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Lavoro e tempo di lavoro in Marx
di Franco Piperno
Dopo aver analizzato la nozione di tempo nel pensiero di Aristotele, Franco Piperno si rivolge ora a un'indagine sullo sviluppo del rapporto tra tempo e lavoro nelle opere di Marx
I) Cento anni dopo
A più di un secolo dalla morte, Marx viene trattato, tanto nell’opinione quanto nell’accademia, come «un cane morto». La situazione è quindi ottima per riprendere lo studio dei suoi testi, per rifare i conti con lui. Procedere su questa strada, comporta,in primo luogo, sgombrare il terreno dall’ovvio, rifiutare la relazione di causalità tra l’attuale discredito di cui gode il Nostro e il crollo del socialismo di stato nell’Europa dell’Est. L’inconsistenza logica della dottrina marxista, così come la cattiva astrazione sulla quale si fondava la legittimità dei regimi socialistici, erano nascoste solo agli occhi di chi non voleva vedere. Tutto era chiaro già da prima, da molto prima. A testimonianza che il senso comune non ha atteso il crollo del muro di Berlino per formulare un giudizio sulla teoria del socialismo scientifico e sulla natura del socialismo di stato riproponiamo, qui di seguito,un breve commento a riguardo, scritto nel 1983, in occasione del centenario della morte di Marx, quando il Paese dei Soviet esisteva ancora[1]:
La celebrazione di K. Marx, nel centenario della morte, costituisce quel piccolo dettaglio più illuminante che un intero discorso. Innanzi, tutto chi celebra chi? Giacche’ bisognerà bene augurarsi che esista qualche differenza tra il Marx celebrato dal compagno Andropov, attuale primo ministro sovietico ed ex-capo del K.G.B.; e quello di cui si ricorda il militante dell’Autonomia nelle prigioni italiane. Non che ci siano celebrazioni illegittime; è solo che, forse, Marx, il nostro Marx, non merita d’essere celebrato[2] né dagli agenti segreti,né dai professori universitari e nemmeno dai militanti di Autonomia.
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Burkett: l'ecologia nella teoria del valore di Marx
di Francesco Barbetta
Prosegue la pubblicazione dei miei appunti sullo studio dell'ecosocialismo. Dopo Foster presento il pensiero Paul Burkett, altro esponente della scuola della Metabolic Rift. Nel suo libro "Marx And Nature: A Red Green Perspective" propone una lettura della teoria del valore di Marx estremamente utile per connettere la teoria marxiana alla questione ecologica.
Per Burkett, lo “statuto” di una “Sociologia Ecologica” deve, in linea di principio, considerare il rapporto società-natura come un rapporto dialettico, senza sovrapposizione di una sfera sull'altra. Deve evitare una visione puramente “materialista”, a rischio di cadere nel determinismo tecnocentrico o in una concezione delle relazioni sociali come determinate naturalmente. D'altra parte, la riduzione della relazione a un costruzionismo sociale che sottolinea che la storia umana è unicamente sociale, induce anche a credere in una presunta “autonomia” e “controllo” dell'uomo sulla natura. La specificità dell'uomo, in relazione agli altri esseri, deriva dalla sua coscienza e dal suo desiderio, in modo che i valori che rivestono la natura siano il risultato della soggettività umana, socialmente costruita, priva di una realtà in sé. D'altra parte, i valori socialmente creati sono ispirati da una realtà naturale, di oggetti e forze, che sono governati da leggi inalterabili, cioè che non dipendono dall'esistenza umana per esistere. Secondo Burkett: “a combined social and material conception of people-nature relations is necessary to avoid the kind of technical and ethical dualism exhibited by mainstream environmentalism”1. L'idea predominante nel pensiero economico ecologico è quella di uno "sviluppo sostenibile", il cui ideale potrebbe essere raggiunto dalla combinazione di "tecniche verdi" e cambiamenti nei valori e nei comportamenti degli individui, senza, tuttavia, la necessità di modificare le relazioni sociali e le condizioni di produzione. Per Burkett ciò conduce all’idea secondo cui: “ecological destruction is an inessential “external effect” of the dominant social relations of capitalism.”2
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Leggendo dentro la crisi: visioni dell’egemonia tra Cina e Usa
di Alessandro Visalli
Un lungo articolo[1], pubblicato il 26 dicembre 2021, di Wen Wang (ricercatore all’università di Fudan) propone la visione cinese sul crollo dell’Urss e sulle ambizioni che l’hanno provocato. L’articolo è ripreso e commentato da David Goldman[2] che si chiede per quale motivo l’Occidente pensa che la Cina voglia l’egemonia mondiale sul modello americano. A sua volta questo articolo segue ad un più recente articolo[3] del medesimo autore che riflette sulla crisi Ucraina a partire dall’incapacità dei principali strateghi americani di fare i conti con la prospettiva del loro relativo declino strategico. Come illustra Goldman questi sembrano dare per scontato che non siano possibili giochi a vantaggio reciproco nell’egemonia sul mondo. Che questa debba e possa essere detenuta tutta da loro (con o senza compartecipazione dei principali paesi ‘alleati’ come Europa e Giappone) o, come unica scelta, tutta da un’altra alleanza. Che sia, cioè, questione di vita e morte, di evento decisivo.
Questo spiegherebbe la determinazione a provocare, costi quel che costi, il soffocamento immediato di qualunque potenziale controegemone, sia esso la Russia o la Cina (o prima la Russia e poi la Cina).
Ma prima di entrare nel tema guardiamo di cosa stiamo parlando, cioè della morte di tutti, buoni e cattivi, santi e peccatori. In un articolo[4] di Christopher Chivvis, su The Guardian, l’autore, che è il Direttore dell’American Statecraft Program presso il Carnegie Endowment for International Peace[5], descrive la situazione e le simulazioni condotte dagli esperti per prevedere i possibili esiti delle diverse scelte.
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“L’allargamento a est della NATO è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente”
Intervista a Marco Carnelos, ex ambasciatore italiano in Iraq
“L’allargamento a est della Nato è il peccato originale che ha alimentato una tensione crescente tra Russia e Occidente, fino alla guerra in Ucraina? È una questione controversa e non così scontata come viene raccontata”. Marco Carnelos, ex consigliere dei presidenti Prodi e Berlusconi, ex ambasciatore in Iraq ed ex inviato speciale per la Siria, affida a Dagospia le sue considerazioni sulla guerra In Ucraina.
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L’Occidente promise alla Russia di non allargare la Nato a est?
Alcune promesse verbali furono fatte. Ci sono anche alcuni documenti, prodotti da riunioni di alto livello, in cui si evidenzia come l’assunzione che c’era in quel momento storico fosse che la Nato non sarebbe andata oltre il confine della Germania, riunificata a ottobre 1990.
Chi si intestò questa rassicurazione?
L’allora Segretario di stato americano, James Baker. La sua promessa fu: “Not one inch eastward”, ovvero “non un centimetro più a est”. Dopodiché la storia è evoluta. Il Patto di Varsavia, l’alleanza militare che si contrapponeva alla Nato, nel 1991 s’è sciolto. Da quel momento Putin ha fatto presente in più di un’occasione: “Ma senza il Patto di Varsavia contro chi allargate a est la Nato?”.
Putin vuole ricreare una Grande Russia sul modello imperiale o sovietico?
Putin ha vissuto in Germania est nel 1989 e non sappiamo quanto il crollo del suo mondo abbia inciso psicologicamente su di lui. Nessuno può sapere se effettivamente la fine dell’Urss lo abbia segnato. Lo sa il suo analista, ammesso ne frequenti uno.
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Intervista a Valerio Romitelli
di Elisabetta Michielin
Ultimo suo libro qui discusso e da poco uscito L’emancipazione a venire. Dopo la fine della storia (DeriveApprodi, Roma, 2021, pp. 219) è composto da un saggio iniziale “Per un pensiero politico controcorrente” e una raccolta di testi già pubblicati su siti e riviste on line raggruppati in tre capitoli “Del Metodo”, “Della storia”, “Della Politica” . Focus tematico sono gli anni della storia mondiale che vanno dal secondo Dopoguerra a oggi, periodizzati in tre epoche ben distinte: “i trent’anni gloriosi”, “i trent’anni ingloriosi” della globalizzazione neoliberale, gli anni più recenti etichettati come “sovranisti”, in quanto anche le politiche non dichiaratamente tali operano senza più riguardo alle sorti universalistiche dell’intera umanità e in base solo a supposti interessi di Stato. Attorno a questo focus vengono ripensati molti luoghi comuni di sinistra responsabili dell’attuale crisi di ogni forma della militanza volta all’emancipazione dal capitalismo.
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Francesco Bergoglio è andato da Fazio (d’altra parte ci è andata anche Madonna, quindi non poteva mancare il papa…) a parlare a favore delle migrazioni e contro la guerra. Una lezione alla sinistra che poi è responsabile degli accordi con la Libia. Non è uno spettacolo bello questo di plaudire il papa e non sentirsi minimamente in causa! Quel che rilevi è invece ciò che hanno in comune i compagni con il papa quando pensano che “per essere di sinistra, per essere compagni, basta essere e comportarsi da critici contro i mali e le ingiustizie del capitalismo” e che la politica quindi sgorgherebbe “dalla vera umanità.” La mia prima domanda è allora questa: da dove “sgorga” secondo te la politica. ?
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Interpretare la guerra
di Pasquale Noschese
È l’interpretazione a dare valore ai dati. Una nozione tragica, giacché impone, o meglio sovrappone, la fatica del concetto alla seccatura del fact checking. Una seccatura che, di questi tempi, un fanatismo epistemologico ingenuamente “realista” vorrebbe intendere come sufficiente.
Quanto sta accadendo in Ucraina ci impone entrambi i compiti. Raccogliere dati, facendo attenzione alle differenti propagande e alla strutturale incertezza dei momenti di crisi. Rispondere alla domanda pratica “che succede?”. Allo stesso tempo dedicarsi alla domanda teorica: “come si interpreta una guerra?”. Domanda tanto più astratta quanto più opportuna, per due ordini di ragioni. Nell’immediato, è imperativo garantire uno schema interpretativo che sia più esplicito possibile onde evitare che a modellare le opinioni individuali siano piuttosto schemi impliciti, insidiosi. “Ciò che è noto non è conosciuto” scriveva Hegel, e nel noto e nell’ovvio si nascondono le maggiori insidie. A lungo termine, quanto stiamo vivendo offre l’occasione di imprimere, per quanto si può, una maggiore consapevolezza strategica nella società civile, la cui spendibilità possa tornare utile in futuro. Approfittare del risveglio (momentaneo?) dal sonno post-storico per ricordare all’Europa che le guerre esistono, e che hanno una propria razionalità.
Nel nostro paese, i fondamenti dell’approccio geopolitico sono divulgati da anni da molte realtà vivaci e significative, prime tra tutte la rivista Limes. Si tratta quindi di dire qualcosa di già noto: la differenza sta nel dirlo adesso.
Il primo e più radicato pregiudizio che detta il tempo alla nostra percezione della guerra è quello economicistico. In breve, esso è la postura che tende ad attribuire le cause dei conflitti a moventi economici, ora legati alla competizione commerciale, ora all’accaparramento delle risorse, ora alla vendita di armi.
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Controdizionario del conflitto (IX)
di Stefano Ammirato, Gianmarco Cantafio, Alessandro Gaudio, Gennaro Montuoro
È al carattere che la militanza assume in questo delicatissimo periodo storico che guardano tutte le voci del Controdizionario approntato da «Malanova». Il cantiere aperto di ricerca su nuove ipotesi politiche e orizzonti praticabili è giunto alla nona uscita su «Machina» e include le voci Riders, Riproduzione, Robotica e Salute, incentrate sulle questioni intrecciate di lavoro, reddito e servizi. Sono state scritte in fasi differenti ma poi aggiornate, provando a coniugare lo sguardo sull’attualità con un orizzonte di analisi più ampio. Anche queste, come le precedenti, non devono in nessun caso essere lette come lemmi e vanno ad arricchire il nostro controdizionario, ossia un dizionario che mette in discussione la sua stessa forma.
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Riders
Il 15 settembre 2020 è stato sottoscritto un contratto collettivo di lavoro, da alcuni definito pirata, tra l’Assodelivery e l’Organizzazione Sindacale Ugl, per regolare il lavoro dei riders.
Il primo tentativo di inquadrare legalmente il lavoro dei riders è stato compiuto nel capo V-bis aggiunto al D. Lgs 81/2015 «Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali» che inizia a formalizzare questo tipo di rapporto di lavoro tramite App. Secondo le prescrizioni legislative, i contratti devono essere in forma scritta e, in mancanza di contratti collettivi, i lavoratori «non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate; ai medesimi deve essere garantito un compenso orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini». Si sancisce anche la necessità di un’indennità integrativa non inferiore al 10% per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli.
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Sulla guerra in terra ucraina
di Nucleo comunista internazionalista
Guerra fra stati, sfida armata russa all’imperialismo occidentale, incipiente guerra civile globale
La data di giovedì 24 febbraio, inizio di quella che Putin ha definito ”operazione militare speciale” in terra ucraina per procedere alla sua “smilitarizzazione e denazistificazione”, segna un momento di rottura di portata storica. L’iniziativa armata dello Stato russo dentro il suo spazio vitale ucraino ha dato uno strappo violento all’intero assetto e sistema di potere internazionale.
La scala delle sue gerarchie è messa in discussione. La protervia della potenza egemone americana e dei suoi satelliti non è più tollerabile dallo Stato russo, costretto a rompere gli indugi passando alle vie di fatto militari contro “l’impero della menzogna” come Putin ha definito le potenze egemoni occidentali. Verso le quali lancia il guanto armato della sfida e al tempo stesso continua a proporsi, da capo borghese quale è, come “partner”. Partner affidabile e socio borghese in affari, se solo si accettasse la presenza, se non “alla pari” almeno su un piano di “equa proporzione”, di Santa Madre Russia dei cui interessi egli è paladino, nel salotto buono dell’alta borghesia mondiale dove vengono spartite le quote di potere capitalistico a scala globale. Se “solo”…
E’ uno strappo profondo e non ricucibile. Eventuali intese di compromesso sul terreno dello scontro al momento circoscritto in terra ucraina, saranno solo momenti di tregua. In capo alla lotta mortale che si combatte sulla nostra pelle cioè sulla pelle dell’umanità intera, c’è la testa mozzata di Putin per dire di S. M. Russia cioè la disarticolazione del centro di potere capitalistico russo, oppure le teste mozzate degli attuali reggitori e regnanti del “mondo libero” e la disarticolazione della loro attuale rete di alleanze e di potere.
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Tra Stato e formazioni sociali
La nuova politica secondo Fabrizio Barca
di Antonio Zucaro
In “Disuguaglianze conflitto sviluppo” (Donzelli ed., Roma 2021) Fabrizio Barca tira le somme, dialogando con Fulvio Lorefice, del suo lungo impegno intellettuale, amministrativo e politico sul rapporto tra Stato e formazioni sociali, che lo ha portato a essere Ministro per le politiche di coesione nel Governo Monti (2012/2013). In tale veste ha prodotto una “strategia per le aree interne” attraverso una pratica di confronto con i rappresentanti delle amministrazioni locali e delle organizzazioni sociali presenti nei territori, sperimentata in precedenza, come Capo dipartimento, per i progetti territoriali destinati soprattutto al Sud.
La pratica del confronto “acceso, aperto, informato e consapevole” (secondo la definizione di Amartya Sen) si è poi trasferita nel “Forum disuguaglianze e diversità”, da lui coordinato, che ha messo in relazione un gruppo di ricercatori e un insieme di organizzazioni di cittadinanza attiva, per studiare le criticità crescenti nel corpo della società e produrre ipotesi di soluzione lungo la linea del superamento delle disuguaglianze. Questo lavoro collettivo, iniziato nel 2018 e continuato fino a oggi, ha prodotto documenti programmatici di grande spessore, rinvenibili sul sito.
Da queste esperienze è maturato l’impianto concettuale delineato nel libro, dimostrando le grandi potenzialità di uno stretto rapporto tra lavoro teorico e pratiche sociali, soprattutto in una situazione complessa, e per molti aspetti inedita, come l’attuale.
L’ evidenza delle gravi contraddizioni in atto nella crisi globale, verificate nel confronto con l’associazionismo, hanno prodotto una evoluzione nell’atteggiamento dell’autore, da sempre critico dell’esistente, in direzione di posizioni più nette nei confronti degli attuali assetti di potere, politico ed economico, e delle relative dinamiche di fondo.
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Vaccini e tamponi. Chi rischia cosa?
di Marco Cosentino*
Intervento al Convegno “Pandemia: invito al confronto” del 3 gennaio 2022, organizzato dal Coordinamento 15 ottobre
Il titolo del mio intervento - “Vaccini e tamponi. Chi rischia cosa?” - ha voluto mettere insieme due argomenti che mi stanno particolarmente a cuore e che sono legati da una narrativa opposta e speculare, ossia: sul versante dei vaccini Covid 19 la narrazione è che non si rischia assolutamente nulla, sul versante dei tamponi si dice che il rischio è che si tratti di strumenti che non funzionano - anche se l’anno scorso sono stati invece largamente impiegati per mantenere alti alcuni numeri e soprattutto un allarme sociale e sanitario che tuttora ci sta accompagnando.
Qualcuno ricordava molto opportunamente - ho ascoltato con grande interesse i diversi interventi che mi hanno preceduto - i giuramenti che si pronunciano in varie occasioni. Mi piace dire che anch’io, quando mi sono laureato in medicina, ho pronunciato il giuramento del medico sul testo di Ippocrate; poi da ufficiale medico ho pronunciato un giuramento di cui vado particolarmente orgoglioso e fiero, che è quello di fedeltà allo Stato, alle istituzioni e soprattutto alla Costituzione, alle leggi che ho giurato di proteggere; dopodiché sono diventato ricercatore e professore universitario, ed è l’unica figura che è esonerata dal pronunciare qualunque giuramento verso lo Stato e le leggi. Perché essenzialmente, la cosa importante per chi fa ricerca è restare fedele alla verità dei dati, una verità continuamente e potenzialmente mutevole, sulla base delle migliori evidenze. Quindi, ovviamente, non esiste la Scienza a cui credere, ma esiste un metodo scientifico da praticare quotidianamente alla ricerca della migliore evidenza possibile; quella ‘migliore evidenza’ sulla base della quale deve fondarsi la pratica dell’arte della medicina e che è prevalentemente rappresentata da numeri.
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Guerra e Internazionalismo proletario
di Michele Castaldo
Quando ho scritto Il caos capitalistico riflesso in Ucraina, pubblicato il 3 marzo 2022, ho accennato a una serie di questioni teoriche che sapevo essere presenti nel vasto panorama della sinistra e in modo particolare in quel pulviscolo che si suole definire di estrema sinistra e che comprende un ventaglio di posizioni che si richiamano ai grandi teorici e dirigenti politici che in nome del comunismo si sono battuti contro il capitalismo sia dal punto di vista ideale che politico.
Di questioni teoriche, dicevo che hanno rappresentato e tuttora rappresentano una sorta di « cassetta degli attrezzi » dove ognuno va e prende quello che gli serve per utilizzarlo nel contesto determinato. In certi casi quel ventaglio di posizioni teoriche diviene un tessuto elastico circolare tenuto da un punto centrale fisso, una specie di pilastro ideale, e che è possibile tirare da ogni lato secondo la posizione politica o tattica che si vuole affermare per la soluzione del problema del presente.
È del tutto evidente che in questo modo ogni gruppo politico che si forma per pulsioni sociali si relaziona ad esse attraverso la mediazione degli elementi teorici. Si scatena così una vera e propria “competizione interpretativa” di come usare la cassetta degli attrezzi, ovvero di quale arnese prendere per contribuire a risolvere una questione sociale di qualsiasi tipo. In questo modo si costruiscono modelli ideali stabili per applicarli alla realtà concreta, che però è dinamica, e dunque si finisce il più delle volte per arenarsi in futili ed inutili discussioni.
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Crisi ucraina: chi sono i veri responsabili e come combatterli
di Rete contro la guerra e il militarismo - Napoli
La crisi ucraina ha sostituito la pandemia nel bombardamento quotidiano di notizie. Siamo passati dall’ossessiva campagna contro i pericoli del Covid, scomparso improvvisamente dagli schermi, alle immagini, accompagnate da commenti fuorvianti, di distruzione e di notizie terrificanti sui crimini commessi dall’esercito invasore. Agli esperti virologi ed epidemiologi si sono sostituiti specialisti politici e militari che ci spiegano i pericoli che corre la pace nel mondo, la cattiveria (demoniaca o demenziale a seconda dei gusti) del nuovo Zar russo e ci invitano a schierarci a fianco del popolo ucraino immotivatamente aggredito sostenendo gli sforzi del governo per contrastare questa nuova emergenza. Un martellamento a reti unificate da far impallidire i propagandisti di Mussolini e Hitler.
Si tratta di propaganda di guerra che ha come obiettivo quello di farci schierare a sostegno dei nostri valori occidentali contro il dispotismo russo orientale. Come fuori dai denti ci ricorda qualche cronista, qui siamo nel cuore dell’Europa. Non si tratta di afghani, iracheni o siriani e meno che mai di africani, qui si tratta di un Paese e di un popolo fratello che ci somiglia. Nulla a che fare con quegli straccioni né bianchi né biondi arrivati alle frontiere europee, anche provenienti dall’Ucraina, dopo essere scappati da guerre che i governi “democratici” occidentali hanno scatenato contro i loro Paesi e che l’Europa, tanto accogliente ora verso i profughi ucraini, sta ancora adesso lasciando morire di fame e di freddo dietro i fili spinati ed i muri che l’hanno resa una fortezza.
Si tratta di propaganda di guerra del nostro paese, diventato parte attiva del conflitto in atto insieme ai suoi alleati occidentali per giustificare la vera aggressione da essi praticata contro la Russia che dura da decenni e di cui la crisi ucraina costituisce semplicemente il più recente tassello.
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La primavera europea
di Pierluigi Fagan
Sembrerebbe che lo schema delle “primavere di popolo” con cui gli americani hanno cercato di pilotare eventi politici nel mondo arabo, poi Ucraina ai tempi di piazza Maidan, Hong Kong, abbia oggi messo nel mirino un obiettivo davvero impegnativo: l’Europa. Codice colore: giallo e blu.
Nel breve di una giornata all’inizio del conflitto russo-ucraino, tedeschi, francesi, italiani sono passati da un certo sconcerto di contro-piede per quanto stava facendo la Russia, stato di sconcerto che però non prevedeva affatto di rinunciare ai propri interessi, all’allineamento unanime sanzionatorio. Non discuto la logica sanzionatoria, quello che mi ha colpito è la velocità e totalità dell’improvvisa polarizzazione. Può darsi io sia viziato dalla logica realista che si basa su analisi degli interessi razionalmente perseguiti e non capisca come l’enormità di ciò che hanno fatto i russi possa sollevare animi e coscienze. Può darsi. Però da quanto a mia conoscenza è difficile spiegare come il ministro Franco esca dall’Ecofin dicendo che non se ne parlava proprio di escludere la Russia dal SWIFT o Scholz diceva che certo non si poteva toccare il Nord Stream 2 e poche ore dopo la Russia veniva esclusa dallo SWIFT e il Nord Stream diventava “un pezzo di metallo in fondo al mare” come trionfante celebrava la Nuland.
Già, la Nuland, quella di “fuck the UE” ai tempi della rivolta di piazza Maidan nel 2014, la rivoluzione arancione ucraina. La moglie di Robert Kagan, lo storico e politologo neo-con che si definisce “liberale interventista”, lascia il partito repubblicano e diventa un sostenitore della Clinton, scrive nel 2017 che la Terza guerra mondiale avverrà per contrastare l’espansionismo russo e cinese. Ci si potrebbe scrivere un intero post su Kagan, andatevi a fare una ricerchina su Google.
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Circa l’intervista a John Mearshmeier sulla guerra Ucraina
di Alessandro Visalli
In guerra la prima vittima è la verità. Ma la seconda è la ragione. Troppo carica di emozioni, la guerra, per lasciare in campo la fredda ragione. Emergono in essa i più radicati spiriti di identificazione di gruppo, belluini, ed emerge l’identificazione dell’altro come inumano. Ne stiamo vedendo gli effetti in una nazione, come l’Italia, che si pensava pacifica e si scopre, in tutti i suoi organi di stampa, essere animata dal più aspro militarismo e da spiriti di guerra. Tutti sembrano volere la guerra, se del caso anche nucleare. Non si può tradurre in alcun altro modo, sotto il profilo decisivo dei fatti e delle conseguenze, la richiesta rilanciata a reti unificate della “no fly zone” sull’Ucraina. Ovvero dello scontro diretto, immediato, tra la potente forza aerea e missilistica russa e la potentissima forza aerea Nato.
Emerge nell’occidente liberale qualcosa di davvero profondo; un cuore di tenebra[1]. Quando Cristoforo Colombo scopre l’America, ci racconta Todorov[2], oscilla tra l’orientamento a pensarli come esseri umani con i medesimi diritti, identici a sé stesso, o differenti e per questo inferiori. In entrambi i casi, scrive l’autore, “si nega l’esistenza di una sostanza umana realmente altra, che possa non consistere semplicemente in un grado inferiore, e imperfetto, di ciò che noi siamo”. Se si guardano con attenzione le due possibili figure dell’alterità del canone occidentale sono entrambe fondate sull’egocentrismo, ovvero sull’identificazione senza nemmeno avvedersene dei propri valori e delle proprie cognizioni e categorie con i Valori e la Ragione in generale. Quindi del proprio io con l’universo.
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Sorveglianza e decentralizzazione: disamina delle critiche
Sul cosiddetto capitalismo della sorveglianza
Il Capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff [1] è un bel libro, però è anche un prodotto furbetto. E' un degno rappresentante di tutta quella serie di opere (libri, dischi, film, documentari) che in apparenza sembrano schierarsi contro la società in cui viviamo (criticandola apertamente e denunciandone le storture), ma ad uno sguardo più profondo ne fanno un'apologia.
L'autrice descrive con minuzia un nuovo paradigma in cui aziende come Google, Facebook e Twitter si appropriano dell'esperienza degli utenti per trasformarla in dati da vendere agli inserzionisti. Il fine è quello di creare un sistema di advertising sempre più mirato, costruito su misura per gli interessi dell'utente.
L'autrice parla dei presupposti storico/economici che rendono possibile l'affermarsi di questo paradigma. Che teoria economica usa per sviluppare il discorso? Quella teoria economica che nasce ad inizio del Novecento come risposta reazionaria al marxismo: la teoria neoclassica. In realtà, questo non è un grosso problema. C'è un dettaglio più sottile: l'autrice tenta di mascherare la teoria neoclassica da pseudo-teoria marxiana del valore.
Nel capitalismo della sorveglianza sembra non esistano conflitti di classe, sfruttamento della forza-lavoro, estorsione del plusvalore. Da una parte ci sono gli utenti dei social a cui verrebbe estratto il surplus comportamentale (la parte di dati che non viene utilizzata per migliorare i servizi, ma che viene venduta agli inserzionisti). Dall'altra ci sono i cosiddetti capitalisti della sorveglianza (Google e Facebook su tutti) che si arricchiscono alle loro spalle.
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Crisi ucraina e “pacifisti”
di Fosco Giannini
Crisi ucraina, “pacifisti” e lotta contro la guerra Analisi di una “piattaforma pacifista”
Come racconta ogni emittente televisiva occidentale, come ribadiscono i giornali, i rotocalchi, “il movimento per la pace scende in piazza in tutta Europa, ovunque garrisce la bandiera dell’Ucraina, simbolo della resistenza, della pace e della libertà. Da ogni piazza si leva forte la condanna contro Putin e la richiesta che la Russia ritiri immediatamente il proprio esercito”.
Che la narrazione del mastodontico sistema mediatico nordamericano ed europeo sia artatamente ridotta ad una semplificazione tanto rozza da sfociare nella rimozione della verità e nella menzogna è un dato di fatto che l’intera storia dell’imperialismo ci ha fatto conoscere e ratificato. Che l’inesistente “pistola fumante” – senza imbarazzo e con lo stesso sangue negli occhi di coloro che oggi trasformano Putin in un mostro bipolare – presentata alle Nazioni Unite nel 2003 da Colin Powell, (cioè la “prova”, falsa come Giuda, che Saddam Hussein già possedeva un arsenale di armi nucleari pronto ad essere scagliato contro l’Occidente), sia divenuta un simbolo perenne del cinismo brutale e assassino degli USA e della NATO è una certezza matematica. Come il clamoroso pentimento di Tony Blair nel 2015 (“Io e Bush abbiamo sbagliato a scatenare la guerra contro l’Iraq, poiché non vi era nessuna pistola fumante”) è la prova certa di come l’imperialismo riveli sempre, scientificamente, a posteriori la verità, quando la sua guerra ha già distrutto il nemico che non si genuflette al suo dominio ed è tempo, di fronte al mondo, di rivelare la “sincerità”, la “capacità di ripensamento” e la sostanziale “bontà d’animo” dell’occidentale capitalistico.
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Il nuovo disordine mondiale /5: guerra, informazione e realtà verosimile
di Gioacchino Toni
Recentemente circolava sul Web quella che veniva presentata come la registrazione di una telefonata a un redattore del Tg2 incalzato circa il fatto che qualche giorno prima, in un servizio del telegiornale sulla guerra in Ucraina, erano state inserite brevi sequenze del videogame War Thunder come se si trattasse di riprese di fatti reali.
In tale telefonata, nel ribattere all’accusa di disinformazione, il giornalista ha più volte alternato l’ammissione di aver commesso “un errore” nel mandarle in onda come fossero immagini di fatti veri con la scusante che, tutto sommato, conoscendo bene le guerre contemporanee, quelle sequenze del videogioco erano in fin dei conti del tutto “verosimili”. Insomma, in base a tale ragionamento, se la messa in scena ha caratteristiche di verosimiglianza questa può benissimo essere utilizzata come sequenza di immagini di fatti reali.
Benvenuti nell’era del verosimile, era in cui, il più delle volte, non essendoci il tempo necessario per verificare la veridicità dell’informazione, si finisce per accontentarsi del fatto che ciò che questa riporta risulti verosimile.
Con tali premesse, nulla può essere dato per scontato, dunque, allo stupore indignato derivato dal sentire che erano state spacciate da un telegiornale immagini di un videogioco per fatti di guerra reale dovrebbe accompagnarsi il dubbio circa la veridicità della telefonata. La notizia della presenza di frammenti di War Thunder in un servizio del Tg2 la si ritrova non solo sui social, ove è indubbiamente difficile verificare l’attendibilità delle notizie, ma anche su alcune testate giornalistiche tradizionali che però, al di là di eventuali torsioni volontarie dei fatti riportati, derivando sempre più frequentemente notizie dal Web, potrebbero aver dato credito a una telefonata messa in scena semplicemente per screditare la testata giornalistica televisiva insinuando dubbi su ciò che viene raccontato circa la guerra in corso.
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Produzione-distruzione-guerra. Il trittico mortale del capitalismo
di Giorgio Griziotti
Recensione del libro di Maurizio Lazzarato:
L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze, ombre corte, Verona 2022
L’intolérable du présent, l’urgence de la révolution. Minorités et classes, Eterotopia France, Paris 2022 (edizione francese, uscita in gennaio)
L’attualità della grave guerra scoppiata in piena Europa proprio mentre stavo scrivendo questa nota ha acceso il led per la comprensione dell’ultimo capitolo del libro di Maurizio Lazzarato pubblicato recentemente per i tipi di Ombre Corte. C’è da dire che l’insistenza dell’autore sul concetto di guerra come chiave di lettura del capitalismo sin dalla Prima Guerra mondiale, non mi aveva completamente convinto. In fondo le guerre non solo sono sempre esistite ma secondo gli etologi pare che gli umani abbiano ereditato questa propensione da certi primati che arrivano a combattersi mortalmente per la conquista del territorio vitale.
L’originalità della tesi sul concetto di guerra, esposta da Lazzarato già nel passato[1], sta proprio nel fatto che “il capitalismo è contemporaneamente un modo di produzione e un modo di distruzione e autodistruzione…. e che la guerra mostra l’enorme produttività di questa macchina integrata” come sostenuto da Keynes quando “affermava che solo la guerra poteva verificare la pertinenza del suo sistema economico, dal momento che essa spinge al limite le capacità produttive.” (Pag. 231). Questa enorme produttività è finalizzata alla distruzione e quando la macchina capitalista gira a pieno regime porta alla catastrofe.
“Invece di celebrare Schumpeter e la sua nota formula della ‘distruzione creatrice’, bisognerebbe considerare che essa sta portando all’autodistruzione dell’umanità (e di parte delle altre specie)” tramite ogni sorta di guerra compresa ovviamente quella alla biosfera mentre il “marxismo non ha saputo analizzare le rotture operate dalle guerre, proprio perché [anche lui è] ossessionato dalla produzione.” Pag. 233)
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Cancellare il debito: il tempo è adesso
di Luigi Pandolfi
Con la pandemia è tornata l’inflazione. E con essa il dibattito sugli strumenti da adottare per tenerla a bada. Sarà inflazione transitoria o strutturale? Su un punto tutti, economisti e governi, sembrano concordare: la tendenza rialzista dei prezzi è figlia della ripresa (squilibrio tra domanda e offerta dei materiali di base della produzione). Poi, da ultimi, ma non meno importanti, si sono aggiunte le tensioni geopolitiche che vedono protagonista la Russia e la speculazione finanziaria sui beni energetici e sulle “quote” di CO2[1]. Un’inflazione da costi. Ma se stanno così le cose, che ruolo possono giocare le banche centrali e nello specifico la Bce? Al netto di alcuni significativi cambiamenti che si sono registrati nella policy di Francoforte a partire dal luglio scorso, sull’Eurosistema rimane forte l’impronta del monetarismo. Per questo, l’ala più conservatrice del suo vertice istituzionale ha già iniziato a chiedere una revisione dell’attuale politica monetaria. Alzare i tassi e chiudere il rubinetto dei programmi di acquisto di titoli sul mercato secondario[2].
La tesi è nota: nel lungo periodo l’aumento della base monetaria produce solo una variazione dei prezzi senza effetti rilevanti sull’economia reale. Ne consegue che una riduzione della stessa è la strada maestra per raffreddare l’inflazione. Tesi non certo suffragata dall’evidenza degli ultimi anni, quando, a fronte di un’inondazione di liquidità che ha interessato il sistema, tutta l’eurozona ha dovuto fare i conti con un prolungato alternarsi di deflazione e stagnazione. E adesso? Come può adesso la politica monetaria risolvere i problemi lasciati in eredità dai lockdown e quelli derivanti dalle strozzature nelle catene globali di approvvigionamento di materie prime? Una risposta a questa domanda l’ha data proprio la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde: “La politica monetaria non può riempire i gasdotti, velocizzare le file dei container nei porti o formare nuovi autisti per guidare gli autotreni”[3].
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La battaglia per il Quirinale e il Piano Draghi
di Fulvio Winthrop Bellini
Premessa: le due linee politiche
Si sono svolte le elezioni del Presidente della Repubblica che hanno visto la conferma di Sergio Mattarella, risultato per nulla scontato. Questo avvenimento ci dà la possibilità di fare alcune importanti riflessioni con una premessa di ordine generale necessaria. In questo articolo non si farà il “tifo” per nessuno. Ci si occuperà del mondo reale, per quello che la politica è e non per quello che dovrebbe essere, baderemo quindi alla “verità effettuale” come ci viene insegnata nel XV capitolo del Principe di Machiavelli. Emergerà un giudizio politico finale circa l’esito delle elezioni che sarà il frutto di un percorso fatto oltre il velo delle ovvietà, delle frasi fatte, degli stereotipi che a bella posta vengono innalzati dai mass media di regime, i quali, come abbiamo sempre ribadito, non hanno il compito di narrare i fatti nel modo più onesto possibile, ma hanno l’incombenza di raccontare la storia scritta secondo i desideri dei “Poteri economici sovranazionali”, come definiti dallo stesso Mattarella, spesso senza curarsi neppure della verosimiglianza di quello che dicono. In una elezione rappresentata come un caos di opinioni contrastanti dove non è apparso alcun disegno da parte dei leader di partito, cercheremo di dimostrare che è vero esattamente il contrario: sotto una confusione apparente si sono scontrate due linee politiche, e se una avesse vinto le conseguenze sarebbero state fatali per il futuro di questo disgraziato paese. Partendo quindi dalla vulgata dei mass media: caos dei partiti che non hanno più saputo cosa fare, e per questo hanno chiesto a Sergio Mattarella di accettare la rielezione, giungeremo a dimostrare la nostra tesi: c’è stato un durissimo scontro tra due precise strategie.
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L'Ucraina come "perno geopolitico": La Grande Strategia USA 1991-2022
di Monthly Review
Alla luce degli eventi in Ucraina, abbiamo deciso di rendere immediatamente disponibile la Nota dei redattori del numero di aprile 2022 di Monthly Review.
La Redazione di MR
Mentre scriviamo queste note, all'inizio di marzo 2022, la guerra civile limitata in Ucraina, che dura ormai da otto anni, si è trasformata in una guerra su vasta scala. Ciò rappresenta un punto di svolta nella Nuova Guerra Fredda e una grande tragedia umana. Minacciando un globale olocausto nucleare, questi eventi stanno ora mettendo in pericolo il mondo intero. Per comprendere le origini della Nuova Guerra Fredda e l'inizio dell'attuale ingresso russo nella guerra civile ucraina, bisogna risalire alle decisioni, legate alla creazione del Nuovo Ordine Mondiale, prese a Washington nel 1991 a conclusione della precedente Guerra Fredda. Nel giro di pochi mesi, Paul Wolfowitz, l’allora sottosegretario alla Difesa per la politica nell'amministrazione di George H.W. Bush, pubblicò Defense Policy Guidance (Linee guida per la Politica di Difesa), affermando: “La nostra politica [dopo la caduta dell'Unione Sovietica] deve concentrarsi ora sull'impedire l'emergere di un qualsiasi potenziale futuro concorrente globale.” Wolfowitz sottolineava che “la Russia rimarrà la potenza militare più forte in Eurasia.” Erano quindi necessari sforzi straordinari per indebolire la posizione geopolitica della Russia in modo permanente e irrevocabile, prima che fosse in grado di riprendersi, portando nell'orbita strategica occidentale tutti quegli stati che ora la circondano e che in precedenza erano stati parti dell'Unione Sovietica o che rientravano nella sua sfera di influenza (“Excerpts from Pentagon’s Plan: ‘Preventing the Re-Emergence of a New Rival’,” New York Times, March 8, 1992).
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La verità in tempo di guerra
di Noi non abbiamo patria
“in tempo di guerra la verità è così preziosa che dovrebbe essere circondata da un muro di bugie“
Winston Churchill
Winston Churchill scrisse nella sua opera storica sulla seconda guerra mondiale che “in tempo di guerra la verità è così preziosa che dovrebbe essere circondata da un muro di bugie”. Ovviamente si riferiva alla verità circa le leggi di un corso storico determinato del modo di produzione capitalistico e dei suoi rapporti sul mercato mondiale, che spinsero i paesi dell’Europa occidentale e della potenza degli Stati Uniti ad imporre alla Germania alla fine della prima guerra mondiale pesanti condizioni economiche che ne limitavano la propria autodeterminazione come grande potenza capitalista ed imperialista. La conseguenza fu che essa per non essere soffocata, capitalisticamente reagì determinando il capovolgimento dei termini della questione: capitalisticamente si difese e l’Europa si armò per difendersi dalla Germania.
Se rimanessimo sul piano della conservazione del mercato mondiale capitalistico e della storia scritta dal rapporto del capitale, all’interno del quale ogni nazione ne è dipendente, incluse quelle dove la forze economica, industriale e finanziaria è più concentrata, esistono dunque delle nazioni che da questa interdipendenza, che l’ha fatta crescere nel moto espansivo della produzione del valore, viene aggredita dalle leggi del modo di produzione stesso, ed un insieme di nazioni che viceversa se ne avvantaggiano contro le altre e sono gli stati che aggrediscono, prendendo nel mezzo le classi lavoratrici e sfruttate usate come carne da macello per altri fini.
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Ascesa e caduta dello scientismo. Abbiamo bisogno di una nuova religione?
di Ugo Bardi
Cos'è la religione, esattamente? Monaci ieratici che cantano i loro inni? Fanatici che compiono sacrifici umani? Vecchie signore che recitano il rosario? Pentecostali che parlano in lingue? È tutto questo e altro ancora. Le religioni non sono vecchie superstizioni, ma parte del modo in cui funziona la mente umana. Sono strumenti di comunicazione progettati per costruire l'empatia nella società su larga scala. (originariamente pubblicato su "The Seneca Effect")
Avrete sicuramente notato come una nuova religione stia nascendo proprio davanti ai nostri occhi. Include una serie completa di sacrifici, rituali, canoni, santi, preghiere, e il conflitto del bene contro male. Non include ufficialmente la credenza in un Dio onnipotente, ma adora un'entità chiamata "Scienza". Possiamo definirlo "scientismo".
Non sono una persona religiosa, non normalmente, almeno. Ma riconosco che la religione può essere una buona cosa. È uno strumento che ti dà una bussola morale, un codice di comportamento, uno scopo sociale, una dignità e un sostegno mentre vai avanti nei vari passaggi della vita. Per alcuni, fornisce anche un percorso verso qualcosa di più alto della semplice esperienza umana in questo mondo. Quindi non mi sorprende che molte persone abbiano abbracciato lo Scientismo con entusiasmo.
Il problema è che ci sono aspetti malvagi della religione. Caccia alle streghe, sacrifici umani, cultisti fanatici, l'inquisizione spagnola, attentatori suicidi e altro. Anche religioni moderate, come il cristianesimo, possono essere perfettamente malvagie quando cercano di spaventarti per sottometterti, o usano la forza o l'inganno per lo stesso scopo.
Quindi, che tipo di religione è lo scientismo, buona o cattiva? Può essere entrambe le cose dato che continua a cambiare e ad adattarsi a una situazione in evoluzione in cui l'umanità sta affrontando sfide enormi, dall'esaurimento delle risorse al collasso dell'ecosistema. Lo scientismo può essere inteso come una reazione disperata a queste minacce, ma può anche peggiorare la situazione. È normale quando gli umani cercano di controllare sistemi complessi.
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“Guerra e pace dell’energia
La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e Nato”
Intervista a Demostenes Floros
Dott. Demostenes Floros, Lei è autore del libro Guerra e pace dell’energia. La strategia per il gas naturale dell’Italia tra Federazione russa e Nato, edito da Diarkos. Il libro contestualizza un tema di strettissima attualità: quali interessi si scontrano attorno al fabbisogno energetico dei paesi occidentali e chi ne sono i principali attori?
Il saggio si pone l’obiettivo di mettere in luce gli elementi politici che si celano dietro ai principali progetti e alle infrastrutture esistenti di approvvigionamento energetico europeo ed eurasiatico e le possibili conseguenze che ne potrebbero scaturire. In particolare, i gasdotti che uniscono, e che potrebbero unire nel futuro prossimo, l’UE e la Federazione Russa rappresentano la contraddizione esistente tra i rapporti politici e militari (leggasi Nato) tra gli Stati Uniti d’America e gli Stati europei da una parte e gli interessi energetici e commerciali di quest’ultimi con la Russia – porta verso l’Eurasia – dall’altra. Sullo sfondo, le nuove infrastrutture di approvvigionamento energetico che già oggi collegano la Federazione Russa con la Cina.
Tale contraddizione è emersa in maniera chiara con il forte aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto del gas naturale. L’impressione infatti è che questi aumenti non saranno di breve durata visto che le cause non sono unicamente riconducibili a fattori di mercato, ma anche ad aspetti geo-politici e attinenti la stessa transizione energetica, in seno alla quale il gas naturale svolgerà un ruolo ponte tra il mondo delle fossili e quello delle rinnovabili.
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Seconda settimana di ostilità in Ucraina
Il punto della situazione
di Roberto Buffagni
1. Con la massima brevità faccio il punto della situazione dopo la seconda settimana di ostilità in Ucraina.
2. Dal 10 marzo è gratuitamente disponibile in rete una intervista al generale Fabio Mini1 che dice tutto il necessario per capire il quadro politico e militare della situazione. Per una analisi più approfondita, si può leggere l’articolo di Mini in “Limes” 2/2022, La Russia cambia il mondo, p. 203-216. Concordo al 100% con le analisi di Mini.
3. I dati fondamentali del conflitto militare mi paiono i seguenti:
4. La Russia conduce una guerra limitata per obiettivi limitati, per così dire una guerra “vestfaliana”2. Gli obiettivi che dichiara e persegue sono: a. neutralità dell’Ucraina b. “demilitarizzazione” dell’Ucraina (riduzione del potenziale militare ucraino) c. “denazificazione” dell’Ucraina (nessun esponente di formazioni che si richiamino al nazional-socialismo nel governo ucraino) d. riconoscimento Repubbliche del Donbass e. riconoscimento annessione della Crimea.
5. La Russia sta impiegando nel conflitto circa il 15% dei suoi effettivi e una frazione probabilmente anche minore dei suoi mezzi militari. L’Ucraina sta impiegando, nel conflitto, tutti i suoi effettivi (o quasi) e tutti i suoi mezzi militari (o quasi). Sul terreno, la Russia ha saldamente in mano l’iniziativa e un controllo quasi completo del cielo, e ha spezzato la coesione delle unità e del comando ucraino: le unità ucraine sono isolate e non possono coordinarsi con il comando centrale. Esse dunque possono resistere e contrattaccare ottenendo vittorie tattiche, ma non predisporre una controffensiva generale per strappare l’iniziativa ai russi.
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