Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2185
Ridateci l'Iri
di Bruno Casati
L’italia produttiva affonda. Per tenerla a galla non bastano più moda e turismo, ma nemmeno i “distrettini” del made in Italy che, senza una grande industria alle spalle, sono in sofferenza. Siamo alla desertificazione industriale: dal declino si è scivolati nel dissesto.
E nessuno si sogna di investire in Italia. I capitalisti italiani, da tempo, si sono eclissati. Quelli esteri, indifferenti rispetto al Jobs act, si guardano bene dal metterci i quattrini a rischio nel paese che, secondo l’autorevole classifica di Transparency international, è ormai il più corrotto d’Europa (e quella classifica non considerava gli scandali Expo, Mose e Mafia Capitale). Ora però è squadernato un ultimo caso di crisi industriale, quello dell’Ilva di Taranto o, se si vuole, dell’acciaio italiano, che, per la sua rilevanza materiale e simbolica, costringe anche gli indifferenti che ci governano a metterci la faccia.
Perché l’Ilva è diventata un mistero doloroso, visto che, pur passata di mano da un manager ottantenne come Bondi a uno più giovane come Gnudi, continua comunque ad affondare inesorabilmente e in un silenzio tombale. ora questo silenzio viene rotto, all’unisono, dal segretario generale della Fiom e dal Presidente del Consiglio. Pare dicano le stesse cose, ma non è così.
- Details
- Hits: 2204
Per una politica delle lotte: Syriza, Podemos e noi
di Sandro Mezzadra e Toni Negri
Il 2014 si è chiuso con la mancata elezione del Presidente della Repubblica in Grecia, e dunque con la convocazione di elezioni politiche anticipate. E’ un passaggio politico di grande importanza, destinato a segnare un anno che, in Europa, si concluderà con le elezioni in Spagna (dove già a maggio si voterà per i municipi e le “autonomie”). E’ del tutto evidente che quelle greche non saranno semplici elezioni “nazionali”: le pesanti ingerenze del governo tedesco e della Commissione europea, destinate a intensificarsi nelle prossime settimane, mostrano chiaramente come in gioco vi sia l’assetto complessivo delle istituzioni europee, ridefinito in questi anni attraverso la gestione della crisi. La reazione della Borsa di Atene al semplice annuncio da parte di Samaras della decisione di anticipare le elezioni presidenziali il 9 dicembre, con un crollo superiore al 12%, aveva del resto già lasciato intendere quale sarebbe stato il ruolo di un altro attore fondamentale, ovvero del capitale finanziario.
In queste condizioni, la partita che si appresta a giocare Syriza è evidentemente complicata, e ci sembrano davvero un po’ ingenue le posizioni che all’interno della sinistra europea, magari ammantandosi di realismo politico, propongono scenari lineari di superamento del neoliberalismo e dell’austerity, attraverso un recupero della sovranità nazionale.
- Details
- Hits: 2223
Guerre valutarie e Quirinale
di Aldo Giannuli
Per orientarsi nella battaglia che sta per iniziare intorno al Quirinale, dobbiamo capire che c’è una novità rispetto al passato: questa volta il Presidente, molto più che da Montecitorio in congiunta con Palazzo Madama, scaturirà da telefonate in congiunta fra Mosca, Berlino, Francoforte e Washington.
Intendiamoci: anche in passato ci sono stati tentativi stranieri di influenzare l’elezione del Presidente e non solo –come è facile immaginare- da parte degli americani, ma anche di altri. Ad esempio, nel 1972, sovietici e rumeni tentarono di convincere il Pci a votare Fanfani (il De Gaulle italiano, si diceva) per ottenere un corso della nostra politica estera meno sdraiato sulla Nato. Ma si trattò di poca roba e non sempre andata a segno (come il caso appena citato dimostra). Soprattutto, si trattava di tentativi scoordinati fra loro e senza troppo crederci. Nel complesso, in materia di Quirinale, le dinamiche della politica interna hanno sempre prevalso sulle pressioni internazionali, anche perché la casella più importante e tenuta d’occhio non era il Quirinale ma Palazzo Chigi.
Questa volta è diverso, perché la globalizzazione impone dinamiche diverse che mescolano molto più del passato il dentro ed il fuori ed, in secondo luogo, perché il Quirinale è diventato più interessante di Palazzo Chigi anche in ragione della stabilità settennale del primo e della precarietà del secondo.
- Details
- Hits: 2268
I nove passi per ripudiare il debito pubblico
Guido Viale
La tenuta del progetto di «rinegoziazione radicale» lanciato da Syriza (e dell’Altra Europa) è l’unica chiave per superare la crisi devastante dell’eurozona. Uscire dalla moneta unica come vogliono Salvini e Le Pen, infatti, massacrerebbe soprattutto lavoratori e famiglie
La rinegoziazione radicale dei debiti pubblici dei paesi dell’eurozona in difficoltà, inclusa da tempo nel programma di Syriza e condivisa dall’Altra Europa, presenta risvolti complessi e delicati che vanno affrontati anche in sede tecnica: per prevederne le conseguenze macroeconomiche più dirompenti e cercare di prevenirle; ma soprattutto per proteggere i piccoli risparmiatori.
Nell’affrontare questi problemi occorre mettere però al primo posto la «politica» e non l’«economia», le scelte che possono orientare il conflitto sociale e non l’idea che il sistema possa continuare o addirittura riprendere a funzionare come sempre.
Siamo di fonte o alla vigilia di una grande rottura: «L’Europa è a un bivio», come recita l’incipit dell’appello da cui è nata la lista L’Altra Europa con Tsipras. Per questo, prima di entrare negli ineludibili aspetti tecnici è opportuno fissare alcuni punti di carattere generale.
1. I debiti pubblici di alcuni paesi dell’eurozona, tra cui Grecia e Italia, ma non solo, sono insostenibili. Quale che sia lo spread, gli interessi da pagare sono tali che divorano le risorse senza consentire, non solo una «crescita» duratura, ma nemmeno il livello di attività economica raggiunto in passato.
- Details
- Hits: 1926
Contro l’antipolitica
Francesco Paolo Cazzorla (Zu Fra)
È inutile che continuate a trastullarvi con la politica. Quest’ultima, checché ne dicano i “buoni predicatori” d’intenti, non ha mai cessato di allontanarsi dai cittadini. Nella sua attuale degenerazione nel transpolitico, e in quella sua conseguente macabra oscenità che ricorda tanto i talk show televisivi, non è altro che una forma ostinata di onanismo compulsivo.
Il governo invisibile dei potenti non lo vedrete in tv, non lo leggerete sui giornali, non lo ascolterete per radio, e non lo incontrerete di certo in quei chiassosi e ultra-scenici “congressi politici” che conquistano il minutaggio dei notiziari. Quelli su cui inefficacemente vi accanite (oppure quelli su cui vogliono farvi accanire) sono solo delle controfigure, degli uomini di paglia, precisamente delle maschere, che hanno una sola e precisa funzione: dissimulare. Questa funzione, detta altrimenti “funzione di schermo”, attira costantemente l’attenzione su di sé fissandola su quei prestanome – quei nomi propri che si danno continuamente il cambio negli “show politici”, e che si affrontano sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e nell’arena elettorale – distogliendo così dai loro veri bersagli rivendicazioni e proteste.
Questo infinito talk show, deleterio e insignificante, non fa altro che impedire ai cittadini – ma anche agli stessi governanti – di percepire il loro proprio spossessamento e di individuare i luoghi e le poste della vera politica. Di conseguenza, gli obiettivi tradizionali delle lotte e delle rivendicazioni non sono diventati altro che dei tranelli, dei trompe-l’œil, che, alla prima occasione, non perdono tempo nel distogliere l’attenzione dai luoghi dove si esercita l’effettivo governo invisibile dei potenti.
- Details
- Hits: 2848
La Grecia al voto
di Leonardo Mazzei
Dunque è ufficiale: la Grecia andrà al voto il prossimo 25 gennaio. L'elezione del tecnocrate eurista Stavros Dimas è fallita. I 168 voti di martedì scorso sono rimasti tali e quali anche nel terzo scrutinio di stamattina. La campagna acquisti di Samaras non ha funzionato, e ora tutto si giocherà in una battaglia elettorale che si preannuncia davvero infuocata.
Questo esito non deve sorprendere. L'obiettivo del capo del governo di Atene è stato, fin dal principio - cioè dalla decisione di anticipare l'elezione presidenziale -, quello di drammatizzare lo scontro per ribaltare i sondaggi elettorali che attualmente prevedono la vittoria di Syriza.
In realtà il margine tra il partito guidato da Tsipras e Nea Dimokratia sembrerebbe assai limitato, da due a sei punti percentuali. Un distacco che Samaras, spalleggiato in pieno dall'Unione Europea e dal Fondo monetario internazionale, pensa di poter colmare. E non è affatto detto che questo disegno sia destinato al fallimento.
Alla fine è molto probabile che tutto si giochi per una manciata di voti. E siccome il sistema elettorale assegna un premio di maggioranza di 50 parlamentari (su 300) a chi arriva primo, è prevedibile una fortissima polarizzazione del voto tra i primi due partiti, come già avvenne nelle elezioni del giugno 2012.
- Details
- Hits: 2847
“Navigazione a vista” di G. La Grassa
di Paul Robert Spadoni
Qui di seguito pubblico un’accurata presentazione del nuovo libro di Gianfranco La Grassa, “Navigazione a vista”, a cura di Paul Robert Spadoni. Le tesi dello studioso di una vita dell’opera di Marx sono arrivate a conclusioni drastiche per quanti nel marxismo si sono formati o ne sono stati influenzati. E anche tra chi gli riconosce onesta e rigore intellettuale non mancano perplessità e sconcerto. Sullo stesso sito CONFLITTI E STRATEGIE, ispirato alle idee di La Grassa, si leggono ad esempio queste parole sintomatiche di un assiduo commentatore: “Alla fine mi domando sempre: ma “dove va a parare” il discorso di La Grassa? Cosa ci offre di nuovo per il futuro? Non si è realizzata la previsione marxiana della formazione del rivoluzionario “operaio collettivo”? va bene! La classe borghese è scomparsa sostituita da una più anonima classe di “funzionari del capitale”? va bene anche questo! Dobbiamo abbandonare anche l’idea della classe operaia come “soggetto rivoluzionario”? Va bene! Dobbiamo abbandonare l’idea del comunismo? …mbè qui la cosa si complica e riesce meno facile da accettare specie in un periodo (come quello attuale) in cui il capitalismo (dei funzionari del capitale) mostra con sempre maggiore evidenza la sua incapacità di risolvere i problemi … intendo per la GENERALITA’ delle persone, non certo per i ristretti gruppi dominanti.” (gm:dicembre 29, 2014 at 1:44 am). A me pare giusto non fare orecchie da mercanti a un discorso scientifico e impegnarsi a conoscerlo e a discuterlo a fondo ( il che richiede studio e fatica!). Per accettarne o rifiutarne l’amaro realismo. Sulla base però di “altre ragioni” più valide (se siamo in grado di trovarne). Non per un attaccamento fideistico e passivo a un passato glorioso ma inerte. [E. A.]
- Details
- Hits: 2563

Il fascino discreto della crisi economica
Intervista a Riccardo Bellofiore e Giovanna Vertova
Parte seconda (qui la prima)
DOMANDA: In occidente la dottrina economica neoclassica è a livello accademico da più di 30 anni a questa parte completamente dominante. In maniera analoga, anche le visioni sulla politica economica e sulla crisi hanno una matrice ideologica comune. Come deve posizionarsi un teorico eterodosso oggi? Ovvero ha senso una guerra di posizione all’interno dell’accademia, ha senso intervenire sulle modalità di gestione della crisi? Ha senso partecipare al dibattito istituzionale su ciò che andrebbe fatto, o è meglio lavorare in altri luoghi e spazi? In sostanza, il capitalismo è riformabile e quindi bisogna parteciparne alla gestione, magari in una direzione più “egualitaria”, oppure no?
GV: La mia risposta è “nì”. Non vedo perché una cosa debba escludere l’altra. L’economista eterodosso può fare entrambe le cose: discutere nei dibattiti istituzionali con i teorici dei diversi mainstream e lavorare in altri luoghi e spazi. I problemi che vedo sono altri. Prima di tutto il teorico eterodosso ha più difficoltà a partecipare ai dibattiti istituzionali perché, come avete giustamente sottolineato, il mainstream è tornato dominante e quindi ci sono “pochi spazi”. Tuttavia, vedo un problema più importante: il dibattito tra gli economisti eterodossi. Mi preoccupa sia il livello del dibattito che le sue modalità. Mi sembra che molti economisti eterodossi, riprendendo la mia risposta precedente, tendano sia a voler diventare i consiglieri del principe che a farlo con un approccio fideistico. Seguendo i dibattiti in televisione, sulla stampa di sinistra, ma anche sui blog, o sui social network, il comportamento che registro tra gli economisti eterodossi italiani è abbastanza allarmante.
- Details
- Hits: 2969
Un’esperienza marxista di Foucault
di Antonio Negri*
1. La domanda che mi porrò oggi è semplice: come ho tentato di leggere, come mi è sembrato possibile farlo, nel mio lavoro, Marx con e dopo Foucault? Vorrei analizzare rapidamente questa esperienza. Si è trattato di fissare degli assi di lettura marxiana che si organizzassero attorno ad un dispositivo di soggettivazione, ricalcato su Foucault e del quale io cercherò di mostrare la possibilità d’essere applicato alla nostra attualità: esso impone un’ontologia adeguata. Se, inversamente, leggere Marx significa nutrire una volontà radicale di trasformazione dell’essere storico, la soggettivazione foucaltiana mi sembra debba essere confrontata a tale determinazione.
A) Sembra a me oggi, che sulla base delle intuizioni e delle conclusioni foucaultiane, il tono e lo stile fortemente storicizzati della critica marxiana dell’economia politica vadano articolati in maniera netta ad un approccio materialista. Ed allora, evidentemente, non si tratta solo di leggere insieme i testi storici di Marx e gli altri suoi lavori (in particolare quelli di critica dell’economia politica) ma di approfondire e di sviluppare genealogicamente l’analisi dei concetti – aprendoli al presente. L’approccio foucaltiano ci ha quindi permesso non solo di cogliere ma di insistere sulla soggettivazione della lotta di classe come agente del processo storico. L’analisi di tale soggettivazione andrà naturalmente sempre rinnovata e confrontata alle determinazioni trasformative che i concetti subiscono nel processo storico. Tutto ciò, nell’ambito della sollecitazione foucaultiana – fuori da ogni dialettica e teleologia – ad assumere la soggettivazione storica come dispositivo non causale né creativo, tuttavia determinante. Alla maniera di Machiavelli: un materialismo storico per noi.
- Details
- Hits: 2048
La civiltà del desiderio
Giacomo Rotoli
In una celebre scena del film Il silenzio degli innocenti il co-protagonista in negativo Hannibal Lecter spiega che il “desiderio” è il primo motore dell’azione umana. L’uomo in primo luogo “desidera” e da questo segue tutto il resto. Dato che il film è americano, come ormai americano è molto del desiderare diffuso intorno a noi, converrebbe fare qualche riflessione sul significato di questa affermazione.
E’ bene ricordare come il centro dell’attuale mondo occidentale si sia sviluppato. Dovrei più precisamente parlare di economia-mondo benché l’intero mondo sia ormai globalizzato al punto che più che di economie-mondo in competizione tra loro si dovrebbe parlare di economia-mondo in riferimento all’intero sistema, che potrà in principio essere multipolare, ma come dice giustamente Valerio Castronovo in Un passato che ritorna2 esso si fonda su un asse che viene dal passato è che è stato anche all’epoca del capitalismo commerciale il suo asse portante, ovvero l’asse occidente – estremo oriente. Chi ha masticato un poco di storia del gruppo degli annales ricorda come l’argento estratto a Potosì, finisse dopo un lungo percorso di scambi mutevoli, in Cina.
Ma osserviamo ora più da vicino l’economia-mondo occidentale. E’ noto come il suo centro si sia progressivamente spostato sempre più a occidente. Ma la prevalenza degli USA nel nostro sistema si è pienamente affermata solo dopo la seconda guerra mondiale. Solo dopo che il modello “continentale” di sviluppo è stato nella sostanza assorbito ed integrato nel cosiddetto atlantismo, concetto molto ambiguo, ma che implica sempre la centralità della superpotenza occidentale in modo assoluto. L’Atlantismo non avrebbe avuto alcun senso per l’Europa continentale e nemmeno per l’Impero Britannico molto più legato all’”Oriente” che alle Americhe nel momento di massimo splendore.
- Details
- Hits: 2788
Politica e verità nel postfordismo
Giacomo Pisani
1. Tecnica e verità
Il dispiegamento del pensiero tecnico-calcolante su scala globale ha raggiunto negli ultimi decenni un livello tale da sconvolgere totalmente i ruoli, le gerarchie e gli strumenti ermeneutici indispensabili alla comprensione del nuovo quadro socio-economico internazionale.
Il sogno della modernità di estendere la possibilità di manipolare e progettare la natura e gli spazi della vita sembra essersi realizzato al massimo grado, fino al punto di autoalimentarsi e autoregolarsi, in un’autopoiesi che esclude l’individuo da qualsiasi posizione di trascendenza nella pianificazione dei sistemi sociali.
Il disvelamento tecnico del mondo nel suo pieno dispiegamento ha una sua genesi storica, in cui Heidegger coglie il ruolo fondamentale svolto dall’«oblio metafisico dell’essere». L’imporsi dell’ente come unica forma di realtà, con l’oblio della differenza ontologica, si traduce nell’assolutizzazione dell’immagine tecnico-metafisica del mondo, che riduce gli enti ad utilizzabili intramondani e al loro funzionamento all’interno della configurazione sistemica presente. L’ente, anziché essere assunto nella sua costitutiva finitezza, che lo rimette ad un ambito storico di riferimento in cui l’uomo stesso è implicato, diviene parte di un modello assoluto di realtà a cui l’uomo deve irrimediabilmente adeguarsi.
Si impone così una specifica architettura dell’essere su cui si fonda un’idea inespugnabile di verità e di natura umana. Anche le filosofie umanistiche hanno finito con l’ignorare la costitutiva esposizione dell’uomo all’essere, alla storicità, subordinando il proprio impianto teorico ad un dato assoluto: l’essere entificato, fissato nella sua datità. Come scrive Heidegger,.
- Details
- Hits: 3081
Il destino dell’Europa fra retorica sovranazionale e antipolitica populista
di Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli
La crisi dell’euro ha generato e continua a generare disoccupazione, povertà e de-industrializzazione nei paesi cosiddetti periferici (periphery countries) dell’Eurozona, come Grecia, Spagna e Italia. Per quanto riguarda l’Italia in particolare, i dati economici peggiorano di mese in mese, in maniera sempre più drammatica. In tutta l’Eurozona, la crisi ha accelerato lo smantellamento dei sistemi di protezione sociale e la de-regolamentazione del mercato del lavoro.
Nei paesi cosiddetti centrali (core countries) dell’unione monetaria, e in particolare in Germania, la crisi ha garantito stabilità alle élite politiche dominanti. Queste élite germaniche e nordiche si son rese responsabili di politiche di svalutazione interna, e quindi di repressione salariale. Questi politici si vantano di riforme del mercato del lavoro – incluse quelle del socialdemocratico Schröder – che vanno contro gli interessi dei lavoratori e di coloro che il lavoro lo cercano, indicando ai propri elettori la necessità di queste riforme per evitare lo sciagurato destino dei paesi periferici, e nascondendo come le politiche mercantilistiche perseguite a livello domestico dai paesi centrali abbiano pesantemente contribuito ai problemi dei paesi periferici.
- Details
- Hits: 4066
Back to Hegel
di Luca Illetterati
Non è in fondo esagerato dire che una parte certamente non irrilevante della filosofia europea dalla seconda metà dell'Ottocento e poi ancora nel corso di tutto il Novecento è profondamente segnata dalla filosofia di Hegel. Non nel senso banale che tutta la filosofia dopo Hegel sia hegeliana, ma nel senso che la filosofia, dopo Hegel, è una filosofia che non può non prendere posizione nei confronti del suo pensiero e che perciò si caratterizza o come reazione contro di esso, o come riscoperta o riabilitazione di alcune sue strutture di fondo.
Tradizionalmente questo movimento quasi elastico di allontanamento e avvicinamento nei confronti dell'autore della Fenomenologia dello spirito era rimasto però perlopiù confinato dentro le aree culturali di lingua tedesca, italiana e francese. Certo, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo ci furono anche un neohegelismo inglese (si pensi a Bradley e McTaggart) e un neohegelismo americano (si pensi a Royce), ma soprattutto oltreoceano non si può certo dire che il neohegelismo abbia prodotto una influenza decisiva all'interno della tradizione filosofica.
La filosofia americana, caratterizzata soprattutto dall'intreccio di pragmatismo e filosofia analitica, incarna infatti un'attitudine speculativa che pare, per molti aspetti, del tutto estranea alle questioni e ai problemi che innervano invece la filosofia di Hegel.
Da alcuni anni, però, è in corso, proprio all'interno di quella tradizione, quello che viene chiamato un ritorno a Hegel, e cioè una vera e propria rinascita di interesse nei confronti della filosofia hegeliana.
- Details
- Hits: 2175
Te lo do io il quantitative easing!
di Leonardo Mazzei
Raramente la verità delle cose si mostra fin da subito nella sua pienezza. Anzi, di solito, essa ama nascondersi nelle pieghe degli eventi e dei processi che segnano la storia, i cui svolgimenti sono in genere tortuosi e non privi di contraddizioni. Ed il percorso dissolutivo dell'Unione Europea, realisticamente preceduto dalla fine della moneta unica, non fa certo eccezione.
Per comprendere la portata di quanto sta avvenendo è utile tornare sulla vicenda del Quantitative easing (QE), sulla quale abbiamo già scritto pochi giorni fa (vedi Il QE della discordia). Le cose corrono infatti con la fretta dovuta dei momenti topici, e nuovi e decisivi elementi sulle manovre in corso sono ormai di pubblico dominio.
Due settimane fa avevamo ipotizzato uno scenario dove al successo d'immagine di Draghi, l'avvio del QE appunto, corrispondeva una vittoria del governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, sulla sostanza di questa operazione. Come dire: a Draghi le telecamere, a Weidmann gli euro-tedeschi ben chiusi in cassaforte.
Quel che è emerso in questi ultimi giorni non fa che confermare questa ipotesi, che comincia ad assumere contorni sempre più precisi quanto più inquietanti per i paesi dell'area mediterranea.
- Details
- Hits: 2404
Il carattere politico dello spazio urbano1
Lidia Martin intervista Elisabetta Teghil2
«La capital city, a Milano, a Barcellona, a Filadelfia o ancora a Phnom Penh, rappresenta un campo di contesa in cui confliggono forme di appropriazione dello spazio che riflettono ispirazioni e aspirazioni divergenti, come dimostrano le tensioni permanenti tra le logiche del capitale (la rendita) e quelle della cittadinanza urbana (il “diritto alla città”)»
d. Questo numero di «Zapruder» esplora il complesso rapporto tra capitale e città, quale è secondo te il ruolo che il capitale gioca all’interno delle aree urbane e dei conflitti che in esse si sviluppano?
r. Prima di tutto dobbiamo intenderci su quale fase dell’attuale modo sociale di produzione stiamo vivendo, il neoliberismo è lo stadio del capitale, nella sua dinamica auto-espansiva, caratterizzato dalla guerra fra le nazioni e fra le multinazionali per la ridefinizione dei rapporti di forza, che vede all’offensiva le multinazionali anglo-americane e i loro rispettivi stati. I popoli del terzo mondo, in questo processo, sono destinati ad essere schiacciati e a rivivere le pagine più nere del colonialismo. Le condizioni del capitalismo, al massimo livello di sviluppo, vengono assunte a modello ideale di ogni altra forma passata e contemporanea, europea e non europea, borghese e non borghese, di sfruttamento e di alienazione di lavoratori e lavoratrici.
d. E quali sono le conseguenze sulle strutture urbane?
r. Ogni ideologia produce teoria e, quest’ultima, si traduce in linea politica. E la linea politica del neoliberismo si traduce in un programma di distruzione delle strutture capaci di contrapporsi al primato del mercato. Il programma neoliberista trae alimento dalla forza politico-economica di coloro dei quali esprime gli interessi che, forti delle posizioni economiche e politiche, non rischiano di pagare le conseguenze delle loro scelte, ma, anzi, di trarne grandi vantaggi.
- Details
- Hits: 4223

Il fascino discreto della crisi economica
Intervista a Riccardo Bellofiore e Giovanna Vertova
Continua il ciclo di interviste sulla crisi a economisti ed economiste eterodossi/e a cura degli attivisti della campagna “Noi Restiamo”. Siamo ormai arrivati alla sesta puntata. Dopo Joseph Halevi, Giorgio Gattei, Luciano Vasapollo, Marco Passarella e Jan Toporowski proponiamo ai nostri lettori un’inedita intervista doppia agli “economisti di classe”: Riccardo Bellofiore e Giovanna Vertova. L’intervista è stata registrata nel Maggio del 2014
Parte prima (qui la seconda)
DOMANDA: L’emergere della crisi ha confermato la visione di alcuni economisti eterodossi secondo la quale il capitalismo tende strutturalmente ad entrare in crisi. Tuttavia, le visioni sulle cause del disastro attuale divergono. Una posizione piuttosto diffusa (appoggiata ad esempio dai teorici della rivista “Monthly Review”) è quella che attribuisce la crisi al seguente meccanismo: la controrivoluzione neoliberista ha portato ad un abbassamento della quota salari; per sostenere la domanda privata è stata quindi necessaria un’enorme estensione del credito e lo scoppio della bolla nel 2007 ha interrotto il meccanismo. Altri pensatori, come il marxista americano Andrew Kliman, ritengono che le cause della crisi non si possano trovare nella distribuzione dei redditi e che la depressione sia spiegabile tramite l’andamento del saggio tendenziale di profitto. Una visione tutta improntata sulla produzione. Voi cosa ne pensate?
RB: Dal punto di vista della teoria marxiana, la crisi viene ricondotta da alcuni autori alla caduta tendenziale del saggio di profitto e da altri autori a quella che definiscono la crisi da sottoconsumo. Queste due prospettive sono state impiegate per spiegare la crisi iniziata nel 2007 ed esplosa nel 2008. La prima posizione è propria solo di marxisti, mentre la seconda è simile a una posizione keynesiana.
- Details
- Hits: 2826
Metamorfosi neo-capitalistica
di Andrea Pesce
Da Pier Paolo Pasolini a Guy Debord. La società dello spettacolo e la metamorfosi neo-capitalistica in attività contemplativa
Il senso della vista gode da millenni il privilegio di essere il più studiato e citato nelle riflessioni dei più grandi filosofi. Aristotele nella Metafisica lo elegge a senso privilegiato dall'uomo in quanto "noi preferiamo la vista a tutte le altre sensazioni, non solo quando miriamo a uno scopo pratico, ma anche quando non intendiamo compiere alcuna azione. E il motivo sta nel fatto che questa sensazione, più di ogni altra, ci fa acquistare conoscenza e ci presenta con immediatezza una gran quantità di differenze".
Il vedere quindi implica, secondo lo Stagirita, l'entrare in contatto con l'alterità, con un qualcosa che non è parte di noi (in senso corporeo, materico) ma, allo stesso tempo, in intimo rapporto con noi: le cose che percepiamo attraverso l'occhio, penetrano nel nostro cervello e, in molti casi, permangono come traccia indelebile nella nostra memoria. Paradossalità dello sguardo: ciò che non può vederci è ciò che ci caratterizza, così come colui che vede non può scorgere il suo occhio che osserva.
Se è vero, come voleva Aristotele, che la filosofia nasce dalla meraviglia di fronte ai fenomeni naturali e l'interrogarsi dinanzi ad essi, risulta inevitabile il nascere di una disciplina che si occupi di queste faccende: l'estetica.
- Details
- Hits: 1955
I motivi per non fare il QE dell’eurozona
di Frances Coppola
Dal sito di Forbes, Frances Coppola spiega perché anche il tanto invocato acquisto di titoli di stato da parte della BCE non risolverà i problemi dell’eurozona. E arriva alla conclusione che sappiamo da tempo: nessun intervento centralizzato sulla politica monetaria potrà ricomporre gli squilibri e le divergenze tra gli stati membri. E sono queste divergenze la vera causa dei problemi dell’eurozona.
Mentre il rischio di deflazione si avvicina, continuano ad aumentare le richieste che la BCE si imbarchi in un programma di acquisto titoli di stato in maniera simile a quanto fatto in anni recenti dalla Federal Reserve, dalla Banca d’Inghilterra e dalla Banca del Giappone. Finora, la BCE non ha ceduto a questa forma di allentamento monetario, preferendo offrire finanziamenti a basso costo alle banche, tassare i depositi inattivi, e più recentemente imbarcarsi nell’acquisto di prestiti cartolarizzati alle PMI e covered bonds. Queste misure di allentamento del credito sono progettate per incoraggiare le banche a prestare sia alle famiglie sia alle imprese.
- Details
- Hits: 3612
Dialettica, oggettivismo e compenetrazione degli opposti
Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica
di Emiliano Alessandroni
1. L'oggettivismo di Lenin e «la favola sciocca del libero arbitrio»
In uno dei suoi scritti giovanili più noti Lenin pone l'attenzione sulla prospettiva non-volontarista ed anticoscienzialista di Marx. Il fondatore del materialismo storico, egli afferma,
considera il movimento sociale, come un processo di storia naturale, retto da leggi che non solo non dipendono dalla volontà, dalla coscienza e dalle intenzioni degli uomini, ma che anzi determinano la loro volontà, la loro coscienza, le loro intenzioni1.
Lenin tende ad evidenziare, in questo come in altri passi, la natura circostanziale della volontà umana, il suo essere, ovvero, ontologicamente inscritta all'interno di reticoli e quadri combinatori, non meramente accidentali, che ne determinano la nascita e ne scandiscono lo sviluppo. Non sembra esser dunque sull'opposizione determinismo/volontarismo che si sia prodotta, sul piano filosofico, la rottura con la II Internazionale2. La prospettiva deterministica, invero, non viene mai respinta o esecrata dal futuro dirigente bolscevico: al contrario, essa costituirà l'unico punto di partenza dal quale egli, senza minimizzare la dimensione coscienziale del Für sich, riterrà possibile contrastare quei sedimenti di misticismo presenti all'interno del senso comune e coincidenti con la favola sciocca del libero arbitrio:
L'idea del determinismo, stabilendo la necessità delle azioni umane, rigettando la favola sciocca del libero arbitrio, non sopprime affatto la ragione o la coscienza dell'uomo, né l'apprezzamento delle sue azioni. Allo opposto, soltanto dal punto di vista del determinismo è possibile dare un apprezzamento rigoroso e giusto, invece di attribuire tutto ciò che si vuole al libero arbitrio3.
- Details
- Hits: 2202
Riunire la sinistra?
Non ce ne importa niente
Roberto Ciccarelli
“Riunire la sinistra? Non me ne importa niente” ha detto Pablo Iglesias, il leader carismatico di Podemos a Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena in un libro su quello che oggi è il primo partito spagnolo: Podemos. La sinistra spagnola oltre la sinistra (Alegre, 2014). Questa è una delle frasi più importanti in un reportage particolarmente ispirato che segue di pochi mesi uno analogo scritto da Pucciarelli e Russo Spena sulla Syriza di Alexis Tsipras. Segna una distanza irreversibile rispetto alla discussione italiana ferma allo schema archeologico del fronte popolare. Tale unione non corrisponde mai ad un conflitto reale. Il conflitto, anzi, si svolge tra le parti che dovrebbero realizzare una simile unione. Un’unione che, non a caso, non si realizza mai.
Il disgusto per la sinistra
“Sinistra” è una parola impresentabile in società. Per gli spagnoli indica la vergogna della corruzione del Psoe; per i francesi significa l’ignobile social-liberismo dei socialisti di Hollande: per gli italiani l’opportunismo cinico, infantile e autoritario del partito democratico di Renzi. Per tutti la sinistra è il sinonimo del disgusto per chi si sente di sinistra.
- Details
- Hits: 2062
Primo: salvare le banche!
Il Quantitative easing di Mario Draghi
di Leonardo Mazzei
Il processo inarrestabile della disunione europea va avanti
Quantitative easing (QE): ecco il nuovo pomo della discordia di un'Europa sempre più divisa. La questione è da tempo sul tavolo della Bce, ma adesso il tempo stringe. Il problema è quello se utilizzare, oppure no, il QE per acquistare titoli di Stato. E, se sì, in quale misura. Su tutto ciò i paesi dell'eurozona sono divisi, e così pure il comitato esecutivo della Bce.
Il QE è un classico strumento di politica monetaria. L'acquisto di titoli - in generale non importa se pubblici o privati - è il mezzo per ottenere un significativo aumento della massa monetaria. Uno "stampare moneta" che, aumentando la liquidità, è normalmente orientato a far ripartire il credito e gli investimenti. Uno strumento, dunque, di una politica anticiclica utilizzato per contribuire all'uscita dalle recessioni più profonde. Che è quello che hanno fatto, con risultati significativi anche se non sempre univoci, le banche centrali degli Stati Uniti (Fed), del Giappone e della Gran Bretagna.
Il caso dell'eurozona è però palesemente diverso. E la diversità risiede nell'assurdità di una moneta unica per 18 stati con 18 diversi debiti, con 18 diversi tassi di interesse e 18 diversirating. Il tutto a rappresentare 18 economie piuttosto disomogenee tra loro. Ovvio che in questa situazione la Bce sia intervenuta di fatto, negli anni scorsi, solo a tamponare provvisoriamente la situazione nei momenti più drammatici della crisi del debito.
- Details
- Hits: 2536
Il bazooka che sparò coriandoli
di Paolo Cardena
A proposito della BCE e del possibile quantitave easing, ci sono due semplici concetti chiave da dover comprendere.
Il primo è che la BCE non puo' finanziare direttamente i governi e questo pregiudica la possibilità da parte della BCE di comprare direttamente debiti sovrani, cioè di fare un quantitative easing sul debito pubblico; la seconda è che la BCE ha come mandato quello di garantire la stabilità dei prezzi (cioè l'inflazione posta come target al 2%) e la stabilità del sistema finanziario.
Ora, siccome la stabilità dei prezzi è minacciata da spinte deflazionistiche in molti paesi dell'area mediterranea che, peraltro, mettono a rischio anche la stabilità finanziaria dell'intera area poiché rendono i debiti pubblici difficilmente sostenibili, la BCE, in assenza di modifiche ai trattati istitutivi dell'euro e al proprio statuto, potrebbe aggirare il primo divieto (quello di comprare debiti sovrani), facendo leva sulle attribuzioni del suo mandato che è quello di garantire la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria dell'intera area.
Quindi, in altre parole, dovrebbe dire: "siccome la deflazione pregiudica la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria dell'intera area, come estrema ratio, non abbiamo alternativa che comprare debito pubblico finanziando direttamente gli stati, pur violando apertamente il principio secondo il quale la Bce non puo' finanziare i singoli governi". Un discorso del genere, benché reso più istituzionale da parte della BCE, è semplicemente qualcosa di logicamente improponibile da ascoltare ed è espressione delle innumerevoli contraddizioni della moneta unica. Non c'è nulla da dire: in questo, i padri fondatori dell'euro sono stati dei veri fenomeni.
- Details
- Hits: 2470
Fine anno, fine della corsa?
di Sandro Moiso
Quello che infastidisce maggiormente nello spettacolo di Mafia capitale è l’accento posto sull’eccezionalità del caso romano, la sorpresa che tutti i media sembrano mostrare nei confronti di quello che non è altro che un caso (tutt’altro che anomalo) di corruzione amministrativa e politica quotidiana nell’Italia degli scandali legati all’Expo, al Mose e a molti altri ancora. Ma, ormai, il termine Mafia ha preso il posto dell’Uomo Nero, di Freddie Krueger, di Walter White e di qualsiasi altra figura dell’immaginario più diabolico e viene sbandierato ad ogni piè sospinto per dimostrare che ciò che c’è di marcio nella società attuale non dipende dai rapporti di classe e dall’appropriazione privata della ricchezza sociale prodotta, ma da poche figure negative che guastano i sani rapporti sociali basati sui principi del capitalismo e che possono anche arrivare a minacciare gli equilibri politici faticosamente raggiunti.
Da una parte dunque i buoni servitori dello Stato (e del Capitale) e dall’altra i corrotti, le anime perse che non hanno saputo resistere alle seduzioni del Grande Tentatore (di solito un singolo uomo, ex-terrorista di destra oppure capo-bastone di un clan, il solito “grande vecchio” che la sinistra istituzionale ci ha insegnato a vedere dappertutto). Anche se sappiamo tutti che questa narrazione è falsa, come la promessa di Renzi di resistere fino al 2018.
- Details
- Hits: 2783
Il Novecento di Mario Tronti
di Carlo Formenti, Franco Milanesi, Damiano Palano
Questo testo è la trascrizione del dibattito svoltosi presso la Casa della Cultura di Milano il 20 novembre 2014, in occasione della presentazione del libro di Franco Milanesi, Nel Novecento. Storia, teoria, politica nel pensiero di Mario Tronti (Mimesis, Milano 2014).
Damiano Palano: Il testo di Franco Milanesi, al quale è dedicata la nostra discussione, ha il merito di inquadrare fin dal titolo la centralità del Novecento nell’esperienza e nel pensiero di Tronti, un’esperienza e un pensiero strettamente legati al grande laboratorio del XX secolo e le cui radici affondano, in particolare, nel passaggio cruciale degli anni Venti e Trenta. Al dibattito partecipa naturalmente l’autore del volume, Franco Milanesi, che da sempre affianca la passione politica a un lavoro di riflessione teorica e che in particolare, in alcuni suoi lavori, si è rivolto all’«antropologia» della militanza novecentesca. Il secondo protagonista della nostra discussione è Carlo Formenti, uno studioso molto noto per le sue ricerche sulle implicazioni sociali della rivoluzione digitale (e sugli immaginari cresciuti attorno alle nuove tecnologie). Formenti ha alle spalle un percorso ricco di esperienze eterogenee. Arriva dalla militanza sindacale, nei primi anni Ottanta è stato redattore di «Alfabeta» e in seguito ha lavorato per molti anni al «Corriere della Sera». Senza abbandonare l’attività giornalistica, nell’ultimo quindicennio si è dedicato con maggiore intensità alla ricerca e all’insegnamento, all’Università del Salento. All’interno di un itinerario tanto eterogeneo, è comunque possibile ravvisare una forte coerenza, quantomeno nei temi che Formenti ha collocato al centro della sua riflessione. A partire da La crisi del valore d’uso. Riproduzione, informazione, controllo, un testo pubblicato nel 1980 presso l’editore Feltrinelli (negli «Opuscoli marxisti» diretti in quegli anni da Pier Aldo Rovatti), si possono infatti riconoscere tutti i grandi nodi che tornano quasi costantemente nella ricerca di Formenti: l’interesse per il ruolo delle nuove tecnologie e per l’impatto che esse producono sull’organizzazione del lavoro, un dialogo critico con le diverse posizioni del postmodernismo filosofico e la costante domanda sulle nuove forme di azione politica.
- Details
- Hits: 5257
Marx e la comune agricola russa: cui prodest?
Il Lato Cattivo
La crisi attuale del modo di produzione capitalistico è comprensibilmente portatrice di un nuovo interesse per Marx. Nel magma di pubblicazioni – accademiche e non – che escono un po' ovunque, in Europa e negli Stati Uniti ma non solo, non tardano a fare capolino anche lavori di un certo interesse; che però – come spesso accade per ogni studio che sconfini nella «marxologia» – hanno il difetto di voler scoprire e far scoprire il vero Marx, di contro a tutti i falsi Marx di un passato generalmente associato ai brutti ricordi del «socialismo reale». Figlie di una teleologia che vede nella storia l'affrontarsi del Vero e del Falso, simili ambizioni – per quanto possano talvolta risultare feconde – ci dicono molte più cose sui fantasmi degli Autori in questione e sul loro tempo, che non su Marx stesso. Ogni generazione – scriveva molto giustamente Karel Kosik in Dialettica del concreto (Bompiani, Milano 1965) – cerca e scopre nel testo marxiano ciò di cui necessita per esercitare una presa teorica sul proprio presente e, di conseguenza, mette in rilievo certi aspetti di Marx per accantonarne altri; ogni generazione, insomma, si abbevera alla fonte originaria per tradurla (tradirla) una volta di più. Il Marx evoluzionista e progressista della Seconda Internazionale era forse una semplice falsificazione? O era piuttosto la lettura più naturale che di Marx si potesse dare, nelle condizioni della Belle Époque che precedettero la catastrofe della Prima Guerra mondiale? Non scrisse anche Engels che il periodo dei rivolgimenti violenti, almeno per i paesi capitalisticamente più sviluppati, era terminato?
Page 452 of 612