civiltà moderna. Questa visione unica gli ha permesso di offrire il primo approccio scientifico relativo alle relazioni sociali nel più ampio regno dell’antropologia. In questa prospettiva, ha incluso nelle sue analisi ciò che oggi viene chiamato “ecologia”, riscoperta un secolo dopo Marx. John Bellamy Foster, meglio di chiunque altro, ha abilmente sviluppato questa prima intuizione di Marx.

Io ho dato la priorità a un’altra intuizione di Marx, legata al futuro della globalizzazione. Dalla mia tesi di dottorato nel 1957 al mio ultimo libro, ho dedicato i miei sforzi allo sviluppo ineguale derivante da una formulazione globalizzata della legge dell’accumulazione. Ne ho tratto una spiegazione per le rivoluzioni nel nome del socialismo a partire dalle periferie del sistema globale. Il contributo di Paul Baran e Paul Sweezy, introducendo il concetto di surplus, è stato decisivo nel mio tentativo.

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rifonda

Marx nostro contemporaneo

di Giorgio Riolo

Quella che segue è la relazione tenuta a Vigevano il 5 maggio 2018 nell’incontro pubblico dedicato a Marx a 200 anni dalla nascita. L’incontro si è tenuto nell’ambito del ciclo di conferenze dal titolo “Scuola di cultura e politica”, a cura del Collettivo Culturale Rosa Luxemburg di Vigevano.

Il pubblico di queste conferenze era formato da attivisti politici e da persone interessate al tema, ma senza preparazione specifica. Pertanto il discorso ha voluto essere intenzionalmente non troppo approfondito, senza però, almeno negli intendimenti, perdere in rigore

marx car WiazProprio il 5 maggio 1818 nasceva a Treviri Karl Marx. Sono passati 200 anni e tuttavia egli continua a essere una presenza ineludibile, fondamentale nel nostro tempo, in questo XXI secolo.

Dalla sua morte nel 1883, e dalla morte dell’amico e compagno di un’intera vita Friedrich Engels nel 1895, molte trasformazioni, molti grandi e profondi cambiamenti, hanno interessato la storia, la società, la cultura, la politica, in breve il sistema complessivo che denominiamo capitalismo. La sfida per noi che rivendichiamo la sua eredità, la sua lezione, risiede nel fatto di non ridurci a fare i meri ripetitori di formule, di frasi, di citazioni.

Marx è nostro contemporaneo proprio perché cerchiamo di pensare il mondo e il nostro tempo, e di agirvi conformemente, con la nostra testa, pur avendo presenti categorie, concetti, nozioni quali risultati del suo pensiero, della sua attività intellettuale, ma confrontandoci con i fenomeni nuovi, inediti rispetto al suo tempo e al suo mondo.

In una delle tante sue lettere, dopo la morte di Marx, quale suggeritore a chi si proclamava “marxista”, loro seguace, e suggeritore ai partiti socialisti o socialdemocratici che alla fine dell’Ottocento rapidamente si affacciavano nel proscenio della storia, diceva Engels “non raccogliete citazioni, non ripetete pedissequamente, ma pensate e analizzate la realtà vostra contemporanea come avrebbero fatto Marx ed Engels qualora si fossero trovati davanti a questa realtà, nuova, inedita”.

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effimera

Lavoro, sussunzione e progresso tecnico

Sull’attualità del pensiero di Marx

João Vitor Santos intervista Andrea Fumagalli

A 200 anni della nascita, il pensiero di Karl Marx è ancora al centro del dibattito contemporaneo. In questa intervista per la rivista brasiliana Rivista do Istituto Humanitas – Unisinos, Andrea Fumagalli cerca di sottolineare elementi di metodo e aspetti teorici che rendono Marx attuale e imprescindibile per comprendere, pur a 160 anni dall’edizione del I libro de Il Capitale, la natura dell’evoluzione del sistema capitalistico di produzione e la metamorfosi delle forme di sfruttamento del lavoro, oggi ancora più pervasive che in passato

6872c3893ac5058b505224cac9dd8089 XL1) Quali sono i limiti e le potenzialità delle idee marxiste per guidare le riflessioni sul mondo del lavoro nel nostro tempo?

La principale potenzialità e la grande attualità di Marx sta nell’approccio metodologico. In particolare riguardo a due aspetti. Il primo deriva dalla constatazione che al centro dell’analisi marxiana sta il “soggetto uomo”. L’analisi di Marx (ma non di tutto il marxismo) è un’analisi “umanista”. L’umanesimo” di Marx deriva dalla sua impostazione filosofica giovanile, che si condensa soprattutto nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, quando Marx inizia a delineare alcuni strumenti concettuali, quali alienazione e feticismo, che solo successivamente verranno declinati in chiave più economica. Anche dopo la “scoperta” dell’economia politica borghese grazie all’inchiesta di Engels sulla condizione sociale della classe operaia inglese e quindi lo sviluppo di una rigorosa analisi sul funzionamento dell’accumulazione capitalistica (i tre volumi de Il Capitale), il riferimento alla soggettività non viene comunque meno e ritorna prepotentemente nei Grundrisse. L’attualità di Marx sta nel fatto che ci ricorda che ogni economista, soprattutto oggi, dovrebbe avere una solida base filosofica e epistemologica. Purtroppo, oggi vige la regola opposta.

Il secondo elemento di potenza dell’analisi marxiana sta nel riconoscere che ogni analisi sociale ed economica è sempre un’analisi in divenire e quindi dinamica, esito di un processo dialettico in costante metamorfosi. L’approccio storicistico ci dice che la comprensione di una dinamica sociale può essere valida solo all’interno di un contesto storico e/o spaziale ben definito e delineato. Ciò che può valere oggi, non né detto che possa valere domani. Non esistono leggi immanenti nell’economia politica. L’attuale metafisica economica (imposta dal neo-liberismo) non ha senso.

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krisis

Vademecum per il disastro

La crisi della modernità dedotta dai principi della critica del valore

di Riccardo Frola

Questo testo è stato pubblicato per la prima volta come postfazione al libro “Crisi, nella discarica del capitale”, di Ernst Lohoff e Norbert Trenkle, pubblicato dalla casa editrice italiana Mimesis nel 2015. Il testo è integrale e non ha subito modifiche: è stata aggiornata soltanto la piccola bibliografia.

1turner e1532165552802I. Sulle spalle del gigante.

«Non c’è via maestra per la scienza, e solo hanno una possibilità di raggiungerne le vette luminose coloro che non temono di affaticarsi a salirne i ripidi sentieri»*.
Karl Marx, Il Capitale.

La crisi dilaga. Il ceto medio di buona parte dell’Eurozona è sotto un continuo cannoneggiamento di licenziamenti, diminuzione dei salari, demansionamenti, tagli. Persino i figli viziati della medio borghesia degli anni del boom si accontentano ormai di qualche contratto l’anno, vagando fra gli open space dei call center, i capannoni di amianto dei discount, le cucine e le celle frigorifere dei fast-food.

L’evoluzione informatica e dei software gestionali, presentata come fonte di emancipazione sociale ha espulso dalla produzione milioni di lavoratori, degradato le competenze di quelli rimasti, e trasformato il lavoro in una routine più ripetitiva della vecchia catena di montaggio.

Nella creazione della ricchezza sociale, la finanza -lo ricorda fra gli altri Gallino-, ha quasi sostituito la produzione reale.[1]

In Italia la disoccupazione procede ad un ritmo di 200mila posti di lavoro persi per anno. Il 46% dei giovani italiani è ufficialmente senza un’occupazione. Negli ultimi sette anni, Il 16% delle piccole e medie imprese è fallito, gettando sul mercato del lavoro, già saturo, 405mila disoccupati. Un fuoco di artiglieria.

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ilcomunista

Introduzione al Manifesto del Partito Comunista*

di Stefano Garroni

karl marx 1967 06 15Com’è ben noto il Manifesto fu scritto da Marx ed Engels su commissione della Lega dei comunisti, organizzazione londinese, che però raccoglieva anche lavoratori di altri paesi e che aveva una consistente rete di rapporti internazionali.

Lo scopo dell’opuscolo – perché di questo si trattava – era di propagandare un unitario orientamento politico, che fosse, nello stesso tempo, capace di rinserrare le file dei più decisi e combattivi rivoluzionari europei, come anche di fornire a quell’orientamento uno spessore storico e teorico. Insomma, si trattava anche – e forse fondamentalmente – di organizzare un effettivo argine contro il dilagare, nel movimento rivoluzionario, di orientamenti utopistici, spesso costruiti su ispirazioni di tipo francamente religioso e, generalmente, tanto roboanti sul piano verbale, quanto inconcludenti su quello effettivamente pratico e politico.

Ricordiamo che tutta la vicenda si ambienta nel 1848, in un’epoca, dunque, ricca di fermenti rivoluzionari, ma pure caratterizzata ancora dal fatto che il movimento proletario e persino gli ambienti rivoluzionari più solidi, mancano di una propria autonomia teorica, non sanno discriminare adeguatamente tra le critiche alla società presente che esprimono i rimpianti delle classi tramontate; e quelle, invece, che rappresentano un nuovo punto di vista, legato al moderno proletariato di fabbrica.

È' un’epoca, dunque, di incertezze teoriche, che si esprimono sia in oscillazioni politiche, sia nella proclamazioni di tesi francamente utopistiche e spesso “colorate” – lo ripeto – in senso religioso e sentimentale.

La battaglia per dare al movimento rivoluzionario un orientamento teorico diverso, che fosse fondato dal punto di vista critico-scientifico, già aveva visto nettamente impegnati sia Marx che Engels: l’incarico, dunque, ottenuto dalla Lega dei comunisti era anche una loro personale vittoria. Tuttavia, il compito assegnato era sempre – e solo – quello di scrivere un opuscolo agitatorio. Ricordare ciò può sembrare bizzarro, quasi si insistesse su un’ovvietà.

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la citta futura

Come si sviluppa una coscienza rivoluzionaria

di Renato Caputo

La centralità dei consigli e di un partito organizzato per cellule nei luoghi di lavoro come vettori per la formazione della coscienza di classe

lenin19La classe operaia in quanto tale, il proletariato in sé, sono privi di coscienza di classe. Il feticismo, la reificazione, il lavoro alienato, caratteristici del modo di produzione capitalistico, non riducono solo la forza-lavoro a una merce, ma fanno sì che lo stesso proletario si consideri una merce “che stabilisce, col gioco della concorrenza, il proprio prezzo, il proprio valore” [1]. In tal modo il salariato non è ridotto dalla reificazione del modo di produzione capitalistico unicamente a una merce in sé – almeno durante tutta la parte preminente della propria giornata e della propria esistenza in cui si aliena cedendo al capitalista l’uso della propria capacità di lavoro –, ma lo diviene anche per sé, ossia tende ad autoconcepirsi come tale. Il sindacato, tendendo a unificare i lavoratori di un determinato settore che svolgono generalmente la medesima o un’analoga professione, non solo non favorisce la presa di coscienza del lavoratore come membro della classe produttrice di tutta la ricchezza della nazione, ma al contrario “contribuisce a rinsaldare questa psicologia, contribuisce ad allontanarlo sempre più dal suo possibile concepirsi come produttore, e lo porta a considerarsi ‘merce’” (44).

Al contrario il proletariato sviluppa una coscienza di classe, superando l’alienazione prodotta da una sempre più accentuata divisione del processo produttivo, – “l’operaio può concepire se stesso come produttore”, osserva a ragione Gramsci, – “solo se concepisce se stesso come parte inscindibile di tutto il sistema di lavoro che si riassume nell’oggetto fabbricato, solo se vive l’unità del processo industriale che domanda la collaborazione del manovale, del qualificato, dell’impiegato d’amministrazione, dell’ingegnere, del direttore tecnico” (44). A tale scopo diviene essenziale il consiglio di fabbrica in cui i diversi salariati che contribuiscono alla produzione possono sentirsi come parte necessaria e indispensabile di un tutto, di una totalità, che costituisce il fondamento del processo produttivo.

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marxismoggi

Il fondamentalismo occidentale

di Domenico Losurdo (a cura di Emiliano Alessandroni)

tintinSolo in seguito a una più profonda conoscenza [...]
l'elemento logico si eleva [...] fino a valere non già
semplicemente come un universale astratto, ma
come l'universale che abbraccia in sé
la ricchezza del particolare
Hegel - Scienza della Logica

Il testo che segue unisce brani tratti dal volume di Domenico Losurdo, Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana (Laterza, Roma-Bari, 2007, pp. 48-78). Si è qui deciso di riproporli in quanto appaiono particolarmente rilevanti per la fase storica che stiamo attraversando. L'Occidente registra infatti, da qualche tempo, l'assenza di una sinistra capace di rendersi promotrice di un Universale concreto (cfr. su ciò D. Losurdo, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, Roma 2014).

La reazione all'Universale astratto promosso dal liberalismo viene pertanto condotta dall'iniziativa delle destre, siano esse sociali o postmoderne, che per propria vocazione tendono a ripiegare lo sguardo su un'astrattezza egolatrica e particolaristica. È quest'ultima a scolpire oggi, in Europa e negli Usa, le forme della critica al liberalismo. Alla prospettiva cosmopolita di un mondo senza Stati e sans frontières che l'ideologia anarcocapitalista insegue, fanno fronte gli arroccamenti identitari e i tradizionalismi localistici, all'insegna di miti genealogici spontanei che sorreggono fisionomie sociali gelose e protettive. L'ideologia dell'imperialismo statunitense, a seconda dei governi e delle circostanze storiche, tende a muoversi su questi due fronti, oscillando tra cosmopolitismo e tradizionalismo, tra Universale e particolare astratto. Pur avversi tra loro essi risultano ancora più ostili all'Universale concreto, che ha bisogno di superare entrambe le unilateralità per realizzarsi.

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sbilanciamoci

Soggettività marxiane, un libro a più voci

di Andrea Girometti

Il libro “Marx: la produzione del soggetto” (Derive Approdi, 2018), curato da Luca e Michele Basso, Fabio Raimondi e Stefano Visentin è un insieme di riletture dei testi sotto la luce della formazione dell’individuo nei suoi aspetti attivi e passivi. Con anche una critica femminista

cropped cropped 10453021805 b99a40be58 o e1453223929131 825x510L’incipit del bel testo Marx: la produzione del soggetto (Derive Approdi, 2018), curato da Luca e Michele Basso, Fabio Raimondi e Stefano Visentin – dedicato all’«amico e compagno Alessandro Pandolfi» recentemente scomparso – non può essere più chiaro negli intenti richiamando la non diffusa presenza del termine “soggetto” (inclusi i suoi derivati) nell’opera marxiana e allo stesso tempo scommettendo «sulla specificità e sull’operatività politica [di tale] parola».

Si tratta, peraltro, di un termine denso e ridondante nel dibattito filosofico-politico, e non di meno fantasmatico, come ribadiscono gli autori. È dunque sul «significato storico, teorico e politico che il concetto di soggetto svolge in alcune opere di Marx» che ruotano gli interventi dei diversi autori, sulla base del comune assunto che il marxiano «lessico della soggettività si presenta intrecciato e talvolta sovrapposto a una serie di altri termini significativi». Si pensi, come sottolineano i curatori, alla concezione del comunismo come realizzazione degli «individui come individui», degli «individui sociali», dei «liberi produttori associati». E ancora, si consideri quanto significativo fosse il fatto che Marx utilizzasse il termine Individuum (e non Subjekt) «in quanto portato del modo di produzione capitalistico» (pp. 7-8) o al tentativo, presente fin dai primi scritti, di superare la dicotomia soggetto individuale/soggetto collettivo.

In ogni caso, la scelta di utilizzare «la locuzione produzione del soggetto» rinvia all’ambivalenza intrinseca al termine in quanto indicante – insieme – un ente assoggettato e un ente autonomo, dunque la persistenza dei caratteri passivi e attivi che sempre lo connotano.

In altri termini, non si dà emancipazione che possa prescindere da limiti, presupposti e circostanze date. L’azione, individuale e collettiva, è sempre situata e sempre eccedente ogni determinismo nei suoi possibili risultati.

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il rasoio di occam

L'autonomia del socialismo

di Michele Prospero

dalla volpe 510È stato da poco ripubblicato, per opera della casa editrice Bordeaux, il terzo dei saggi che inaugura il percorso marxista di Galvano Della Volpe, La libertà comunista (1946). Per riconsiderare il significato dell'iniziativa teorico-politica di Della Volpe, pubblichiamo, per gentile concessione della casa editrice e dell'autore, il quarto paragrafo dell'introduzione al testo di Michele Prospero

Colpisce il tono anche aspro della riflessione etico-politica che è posta al centro della Libertà comunista. L’affondo portato contro i tentativi di annacquare la specificità e l’autonomia (anche filosofica) del marxismo è radicale. Il bersaglio, che viene centrato su molteplici aspetti, è l’eclettismo contemporaneo cioè la disinvoltura concettuale mostrata da teorici che cercano di gettare un ponte tra liberalismo e socialismo precipitando così in un acritico tentativo di “conciliazione”. Prendere un po’ di questo filone di pensiero e recuperare un po’ di quell’altra corrente per tentare una loro fusione estrinseca, che in Italia è il ritrovato sintetico proposto dalle correnti di Croce, Calogero, potrebbe minare l’autonomia culturale di un progetto di pensiero comunista[1]. Ciò che sfugge all’eclettismo contemporaneo è la congiunzione necessaria tra critica dell’economia (particolare) e istanza etica (universale). Solo questo intreccio degli eterogenei renderebbe possibile una soluzione coerente e su questa carenza di mediazione poggia la contestazione del sincretismo di chi si dichiara “liberale nell’etica e nella politica, socialista nell’economia” (p. 41). Una tale attitudine conciliatoria postula il divorzio tra valori e interessi, tra idee e bisogni. Nel quadro di una polemica molto accesa, anche nel testo del 1946 della Volpe non negava la rilevanza dei profili liberali dello Stato moderno, ne coglieva però la ripresa e quindi la riformulazione, entro un universo concettuale nuovo come quello di Marx che li trasvalutava mutandone l’assetto problematico-critico. Entro questo arco tematico rimodulato il rapporto tra socialismo e liberalismo appariva a della Volpe “non come uno sviluppo graduale” ma come uno sviluppo che si accompagnava a una “frattura storica” (p. 15).

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tempofertile

Fredrich Engels, “La situazione della classe operaia in Inghilterra”

di Alessandro Visalli

engels 2 abbrutimento operaiUn giovane di ventiquattro anni, figlio di un industriale tedesco con una importante filiale Manchester, scrive nel 1844 e pubblica quasi subito un libro che resterà come esempio di inchiesta sul campo e di vivida descrizione degli orrori lasciati dal primo capitalismo industriale nella regione in cui questo si sviluppa. Un classico della scienza sociale che evita accuratamente, pur nella crudezza delle descrizioni, ogni intonazione moralistica per cercare di individuare, con la freddezza dell’anatomopatologo, le ragioni dell’inumano spettacolo che ci sottopone. La storia del libro è di occasione: il padre, che aveva una fabbrica in renania, cerca di allontanare il figlio dalle sue cattive compagnie (il circolo degli hegeliani di sinistra a Berlino) e lo manda ad occuparsi appunto della filiale di Manchester.

Contemporaneamente Karl Marx stava scrivendo i cosiddetti “Manoscritti economico-filosofici del 1844” e lo stesso Engels aveva scritto in quell’anno “Lineamenti di una critica dell’economia politica”, quattro anni dopo insieme e su incarico della Lega dei comunisti i due scriveranno “Il Manifesto del Partito Comunista”.

C’è una fondamentale differenza tra lo sguardo che il giovane filosofo getta sulla condizione di immenso degrado dei quartieri popolari delle città industriali inglesi e quello dei contemporanei: la borghesia dell’epoca, per tutti i primi tre decenni dell’ottocento si è interrogata su questo degrado esclusivamente sotto la lente interpretativa dei “poveri”. Nel 1834 vengono quindi emanate le nuove “Poor Law” contro le quali nell’ultima parte del libro Engels si scaglia con veemenza, ma nessuno aveva inquadrato il meccanismo produttivo, e la costruzione di spazio e tempo dominati dalla logica fredda e spietata della concorrenza e del capitale che la muove. Quella di Engels è, invece, una inchiesta che legge le condizioni igienico-abitative della classe operaia, nelle sue diverse articolazioni, come effetto dei processi fisici di urbanizzazione interamente guidati dal profitto, e ne mostra il meccanismo. I protagonisti del libro sono le città, quindi le macchine entro le fabbriche, l’uomo ne è un effetto.

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petiteplaisance

Introduzione ai «Manoscritti economico-filosofici del 1844» di Karl Marx

di Costanzo Preve

expoeticamarxista 110907121829 phpapp02 thumbnail 4Scritti fra l’aprile e l’agosto del 1844 a Parigi da un Marx ventiseienne, i Manoscritti economico-filosofici del 1844 sono un’opera non destinata alla pubblicazione, che Marx non ha mai sistematizzato ed organizzato come è d’uso quando un testo è destinato ad una pubblicazione a stampa. Essi presuppongono la lettura e lo studio del saggio dell’amico Engels Lineamenti di una critica dell’economia politica, pubblicato nel febbraio 1844. Si tratta essenzialmente di appunti di chiarimento ad uso personale, come è stato recentemente stabilito da un accurato esame filologico (cfr. Jürgen Rojahn, in “Passato e Presente”, 3, 1983). Pubblicati per la prima volta nel 1927 in URSS per opera di Rjazanov, essi non entrarono nel dibattito filosofico europeo prima del 1932, ed il primo intervento autorevole di quell’anno che ne segnala la grande importanza per la comprensione del pensiero globale di Marx è quello di Herbert Marcuse (cfr. H. Marcuse, Marxismo e rivoluzione. Studi 1929–1932, Einaudi, Torino 1975, pp. 61–116). La presa in considerazione dei Manoscritti è quindi del tutto estranea al processo di sistematizzazione e di coerentizzazione dottrinale del pensiero di Marx, che divenne appunto “marxismo” nel ventennio 1875–1895 per opera pressoché esclusiva di Engels e Kautsky. E questo non è un caso. Questo “marxismo”, costruito di fatto come una teoria del crollo della produzione capitalistica, non avrebbe saputo che farsene di una teoria dell’alienazione e neppure di una critica filosofica dell’economia. I Manoscritti hanno quindi letteralmente “dormito” per quasi un secolo. Si tratta di una sorte comune a molte altre opere filosofiche. L’Aristotele che conosciamo aveva “dormito” per tre secoli fino al primo secolo avanti Cristo, e Lucrezio, del tutto ignoto a Dante, dovette attendere il quindicesimo secolo per essere “scoperto” in Germania da un umanista italiano in “trasferta”.

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la citta futura

Per un bilancio critico dell’opera di Losurdo

di Renato Caputo

Grandezza e limiti storici della visione del mondo del più grande storico delle idee marxista contemporaneo

aristotlDomenico Losurdo è stato certamente il più importante storico delle idee marxista italiano contemporaneo. Premetto che ho iniziato a lavorare a questo articolo dieci giorni dopo la tragica notizia della sua morte, proprio in quanto, essendo stato un suo allievo e, volendo rimanere fedele alla sua lezione, non intendo limitarmi a un pur doveroso coccodrillo in cui, a ragione, si evidenziano essenzialmente gli importanti contributi dati da questo grande studioso e pensatore allo sviluppo della cultura e, in particolare, del marxismo. Cercherò, piuttosto di abbozzare un primo bilancio storico della sua poderosa opera. Evidentemente chi scrive non ha altra ambizione che di poter svolgere la necessaria, per quanto irriguardosa, esigenza del nano che prova ad arrampicarsi sulle spalle di un gigante. In altri termini, sfruttando il fatto di appartenere alla generazione successiva, mi arrischierò a guardare al di là del suo lascito, riconsiderandolo criticamente in una prospettiva storica.

Dopo diversi anni di militanza politica marxista-leninista, negli anni della sconfitta e del reflusso e passati i suoi quarant’anni, Losurdo ha iniziato a occuparsi principalmente della lotta di classe a livello delle idee per contrastare la controffensiva liberale al livello delle sovrastrutture. Quella di Losurdo è stata una sfida titanica intrapresa negli anni in cui con la Thatcher e Reagan l’ideologia dominante aveva riconquistato l’egemonia sul piano culturale, tanto da puntare a una restaurazione del pensiero liberale classico, scevro delle influenze e dei compromessi cui era stato costretto, da oltre un secolo, dall’affermarsi prima della democrazia moderna e poi del socialismo.

Losurdo ha intrapreso questa sua nuova sfida con un essenziale contributo alla lotta per l’interpretazione del Kant politico, nell’opera Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, uscita nel 1983 per la casa editrice Bibliopolis di Napoli e ristampata in una necessaria seconda edizione nel 2007.

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sebastianoisaia

Rosa Luxemburg. Coscienza, passione, azione

di Sebastiano Isaia

rosa 1Il marxismo non è una dozzina di persone che si
distribuiscono a vicenda il diritto alla “competenza”,
e di fronte alle quali la massa dei pii musulmani
debba inchinarsi in cieca fede. Il marxismo è una
dottrina rivoluzionaria, che nulla aborre di più che
le formule valide una volta per tutte, e che mantiene
viva la sua forza nel clangore delle armi incrociate
dell’autocritica e nei fulmini e tuoni della storia.
Rosa Luxemburg

Lo spirito di Rosa Luxemburg, l’ideale socialista,
era una passione travolgente che travolgeva tutto;
una passione, allo stesso tempo, del cervello e del
cuore, che la divorava e la sollecitava a creare.
L’unica ambizione grande e pura di questa donna
impareggiabile, l’opera di tutta la sua vita, non fu
 altro che preparare la rivoluzione che doveva lasciare
 il passaggio franco al socialismo. Poter vivere la
rivoluzione e partecipare alle sue battaglie, era per
lei la suprema felicità.
Clara Zetkin

1. La militanza come coscienza di classe e passione rivoluzionaria

L’articolo di Maria Turchetto (1) sul libro di Rosa Luxemburg L’accumulazione del capitale (1912) ai miei occhi ha soprattutto il merito di ricordarci la figura politica e umana della grande rivoluzionaria polacca (naturalizzata tedesca) brutalmente assassinata nel 1919 dalla canaglia al servizio della controrivoluzione. «Operai! Operaie! Cose mostruose stanno avvenendo a Berlino da qualche giorno. […] Un mostruoso assassinio è stato commesso contro Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Non è vero che Karl Liebknecht sia stato abbattuto durante un tentativo di fuga. Testimoni obiettivi hanno stabilito all’obitorio che Karl Liebknecht è stato colpito a distanza ravvicinata e di fronte. Rosa Luxemburg è stata gettata a terra in modo bestiale da una banda di borghesi e quindi smembrata e trascinata via. E le truppe governative, che avrebbero dovuto arrestare e proteggere l’inerme prigioniera, non hanno impedito quest’azione vile e cannibalesca».

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marxismoggi

La nuova edizione del “capitolo sesto inedito” del primo libro del “Capitale”

di Salvatore Tinè*

marx2015Pubblicato per la prima volta nel 1933 dall’Istituto Marx-Engels-Lenin di Mosca, il manoscritto del cosiddetto Capitolo VI inedito del primo libro de Il capitale costituisce senz’altro non solo uno dei testi più importanti e complessi dell’opera di Marx, ma anche un documento particolarmente significativo dell’immane lavoro di redazione de Il capitale che avrebbe occupato per più di vent’anni la vita del pensatore di Treviri. Il manoscritto, redatto nel 1864 e intitolato Risultati del processo di produzione immediato, è l’unica parte pervenutaci dell’ultima redazione del primo libro del Il capitale che precedette la sua edizione a stampa del 1867, originariamente contenuta nel Manoscritto 1863-1865.

L’edizione del Capitolo VI a cura di Giovanni Sgro’ appena uscita con La Città del Sole ci consente di rileggere queste pagine di Marx in una nuova traduzione condotta sul testo stabilito dai curatori del volume 4.1 della seconda edizione della MEGA2. Solo in alcuni punti tuttavia l’attale traduzione modifica quella già condotta dallo stesso curatore e pubblicata nel tomo II del volume XXXI della edizione italiana delle Opere Complete di Marx ed Engels. Molto più aderente alla “lettera” del testo delle tre precedenti traduzioni italiane di Bruno Maffi, di Liliana La Mattina e di Mauro di Lisa, ci pare che essa possa essere utile a cogliere meglio in alcuni suoi passaggi la densità e la complessità del testo di Marx. L’ottima introduzione di Sgro’ e un indice analitico molto ragionato individuano con molta precisione filologica e rigore la trama teorica che innerva, spesso solo sottesa, le pagine del pensatore di Treviri.

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blackblog

Prefazione a "L'onore perduto del lavoro" di Robert Kurz

di Bruno Lamas

the walking dead 55«"Chi non lavora non mangia" - è questo il comandamento pratico del socialismo» [*1], ha scritto Lenin. «Nella civiltà non c'è spazio per i pigri» [*2], ha scritto Henry Ford. Non è difficile capire come in realtà queste affermazioni non siano vere e proprie minacce di morte. A queste frasi, ne potremmo aggiungere innumerevoli altre, altrettanto o più sinistre, pronunciate da personaggi importanti del secolo scorso, che evidenziano in maniera inequivocabile come l'ex blocco dell'Est e le società capitaliste occidentali, nonostante tutte le differenze, di maggior o minore entità, in realtà erano solamente due varianti di un'unica complessiva forma sociale fondamentale che, sebbene in stato di decomposizione, è anche ancora la nostra: la «Società del Lavoro».

L'espressione venne coniata da Hanna Arendt - erano ancora gli anni '50 - ma nonostante il suo potenziale radicale, che permetteva che si potesse guardare a quelle che erano le forme comuni al capitalismo ed al socialismo reale, la concezione ad essa soggiacente ebbe ben poca eco nella teoria critica sociale ancora per molto tempo. Ma, agli inizi degli anni '80, cominciava a delinearsi una nuova situazione storica. Nei paesi occidentali più avanzati, la terza rivoluzione industriale della microelettronica stava già facendo degli importanti passi in avanti, e cominciavano ad emergere segni di una disoccupazione strutturale. Nella Germania Occidentale, il nuovo contesto aveva stimolato la nascita di un dibattito relativamente allargato sulla cosiddetta «crisi della società del lavoro» (Krise der Arbeitgesellschaft). Era già il titolo stesso del dibattito, ad essere indicativo di una vaga percezione di una profonda trasformazione strutturale, ma l'incapacità di saper riflettere sui nuovi problemi a partire da una reale comprensione della traiettoria storica del capitalismo, finì per ridurre il dibattito ai suoi aspetti politici, sociologici e culturali della «società post-industriale» e al declino del movimento operaio in quanto soggetto storico, associato alla fine del suo carattere omogeneo, classista e largamente sindacalizzato, ed alla concomitante e crescente eterogeneità ed individualizzazione sociale.

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globalproject

Il dispositivo dell'infedeltà

Per una lettura rizomatica dell'opera di Marx

di Vincenzo Di Mino

Per la rubrica “Il pensiero alla radice”, sempre nel solco del bicentenario della nascita di Karl Marx (vedi anche: Leggere Il capitale: Due guide eretiche, di Lorenzo Feltrin), pubblichiamo una rilettura “infedele” dell’opera marxiana fatta da Vincenzo di Mino, partendo da due recenti testi - Marx’s Inferno di William Clare Roberts e Rupturing the dialectic di Harry Cleaver – che stanno già accumulando grande credito all’interno del variegato panorama del marxismo eterodosso contemporaneo

1521573409 e977ce70efc18eb46762e593e91dda94We are the queer
We are the whore
Ammunition
In the class war
(Nofx, The Decline)

Marx, 200 anni dopo: continuità dell’opera o dinamica intermittente degli antagonismi? Intorno a questa domanda, molto è stato detto e prodotto. Si è detto di un Marx storicista, pensatore usato al servizio della Ragion di Stato socialista, teologo del progresso, e di un Marx critico dell’economia poco propenso a occuparsi delle questioni più materialmente politiche, come quelle riguardanti la sfera del potere statale. Si è detto di un Marx codificato nella dinamica ideologica marxista e di un Marx che, grattando sotto la superficie, alla fine era un liberale radicale. Le domande da porsi oggi, però, sono sensibilmente differenti e, abbandonati ai loro destini il campo dell’ideologia pura, dell’appartenenza dottrinaria e dell’appropriazione possessiva della vasta e complessa opera del pensatore tedesco, necessitano di uno slittamento teorico che incroci immediatamente le pratiche di conflitto e trasformazione che attraversano le difficoltà del presente.

Si potrebbe dire, infatti, che ciò che oggi può implementare la possibile messa in campo di differenti processi di conflittualità sociale è una sostanziale infedeltà a Marx, conforme alla famosa XI tesi su Feuerbach: nell’epoca in cui il capitale-mondo estrae valore anche dalle funzioni cognitive e intellettuali della soggettività, interpretare il mondo e operare nei termini di una sua sovversione vengono praticamente a coincidere.

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sinistra

Considerazioni sul nesso fra teoria e politica nel marxismo italiano degli anni ’70 e ’80

di Eros Barone

marxismo italiano 02L’ortodossia non deve essere ricercata in questo o quello dei discepoli di Marx, in quella o questa tendenza legata a correnti estranee al marxismo, ma nel concetto che il marxismo basta a se stesso, contiene in sé tutti gli elementi fondamentali, non solo per costruire una totale concezione del mondo, una totale filosofia, ma per vivificare una totale organizzazione pratica della società, cioè per diventare una integrale, totale civiltà. […] Una teoria è rivoluzionaria in quanto è appunto elemento di separazione completa in due campi, in quanto è vertice inaccessibile agli avversari. Ritenere che il materialismo storico non sia una struttura di pensiero completamente autonoma significa in realtà non avere completamente tagliato i legami col vecchio mondo.
Antonio Gramsci1

1. Centralità del nesso fra teoria e politica

Le note che seguono mirano per un verso a puntualizzare il nesso tra teoria e politica, così come si è andato configurando in alcuni momenti decisivi dell'elaborazione marxista che hanno contrassegnato l’arco storico degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, e per un altro verso a indicare le condizioni per una possibile ricomposizione di tale nesso nella prospettiva della ripresa di un movimento di classe offensivo. La ricognizione del tema non può che svolgersi lungo i mobili confini, tra scienza e ideologia, di un campo di ricerca attraversato da una lotta specifica tra diverse ed opposte tendenze, espressione strutturale di un livello determinato della lotta di classe, la pratica teorica, a sua volta ‘sovradeterminato’, attraverso una peculiare combinazione di effetti, dagli altri livelli o istanze della totalità complessa costituita dall’insieme base-sovrastrutture-pratiche, cioè dai livelli corrispondenti alla pratica economica e alla pratica politica della lotta di classe.2