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contropiano2

Francia: Il “riarmamento agricolo” e la lotta di classe nelle campagne

di Giacomo Marchetti

Il movimento degli agricoltori in Francia è a un punto di svolta. Il 1 febbraio, gli annunci del governo del primo ministro Gabriel Attal, hanno in pratica soddisfatto le due associazioni di categoria di agricoltori e allevatori più vicini all’agro-business (FNSEA e JA) e alle sue richieste di “deregolamentazione” di tutela ambientale.

É stata la Confédération Paysanne stessa a denunciarlo, insieme a importanti confederazioni sindacali generali per mano dei propri dirigenti (CGT, Modef, Solidaires e FSU), alle varie associazioni e movimenti che si occupano della difesa dell’ambiente, nonché delle forze politiche progressiste raggruppate dalla NUPES.

La FNSEA e i Jeunes Agriculteurs, onnipresenti negli spazi dei media-mainstream, hanno invitato a levare i blocchi sulle autostrade e a un sostanziale ‘ritorno alla calma’ dopo gli ennesimi annunci del governo che – oltre a non affrontare la questione di un giusto prezzo per le derrate agricole, e a dimenticare i vari accordi di “libero scambio” che mettono in ginocchio gli agricoltori francesi – sta facendo carta straccia di quelle già deficitarie tutele verso la transizione del settore in una “agro-economia” che riduca il drammatico inquinamento e la penuria di risorse per la collettività.

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 maggiofil

Operai e capitale. A proposito di “Il capitale. Un libro che non abbiamo ancora letto” di Kepler-452*

di Valerio Romitelli

Operai alla ribalta sotto i fari con tanto di pugni chiusi alzati di fronte a un folto pubblico plaudente dal quale emergono pure numerosi altri pugni chiusi! Stiamo forse parlando di anni Sessanta, Settanta od Ottanta ? Niente affatto. Stiamo parlando dei giorni nostri; in particolare, della sera del 24/01/2024 al teatro bolognese dell’Arena del sole.

La notizia forse stupisce meno del dovuto dal momento che è già ben noto che lo spettacolo cui si sta facendo cenno e dal titolo sorprendente, Il Capitale. Un libro che non abbiamo ancora letto, non solo ha già inanellato non pochi successi in Italia e all’estero, ma ha anche ricevuto lo scorso anno il premio Ubu.

Di che si tratta, dunque, più in dettaglio? Cominciamo dall’inizio, cioè dal titolo, per l’appunto sorprendente. Avendo voglia di rifletterci su, esso si dimostra ben altro che una semplice stranezza finalizzata ad attrarre curiosità. Sotto una simile insegna al limite dell’assurdo si dà infatti perfettamente conto di quella che è stata la prima intenzione all’origine di tutto il lavoro che ha portato alla costruzione dello spettacolo.

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berlin89

Quando la guerra sembra non finire mai

di Vincenzo Maddaloni

Dall'inizio della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno aumentato oltre ogni immaginazione gli arsenali. Lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) ha calcolato che, nel 2022, la spesa militare statunitense è stata intorno agli 877 miliardi di dollari, ovvero circa il 39%, della spesa militare globale.

Tuttavia, come mostra un recente rapporto pubblicato da Monthly Review (1 novembre 2023) , queste cifre sono ampiamente sottostimate: la spesa militare effettiva degli Stati Uniti è più vicina ai mille e 537 miliardi di dollari, quasi il doppio del calcolo del SIPRI e dei “dati ufficiali” dell’amministrazione americana.

Queste cifre ci ritornano in mente dopo che, gli aerei a lungo raggio statunitensi hanno bombardato, l'altro giorno, degli obiettivi militari iraniani in Iraq e Siria. E’ il primo dei molteplici cicli di ritorsione previsti per l'attacco di droni contro le truppe statunitensi in Giordania, durante il quale sono morti tre soldati americanie 34 sono rimasti feriti.

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contropiano2

“L’industria dell’Olocausto”. L’introduzione

di Norman Filkelstein*

L’Olocausto non è un concetto arbitrario, si tratta piuttosto di una costruzione intrinsecamente coerente, i cui dogmi-cardine sono alla base di rilevanti interessi politici e di classe.

Per meglio dire, l’Olocausto ha dimostrato di essere un’arma ideologica indispensabile grazie alla quale una delle più formidabili potenze militari del mondo, con una fedina terrificante quanto a rispetto dei diritti umani, ha acquisito lo status di «vittima», e lo stesso ha fatto il gruppo etnico di maggior successo negli Stati Uniti.

Da questo specioso status di vittima derivano dividendi considerevoli, in particolare l’immunità alle critiche, per quanto fondate esse siano. Aggiungerei che coloro che godono di questa immunità non sono sfuggiti alla corruttela morale che di norma l’accompagna.

Da questo punto di vista, il ruolo di Elie Wiesel come interprete ufficiale dell’Olocausto non è un caso. Per dirla francamente, non è arrivato alla posizione che occupa grazie al suo impegno civile o al suo talento letterario: Wiesel ha questo ruolo di punta perché si limita a ripetere instancabilmente i dogmi dell’Olocausto, difendendo di conseguenza gli interessi che lo sostengono.

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kriticaeconomica

Riformare per dominare

Le origini storiche del riformismo liberal-capitalista

di Giampaolo Conte

Dietro le riforme neoliberiste, c'è una strategia di dominio politico e di classe. A tal fine è essenziale controllare lo Stato

A partire dalle recenti crisi finanziarie, la parola "riforma" è entrata nel lessico comune quale immagine evocativa di austerità e malessere economico, specialmente per le classi lavoratrici e una parte del ceto medio. Ma a cosa si riferisce esattamente questo termine?

La riforma (neo)liberista è uno strumento funzionale a promuovere un ordine economico che vede nell’accumulazione del capitale, nella ricerca del profitto e nella trasformazione sociale alcuni dei suoi valori fondanti.

Le riforme (neo)liberiste hanno lo scopo di agganciare sempre di più gli Stati nazionali a un paniere di regole mirato a permettere una maggiore fluidità del capitale, nonché a semplificare la trasformazione della struttura sociale per facilitare il processo di accumulazione. Tali regole permettono al capitale straniero di trovare le stesse norme di impiego, sfruttamento e investimento presenti in patria, cioè nello Stato egemone che domina e controlla in un determinato periodo storico il mercato internazionale.

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Un invito alla discussione tra i lavoratori e le lavoratrici conflittuali

di Federico Giusti

È sufficiente circoscrivere la crisi del movimento operaio al tradimento dei vertici delle burocrazie sindacali? E qual è il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori?

Dovremmo trovare tempo e modo di aprire un confronto tra i lavoratori e le lavoratrici comunisti/e, farlo in fretta senza ripetere gli errori del passato quando, un trentennio or sono, si cullava l’illusione di indirizzare le organizzazioni sindacali a una prassi conflittuale inserendosi nei loro gruppi dirigenti senza essere peraltro capaci di sviluppare movimenti di lotta, vertenze avanzate e un innalzamento sostanziale del conflitto tra capitale e lavoro. Molti degli assertori di quelle tesi li abbiamo ritrovati nelle segreterie sindacali, nella veste di burocrati e senza mai avere spostato di un centimetro le arrendevoli politiche intraprese nel corso del tempo.

La questione sindacale può essere affrontata in molti modi, per esempio riprendendo i testi di Lenin sul rapporto tra organizzazione politica e movimento sindacale; il rischio che corriamo è sempre lo stesso, ossia la banalizzazione del problema per trovare formule astratte ma rassicuranti, soluzioni frettolose che alla fine condannano i comunisti a un ruolo subalterno o di comoda attesa nelle organizzazioni sindacali con maggiori iscritti.

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seminaredomande

L’Italia riconosca lo Stato di Palestina

di Francesco Cappello

Un invito a Mattarella a farsi promotore del riconoscimento bilaterale dello stato di Palestina e di annullare qualsiasi cooperazione militare in atto e futura con lo stato di Israele per tentare di evitare che l’Italia sia individuabile quale stato complice, a livello internazionale, nella commissione di genocidio a danno del popolo palestinese. La Palestina nel corso del tempo ha funzionato da Poligono di tiro dove provare e sperimentare armi di nuova concezione concepite grazie alla cooperazione italo israeliana codificata nella legge 94 del 2005

Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite, con la risoluzione 181, decisero la suddivisione della terra di Palestina in due Stati. Lo Stato di Israele esiste dal maggio del 1948; quello di Palestina non è mai esistito come Stato sovrano. Da sempre, l’espansione degli insediamenti israeliani nei territori occupati nel 1967, la confisca di terre di privati palestinesi, la distruzione di case e strutture civili e produttive e di tutti quei beni essenziali alla vita, sacrificati alla predazione quotidiana che Israele ha praticato a danno del popolo palestinese, hanno reso impraticabile il progetto di “due Stati per due popoli“, sancito diplomaticamente con il trattato di Oslo del 1993 quando era in carica il primo ministro, Yitzhak Rabin. Viceversa i 30 anni di impegno politico di Netanyahu, sono stati focalizzati nell’opposizione alla nascita di uno Stato palestinese.

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coniarerivolta

Controllo dei prezzi: per cosa e per chi?

di coniarerivolta

Un anno fa parlavamo, sempre su queste frequenze, del controllo pubblico dei prezzi. Si tratta di un potentissimo strumento che uno Stato ha a disposizione e che dovrebbe utilizzare per difendere il potere d’acquisto di lavoratori e lavoratrici, compromesso in questi ultimi anni da ritorno dell’inflazione.

Come sappiamo, infatti, le grandi imprese hanno prontamente approfittato della crisi per difendere, se non aumentare, i propri margini di profitto, scaricando sulle famiglie il costo dell’ennesimo crack economico, iniziato con la pandemia e protrattosi con la guerra.

L’ultima novità in tal senso è che anche una parte consistente delle grandi aziende europee ha iniziato a richiedere a gran voce l’introduzione di prezzi energetici amministrati, al fine di tutelare la competitività europea a livello internazionale. L’esempio più esplicito in tal senso ci è stato fornito dalle richieste presentate da European Round Table for industry (ERT) – un’associazione datoriale che include alcuni tra i più grandi gruppi industriali europei – a Mario Draghi, in un incontro orientato alla stesura del rapporto sulla competitività che l’ex presidente del Consiglio sta preparando su mandato della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

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 L’egemonia monca di Giorgia Meloni

di Gianfranco Cordì*

Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo il seguente, denso, articolo, che apre un dibattito sul pensiero che oggi va maturando la destra italiana sul concetto di egemonia

Intanto: quello di “egemonia” non è un concetto gramsciano. È addirittura imbevuto di zarismo. Siamo alla fine dell’Ottocento e i marxisti russi si erano posti un interrogativo: politica o economia? Per combattere lo zar, ne conclusero, era necessaria la lotta “politica” (e quindi “culturale”) che la classe operaia avrebbe dovuto combattere sul terreno dell’”egemonia” rispetto alle altre classi sociali. Insomma: supremazia della cultura e supremazia del “proletariato”. Quest’ultimo soggetto politico avrebbe dovuto esercitare una doppia “preminenza”: a livello simbolico e, anche, a livello sociale. Cultura e società, oltre che essere il titolo dei Saggi di teoria critica (1933-165) pubblicati da Herbert Marcuse nel 1969, era anche, nel caso in questione, l’esatta ripartizione dell’impegno dell’“egemonia” negli ambiti della sociologia e della politica, evocando, in una parola, la questione dell’“egemonia intellettuale”.

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la citta futura

La flessibilità del lavoro nel modello toyotista*

di Pasquale Vecchiarelli

Diversi studi confermano l’impatto psicosociale della precarietà del lavoro in particolare sulla salute mentale

La “flessibilità” del mercato del lavoro -termine quanto mai ambiguo usato per nascondere quello più appropriato di precarietà- è divenuta sempre più la norma nell’attuale modello di sfruttamento della forza lavoro organizzata secondo i principi, caratteristici del neoliberismo, del toyotismo elaborati a partire dal secondo dopoguerra.

Tali principi hanno come obiettivo principale quello di superare i limiti del fordismo nel quadro di un più elevato sfruttamento della forza lavoro, sempre più necessario per far fronte alla tendenziale caduta del saggio di profitto. Uno degli aspetti principali caratteristici del toyotismo è infatti quello di aumentare notevolmente lo sfruttamento della forza lavoro aumentando i ritmi e l’orario di lavoro ma per far ciò diviene indispensabile dividere i lavoratori e annichilire i sindacati. Il genio del male giapponese che ha ideato per primo i principi toyotisti - ingegnere della famosa casa automobilistica nipponica- immaginava che l’impresa del futuro dovesse avere la struttura di una “costellazione” al centro della quale doveva brillare la stella più grande, cioè l’impresa più forte, e intorno a essa dovesse ruotare un pulviscolo di piccole e medie imprese, in concorrenza spietata tra loro, con l’obiettivo di proporsi alla stella centrale per offrire servizi e semilavorati ricchissimi di plusvalore cioè realizzati con un altissimo tasso di sfruttamento.

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piccolenote

La Nuland dimissiona Zaluznhy e la Ue dà i soldi a Kiev...

di Piccole Note

La visita a sorpresa della Nuland a Kiev per dimissionare Zaluznhy giunge in contemporanea con il finanziamento della Ue a Kiev. I neocon vincono e rilanciano la guerra persa

Zelensky alla fine licenzierà il Comandante delle forze armate Valery Zaluznhy. I neoconservatori hanno infine vinto la partita e si apprestano a rimodellare la guerra ucraina secondo la loro visione esoterica, che fa di questo conflitto uno scontro esistenziale contro la Russia fino all’ultimo ucraino.

Una vittoria netta arrivata, non a caso, in contemporanea con la vittoria neocon sul fronte dell’Unione europea dove, superate le ultime resistenze, Bruxelles ha stanziato 50 miliardi di euro in favore di Kiev.

Anche il presidente ungherese Viktor Orban, simbolo di tale resistenza – che non avrebbe potuto esercitare se non avesse avuto sponde riservate all’interno dell’Unione – ha dovuto piegare la testa, sotto la minaccia della revoca del diritto di voto in seno alla Ue e quella più feroce di incenerire l’economia del suo Paese.

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contropiano2

Gli Usa rilanciano: mini-offensiva aerea di Kiev

di Francesco Dall'Aglio

Proprio mentre Victoria Nuland si trovava a Kiev, e non è certamente una coincidenza, la NATO (come ho già detto in passato l’Ucraina ormai ci mette solo i corpi, le armi non sono più sue e probabilmente nemmeno la strategia) ha organizzato un attacco congiunto, aereo e navale, sulle installazioni militari della Crimea dal pomeriggio di ieri a stamattina (l’altro ieri c’era già stato un attacco di droni sugli aeroporti, sventato senza eccessivi problemi).

L’attacco, come al solito, è stato preceduto da un gran traffico di aerei spia sul Mar Nero e sulla Romania, almeno sei tra cui anche il nostro PERSEO71, un Gulfstream G550 CAEW del 14° stormo partito da Pratica di Mare (da Sigonella invece sono partiti due aerei USA. Qui qualche info e i tracciati di quattro dei sei aerei: https://www.itamilradar.com/…/busy-skies-in-the-black…).

La prima fase dell’attacco è stata aerea. Da Starokostantinov e Kanatovo si sono alzati tre Su-24 e un numero imprecisato di Su-27 e Mig-29 – non voglio dire tutti gli aerei ancora in grado di volare dell’areonautica ucraina ma poco ci manca. Gli Su-24 e i Mig-29 hanno lanciato una combinazione di ADM-160 MALD e di missili antiradar AGM-88 HARM per ingaggiare le difese antimissile russe, mentre gli Su-24 hanno lanciato sei Storm Shadow (o SCALP che dir si voglia) in direzione degli aeroporti della Crimea. Tutti i missili risultano abbattuti o dalla contraerea o dai caccia russi.

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marx xxi

Il futuro dell’Italia tra geopolitica, commercio marittimo e nuova globalizzazione

di Francesco Maringiò

C’è un allarme generalizzato in Italia rispetto alla crisi che riguarda il Canale di Suez e lo Stretto di Bab el-Mandeb, i due colli di bottiglia delle rotte commerciali via nave che portano le merci dall’Oriente nel cuore dell’Europa. Dal Canale di Suez transita circa il 12% del commercio mondiale e oltre il 40% di quello marittimo italiano, per un controvalore che uno studio di Srm-Alexbank di Intesa Sanpaolo ha valutato nel 2022 pari a 82,8 miliardi di euro. L’allarme in Italia è giustificato, dato che circa un terzo di tutto l’import italiano (incluso quello energetico) passa per quella tratta. La decisione di alcune compagnie di trasporto marittimo di non passare più per il Mar Rosso e circumnavigare l’Africa può quindi avere un impatto devastante per i porti italiani e, conseguentemente, per l’economia del nostro paese.

Apparentemente, quindi, la situazione è molto seria e, forse per questa ragione, non ha suscitato alcuna formale obiezione nel paese la decisione di partecipare all’operazione militare Aspides, voluta dall’Unione Europea a difesa – così ci viene spiegato – dei mercantili in viaggio nel Mar Rosso.

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quodlibet

Gli anni Trenta sono davanti a noi

di Giorgio Agamben

Nel novembre del 1990 Gérard Granel, una delle menti più lucide della filosofia europea di quegli anni, tenne nella New School for Social Research di New York una conferenza il cui titolo, certamente significativo, non mancò di provocare fra i benpensanti qualche reazione scandalizzata: Gli anni trenta sono davanti a noi. Se l’analisi condotta da Granel era genuinamente filosofica, le sue implicazioni politiche erano infatti immediatamente percepibili, dal momento che in questione, nel sintagma cronologico apparentemente anodino, erano puramente e semplicemente il fascismo in Italia, il nazismo in Germania e lo stalinismo nell’Unione sovietica, cioè i tre tentativi politici radicali di «distruggere e sostituire con un “ordine nuovo” quello in cui l’Europa si era fin allora riconosciuta». Granel aveva buon gioco nel mostrare come la classe intellettuale e politica europea fosse stata altrettanto cieca di fronte a questa triplice novità di quanto lo fosse – negli anni Novanta come oggi – di fronte alla sua inquietante, anche se mutata, risorgenza. Si fatica a credere che Leon Blum, leader dei socialisti francesi, potesse dichiarare, commentando le elezioni tedesche del luglio 1932, che, di fronte ai rappresentanti della vecchia Germania, «Hitler è il simbolo dello spirito di cambiamento, di rinnovamento e di rivoluzione» e che pertanto la vittoria di von Schleicher gli sarebbe parsa «più desolante ancora di quella di Hitler».

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lantidiplomatico

La "cronicizzazione" del conflitto russo-ucraino e il futuro della Nato

di Giacomo Gabellini

Nei giorni scorsi, il «Financial Times» ha affermato, basandosi su quanto rivelato da quattro fonti interne al governo ucraino, che il presidente Volodymyr Zelens’kyj era sul punto di sollevare dall’incarico il Capo di Stato Maggiore Valerij Zalužny.

Nello specifico, Zelens’kyj avrebbe proposto al generale il ruolo di suo consigliere militare, mettendo tuttavia in chiaro che, a prescindere dalla sua risposta, la posizione al vertice delle forze armate ucraine sarebbe stata affidata a qualcun altro. Zalužny avrebbe comunque rifiutato. Le confidenze raccolte dall’autorevole quotidiano britannico hanno inoltre precisato che la decisione non avrebbe necessariamente trovato immediata applicazione, anche a causa dei “tempi tecnici” necessari a individuare un sostituto all’altezza. I due candidati più accreditati rientrerebbero entrambi nella cerchia ristretta di Zelens’kyj, vale a dire Oleksandr Syrs’kyj, comandante delle forze di terra ucraine, e Kyrylo Budanov, a capo della direzione dell’intelligence militare.

La notizia dell’aut-aut sottoposto dal presidente ucraino al Capo di Stato Maggiore fa seguito a mesi di speculazioni in merito al deterioramento dei rapporti intercorrenti tra i due, alimentate dalla reciproca ostilità che è andata montando quantomeno dal fallimento della controffensiva ucraina sferrata nella tarda primavera del 2023.

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La ICJ non si pronuncia per il cessate il fuoco a Gaza

di Carla Gagliardini

Nessun cessate il fuoco. Gaza può aspettare”, sembra aver pronunciato, venerdì scorso, la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) sulla richiesta presentata dal Sudafrica (1) a fine dicembre che, oltre a richiedere alla ICJ di riconoscere che Israele sta commettendo il crimine di genocidio nei confronti dei palestinesi di Gaza, sollecitava alla Corte di emanare misure cautelari urgenti per fermarlo.

La ICJ, la cui giurisdizione è stata contestata da Israele, ritenendola di conseguenza incompetente a decidere nel merito, ha dovuto prima esprimersi su tale punto.

La Corte ha risposto di avere giurisdizione, ha quindi accolto la richiesta e porterà avanti il procedimento per giudicare se Israele sia colpevole oppure no di tale crimine.

Rispetto alla questione delle misure cautelari, l’articolo 41.1. dello Statuto della ICJ sancisce che:

La Corte ha potere di indicare, ove ritenga che le circostanze lo richiedano, le misure cautelari che debbono essere prese a salvaguardia dei diritti rispettivi di ciascuna parte”.

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megachip

L'aggeggio

di Turi Comito

Chip nel cervello? È incredibile come questi stravolgimenti scientifici non tengano in alcun modo "banco" nella discussione politica pubblica (e privata). Come siano largamente ignorati e relegati quasi ad argomenti di costume, di chiacchiericcio

Come sempre, ogni volta che ci imbattiamo in notizie che mettono a dura prova la nostra idea di mondo nei suoi fondamenti più basilari, istintivamente o razionalmente ci si schiera. O si è entusiasti o si è preoccupati. Molte volte, anche, si resta indifferenti. E anche quello è schierarsi.

Sta accadendo così con la notizia che Neuralink, una delle futuristiche società di Elon Musk, ha impiantato nel cervello di un essere umano con gravi handicap fisici un aggeggio che gli consente di usare il “pensiero” per interagire con un pc e altri dispositivi elettronici atti a ridurre questi handicap.

Gli indifferenti non hanno intenzione di occuparsi della questione. Gli entusiasti toccano il cielo con un dito perché questo è solo l’inizio di un’altra (l’ennesima) rivoluzione che migliorerà la vita di moltissime persone affette da mille problemi fisici e mentali. I preoccupati vogliono mettere subito mano alla legge perché temono che queste innovazioni vadano a finire in mani sbagliate e possano danneggiare individui e collettività.

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officinaprimomaggio

2023: un anno di scioperi USA

di Sergio Fontegher Bologna

Questo articolo di “Labor Notes” ripreso da “In These Times” traccia un bilancio degli scioperi che si sono succeduti negli Stati Uniti nel 2023. Per questo va letto e rilanciato

Il bilancio è assai positivo: gli scioperi ufficialmente registrati (cioè con più di 1.000 scioperanti) sono stati il doppio e hanno coinvolto un numero di lavoratori doppio rispetto al 2022. Ma gli scioperi più piccoli, di cui si ha notizia solo localmente o spulciando le pagine interne dei giornali, sono molto più numerosi.

L’articolo merita di essere letto anche perché offre una spiegazione dell’aria nuova che tira nel movimento operaio americano. Questa andrebbe cercata a) nella ripresa delle rivendicazioni dopo la mazzata della pandemia sul mondo del lavoro e b) nel netto cambiamento di leadership all’interno del sindacato, con la sconfitta di dirigenze corrotte e colluse con i padroni e la vittoria, seppure per un pugno di voti nel caso della UAW, di leader combattivi come Shawn Fain.

“No Concessions, no Corruption, no Tiers”, è stato uno degli slogan che hanno permesso ai reformer di vincere. Ancora una volta un ruolo importante sarebbe stato svolto dai Teamsters.

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mondocane

Come ti educo il pupo… E’ LA STAMPA, BELLEZZA!

di Fulvio Grimaldi

Ieri a S-Marinella, con “Araba Fenice il tuo nome è Gaza”, per la Palestina, con un sacco di brava gente. 

Byoblu (canale 262), MONDOCANE 3/12, in onda domenica 21.30 e, salvo modifiche,  lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 09.00.

* * * *

Genocidi

In Francia ogni due giorni si suicida un agricoltore, A Gaza ogni 8 minuti viene ammazzato un bambino e, quanto ai genitori, siamo a 20.000 orfani, e 27.000 assassinati con non si sa quanti morti o agonizzanti sotto le macerie. Intanto gli Stati civili della Comunità Internazionale (leggi NATO, il 17 % dell’umanità) taglia gli aiuti ONU ai moribondi di Gaza, Cisgiordania e ai 5 milioni nei campi profughi, mentre israeliani dello Stato Sionista,  l’unico democratico della regione, bloccano gli aiuti ai valichi tra Israele e Gaza.

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jacobin

Rappresaglia contro l’Unrwa

di Seraj Assi

I paesi occidentali hanno sospeso i finanziamenti all'Agenzia dell'Onu che si occupa di rifugiati in Palestina. È una scelta che suona come una vendetta dopo il recente pronunciamento della Corte internazionale di giustizia

Appena un giorno dopo che la Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di fermare l’uccisione di civili a Gaza – ritenendo plausibile l’accusa secondo cui il paese potrebbe violare la Convenzione sul genocidio – i paesi occidentali, guidati dagli Stati uniti, hanno sospeso i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, meglio conosciuta come Unrwa.

È stata una mossa sorprendentemente vendicativa, uno sfrontato atto di punizione collettiva nel contesto della carestia a Gaza, dove più di due milioni di persone dipendono dall’Unrwa per la sopravvivenza di base. L’Unrwa gestisce rifugi per oltre un milione di persone, fornendo cibo e assistenza sanitaria di base ai palestinesi sfollati. Circa tremila membri dello staff, la maggior parte dei quali rifugiati palestinesi, continuano a operare a Gaza sotto gli incessanti bombardamenti israeliani (Almeno 156 lavoratori dell’Unrwa sono stati uccisi da Israele negli ultimi tre mesi, e Israele ha anche bombardato innumerevoli rifugi e scuole dell’Unrwa, uccidendo migliaia di civili sfollati).

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comidad

Israele è una proiezione della cleptocrazia statunitense

di comidad

Fanpage è una testata giornalistica online che può essere considerata la Radio Maria della religione del politicamente corretto. Nella scorsa settimana Fanpage si è occupato del modo in cui le comunità ebraiche hanno affrontato mediaticamente la questione del confronto tra la Giornata della Memoria dell’Olocausto con quanto sta avvenendo a Gaza per opera delle bombe sganciate da Israele e pagate dal contribuente americano. Fanpage ci fa sapere che criticare quei massacri commessi da Israele a Gaza non è antisemitismo, quindi non si fa peccato contro il politicamente corretto; cosa che ci permetterà finalmente di dormire la notte. Ma forse quando si parla di Israele, “quella” Giornata della Memoria c’entra poco o nulla, mentre sarebbe il caso di coltivare la memoria di tutti i soldi statunitensi che mantengono artificiosamente gonfia una bolla sionista che da sola si affloscerebbe all’istante.

Per tutto il suo mandato Barack Obama è stato considerato uno dei presidenti statunitensi più critici nei confronti di Israele, perciò nel 2016, quando stava proprio lì per lasciare la Casa Bianca, il poverino pensò bene di redimersi e decise di riscattarsi da quella brutta fama.

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nicomaccentelli

Strangelove a Fort Alamo

di Nico Maccentelli

In questi giorni mi viene in mente il ritornello del soundtrack finale di Strangelove di Stanley Kubrick, quando il capitano cowboy si lancia dal B52 a cavallo della bomba atomica.

Mai titolo fu più calzante di questo lp sui film di guerra americani: “Hollywood goes to war” e Kubrick lo sapeva bene. Lo sappiamo pure noi che su un film di fiction abbiamo subìto l’attacco dei war boys american and ucrainian per Il Testimone (1), un film di fiction. Solo il grande ufficio stampa del sogno americano che è la guerra dei “buoni” è depositario della narrazione unica: da “Patton”, “Il grande uno rosso” a “Salvate il soldato Ryan”, passnado per “Rambo” nei suoi molteplici sequel.

Il resto è censura o, una volta storicizzata una vicenda, roba da cinema d’essai. Ma torniamo al ritornello che mi ronza in testa, perché un motivo, e non è solo musicale, c’è: ed è la Seconda Guerra Civile Americana alle porte, con il Texas che sfida lo Stato Federale e 25 stati in mano ai repubblicani che lo appoggiano. E già Nord Carolina, Oklahoma e Florida sono in procinto di inviare la propria guardia nazionale in appoggio a quella texana (2).

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aldous

L'obsolescenza programmata dell'uomo

di Giuseppe Sapienza

All'inizio del dopoguerra, un gruppo di grandi produttori di lampadine si unì per formare il cartello Phoebus, con l'obiettivo di standardizzare e controllare la produzione e la distribuzione delle lampadine a incandescenza. Il cartello stabilì un accordo per ridurre la durata media delle lampadine a incandescenza da circa 2.500 ore a sole 1.000 ore.

Progettando le lampadine in modo che si guastassero più rapidamente, i produttori potevano garantire un maggiore turnover delle vendite.

Alfred P. Sloan Jr., un dirigente della General Motors, propose di introdurre modifiche annuali al design per incoraggiare i proprietari di veicoli ad acquistare nuovi ricambi ogni anno. Nonostante si fosse ispirato al settore delle biciclette, e avesse coniato il termine di "obsolescenza dinamica", l’origine del termine ‘obsolescenza programmata’ veniva attribuita a Sloan, con intenti detrattivi. Nel 1932 l'economista Bernard London propose il concetto di obsolescenza programmata come una potenziale soluzione alle difficoltà economiche durante la Grande Depressione.

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lantidiplomatico

Il “piano segreto” di Israele per il dopoguerra

di Giacomo Gabellini

Secondo il quotidiano israeliano «Maariv», Israele avrebbe elaborato con grande discrezione un piano per il dopoguerra. Il piano prevede per un verso l’istituzione di un governo militare israeliano provvisorio nella Striscia di Gaza, incaricato di rapportarsi con la popolazione locale e preposto sia alla gestione dell’ordine pubblico, sia alla distribuzione del materiale umanitario. Per l’altro, la nascita di una coalizione di Stati composta dai firmatari degli Accordi di Abramo più l’Arabia Saudita, che dovrebbe occuparsi di rifondare l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) inserendovi funzionari sia privi di qualsiasi connessione con Hamas, sia estranei alla “cerchia” dell’anziano e screditatissimo leader dell’Anp Abu Mazen.

Questo nuovo organismo, indicato come Nuova Autorità Palestinese, assumerebbe la responsabilità politica della Striscia di Gaza soltanto una volta ultimato il processo di stabilizzazione affidato al governo militare israeliano, destinato a dissolversi all’atto del trasferimento dei poteri. Fermo restando che Tel Aviv si riserva il diritto di continuare ad agire unilateralmente per ragioni di sicurezza ogni qualvolta se ne presenti la necessità (o, forse, l’opportunità), nell’ambito di operazioni assimilabili a quelle condotte nel 2008 (Piombo Fuso) e nel 2014 (Margine Protettivo). I famigerati tagli periodici dell’erba, come li qualifica il gergo militare israeliano.

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kelebek3

Contadini

di Miguel Martinez

E’ da un po’ che mi manca il tempo per scrivere: un buon segno, vuol dire che sto facendo molte cose interessanti.

Ieri sera comunque abbiamo parlato tra amici e complici della grande rivolta contadina che è scoppiata in queste settimane in Europa.

Piccola scena commovente: i contadini francesi che sequestrano il cibo importato ai camion che lo stanno portando ai supermercati perché costa ancora di meno di quello francese, e lo distribuiscono ai Restos du coeur per sfamare i senza tetto.

La premessa: alla base di tutta la nostra vita c’è la produzione agricola.

Che è rappresentata da due vicini di casa.

Il primo è Giovanni da Montespertoli, che ieri sera ci faceva assaggiare il vino, il formaggio e la soprassata che lui cresce, cura e vende al mercato contadino alla Gavinana.

Il secondo è il suo vicino di campo: un imprenditore del rame con base a Milano.

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ilchimicoscettico

Il nuovo piano pandemico ricalca "la migliore gestione"

di Il Chimico Scettico

La logica è sempre quella: di nuovo si ribalta sui cittadini responsabilità che sarebbero di governi che si susseguono uno dopo l’altro lasciando la sanità sempre meno in grado di far fronte alle richieste quotidiane. Figuriamoci di fonte alla prossima emergenza pandemica.

Meloni ha ribadito nei fatti, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica odierna – quantomeno quella esercitata da un ceto dirigente pavido e confuso – può solo abbracciare i diktat neoliberisti, per i quali le emergenze sono occasioni di profitto e di riorganizzazione autoritaria dello spazio pubblico. Gli investimenti sulla sanità non sono solo inadeguati, largamente inferiori a quanto necessario, ma si accompagnano a una progressiva svendita dell’intero sistema di servizi. Il privato si lecca i baffi e, sulla scia dell’esempio a stelle e strisce, allunga le mani sulla medicina pubblica, preparando in tema di salute quello che l’autonomia differenziata sta realizzando sul versante dei rapporti tra sud e nord nel nostro Paese.

Le diseguaglianze sono così destinate a crescere, e una sanità lasciata alle brame degli agenti di profitto potrà solo divaricare ulteriormente le condizioni di vita che separano ricchi (pochi) e poveri (sempre di più).

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berlin89

Il sogno americano: la Germania fuori dall'Euro

di Vincenzo Maddaloni

“Alternativa per la Germania” (AfD) starebbe valutando la possibilità di proporre un referendum sull'uscita della Germania dall'Euro (Dexit). Dopo la Brexit, l’ipotetica uscita dei tedeschi dall’Eurozona comporterebbe il ritorno ai compartimenti economici ermetici in pratica alla balcanizzazione dell'Europa

Come sottolinea Joel Kotkin sulla rivista Forbes, da decenni “i paesi del Nord (Germania, Norvegia, Svezia, Danimarca, Olanda, Finlandia e Regno Unito) hanno compensato i tassi di fertilità molto bassi e il calo della domanda interna con l’arrivo degli immigrati e la creazione di economie orientate all’esportazione altamente produttive”. Seguendo così la dottrina dello Schuldenbremse (freno al debito) che la Germania ha introdotto nella sua Costituzione nel 2009 con l’obiettivo imprescindibile che “ogni generazione paghi le sue spese e non consumi le tasse che i suoi figli pagheranno sotto forma di debito”.

La Germania avrebbe ottenuto successivi surplus economici negli ultimi cinque anni perché i tassi di interesse pari a zero o negativi applicati dalla BCE richiedevano meno soldi per pagare il debito pubblico e le permettevano di accumulare riserve per affrontare la crisi sociale COVID-19 con un massiccio impulso agli investimenti stimato in 20 miliardi di euro per rilanciare l’economia.

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lantidiplomatico

"È chi non denuncia i crimini di Israele che favorisce l'antisemitismo"

di Elena Basile

Mi ero ripromessa di non personalizzare il dibattito, come avvenuto in passato, con Paolo Mieli e altre note voci del microcosmo mediatico, in quanto la difesa delle posizioni politiche ed etiche non deve essere contaminata da polemiche avvilenti. Ma non posso non rispondere all’editoriale di Mieli sul Corriere della Sera del 22 gennaio. Sono convinta che non otterrò risposte alle obiezioni razionali che pongo alle sue argomentazioni, ma spero che i lettori trarranno beneficio dallo smascheramento di alcune operazioni culturali di moda oggi.

Il potere fragile nelle dittature risponde al dissenso con la violenza, quello forte e radicato delle democrazie si limita a oscurare il pensiero non in linea con la narrazione dominante. È quanto di comune accordo i media mainstream fanno nei confronti della sottoscritta. Capisco che Mieli abbia un particolare affetto e rispetto per la storia di Israele. È in buona compagnia. Molti altri sono i giornalisti in auge che, talvolta per rispetto reverenziale verso una lobby potente e talvolta per convinzione, illustrano al lettore le ragioni di Tel Aviv.

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comuneinfo

La sadica vendetta dei complici

di Rafael Poch

 

Italia, Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Canada, Olanda, Francia, Svizzera, Australia, Giappone, Finlandia e Romania. Cos’è questa se non una vendetta del genocidio e dei suoi complici? La domanda di Rafael Poch non lascia spazio ad alcuna esitazione. Il pretesto della “denuncia” israeliana verso 12 persone tra i 13mila dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che il 7 ottobre avrebbero partecipato alle violenze seguite all’apertura della breccia nelle recinzioni della Striscia di Gaza (e dunque – chissà a quale titolo? – alle stragi) in altre circostanze susciterebbe ilarità.

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Gaza FREEstyle. SOS GAZA: mandiamo alcune foto dei luoghi dove stiamo distribuendo aiuti umanitari ed aiutando le persone come possiamo. Da Gaza, ci è arrivata la richiesta di mandare fondi per comprare forni a legna e tende. Ci stiamo attrezzando. Se volete donare https://gofund.me/871465b2 E grazie di cuore per la fiducia e i messaggi che ci mandate. Spesso, aiutano noi e i palestinesi ad andare avanti. Grazie. ACS – Associazione di Cooperazione e Solidarietà

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piccolenote

Gaza. Le trattative di Parigi: spiragli e ostacoli

di Piccole Note

Hamas si dice disponibile ad "esaminare" lo schema di tregua. Spaccature nel governo israeliano. Attacco alla base Usa: scongiurato, per ora, un attacco all'Iran

Alti funzionari del Qatar, dell’Egitto, di Israele e degli Stati Uniti, rappresentati questi ultimi dal pragmatico capo della Cia William Burns, riuniti a Parigi, hanno assemblato uno schema di accordo per arrivare a una tregua a Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi. Lo schema ora è al vaglio di Hamas e sui media circola un tenue ottimismo, anche se non per l’immediato.

 

La tregua a Gaza

Il nodo gordiano resta la natura della tregua. Per Hamas è condizione ineludibile che sia duratura, mentre la politica israeliana resta divisa tra gli irriducibili della guerra a oltranza, disposti a concedere solo una pausa temporanea, e quanti sono aperti a un cessate il fuoco duraturo pur di riportare indietro gli ostaggi.