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blackblog

Critica sociale e teoria di classe

Sulla necessità di riformulare la nostra concezione di lotta sociale

di Julian Beuwirth

In questi ultimi anni, la categoria di «classe» è tornata ad assumere grande importanza nelle discussioni circa la direzione della critica sociale emancipatrice, e sull'orientamento delle lotte sociali. La rinascita della politica di classe viene vista come se fosse una grande opportunità per riuscire a dare una definizione più precisa di quelli che sono i meccanismi di dominazione sociale, e al fine di una radicalizzazione delle lotte sociali. Tuttavia, a un esame più attento, il termine sembra poco adatto a questi due aspetti. E per poter svolgere i necessari dibattiti, nel contesto del Capitalocene, si rende pertanto necessario un altro paradigma

class war is now posterLa classe e la critica del capitalismo

L'importanza che il concetto di classe riveste nell'attuale fase della teoria e della prassi della sinistra ha, per gli attori, un significato socio-psicologico che non deve essere sottovalutato. Da un lato, esso indica la (presunta) subordinazione alle condizioni sociali. È chiaro che noi non siamo semplicemente degli esseri umani (come pretende l'ideologia liberale), ma piuttosto degli «esseri umani sottomessi». E lo siamo in base al principio di «classe», che ogni individuo interpreta e intende in maniera diversa. Il termine serve a cercare di rendere comprensibile la sofferenza causata dalla società; eppure allo stesso tempo non riesce a spiegare molto (dal momento che con tale termine ciascuno intende qualcos'altro). Però, allo stesso tempo, il principio di «classe» contiene simultaneamente anche un principio e un motore che guida l'azione. Infatti, dato che in realtà l'assoggettamento non ci riguarda come individui, ma piuttosto in quanto membri di un gruppo assai ampio (la «classe»), ecco che da questo ne possiamo trarre una capacità di azione collettiva.

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lafionda

Emergenzialismo, fase suprema del tecno-capitalismo

di Salvatore Bianco

democracy“Solo se ciò che c’è si lascia pensare come trasformabile, allora ciò che c’è non è tutto”
T.W. Adorno, Dialettica negativa

Tra gli esiti più rilevanti della interminabile pandemia c’è sicuramente quello di aver normalizzato nelle società occidentali lo stato di emergenza, interiorizzato dai più come abitudine e senso comune.

E’ infatti accaduto che una condizione per definizione temporanea quale per l’appunto lo stato di emergenza, in ragione di un evento improvviso da fronteggiare in un tempo delimitato, per effetto della continua reiterazione giustificata dal persistere dell’urgenza in gioco, ha prodotto via via un governo dell’emergenza. Nella sua orbita, la certezza del diritto ha lasciato il posto ad una congerie di provvedimenti di urgenza e misure amministrative, con forza di legge, in continua fluttuazione. Si è andata componendo via via un’alterazione strutturale dell’ordinamento in senso discrezionale ed amministrativo, con un definitivo sbilanciamento a favore dell’esecutivo e di poteri estranei all’architettura istituzionale, con la figura sempre più ricorrente del Commissario straordinario, a scapito del legislativo e dunque in ultima istanza della sovranità democratica quale suo fondamento[1].

Ora, la tesi che si intende argomentare è che l’emergenzialismo nel frattempo riconfermatosi con la guerra in Ucraina, lungi dall’essere una traiettoria accidentale, sia la perversa contromisura, in ambito politico, posta in essere da un tardo capitalismo sempre più contraddittorio.

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machina

Fordismo, postfordismo, digitalizzazione: l'orizzonte strategico del capitalismo

Antonio Alia intervista Enzo Rullani

0e99dc 68ec65d43a73443c9b6fa2d6c26b5e6emv2Quando si tratta di comprendere le trasformazioni del capitalismo, non si può fare a meno della ricerca e dello sguardo teorico di Enzo Rullani. Economista e Senior Researcher alla Ca' Foscari, autore di molti e importanti volumi, è stato tra i primi e tra i più acuti studiosi ad afferrare i nodi sociali, economici e politici del passaggio, a cavallo degli anni Ottanta, dal paradigma fordista a quello postfordista. In questa intervista, che ci ha gentilmente concesso e che va collocata all'interno della ricerca sui decenni perduti inaugurata da Machina, Enzo Rullani ripercorre quella transizione che, per le organizzazioni rivoluzionarie dell'epoca, rappresentò un problema irrisolto con cui ancora oggi abbiamo la necessità di confrontarci. Per quali ragioni il capitale riuscì a integrare, a loro discapito, quegli stessi operai che fino a poco tempo prima avevano dato vita al più importante ciclo di lotta di classe del Novecento in Europa, ed espresso tra le più radicali forme di rifiuto del lavoro? Perché il protagonismo rispetto al proprio destino, da rifiuto di classe del destino capitalistico, si è trasformato in sua entusiastica accettazione individualistica? Una pista che può valere la pena di seguire è quella che Enzo Rullani indica con il concetto di «ri-personalizzazione delle imprese e del lavoro», un processo che segna ancora oggi il rapporto con il lavoro di una fetta consistente della composizione sociale. La ricerca di una risposta a queste domande non va però intesa come un semplice esercizio storiografico, bensì come la condizione per uscire, oggi, dall'impasse politica in cui ci troviamo, pur con la consapevolezza che altre trasformazioni (come la digitalizzazione), nel frattempo, sono sopraggiunte. Di fronte a esse, la ricostruzione della loro genealogia e l'individuazione di un orizzonte strategico sono le due condizioni per evitare il rischio del «presentismo», come viene sapientemente chiamato nell'intervista, e per rovesciare le tendenze dello sviluppo che, come scrive ancora Rullani, non hanno nulla di necessario.

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mentinfuga

Neoliberismo, Pil e gli stereotipi dell’informazione

di Giovanni Dursi

economia export 1920x939«L’economia britannica è ora come l’Italia e la Grecia in termini di rischio per gli investitori, e i politici non sono stati onesti rispetto ai problemi che la nazione deve affrontare», denunciava il conservatore Daily Mail, giudizio immediatamente rilanciato, 18 Ottobre 2022, e commentato da Ugo Tramballi su Il Sole 24ore [1].

Nell’incipit, l’analista tra l’altro riferiva: «Narendra Modi aveva annunciato che l’India era diventata la quinta potenza economica mondiale. Come dato statistico assoluto, non per Pil pro capite. Ma, aveva annunciato il premier, la cosa più importante era che l’India avesse superato la Gran Bretagna.[…]».

Come è facile constatare, in Europa ed altrove nel mondo, l’ansia per le convulsioni economico-finanziarie, presunte o reali, è generata quotidianamente dai media preposti, old and new, al presidio informativo quotidiano con ricorrenti riferimenti che immaginano d’essere chiari e persuasivi, ma che di fatto sono utili stereotipi [2].

Perché questo accade è presto detto: il “mondo” è caratterizzato da una sempre più imprescindibile interdipendenza economica dagli Stati nazionali la cui governance risiede in una sostanziale “regia” delle grandi imprese multinazionali, in grado di “radicarsi nei territori”, grazie anche alle “delocalizzazioni”, con minori costi generali e con possibilità tecniche e finanziarie di presidiare tutto l’andamento produttivo e distributivo prevalentemente “da remoto”.

L’inerente informazione è strategicamente indispensabile a quel “presidio” rendendolo accettabile, è essenziale all’affermazione delle forme di “globalizzazione economica” in corso, come ha efficacemente impostato, pioneristicamente, la disamina in merito al funzionamento ed alle finalità della corrente “produzione politica delle menzogne” e dettagliatamente esplorato Vladimiro Giacché [3].

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effimera

«In Francia, il neoliberalismo diventa violento e autocratico»

Mathieu Dejean e Romaric Godin intervistano David Harvey

Intervista al geografo ed economista David Harvey, uno dei marxisti più influenti della nostra epoca, sullo stato del capitalismo, la sinistra francese e l’importanza del pensiero di Karl Marx

David Harvey Academic Marxism e1593111831128Harvey è una delle figure più importanti del marxismo contemporaneo. Di passaggio a Parigi, ha incontrato, il 12 aprile, su invito dell’Institut La Boétie, Jean-Luc Mélenchon. Grande critico del capitalismo, instancabile portatore del pensiero di Karl Marx, geografo pensatore degli effetti concreti del capitale sullo spazio, questo britannico di 88 anni è da sempre un attento osservatore della realtà economica, sociale e geografica.

A margine di questo incontro e di una serie di altri interventi in Francia, David Harvey ha accettato di rispondere alle domande di Mediapart sullo stato attuale del capitalismo, il suo rapporto con l’ex candidato de La France insoumise (LFI) alle elezioni presidenziali, e di Marx.

* * * *

Mediapart: La tua riflessione sul capitalismo include un’importante teoria delle crisi. Dal 2020 sembra aprirsi una nuova crisi, che ha appena vissuto un nuovo episodio con quella bancaria. Cosa pensi rispetto allo stato attuale del capitalismo?

David Harvey: Vorrei isolare alcuni fatti per rispondere a questa domanda. Il primo è che è molto difficile immaginare oggi quale potrebbe essere il futuro del capitalismo perché non è chiara la direzione che prenderà la Cina, che è un attore cruciale. La mia visione è che la Cina abbia consentito al capitalismo, nel 2007-2008, di evitare una depressione paragonabile a quella degli anni 30. Da allora e prima dell’arrivo del Covid, la Cina ha rappresentato circa un terzo della crescita globale, che è più del Regno Unito Stati ed Europa messi insieme. Quindi è impossibile, nelle attuali circostanze, prevedere la direzione che prenderà il capitalismo senza conoscere la direzione che prenderà la Cina.

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Coordinamenta2

Il neoliberismo espropriativo della morte e della vita

di Elisabetta Teghil

tecnologia 1024x709Lì si era rivelato un sistema di classe così perfettamente a punto che era restato per lungo tempo invisibile.

Colette Guillaumin

Si fa un gran parlare della GPA, la così detta gravidanza per altri, come se fosse un problema a sé stante e viene affrontato dal punto di vista morale, etico, religioso, politicamente corretto, o dal punto di vista dello sfruttamento di classe e di quello neocoloniale…c’è chi si batte in maniera agguerrita per la famiglia tradizionale e chi per le famiglie arcobaleno, chi tira in ballo la sacralità della maternità, chi lo vuole affrontare dal punto di vista giuridico e creare una legislazione ad hoc per tutelare la donna che porta avanti la gravidanza e/o i diritti del nascituro e/o per definire contratti che tutelino quelle che vengono chiamate parti in causa…

Ma ci si dimentica sempre che la questione è politica e come tale va affrontata e quindi bisogna andare qualche anno indietro.

Il sistema di potere si è appropriato ormai da tempo della morte con la così detta morte cerebrale, una morte dichiarata a tavolino, dallo Stato, per Legge.

Il concetto di morte cerebrale è stato introdotto nel mondo scientifico in contemporanea ai primi espianti-trapianti di organi nella storia della medicina. Chiaramente travestito come da copione da eccellenti motivazioni, per salvare vite umane, per il bene comune. La maggior parte degli organi non può essere prelevata da cadavere, per cui i criteri di accertamento della morte non consentivano questo tipo di interventi. L’introduzione del concetto di morte cerebrale forniva una legittimazione scientifica per poter effettuare i trapianti.

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cumpanis

Elon Musk e l’Appello del capitalismo contro la scienza e contro la Cina

di Fosco Giannini

Immagine per interno editoriale Giannini.jfif Nel marzo 2023 il “Future of Life Institute” lancia un Appello attraverso il quale oltre mille accademici, intellettuali, tecnici e imprenditori delle tecnologie digitali, in buona parte nordamericani, denunciano, per ciò che specificatamente riguarda l’Intelligenza Artificiale (Ai), “seri rischi per l’umanità”.

Innanzitutto: che cos’è il “Future of Life Institute”? È “un’associazione di volontariato impegnata a ridurre i rischi esistenziali che minacciano l’umanità, in particolare quelli che possono essere prodotti dall’Intelligenza Artificiale”. Un’associazione molto americana e con sede a Boston, e la doppia notazione potrà essere utile in sede di analisi dell’Appello che lo stesso “Future of Life Institute” ha lanciato.

L’Appello, all’interno della propria denuncia generale, chiede una moratoria di sei mesi per ciò che riguarda la ricerca relativa al sistema di Ai denominato Gpt4, un sistema ancor più sofisticato e potente rispetto al già rivoluzionario sistema ChatGpt. Quest’ultimo, acronimo di Generative Pretrained Transformer, è sinteticamente definito, dagli scienziati, come “uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso”. Nell’essenza: il ChatGpt è definibile come un mezzo tecnologico dell’Ai volto alla costruzione di una relazione più attiva tra macchina ed essere umano. Mentre il nuovo Gpt4 è definito sinteticamente dalla letteratura scientifica come “un modello linguistico multimodale di grandi dimensioni, un modello di quarta generazione della serie GPT-n”. Un modello creato da OpenAi, un laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale con sede a San Francisco, con Elon Musk come co-fondatore.

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machina

Dominio e ricatto del capitalismo finanziario

Antonio Minaldi intervista Andrea Fumagalli

0e99dc 386ced0461b047deb178bd0d53d1785dmv2Dominio e sfruttamento nel capitalismo del XXI° secolo è un volume pubblicato da poco di cui consigliamo la lettura. Curato da Antonio Minaldi e Toni Casano (Ed. Multimage, 2023), il testo raccoglie i contributi di studiosi e militanti politici ad un ciclo di dibattiti su cinque grandi questioni: antropocene e capitalocene; il capitalismo della sorveglianza; il capitalismo della produzione immateriale; dominio e ricatto del capitalismo finanziario; imperi, guerra e destini del mondo. Pubblichiamo di seguito l’importante intervista sul capitalismo finanziario che Antonio Minaldi ha condotto con Andrea Fumagalli.

* * * *

Abbiamo il piacere di ospitare il professor Andrea Fumagalli. Con lui parleremo di economia. Tema ostico per molti, ma di cui dobbiamo necessariamente occuparci, perché da questioni come finanza, inflazione, debito pubblico dipende in gran parte la nostra vita. Il primo punto di cui ci occuperemo è quasi obbligato, e riguarda la guerra. Chiederei al prof. Fumagalli, anzi direi al compagno Andrea, di spiegarci che cos’è che sta cambiando, e cosa cambierà nel medio lungo periodo, con la guerra in Ucraina e col passaggio da un mondo unipolare a un mondo bipolare o più probabilmente multipolare. Ricordiamo che globalizzazione, crisi dello Stato nazione e libera circolazione delle merci e dei capitali per noi sono stati, in questi anni, cose quasi scontate. Ma forse non è più così!

Iniziamo con una doverosa premessa. Il capitalismo attuale è caratterizzato dal susseguirsi di crisi sistemiche, sia che si tratti di crisi indotte dall’instabilità finanziaria oppure da tensioni geopolitiche o da eventi sindemici.

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lafionda

Capitalismo senile e demolizione controllata

di Fabio Vighi

capitalism banksySu quali principi si regge il capitalismo senile? Ne elencherò cinque in modo sommario, per poi discuterne gli intrecci:

1. Debito. L’unica strada verso il futuro del capitalismo continua a essere lastricata di programmi di creazione di liquidità. Creare denaro dal nulla, per metterlo in moto come credito, è l’unica strategia monetaria che ci permette di ignorare l’abisso che già si spalanca sotto i nostri piedi – come per il personaggio dei cartoni animati che, finito oltre il precipizio, continua a correre a mezz’aria sfidando la gravità. Tuttavia, come dimostra l’attuale violenta ondata inflazionaria – ancora in doppia cifra in Europa – l’attrazione gravitazionale è ormai irresistibile.

2. Bolle. Le bolle speculative, alimentate dal moto perpetuo del credito, costituiscono l’unico significativo meccanismo di produzione di ricchezza. Per questo motivo, la sola preoccupazione dei gestori del “capitalismo di crisi” è impedire la deflagrazione della mega-bolla. Ma mentre l’ultra-finanza distrugge la “società del lavoro”, la vita umana diventa eccedenza inutilizzabile, enorme surplus non-produttivo da amministrare creativamente.

3. Demolizione controllata. Dumping salariale e concorrenza al ribasso per posti di lavoro devastati dall’automazione tecnologica sono l’altro lato del paradigma di bolla. Affinché i mercati speculativi possano continuare a levitare, la società fondata sul lavoro (articolo 1 della Costituzione italiana) dev’essere gradualmente ma radicalmente ridimensionata, poiché l’attuale ipertrofia finanziaria richiede la demolizione della domanda reale. Detto diversamente, il “capitalismo dei consumi” si ricicla nel “capitalismo della gestione della miseria collettiva”, con annesso cambio di narrazione ideologica.

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Gli squilibri che affossano un mondo “in transizione”

di Claudio Conti - Guido Salerno Aletta

squilibri transizioneIl neoliberismo – come teoria economica, ma soprattutto come modello strutturale di funzionamento del capitalismo euro-atlantico (il principale dei “capitalismi” esistenti) – è in crisi radicale. Ma sopravvive nella “narrazione mediatica” perché ha ancora un’utilità residuale: consente di mantenere ai minimi la dinamica salariale dei lavoratori dipendenti e di demolire anche gli ultimi residui di welfare (la sanità, in primo luogo).

Fuori da questo ambito ristretto, ai piani alti della governance transatlantica è stato soppresso silenziosamente: si fa in altri modi, si raccontano le stesse sciocchezze.

Detto altrimenti, non è più tabù l’”intervento pubblico nell’economia”. Anzi è richiestissimo. Che questo intervento sia agito da uno Stato imperiale come gli Usa, oppure da un insieme di Stati uniti da trattati vincolanti ma sempre più minati da “eccezioni” presentate come “temporanee” (l’Unione Europea, insomma), non fa moltissima differenza.

Anche questa non è una novità. Quando i mitici “mercati finanziari” rischiarono il tracollo, tra il 2007 e il 2009, l’intervento pubblico fu colossale, inducendo addirittura l’ex presidente della Banca Mondiale, Joseph Stiglitz, a parlare di “socialismo per ricchi”.

Quello schema sembra ora confermato di fronte alle necessità della cosiddetta “transizione ecologica”, che induce anche i governi meno propensi a “programmare” interventi economici o produttivi a farsi promotori di finanziamenti consistenti per orientare le scelte delle imprese più grandi (le “locomotive” che dovrebbero poi trascinare intere filiere produttive verso una produzione ambientalmente più sostenibile).

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effimera

Diario della crisi | Il collasso del paradigma postfordista

di Christian Marazzi

Christian Marazzi torna a misurare la temperatura della crisi globale infinita. In questa quarta puntata del «Diario», Marazzi analizza il nuovo ordine energetico e monetario mondiale, spiegando la sua genealogia, gli attori principali, il conflitto attorno ai processi di de-dollarizzazione. In questo contesto, si colloca la crisi delle nuove politiche industriali, delle strategie produttive e di creazione del valore inaugurate nella fase del postfordismo

pallone spia sceenshot 0Nuovo ordine energetico (e monetario) mondiale

È dal 1945 che l’alleanza geopolitica tra Usa e Arabia Saudita ha garantito agli Stati Uniti sicurezza militare nel Medio Oriente e, soprattutto, petrolio ancorato al dollaro. Quella alleanza diede inizio al regime del petrodollaro. Nel 1974, quando un gruppo di paesi arabi impose l’embargo sul petrolio come rappresaglia per il sostegno statunitense a Israele nella guerra del Kippur, Richard Nixon garantì di nuovo armi e un accesso preferenziale ai titoli del tesoro americani, ottenendo in cambio che l’Arabia Saudita si impegnasse a indicizzare tutte le vendite di petrolio in dollari. Nel 2003, tra le accuse rivolte a Saddam Hussein, ci fu anche quella di aver cominciato a vendere petrolio in altre valute. Sappiamo come è andata a finire. In ogni caso, è qui che si incomincia a parlare di de-dollarizzazione. Dal 2018 la Russia ha iniziato ad affrancarsi dal dollaro, regolando le forniture di petrolio in euro. Per questo motivo la prima sanzione contro la Russia è stata il congelamento di una parte delle riserve valutarie della Banca centrale russa. Questo precedente di «militarizzazione» (weaponisation) delle riserve valutarie in dollari fa intravedere un cambio di direzione del sistema monetario ed energetico internazionale. Il 2023 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui prende forma un nuovo ordine energetico mondiale tra Cina e Medio Oriente, con la nascita del regime del petroyuan1.

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iltascabile

Il fascioliberismo

Sulla sintonia tra pensiero liberale e prassi autoritarie

di Francesco Sticchi*

Schermata 2023 02 08 alle 12.20.36La disintegrazione controllata dell’economia mondiale è un obiettivo legittimo per gli anni Ottanta”, affermò Paul Volcker, presidente della FED. Ed è proprio sulla soglia degli anni Ottanta che si svolge Armageddon Time (James Gray, 2022). In uno dei momenti più intensi del film, il “buon” padre di famiglia Irving (Jeremy Strong) confessa al piccolo protagonista Paul (Banks Repeta) di non essere stato un genitore ideale, di odiare le ingiustizie e le diseguaglianze e, allo stesso tempo, di non sapere cosa fare per affrontarle. Il suo monologo continua sottolineando che la vita ha dato a Paul una seconda chance: ha scampato per un soffio il carcere minorile per l’ennesima “monellata” pre-adolescenziale compiuta con l’amico Johnny (Jaylin Webb), il quale, in quanto nero e povero non avrà scampo e si addosserà tutte le colpe del piccolo crimine (il furto di un computer della scuola privata di Paul), accettando un destino segnato da marginalità ed esclusione.

Paul deve, come un contemporaneo Pinocchio, fare tesoro di questa possibilità, smetterla con il sogno di diventare pittore e dedicarsi a studiare qualcosa di serio con la prospettiva di avere un futuro migliore di quello dei suoi; aspirare alla mobilità sociale, al non doversi inchinare di fronte a qualcuno per elemosinare le speranze di una vita “buona”, stabile e sicura (ciò che dovrebbe essere garantito per diritto). Questo monologo/dialogo fra padre e figlio potrebbe essere facilmente associato e comparato a tanti scambi presenti nella storia del cinema (e non solo) con a tema la perdita dell’innocenza, l’inizio dell’età adulta e l’entrata nel mondo reale (e delle responsabilità).

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perunsocialismodelXXI

Totalitarismo liberale e struzzi di sinistra

di Carlo Formenti

pascale totalitarismoliberale macrocopertinaIl governo Meloni cade come il cacio sui maccheroni per una sinistra alla disperata ricerca di un nemico di comodo su cui dirottare l'attenzione delle masse, nella speranza che queste non le chiamino a rispondere delle loro responsabilità. Così si evoca l'immagine anacronistica di un fascismo da operetta, con tanto di orbace, saluti romani e inni al nuovo duce in gonnella, associandola a una forza politica che incarna piuttosto l'ala più duramente e coerentemente neoliberale della borghesia, mentre opera in piena coerenza e continuità con tutti (senza distinzioni ideologiche) i governi che l'hanno preceduta negli ultimi decenni: attacco ai salari e all'occupazione, smantellamento dello stato sociale, privatizzazioni, svendita degli interessi nazionali al "partito dello straniero" come lo chiamava Gramsci, infeudamento agli interessi strategici della NATO e d'una UE totalmente allineata (contro i suoi stessi interessi) ai comandi di Washington.

Mentre milioni di francesi sfilano per le strade di Parigi contro la riforma delle pensioni voluta da Macron, e mentre i lavoratori inglesi tornano a scioperare contro la politica economica imposta dal governo conservatore, le preoccupazioni della sinistra de noantri sono tutte per l'arretramento dei diritti civili e individuali, che considerano la più grave, se non l'unica, minaccia generata dalla svolta a destra sancita dalle ultime elezioni. Svolta dovuta al fatto che milioni di proletari, avendo ormai perso fiducia nelle sinistre, hanno preso sul serio le esternazioni "populiste" e "sovraniste" della destra, o hanno comunque sperato che sarebbero state seguite dai fatti, (considerati gli ultimi sondaggi, sembra non abbiano ancora perso le illusioni in merito).

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effimera

Sul Capitalismo digitale

Francesco Maria Pezzulli intervista Giorgio Griziotti

PHOTO 2023 01 05 11 26 47 1200x905Giorgio Griziotti, tra i primi ingegneri informatici laureati al Politecnico di Milano, ha esercitato la professione presso grandi aziende ICT, in Francia, dove ha vissuto in seguito alla sua partecipazione al movimento autonomo italiano degli anni ’70. La prima intervista a Giorgio Griziotti ho avuto modo di condurla nel 2016, in seguito alla pubblicazione di Neurocapitalismo, lavoro di fondamentale importanza per orientarsi nelle questioni del capitalismo digitale (vedi: “Neurocapitalismo, reti, comune”, in Sudcomune. Biopolitica inchieste soggettivazioni, n.1-2/2016). L’intervista che segue, invece, può essere considerata una continuazione della precedente (qui scaricabile: https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-rivista-sudcomune) dal momento che affronta gli sviluppi recenti della riflessione sul Neurocapitalismo e sull’impatto delle tecnologie avanzate sulle soggettività. L’intervista viene pubblicata contemporaneamente da Effimera e Machina.

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Uno dei tanti meriti del tuo lavoro è legato al concetto di «Bioipermedia», ovvero un ambiente immateriale, fatto di tecnologie connesse, che influisce sui cambiamenti di soggettività ed è in grado di esercitare un controllo su ogni aspetto della vita dei singoli. Puoi raccontarci la formazione e lo sviluppo di questo concetto?

Ho introdotto una decina di anni fa il concetto di Bioipermedia, un termine derivato dall’assemblaggio di bios/biopolitica e ipermedia, in un numero speciale da me curato della rivista Alfabeta2 di Nanni Balestrini dal titolo “AlfaBioipermedia”[i] e poi l’ho ripreso e sviluppato in Neurocapitalismo[ii].

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Da grande voglio fare lo Stato

di Giovanna Cracco

Tra anarco-capitalismo e blockchain, i miliardari della Silicon Valley stanno progettando le loro smart city con sovranità politica

5tgy7Nel 2018 Jeffrey Berns ha messo sul tavolo 170 milioni di dollari e ha com­prato 67.000 acri (270 km2 di nulla, in Nevada: terra arida, non edificata, disabitata. Berns, comunemente de­finito “il miliardario delle criptovalu­te”, fondatore e amministratore de­legato di Blockchains - azienda spe­cializzata nei sistemi crittografici im­piegati nelle criptovalute - ha dichia­rato nel 2020 che in quell’area sareb­be sorta Painted Rock, una smart city a base blockchain: 36.000 residenti programmati, case, scuole, spazi com­merciali e aziende, una criptovaluta interna e servizi cittadini erogati su struttura blockchain. Perché funzio­ni, ha affermato Berns alla BBC, “è necessario un nuovo modello di go­verno locale”: istituzioni politiche au­tonome da quelle del Nevada (1). Nel febbraio 2021 il governatore De­mocratico dello Stato, Steve Sisolak, ha annunciato la proposta di legge Innovation Zones, destinata alle a­ziende dei settori Internet of Things, robotica, intelligenza artificiale, bloc­kchain, tecnologia wireless e green: le società in possesso di almeno 50.000 acri di terreno non edificato e disabitato - all’interno di un’unica contea e al di fuori da città o paesi - con una disponibilità finanziaria di 250 milioni di dollari e un piano di investimento per un miliardo in dieci anni, avrebbero potuto costruire cit­tà e governarle autonomamente. “Le zone inizialmente opererebbero al­l’interno della contea locale in cui si trovano”, ha dichiarato Sisolak, “ma alla fine sarebbero in grado di assu­merne le funzioni e diventare un en­te governativo indipendente”: avreb­bero un consiglio di sorveglianza di tre membri, scelti dall’azienda, con gli stessi poteri di un consiglio di commissari di contea, e il governo au­tonomo avrebbe l’autorità, “per e­sempio, di imporre tasse, formare di­stretti scolastici e tribunali di giusti­zia, e fornire servizi governativi” (2).