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La depressione globale

di Nouriel Roubini

Il sistema finanziario del mondo ricco è diretto verso l' implosione. I mercati finanziari non sono riusciti ad arrestare la loro caduta libera per diversi giorni, il mercato dei titoli a breve termine e quello del credito si sono trovati bloccati di fronte a un balzo dei loro spread sul tasso d' interesse ed è troppo presto per dire se la zattera delle misure adottate dagli Stati Uniti e dall' Europa sarà in grado di rimediare al dissanguamento oltre l' immediato futuro.

Per la prima volta in settant' anni, si è diffuso il timore di un effetto domino generalizzato ed esteso all' intero sistema bancario, mentre quello "ombra" - l' universo costituito da istituti di compravendita, agenzie di mutui non bancari, altri strumenti strutturati d' investimento come gli hedge fund, i fondi di titoli a breve termine e un certo tipo di fondi d' investimento - hanno davanti a sé il rischio di un collasso a partire dalle loro passività a breve termine. Per quanto riguarda l' economia reale, tutte le economie avanzate - che rappresentano il 55 per cento del prodotto interno lordo mondiale - erano già entrate in recessione prima dei devastanti shock finanziari cominciati verso la fine dell' estate. Ora quindi dobbiamo fare i conti con una recessione, con una grave crisi finanziaria e con una grave crisi del sistema bancario. I mercati dei paesi emergenti hanno cominciato a risentire di questa sofferenza soltanto quando gli investitori stranieri hanno iniziato a ritirare le proprie risorse.

A quel punto, il panico si è diffuso ai mercati del credito, ai mercati monetari e a quelli delle valute, evidenziando le vulnerabilità dei sistemi finanziari e produttivi di molti paesi in via di sviluppo che, in una situazione di boom del credito, avevano attinto a prestiti non sostenuti da garanzie adeguate e in valuta estera. I paesi con ingenti deficit delle partite correnti o ingenti deficit fiscali, oppure molto esposti sul breve termine in altre valute, hanno dimostrato essere i più fragili. Ma anche quelli con le migliori performance - Brasile, Russia, India e Cina - ora corrono il rischio di un atterraggio brusco. Molti mercati dei paesi emergenti devono fare i conti con il rischio di una grave crisi finanziaria.

La crisi è stata innescata da un indebitamento esteso a tutto il sistema e dalla più grande bolla del credito della storia. Questa crisi non è rimasta confinata al mercato immobiliare degli Stati Uniti, ma ha caratterizzato anche quelli di altri paesi. Inoltre, anche in molte altre economie si è verificato un eccesso di prestiti accesi da istituti finanziari e da alcuni segmenti del settore produttivo e di quello pubblico, che si sono sommati a quelli del mercato immobiliare. Il risultato è stato una reazione a catena: una bolla del valore degli immobili, una bolla dei mutui, una bolla nei mercati azionari, una bolla dei titoli obbligazionari, una bolla del credito, una bolla delle materie prime, una bolla nel settore dei fondi di investimento e una bolla in quello degli hedge fund. Ora stanno scoppiando tutte simultaneamente. L' illusione che la contrazione dell' economia statunitense e di quelli di altri paesi avanzati sarebbe stata breve e relativamente poco drammatica è stata sostituita dalla certezza che questa sarà una recessione che si protrarrà a lungo nel tempo (almeno due anni negli Stati Uniti e di poco meno di due anni nella maggior parte del resto del mondo). Tuttavia, di fronte al crescente rischio di un crollo sistemico dei mercati finanziari, la prospettiva di una recessione lunga un decennio - come quella subita dal Giappone dopo la crisi del mercato immobiliare e di quello azionario - non può essere esclusa. In effetti, il crescente divario tra le aggressive risposte della politica e la sempre maggiore sofferenza dei mercati finanziari non può che destare paura. A marzo, dopo il salvataggio dei creditori della Bear Stearns, costato 30 miliardi di dollari, il trend rialzista del mercato azionario, di quello dei titoli a breve termine e di quello del credito si è protratto per otto settimane. A luglio, l' annuncio del ministero del Tesoro degli Stati Uniti di voler salvare i giganti del mutuo Fannie Mae e Freddie Mac, ha permesso alle borse di rimanere in territorio positivo solo per quattro settimane.

Dopo l' implementazione del piano di salvataggio, con una spesa di 200 miliardi e l' assunzione da parte del governo degli Stati Uniti del carico di seimila miliardi di dollari di passività, l' andamento positivo delle borse è durato un giorno soltanto. Dopo è andata ancora peggio. Prima del recente annuncio delle misure prese congiuntamente da Stati Uniti ed Europa, i mercati sono rimasti sempre in territorio negativo. Il salvataggio della AIG, con il non indifferente costo di 85 miliardi di dollari, si è tradotto in un' ulteriore flessione del mercato del 5 per cento. E l' approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti del piano di salvataggio di 700 miliardi di dollari ha innescato una ulteriore discesa della borsa del 7 per cento in soli due giorni. E mentre le autorità degli Stati Uniti e degli altri paesi continuavano ad adottare misure politiche progressivamente più radicali, tra il 6 e il 9 ottobre, i mercati azionari, quelli del credito e quelli monetari hanno continuavano nella loro drammatica flessione giorno dopo giorno. Le recenti misure hanno una portata sufficiente? Quando le azioni della politica non riescono a dare un reale sollievo agli operatori dei mercati, si sa che si è a un passo da un collasso sistemico del settore finanziario e di quello produttivo. Si è dato avvio a un circolo vizioso partito dalla necessità di garantire l' indebitamento, che ha causato la caduta libera dei valori che lo garantivano e ulteriori richieste di garanzia. Non si può quindi escludere un crollo sistemico e la depressione a livello globale.

Come abbiamo visto nei giorni scorsi, occorrerà un cambiamento sostanziale della politica economica e azioni molto radicali e coordinate tra tutte le economie avanzate e quelli dei paesi emergenti per evitare il disastro. Ciò prevede: - un ulteriore e tempestivo giro di tagli ai tassi di interesse di una media globale pari ad almeno 150 punti base; - una garanzia estesa a tutti i depositi, che tenga tuttavia distinti gli istituti finanziari che non possono restare in piedi da quelli che rischiano la bancarotta ma sono solventi e che devono essere parzialmente nazionalizzati e riforniti di iniezioni di capitale pubblico; - misure tempestive per ridurre il peso del debito delle famiglie insolventi, precedute da una moratoria temporanea di tutti gli espropri per insolvenza del mutuo; - una massiccia fornitura di liquidità la cui entità non dovrà essere predeterminata agli istituti finanziari solventi; - una fornitura pubblica di credito ai settori solventi del settore produttivo per evitare che le grandi e le piccole aziende sane ma carenti di liquidità sprofondino in una crisi del rifinanziamento del debito emesso a breve termine; - massicci incentivi fiscali diretti da parte del governo sotto forma di opere pubbliche, spesa per infrastrutture, sostegno alla disoccupazione, taglia alle tasse delle famiglie a più basso reddito e risorse elargite ai governi locali a corto di liquidità; - un accordo tra i paesi creditori che attualmente contano su un surplus delle partite correnti e i paesi debitori appesantiti da deficit delle partite correnti affinché si possa elaborare una procedura ordinata per finanziare i deficit e riciclare il surplus dei creditori, evitando così un aggiustamento disordinato di questi squilibri. Misure che non abbiano anche di poco questa portata potrebbero non essere in grado di evitare una implosione a livello mondiale dei mercati finanziari e una depressione globale. Le misure adottate dagli Stati Uniti e dall' Europa sono un inizio. Ora occorre concludere il lavoro.

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