Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2664
Su Togliatti, il marxismo e lo stato socialista
Intervista sconosciuta del 1968
Ferenc Fehér intervista György Lukács
Da Lukács parla. Interviste (1963-1971), a cura di A. Infranca, Edizioni Punto Rosso, Milano 2019
Dal 1967 Lukács aveva ripreso la tessera del Posu, il Partito socialista operaio ungherese. György Aczél, l’allora segretario del Comitato Centrale gli chiese di collaborare con i membri dirigenti del partito, sviluppando le sue opinioni sulle questioni politiche e teoriche del momento. Così si preparò la presente intervista, a titolo informativo, fatta pervenire ai membri del Comitato Centrale il 22 luglio 1968.
Lukács e i dirigenti del partito erano arrivati a un comune accordo: in tal modo le questioni trattate e le sue opinioni potevano essere ascoltate, ma non potevano essere rese pubbliche.
La prima parte della presente intervista è dedicata alla personalità politica e teorica di Palmiro Togliatti e, a questo proposito, Lukács si occupa delle questioni teoriche e politiche a lui connesse. Il punto saliente è la prospettiva di una possibile alternativa di sinistra in Europa, analizzando l’articolo di Togliatti su “Capitalismo e riforme di struttura” (Rinascita, 11 luglio 1964), che contiene gli appunti, scritti qualche ora prima della sua morte, sull’unità del movimento operaio internazionale. L’intervista è a cura di Ferenc Fehér.
* * * *
Fehér – Oggi conversiamo sul fondamento della personalità teoretica e politica di Togliatti. Compagno Lukács come consideri le doti di Togliatti nella salvaguardia della teoria marxista, e dove vedi i limiti teorici della sua personalità?
Lukács – Se parlo dell’uomo Togliatti, devo innanzitutto rilevare che si tratta di un uomo di eccezionale capacità politica, con una visione puntuale sulla peculiarità di ogni situazione, che è in continua ricerca e non ragiona schematicamente su nessuna questione; dunque sarebbe possibile dire che nella nostra epoca è stata indubbiamente una delle personalità politiche più grandi. Poi si deve aggiungere – e ciò non ne diminuisce l’importanza – che nonostante Togliatti sia relativamente la personalità politica più grande di questa epoca, purtroppo, condivide largamente i fondamentali errori dell’ambito marxista.
- Details
- Hits: 3742
Appunti di ricerca sulla crisi da coronavirus (in progress)
di Raffaele Sciortino
Di fronte alla diffusione repentina del coronavirus ci sarebbe da indagare a fondo su cosa avviene in ambito sociale, il terreno principale della presa di coscienza delle modalità di funzionamento del sistema e dello sviluppo di eventuali scintille di mobilitazione. Ciò va visto nei due sensi: non solo come dall’alto viene o può essere utilizzata, a date condizioni, l’emergenza reale - ma anche come essa inizia a smuovere, in maniera drammatica come ogni vera crisi, le acque fin qui stagnanti di una società traumatizzata da dieci anni di crisi rimettendo in moto la testa della gente comune, non tutta disponibile a ricette neomalthusiane e a privilegiare l’economia sopra tutto.
Innanzitutto, andrebbe rivalutata una lettura “oggettivista” di quanto sta avvenendo, da riportare alle contraddizioni sistemiche, si diceva un tempo, del capitalismo globalizzato, comprensive di un rapporto a dir poco distorto con la natura. Dalla Cina che deve scontare una crescita iper-accelerata per recuperare un po’ rispetto ai paesi imperialisti e oggi si trova con un ambiente devastato e un sistema sociale e sanitario ai limiti.1 All’Occidente, al tempo di legami sociali allentatissimi, industrializzazione della vita ai massimi e sistemi sanitari privatizzati o semiprivatizzati: ne vedremo delle belle negli States se, come pare, dovesse diffondersi anche lì; in Italia l'atteggiamento iniziale dei governatori leghisti del nord, ma con dentro anche il progressista Sala di Milano non si ferma, è stato tutto in termini di difesa dell'economia veneto-lumbard, con l’appoggio dei gruppi di interesse economici e dei sindacati2, con perdita che potrebbe diventare secca di legittimità a favore addirittura del Pd (!), pur co-responsabile del sistema formigoniano, mentre la gestione da parte del “Partito del Presidente” finora non viene giudicata male da parte della gente, anzi, quanto alla stretta , dopo tentennamenti, verso il modello “cinese” di risposta al virus (cui ora sembra con un voltafaccia accodarsi parzialmente anche il mondo economico nella speranza che la Ue conceda ulteriore debito)3.
- Details
- Hits: 1165
Comunizzazione e teoria della forma-valore
Introduzione1
di End Notes
La forma valore del prodotto del lavoro è la forma più astratta, ma anche più generale, del modo di produzione borghese, che ne risulta caratterizzato come un genere particolare di produzione sociale, e quindi anche storicamente definito.2
Nel primo numero diEndnotesabbiamo descritto la genesi della teoria della comunizzazione in Francia negli anni successivi al Maggio '68. Il testo seguente e altri presenti in questo numero si collocano all'interno della prospettiva della comunizzazione, ma sono anche fortemente influenzati dagli sviluppi teorici nell'area della teoria marxiana della forma valore e, in particolar modo, dalla tendenza della “systematic dialectic” che è emersa negli ultimi anni.3
Marx era stato chiaro: ciò che contraddistingueva il suo approccio, e che fa di esso una critica piuttosto che una continuazione dell'economia politica, era la sua analisi della forma valore. Nella sua celebre esposizione de “Il carattere feticistico della merce e il suo segreto” egli scrive:
Ora, l’economia politica ha bensì analizzato, seppure in modo incompleto, il valore, la grandezza di valore, e il contenuto nascosto in tali forme. Ma non si è nemmeno posto il quesito: perché questo contenuto assume quella forma? Perché, dunque, il lavoro si rappresenta nel valore, e la misura del lavoro mediante la sua durata temporale si rappresenta nella grandezza di valore del prodotto del lavoro? Formule che portano scritta in fronte la loro appartenenza ad una formazione sociale in cui il processo di produzione asservisce gli uomini invece di esserne dominato, valgono per la loro coscienza borghese come ovvia necessità naturale quanto lo stesso lavoro produttivo.4
- Details
- Hits: 839
Sull’epidemia delle emergenze /fase 2: prima venne il carcere…
di Sandro Moiso e Jack Orlando
L’avevamo anticipato una settimana fa: di fronte ad un’epidemia di una certa e inaspettata gravità questo stato non avrebbe saputo rispondere che con la militarizzazione e la repressione.
I dodici morti1 e gli innumerevoli feriti tra i detenuti rivoltosi del carcere di Modena e di Rieti e in tutte le altre case di reclusione che sono esplose tra domenica e lunedì, ne sono la palese conferma.
Mentre i media asserviti cercano di avvallare l’ipotesi, sia a Modena che a Rieti, che i detenuti siano morti tutti, o quasi, per overdose, è un governo paralizzato a tutti i livelli quello che finge di saper traghettare i cittadini verso una lontana e, per ora, invisibile riva di salvezza. Un governo che sa mostrare, ma solo in alcuni casi, il pugno di ferro, mentre, in realtà, i suoi rappresentanti centrali, regionali e locali non fanno altro che aggravare il probabile naufragio e, memori della gloria del comandante Schettino, cercano di accaparrarsi le lance di salvataggio dichiarandosi in quarantena per aver acquisito il virus Covid-19 o invocando misure “cilene” più che “cinesi”.
Ed è in conclusione di un lunedì che conta blocchi stradali, evasioni di massa, sparatorie in strada e scontri per riprendere possesso delle carceri in mano ai rivoltosi, che Giuseppe Conte appare per parlare alla Nazione. Da tiepido uomo d’ufficio prova goffamente a vestire i panni del minuteman mentre dichiara con aria grave che d’ora in avanti tutta l’Italia sarà zona rossa. Le misure stringenti che già hanno investito il nord ora dilagheranno fino all’estremo sud.
Ma a ben guardare, nonostante l’avanzare incessante del virus, a preoccupare veramente tutto l’arco parlamentare, mai così unito come in questi giorni, è un altro tipo di contagio: è l’epidemia della conflittualità sociale che fa scendere gocce di sudore freddo lungo le schiene dei padroni.
- Details
- Hits: 6607
Da dove è arrivato il Coronavirus, e dove ci porterà?
di Rob Wallace
Un’intervista con Rob Wallace, autore di “Big Farms Make Big Flu”
Dentro ogni conflitto c’è uno scontro sulla conoscenza. La pandemia mondiale Covid-19 è la realtà della crisi capitalistica nell’era dell’antropocene. Non la prima, ma la prima capace di minacciare le catene del valore su scala globale compromettendo la riproduzione sistemica nelle aree a più avanzato sviluppo capitalistico del pianeta. ll virus è già un rapporto oltre i limiti dello sviluppo. Disvela non tanto di mancata tenuta dell’ecosistema planetario rispetto alla sua messa a valore capitalistica, quanto l’endemicità dei suoi cicli di crisi che ridefiniranno da qui in avanti il rapporto tra umano ed ecosistemi integralmente trasformati in eco-tecno-sistemi presentando condizioni – con buona pace di ogni residuo fantasma di progresso - in gran parte ancora ignote. In questo senso battersi per una conoscenza di parte del fenomeno significa risalirne alcune determinanti strutturali. Ciò serve a svincolarsi innanzitutto da una riduzione della crisi a emergenza esclusivamente sanitaria. Le straordinarie forme di solidarietà e mobilitazione sociale diffusa per difendersi dal contagio sono al momento alternativamente preda di una retorica dell’“avevamo ragione” sui disastri sociali del neoliberismo o delle strategie di gestione dello stato di eccezione, ma a più significative altezze si pensa già su chi scaricare i costi di questa crisi, guardando avanti. Chi e come si guarda all’evoluzione di questa emergenza? La crisi si sviluppa rapidamente cambiando l’aggressività degli attori in campo che non sono tutti uguali, sia nella produzione dell’emergenza sia nella sua evoluzione. È importante immaginare come questi legami possano costruire una loro propria traiettoria autonoma, in difesa di interessi macroproletari sotto attacco e per nuovi rapporti a venire, passando per questa crisi ma costruendosi una forza per aggredire i nodi strutturali della preservazione capitalistica nella tempesta.
- Details
- Hits: 3784
Le conseguenze economiche del coronavirus
di Mario Pianta
Cosa possiamo imparare e cosa possiamo cambiare di fronte all’epidemia di coronavirus? Riscopriamo che la salute è un bene pubblico globale, che la sanità pubblica e il welfare state sono attività fondamentali, alternative al mercato, che ci aspetta una seria crisi dell’economia, della finanza e dell’Europa
L’epidemia di coronavirus sta cambiando rapidamente condizioni sanitarie, abitudini di vita, relazioni sociali e attività economiche. L’Organizzazione mondiale della sanità riporta nei primi 52 giorni dell’epidemia 133 mila contagi e 5000 morti nel mondo; il numero di nuovi contagiati per ogni persona infetta è stimato tra 2 e 4; a livello mondiale siamo ancora in una fase di crescita esponenziale dell’epidemia; in Cina, dove il virus è partito, sembra che il contagio si sia fermato dopo aver raggiunto gli 81 mila casi; in Italia – il secondo paese più colpito con 15 mila casi – l’epidemia non rallenta ancora. In molti degli altri 123 paesi contagiati le prospettive sono di una rapida diffusione.
Le conseguenze dell’epidemia sono di grande rilievo e investono il sistema economico mondiale. In queste note – necessariamente schematiche – si propone una riflessione sulle questioni aperte dall’epidemia, sulle lezioni che possiamo imparare, su alcuni cambiamenti possibili per quanto riguarda i rapporti tra salute, economia e politica a livello mondiale.
1. La salute è un bene pubblico globale e come tale va garantito
Il necessario punto di partenza è la nostra concezione della salute. La Costituzione italiana – come moltissime altre carte dei principi internazionali – riconosce la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Dal punto di vista economico, la salute è un bene pubblico globale perché non può essere prodotto come una merce venduta sul mercato a consumatori individuali e perché è minacciato dalla mancanza di salute (o, appunto, dalla nascita di epidemie) in ogni punto del pianeta.
- Details
- Hits: 2094
Ballando sul balcone con due piedi nella fossa della libertà
di Fulvio Grimaldi
Medjugorie, i reprobi e una madonna molto vendicativa. Suicidio assistito dell’umano libero
“Se uno, con parole mielate e cattivo pensiero, convince il popolo, saranno grandi i mali che colpiranno lo Stato" (Euripide, Oreste)
Stavolta più che leggere si vede e si ascolta.
Trasmissione Byoblu su virus e connessi del 13 marzo 2020, con interventi di Massimo Mazzucco, Alessandro Sansoni e miei. Byoblu è una web-tv italiana, diretta da Claudio Messora, che fa onore alla nostra informazione per libertà, indipendenza, ricchezza, diversità di notizie e analisi fuori e contro le comunicazioni controllate e obbedienti e che ci offre una preziosa alternativa di ricerca e verità. Ho avuto qualche volte il privilegio di partecipare ai suoi talk show, o tavole rotonde. Così anche sere fa, insieme ad interlocutori fuori dal coro come Massimo Mazzucco, il “debunker” incontestabile di tante Fake News americane, e ad Alessandro Sansoni, giornalista di “Cultura e Identità“. In testa c’è il link. E’ una trasmissione che susciterà consensi e controversie, ma credo che valga la pena, anche perché, di tempo tutti quanti ora, grazie all’esercitazione in corso, ne abbiamo.
Dalla Germania un’altra storia
https://www.youtube.com/watch?v=p_AyuhbnPOI
E questo è un video di importanza fondamentale, direi risolutrice. E’ in tedesco con sottotitoli inglesi e lo affido a chi, tra i miei interlocutori, volesse assumersi il campito di tradurlo in italiano, o aggiungerci sottotitoli, in modo da annientare una volta per sempre la sciagurata esercitazione di riassetto socio-politico operata su di noi con il ricatto della salute e della vita. Parla il prof. Wolfgang Wodarg, pneumologo, epidemiologo, massima autorità tedesca ed esponente europeo del sistema pubblico della sanità (vedi il mio “Emergenze “naturali”, o cent’anni di Cigni Neri?” in www.fulviogrimaldicontroblog.info).
- Details
- Hits: 2208
La falsa apocalisse, e la vera
di Marcello Tarì
Sono passati lustri oramai da quando è cominciata l’invasione di film, romanzi, serie tv, articoli di giornale e, primi tra tutti, di saggi scientifici che dipingono il mondo come in preda agli ultimi tragici singulti prima della sua fine, data per certa e molto vicina – il colpo finale verrà dalla crisi climatica, quella economica o da quella sanitaria? dalla guerra o dalla distruzione dell’ambiente? -, così che si può parlare oggi di un vero e proprio pattern apocalittico dominante a livello globale. È una delle conseguenze, questa, di una potente offensiva spirituale portata avanti dai padroni del mondo negli ultimi secoli. L’Apocalisse da voce profetica degli ultimi è diventata un affare redditizio, essa ha paradossalmente raggiunto lo status di un valore aggiunto alla merce: la vertigine della distruzione e la valorizzazione della paura che porta con sé la impreziosiscono. Non sia mai che anche The end non venga pagata dai sudditi a peso d’oro.
Non importa quanto stupida, ridicola o di cattivo gusto possa sembrare la moda di parlare con studiato cinismo di ogni «piaga» che si abbatte sul mondo, come accade in molti libri «apocalittici» che passano per alternativi (ma a cosa?), perché l’importante è lo Spettacolo che promette e fomenta. Ma, oltre che merce, è anche diventata una tecnologia di governo la quale, tramite la gestione manageriale della paura, consente di paralizzare la popolazione relegandola a mera spettatrice impotente della catastrofe. D’altra parte al governo neoliberale non serve produrla in prima persona, gli è sufficiente agire sui suoi effetti. Guardatevi attorno… Anche se sarebbe un errore pensare che non abbia alcun ruolo nella distruzione, basti pensare a un Bolsonaro e alla sprezzo con il quale il suo governo e le imprese che ci lucrano sopra stanno devastando coscientemente l’Amazzonia.
- Details
- Hits: 4928
Covid-19 come sintomo: note sulla produzione di un virus
di Fabio Vighi*
Comprensibilmente in questi giorni si parla molto dei sintomi del Covid-19 (tosse secca, febbre alta, ecc.). Si discute invece molto meno del virus come sintomo. Diciamo allora che per intervenire sui sintomi del virus occorre non solo avere conoscenze scientifiche mirate, ma anche mettere in atto una riflessione seria sulle cause strutturali del suo scatenamento globale e, con queste, delle possibilità di cambiamento che l’emergenza, almeno teoricamente, ci dischiude. Se l’informazione mainstream, interessata innanzitutto a produrre panico, si concentra sul tema del contenimento dell’epidemia e delle sue conseguenze psicologiche, sociali e economiche (evidentemente non si parla d’altro che di gestione del fronte emergenziale), riflettere sulle cause può portare a una serie di considerazioni tutt’altro che secondarie.
L’ipotesi più accreditata è che, per quanto non si possa dire con precisione dove e in quali circostanze, la gestazione del Covid-19 sia avvenuta a margine di processi produttivi invasivi di tipo agro-industriale. Come sottolineato dal biologo evoluzionista Rob Wallace,1 i luoghi d’origine dei coronavirus (Mers e Sars) e di patogeni simili come l’Ebola, sono quelli di un’industria agro-economica sempre più aggressiva, che devasta interi ecosistemi mettendo in esplosiva relazione tra loro animali privati del loro habitat, allevamenti intensivi di bestiame, e periferie urbane a alta densità abitativa e scadenti condizioni igienico-sanitarie. In termini tecnici, si tratta di malattie zoonotiche, ovvero trasmesse, direttamente o indirettamente, dagli animali all’essere umano. Non per nulla molti di questi virus portano il nome di animali, per esempio l’aviaria, la suina o i cosiddetti arbovirus (trasmessi da artropodi, generalmente zecche o zanzare, tra cui lo Zika-virus).
- Details
- Hits: 1064
Come cambia la geopolitica del petrolio
di Demostenes Floros
Pil, Coronavirus e petrolio. Il report di Demostenes Floros per il Centro Europa Ricerche
L’esito del meeting di Vienna
Durante il meeting di Vienna del 5-6 marzo 2020, l’OPEC plus non ha raggiunto un accordo in merito alla riduzione della produzione di petrolio. Ciò ha determinato un crollo dei prezzi. Più precisamente, alla chiusura di venerdì 6 marzo, il Brent North Sea veniva scambiato a 45.5 $/b e il West Texas Intermediate a 41.55 $/b, il minimo da 3 anni a questa parte. Alla riapertura di lunedì 9 marzo, la qualità europea precipitava a 33.79 $/b, mentre quella statunitense a 30.17 $/b, il prezzo più basso da 4 anni, nel momento in cui scriviamo.
Nello specifico, la Federazione Russa, leader dei produttori non-OPEC, ha rifiutato di ratificare il piano deciso – imposto, secondo alcuni – dai produttori OPEC che prevedeva tagli per 1.500.000 b/g, di cui 500.000 b/g a carico dei non-OPEC, in aggiunta alle vigenti misure di riduzione dell’output di 2.100.000 b/g (1.700.000 b/g a carico dell’OPEC plus, + 400.000 b/g volontari dei sauditi che andranno a scadenza il 31 marzo 2020.
PIL, coronavirus e mercato petrolifero
Per quale motivo, la Federazione Russa – che a febbraio 2020 ha estratto 11.280.000 b/g, il massimo da agosto 2019 – ha preso una decisione che potrebbe teoricamente compromettere il futuro dell’OPEC plus, un organismo nato a fine 2016 sulla scia della vittoria militare russa in Siria e divenuto permanente a luglio 2019? Ad oggi, Mosca non ha forse tratto benefici da tale alleanza?
- Details
- Hits: 2854
Alla fine il mostro è alla porta
di Mike Davis
Nei prossimi giorni il virus potrebbe devastare le baraccopoli di Africa e Asia, ma il pericolo per i poveri globali è stato quasi totalmente ignorato da media e governi occidentali. Intanto negli Usa sta per abbattersi un “Katrina sanitario”. Già la “semplice” influenza stagionale del 2018 ha sovraccaricato gli ospedali dopo vent’anni di tagli: milioni di lavoratori a basso salario, precari privi di assicurazione, disoccupati e senzatetto saranno gettati ai lupi. Su quanto sta per accadere negli slum e negli Usa scrive Mike Davis, secondo il quale il principale problema resta Big Pharma che preferisce dedicarsi ai farmaci che provocano dipendenza e alle cure dell’impotenza maschile invece di favorire l’accesso ai salvavita e la ricerca. È questo il tempo per spezzare il potere del monopolio dei farmaci e quello dell’assistenza sanitaria a fini di lucro
Il Covid-19 è alla fine il mostro alla porta. Ricercatori stanno lavorando giorno e notte per identificare l’epidemia ma hanno di fronte tre grandi sfide.
Tre sfide
Innanzitutto la continua penuria o indisponibilità di kit di test ha fatto svanire ogni speranza di contenimento. Inoltre sta impedendo stime accurate di parametri chiave quali il tasso di riproduzione, la dimensione della popolazione infetta e il numero delle infezioni benigne. La conseguenza è un caos di cifre.
Ci sono, tuttavia, dati più affidabili sull’impatto del virus su certi gruppi di alcuni paesi. È molto pauroso. L’Italia, ad esempio, riferisce una percentuale impressionante del 23 per cento di morti tra i maggiori di 65 anni; in Gran Bretagna la percentuale è oggi del 18 per cento. L’”influenza corona” che Trump rifiuta, è un pericolo senza precedenti per le popolazioni geriatriche, con un potenziale pedaggio di morti dell’ordine di milioni.
- Details
- Hits: 4710
E allora le Foibe?
Alba Vastano intervista Eric Gobetti
Intervista a Eric Gobetti a cura di Alba Vastano. “La volontà dei neofascisti è quella di ignorare tutto quello che è avvenuto prima per soffermarsi solo sulle violenze commesse dai partigiani in parte nell’autunno del 1943 e soprattutto alla fine della guerra. In questo modo si finisce per identificare tutte le vittime come fasciste (cosa che non è del tutto vera) e soprattutto i fascisti solo come vittime, quando invece sono gli iniziatori della violenza in queste terre. Quello che è successo a Torino ma anche in altre occasioni e ad altri colleghi è proprio il tentativo di impedirci di parlare di storia, ovvero di far capire cosa è successo veramente prima, durante e dopo la guerra. Il loro scopo è quello di impedire che si sappia la verità, di mantenere la gente nell’ignoranza e poter diffondere comodamente i loro slogan nazionalisti che hanno ben poca attinenza con la realtà dei fatti”.
Eric Gobetti
Viviamo un tempo eccezionale, in uno Stato d’eccezione. Un tempo buio e colmo di interrogativi sul futuro dell’umanità tutta, segnata oggi da uno stato di fragilità che accomuna, che ci dovrebbe accomunare. Cosa ci lascerà in eredità questa fase storica che ci obbliga a blindare le nostre vite, la nostra socialità? Non ci è dato di conoscerlo. Nel frattempo potremmo occuparci, più che del nostro futuro, del nostro passato rivisitando la storia dei grandi conflitti del Novecento che potrebbe offrirci oggi la via maestra. Dove abbiamo sbagliato per ambizione e sete di potere? Perché si continua ancora a negare e non vogliamo ancora ammettere gli errori compiuti nel passato che hanno portato al collasso dell’umanità? Ci sono stati durante le grandi catastrofi del secolo scorso vinti e vincitori, come in ogni conflitto. Di chi le responsabilità dei fatti che hanno scatenato le guerre fra i popoli?
- Details
- Hits: 3039
Le curve, la retta e la quarantena della politica. Stare a casa non basta/1
di Militant
E’ davvero complicato provare a prendere parola collettivamente rispetto “all’emergenza coronavirus” con il clima di opinione che si è generato in questo paese. Da giorni siamo tutti letteralmente investiti da un flusso unidirezionale di informazioni da parte del circuito mediatico e da quello politico che sembra non avere fine e che sta alimentando un senso di ansia e di insicurezza diffuse che difficilmente avremmo potuto immaginare soltanto un mese fa. A questo flusso “istituzionale”, che si dirige dall’alto verso il basso, si aggiunge poi la cacofonia delle decine e decine di post, tweet, meme, appelli, video e messaggini WhatsApp che quotidianamente ognuno di noi riceve orizzontalmente dai contatti della propria “infosfera” social e che, coerenti con il mood dominante, come in un sistema di forze danno comunque come risultante quello della estrema drammatizzazione della situazione. Sia ben chiaro, non vogliamo certamente negare la serietà dell’epidemia in corso, ma non vogliamo nemmeno cedere allo storytelling della catastrofe “naturale” , e quindi “imprevedibile”, con cui si sta cercando di depoliticizzare la situazione, nascondendone le cause sistemiche e alimentando un clima da “unità nazionale” che serve soltanto a nascondere le responsabilità politiche più che a individuare come uscire da questa situazione.
E già, perché qui, di fronte a questo approccio millenaristico, fatto proprio purtroppo anche da tantissimi compagni ormai “individualizzati” tanto quanto il resto della società, la prime cose che sembrano essere state messe in quarantena sono state proprio la politica e il pensiero critico. Ci asterremo dalle considerazioni strettamente mediche, non abbiamo competenze specifiche e diffidiamo di chiunque in questi giorni abbia conseguito velocemente una laurea in medicina all’Università di Google, magari con una specializzazione in virologia su Facebook o Twitter.
- Details
- Hits: 1823
Christine La “gaffe” (!?!)
di Carlo Formenti
La prima pagina del Corriere del 13 marzo dedica alla cosiddetta “gaffe” della presidente della BCE, Christine Lagarde, uno spazio assai più contenuto di quello di altri quotidiani nazionali, a ulteriore conferma della sua linea Europa uber alles. Tuttavia, dal momento che l’uscita della cinica rappresentante degli interessi della finanza globale è stata di portata tale da suscitare, oltre a pesanti effetti depressivi sulle borse, reazioni stizzite persino da parte del tremebondo Mazzarella e del dirigente della Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, il quotidiano milanese non ha potuto esimersi dal dedicare due pagine (la 8 e la 9) alla scandalosa battuta della segaligna Lagarde (“Non siamo qui per chiudere gli spread”). Così come ha indotto il pur inossidabile europeista Federico Fubini – nel taglio basso di pagina 8 – a farsi scappare alcune verità ormai troppo evidenti per essere ignorate.
Non si è trattato di una gaffe, spiega Fubini, bensì dell’imbarazzante ammissione di quali interessi guidino certe scelte: non a caso quelle parole ricalcano alla lettera una frase di Isabel Schnabel, rappresentante tedesca nel comitato Bce; non impreparazione o lapsus dunque, bensì rigorosa applicazione dei dettami della Bundesbank. La battuta in questione rivela l’auspicio che l’Italia, in odore di recessione a causa dell’epidemia, sia prima o poi obbligata a chiedere un “salvataggio” dalla Ue, avviandosi a subire il destino della Grecia (anche se questo, naturalmente, Fubini si astiene dall’esplicitarlo). Mentre la stizza della Confindustria è un sintomo evidente della paura che la Germania (e in misura minore la Francia) colgano l’occasione per arraffare altre fette del nostro apparato produttivo e dei nostri mercati, riducendo definitivamente l’Italia allo status di semicolonia degli “imperi centrali” (a tale proposito ricordo che il direttore del Sole24Ore, qualche giorno fa, si è spinto ad affermare che se l’Europa insiste a comportarsi in un certo modo, “è giusto che l’Italia vada per conto suo”).
- Details
- Hits: 2072
Coronavirus: lo spettacolo di un’epidemia che non ha avuto luogo
di Gianpaolo Cherchi
Quando l’emergenza Coronavirus sarà cessata (si spera, ovviamente, molto presto) e le nostre vite verranno restituite alla loro normalità, la domanda che dovremo farci dovrà essere la seguente: ha avuto veramente luogo un’epidemia di Coronavirus?
Ciò che abbiamo vissuto è stata una reale situazione di emergenza sanitaria o abbiamo piuttosto assistito ad uno spettacolo in cui fatti, numeri, statistiche, opinioni contrastanti e informazioni contraddittorie si sono accavallati con una velocità impressionante, dando luogo ad una situazione irreale? Che ruolo ha giocato, nelle misure estreme varate dal governo, l’informazione?
La velocità con cui hanno circolato le notizie in continuo aggiornamento sul contagio, la viralità con cui sono proliferate le opinioni contrastanti dei tecnici e degli esperti, l’eccezionalità delle soluzioni politiche adottate, sono tutti elementi che non possono esimerci da una riflessione sul ruolo tutt’altro che secondario che è stato giocato dalla percezione del fenomeno, o meglio sarebbe dire dalla sua spettacolarizzazione. Un punto soltanto sfiorato nel dibattito, spesso appena accennato quando non clamorosamente mancato o imperdonabilmente taciuto, mai approfondito a sufficienza. È quanto ci si propone di fare, invece, in questo articolo.
Percezione
È in relazione ai suoi studi sul rapporto tra velocità e politica che Paul Virilio introduce il concetto di logistica della percezione, pilastro fondamentale nella sua dromologia, o “scienza della velocità”. Il termine logistica non è casuale: oggetto di indagine del teorico francese è l’insieme delle operazioni di reperimento, catalogazione e distribuzione applicabili non alle persone e alle cose che fanno parte della realtà (si potrebbe dire alle merci, ma non lo diremo), quanto alle percezioni della realtà stessa, alle sue immagini (anch’esse, appunto, merci).
- Details
- Hits: 1722
La crisi precipita: helicopter money subito, come fatto a Hong Kong
di Enrico Grazzini
Il governo italiano può creare nuova moneta e distribuirla direttamente alle famiglie e alle imprese. Come è successo ad Hong Kong
La situazione sanitaria, economica e finanziaria è diventata gravissima ed emergenziale. Il governo italiano deve intervenire immediatamente per reperire tutte le risorse necessarie per fronteggiare la crisi ospedaliera e finanziaria, offrire subito reddito e liquidità alle famiglie e alle imprese, e prepararsi a fare ripartire l'economia nazionale prima che essa venga irrimediabilmente danneggiata.
La crisi sta precipitando anche perché la diffusione del Covid-19 ha innescato una gravissima crisi finanziaria globale che sta diventando paragonabile alla Grande Crisi dei Subprime, e che sta mettendo a nudo l'estrema fragilità e l'insensatezza del capitalismo finanziario: le borse stanno precipitando e i mercati stanno bruciando centinaia di miliardi di carta e di moneta falsa. La posizione dell'Italia è a rischio: non solo il nostro Paese è il più colpito dal virus ma è anche il più esposto sul mercato a causa dell'elevato debito pubblico.
Gli stati dell'eurozona dovrebbero intervenire subito con interventi immediati per tamponare la crisi senza attendere le istituzioni europee. La flessibilità e i finanziamenti promessi dall'Unione Europea sono ovviamente benvenuti ma rischiano di essere seriamente insufficienti, sia nel breve che nel medio periodo.
Il problema è che l'Unione Europea e la Banca Centrale Europea hanno già storicamente dimostrato di non essere in grado di affrontare una grave crisi economica e uno shock finanziario di grande portata come quella che sta avanzando a livello globale. La BCE è nata per combattere l'inflazione e non può fare molto contro la recessione. E l'Unione Europea è stata congegnata per diminuire la spesa pubblica e l'intervento pubblico.
- Details
- Hits: 2065
Il coronavirus e lo stato di eccezione individuale
di Fulvius Styx
«Il potere è dominio: può solo vietare e imporre l’obbedienza.»
Michel Foucault
A chi crede ancora, lungo tutto lo spettro politico, che i nostri imperi si preoccupino realmente della loro popolazione — «stavolta vogliono davvero il nostro bene» — o, detta altrimenti, che i nostri imperi non nutrano alcun interesse in questa crisi sanitaria, ci permettiamo di rispondere aggiungendo qualche riga all’eccellente descrizione fornita da Agamben sul Manifesto qualche giorno fa.
Promemoria per gli studenti della prima fila: il modello di contratto sociale che ha maggiormente ispirato e tuttora ispira la rete di potere non è quello di Jean-Jacques Rousseau, ma quello del Leviatano di Thomas Hobbes. Un’opera che ha dato vita ad altre correnti, tra cui quella utilitarista — alla quale dobbiamo il Panopticon di Jeremy Bentham. Questo brillante trattato di urbanistica (Il Panopticon!), in mano ai nostri governanti, ha partorito la maggior parte dell’architettura carceraria, ma anche di quella scolastica. Ma forse siete poco interessati alla scienza politica e all’urbanismo carcerario, e vi starete chiedendo: «che rapporto ci sarà mai tra il contratto sociale e l’aspetto terrorizzante di questa nuova influenza?»
Promemoria per gli studenti dell’ultima fila: l’etimologia di «strategia» viene da «strategemma» («complottista!»), e dovrebbe portarci a considerare un’evidenza: che l’astuzia dell’avversario è sempre relativa, e si definisce sempre in rapporto alle nostre qualità percettive — alla nostra capacità cioè di leggere tra le righe nei discorsi dei governanti e dei loro galoppini senza qualità.
- Details
- Hits: 2338
Il virus dell’uomo capitalistico
di Michele Castaldo
Valter Veltroni, consumato uomo politico italiano, ex sindaco di Roma nonché intellettuale e scrittore, in un fondo sul Corriere della sera di giovedì 12 marzo, in una perentoria affermazione include una capziosa domanda: «Ma questo virus - qualcuno un giorno ci dirà con certezza da dove è sbucato? – cambia la storia».
Concediamo il beneficio della buona fede al signor Veltroni e gli consigliamo di leggere qualche buon saggio su come si sono sviluppati certi virus negli ultimi 250 anni. Potrebbe leggere qualcosa di Richard Levins, biologo, matematico e filosofo, oppure di Robert G. Wallace, sennò di Laura Spinney che scrive, tra il saggio e il romanzo, un testo di estremo interesse al riguardo. Questo, ripeto, se in buona fede intende veramente comprendere la natura di certi virus e farsi un’idea più precisa da dove potrebbe provenire l’attuale coronavirus. Se in malafede, lo lasciamo in balia degli eventi e in compagnia della sua ignoranza.
Ma a parte il dubbio sulla provenienza del virus, a Valter Veltroni va riconosciuto il merito di una intuizione brillante, quando afferma: «Ma questo virus cambierà la storia». Si, questo virus cambierà la storia, dunque la percezione è che ci troviamo di fronte a un fatto storico straordinario.
Dal momento che Veltroni non è uno qualsiasi e ancor meno lo è il Corriere della sera, giornale storico della borghesia italiana, dobbiamo dedurne che sua eccellenza l’Establishment sta tremando di fronte a un fenomeno con caratteristiche poco controllabili e poco gestibili; e che per esorcizzare la paura comincia a pensare al «dopo-virus», cercando di farsi coraggio dando fondo alle proprie risorse di ottimismo italico. Diamine, siamo un grande paese con una storia straordinaria alle spalle!
- Details
- Hits: 1907
Il “cigno nero” e’ qui. Crisi, guerra e prospettive dello scontro di classe
di *
Che sia il canto del cigno del capitalismo decadente!
Un castello di carte
Sotto la sferza dell’epidemia di coronavirus, una nuova crisi produttiva e finanziaria del sistema capitalistico internazionale è tornata a farsi estremamente vicina e, mai termine fu più appropriato, virulenta.
Se a dar fuoco alle polveri nel 2007/2008 sono stati i mutui sub-prime, oggi è il covid-19 ad aprire le danze, cioè uno shock esogeno, anche se tale aggettivo è corretto solo se utilizzato in senso stretto, cioè prescindendo da tutte le devastazioni che il modo di produzione capitalistico ha inferto all’ambiente naturale, nel senso più ampio del termine e che, negli ultimi decenni, si sono estese e approfondite con una progressione esponenziale.
In ogni caso, il coronavirus ha svolto la funzione di detonatore di contraddizioni e problemi che l’economia capitalistica porta in grembo da tempo e che, a dispetto del suo andamento ciclico – fatto di recessioni/crisi finanziarie e riprese successive e nonostante la situazione diversa in cui si collocano le differenti aree – si caratterizza per una difficoltà crescente della riproduzione capitalistica a scala globale, che ha la sua radice nella crescente difficoltà di valorizzazione, della quale i più sofisticati artifici della finanza speculativa e l’impiego di tutte le risorse delle Banche Centrali, capaci di creare denaro – ma non valore – dal nulla non riescono a venire a capo.
- Details
- Hits: 1160
Le pandemie come fallimento istituzionale
di Maurizio Franzini
“Molti dei più grandi mali del nostro tempo sono il frutto del rischio, dell’incertezza e dell’ignoranza.” Così scriveva, quasi un secolo fa, nel 1926, Keynes nel suo The End of Laissez-Faire. Queste sue parole sembrano appropriate per riflettere sul grande male di questi giorni, la pandemia da corona virus, ed è così anche considerando quelle che immediatamente le precedono: “la cosa importante per il governo non è fare le cose che gli individui già fanno, né è farle un po’ meglio o un po’ peggio; ma è fare le cose che nessuno fa…”. Proviamo a vedere cosa c’entra tutto questo con la pandemia da corona virus, iniziando da qualche riferimento storico.
È stato osservato da G. Yamey et al. su The Lancet che rispetto alle pandemie si susseguono cicli di panico e cicli di indifferenza, se non proprio – aggiungo io – di serena incoscienza. Il riferimento non è ai singoli individui ma ai governi e, più in generale, alle istituzioni che in vario modo sono collegate alle pandemie. Restando su un orizzonte temporale breve, rispetto alla storia secolare delle pandemie, si può ricordare che, stando a quanto riporta F. M. Snowden nel suo libro Epidemics and Society (Yale University Press, 2019, p. 23) alla fine degli anni ’60 il clima di euforia, a livello globale, rispetto alla capacità di combattere le epidemie era tale che le Università di Yale e Harvard chiusero i dipartimenti universitari sulle malattie infettive. Da allora, come è noto, non sono affatto mancate epidemie e pandemie e, soprattutto, non sono mancati veri e propri gridi di allarme provenienti da diversi ambiti scientifici.
- Details
- Hits: 9753
Epidemia coronavirus, due approcci strategici a confronto
di Roberto Buffagni
Propongo una ipotesi in merito ai diversi stili strategici di gestione dell’epidemia adottati in Europa e altrove. Sottolineo che si tratta di una pura ipotesi, perché per sostanziarla ci vogliono competenze e informazioni statistiche, epidemiologiche, economiche che non possiedo e non si improvvisano. Sono benvenute le critiche e le obiezioni anche radicali.
L’ipotesi è la seguente: lo stile strategico di gestione dell’epidemia rispecchia fedelmente l’etica e il modo di intendere interesse nazionale e priorità politiche degli Stati e, in misura minore, anche delle nazioni e dei popoli. La scelta dello stile strategico di gestione è squisitamente politica.
Gli stili strategici di gestione sono essenzialmente due:
- Non si contrasta il contagio, si punta tutto sulla cura dei malati (modello tedesco, britannico, parzialmente francese)
- Si contrasta il contagio contenendolo il più possibile con provvedimenti emergenziali di isolamento della popolazione (modello cinese, italiano, sudcoreano).
Chi sceglie il modello 1 fa un calcolo costi/benefici, e sceglie consapevolmente di sacrificare una quota della propria popolazione. Questa quota è più o meno ampia a seconda delle capacità di risposta del servizio sanitario nazionale, in particolare del numero di posti disponibili in terapia intensiva. A quanto riesco a capire, infatti, il Coronavirus presenta le seguenti caratteristiche: alta contagiosità, percentuale limitata di esiti fatali (diretti o per complicanze), ma percentuale relativamente alta (intorno al 10%, mi pare) di malati che abbisognano di cure nei reparti di terapia intensiva. Se così stanno le cose, in caso di contagio massiccio della popolazione – in Germania, ad esempio, Angela Merkel prevede un 60-70% di contagiati – nessun servizio sanitario nazionale sarà in grado di prestare le cure necessarie a tutta la percentuale di malati da ricoverarsi in T.I., una quota dei quali viene così condannata a morte in anticipo.
- Details
- Hits: 2066
«Una nuova politica di classe»?
Note critiche sui discorsi attuali [*1]
di Thomas Meyer
- I -
È da un po' di tempo che la questione sociale e la politica di classe sono sempre più oggetto di discussione. Sebbene le situazioni sociali ecc. siano state discusse fin dal primo decennio del secolo, negli ultimi anni questo discorso ha ricevuto un nuovo impulso. Una delle ragioni, è stata l'elezione di Donald Trump, anche lui eletto dai "lavoratori" [*2][*3]. Inoltre, tutti questi discorsi sono motivati dal fatto che anche la "nuova destra" fa riferimento alla "questione sociale" (o a quello che la destra intende con essa): allo stesso modo in cui lo fa il Front National, o Björn Höcke che fa appello al "patriottismo solidale". Questo discorso è stato alimentato da varie pubblicazioni, in particolar modo dal libro di Didier Eribon, "Ritorno a Reims". [*4]
È vero che per molto tempo la questione sociale è stata del tutto ignorata da vasti settori della sinistra, che aveva smesso di farne un argomento. Questo vale in particolare per la sinistra postmoderna, la quale ha rinunciato a qualsiasi pretesa di verità, attribuendo il totalitarismo a qualsiasi "grande teoria", e considerando tutto come semplicemente un discorso, come un gioco del linguaggio e, pertanto, non era in condizione di poter fare un'analisi attualizzata del presente. Il postmodernismo, non solo ha reso apatica la sinistra, ma con il collasso del blocco dell'Est ha anche portato ad una paralisi permanente. Le reazioni al 1989 sono state di due tipi: o una resa incondizionata, oppure un «continuare così» - in quello che è il passaggio socialista - come se non fosse successo niente. Una crisi del capitalismo, un limite interno alla valorizzazione del valore non poteva esserci! [*5].
- Details
- Hits: 3064
Coronavirus e dintorni , laboratorio Italia
Grande esercitazione "tutti ai domiciliari e tutti in guerra"
di Fulvio Grimaldi
Tornate alle vostre superbe ruine, /All’opere imbelli dell’arse officine, /Ai solchi bagnati di servo sudor. / Il forte si mesce col vinto nemico, / Col novo signore rimane l’antico; / L’un popolo e l’altro sul collo vi sta. / Dividono i servi, dividon gli armenti; / Si posano insieme sui campi cruenti / D’un volgo disperso che nome non ha /Alessandro Manzoni, Adelchi, Atto III).
Per “l’un popolo e l’altro” possiamo intendere correttamente "Oligarchie globalizzatrici" e "loro euro- e italo-domestici".
Ciao ragazzi, ciao di Adriano Celentano, buona risposta al “solo in casa” contiano:
Nooo, nooo ! Ciao ragazzi, ciao. Voglio dirvi che… un giorno sono venuti a prendere anche me (te, lei, lui, noi) e non c’era più nessuno a protestare (tranne i detenuti, non quelli ai domiciliari come tutti, buoni buoni, ma gli altri, in carcere).
Un bignamino dell’esercitazione
E così vi traccio l’evoluzione di quanto ci stanno facendo attraverso la serie di titoli che, via via, ho immaginato per l’articolo che stavo pensando, mentre si passava, di doccia scozzese in doccia scozzese, fino al l’obnubilamento e alla sottomissione generali, dall’allarme forsennato, alla rassicurazione paterna, alla tranquillizzazione così così, a seconda dei propagandisti di turno, al catastrofismo assoluto. E dunque allo stato d’assedio proclamato dal Conte Pippo lunedì sera e spalmato sul colto e l’inclita a dosi maggiorate dai cantori di Big Pharma e dello Stato di Polizia.Volevo vedere come sarebbe andata a finire prima di scrivere e, nel frattempo c’erano da seguire altre baracconate, specie mediorientali, dei dirittioumanisti da plutocrazia.
Coronavirusando
La traccia dell’ultima mesata è questa:
- Details
- Hits: 1124
Su una recente edizione tedesca del I libro del Capitale*
Nota critica di Alessandro Cardinale
Karl Marx, Das Kapital, Kritik der politischen Ökonomie, Erster Band, Buch I: Der Produktionsprozess des Kapitals, a cura di Thomas Kuczynski, VSA Verlag, Hamburg, 2017
Di carta e di silicio si presenta la più recente edizione tedesca del Libro primo de Il capitale: il libro cartaceo con il testo principale è infatti accompagnato da una pennetta USB a forma di carta di credito che contiene una copia digitale del testo e l’apparato storico-critico. Il curatore Thomas Kuczynski, statistico di formazione, nato a Londra nel 1944 durante l’esilio del padre Jürgen (l’autore della monumentale opera Die Geschichte der Lage der Arbeiter unter dem Kapitalismus, uscita a Berlino dal 1960 al 1972 in 40 volumi), è stato l’ultimo direttore dell’Istituto per la Storia dell’Economia dell’Accademia delle Scienze della DDR, sciolta il 31 dicembre 1991.
La scelta di Kuczynski è stata di partire da quella che considera «la base irremovibile di ogni nuova edizione [die unverrückbare Grundlage jeder neuen Ausgabe]»1 del Libro primo, vale a dire dalla seconda edizione, quella licenziata da Marx in persona, e di editarla2 scegliendo «in ogni singolo caso dalle differenti varianti testuali marxiane [...] quella che col maggior grado di probabilità avrebbe corrisposto alle intenzioni dell’autore accennate nel Dicembre del 1881»3. Il riferimento è alle intenzioni accennate nella lettera inviata il 13 Dicembre 1881 a Nikolai F. Daniel´son4, lettera in cui Marx affermava che avrebbe concordato con l’editore di effettuare per la terza edizione solo le modifiche e integrazioni indispensabili (rimandando invece a un tempo successivo una ulteriore più ampia rielaborazione).
Il bisogno o l’opportunità di forni re una edizione alternativa alla terza e quarta (pubblicate rispettivamente nel 1883 e nel 1890) curate da Engels sta per Kuczynski nella convinzione di poter svolgere rispetto a quello engelsiano un lavoro editoriale migliore, cioè più fedele alla volontà di Marx.
- Details
- Hits: 2672
Il discorso di Conte: coronavirus e cronache del crollo
di Alessandro Visalli
Raramente, forse mai, un momento così solenne è stato fatto oggetto di un discorso così inadeguato. Mai in tempo di pace un’intera nazione era stata fermata, limitati gli spostamenti da paese a paese, da città a città, chiusi gli esercizi ad orario da coprifuoco, ostacolati i normali spostamenti, impedite le manifestazioni e qualunque riunione, dai matrimoni alle funzioni religiose, ai funerali.
Mai in tempo di pace.
Perché, in effetti, non siamo più in tempo di pace.
Qualcuno ci ha dichiarato guerra. E non è stato il coronavirus.
Lui non è neppure un essere vivente, e non è tanto meno un’individualità (si tratta di una nuvola di virus a Rna, continuamente mutanti). Il coronavirus si sta semplicemente adattando ad un nuovo ambiente, essendo ‘saltato’ dal vecchio ospite ad un altro. Non è una cosa particolarmente strana, noi conviviamo con miliardi di organismi, batteri e virus, che sono integrati nel nostro organismo, ma questo è nuovo.
Quella che ci ha dichiarato guerra è la nostra stessa follia. In linguaggio informatico sarebbe un difetto di sistema. Aver per decenni ridotto la spesa sanitaria, portandola sotto il livello di un paese a reddito pro capite medio come la Cina, eliminato quasi tutti i servizi territoriali di prevenzione, ridotta la pubblica amministrazione sotto la media europea (16% dei lavoratori). Solo Germania, Lussemburgo e Olanda hanno meno dipendenti pubblici, paesi come la Scandinavia ne hanno il doppio. In generale siamo alla metà dei paesi nordici, il 14% dei dipendenti, per 3,2 milioni di addetti. Per fare un paragone con paesi simili, la Spagna ne ha il 15% e la Francia ben il 22%. Portarci al livello della famosa burocrazia e livello dei servizi pubblici francesi significherebbe, dunque, assumere 1,5 milioni di addetti, portarci intanto alla media europea corrisponderebbe a 0,4 milioni di assunzioni urgenti.
Page 243 of 612