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sinistra

Ebrei o sionisti? Decidete!

di Algamica

P5ottobreLa manifestazione del 5 ottobre a Roma è stata grande nonostante la campagna terroristica fatta dalla stampa, in modo martellante quella dei fogliacci di destra.

In quella manifestazione esponevamo un cartello: «Ebrei o sionisti? Decidete »! Un cartello che ha incuriosito perfino la nota giornalista Giovanna Botteri che ha voluto intervistarci, alla quale abbiamo esposto il suo significato e alla domanda: «ma allora non credete nella possibilità di due popoli due Stati»? abbiamo risposto che: «è l’insieme dell’Occidente che non ha mai voluto uno Stato per i palestinesi ed ha sempre sostenuto lo Stato di Israele e la sua azione criminale per 80 anni nei confronti dei palestinesi fino al genocidio che sta praticando in questo periodo».

Ora nonostante, ripetiamo, la campagna terroristica e il divieto della questura e del governo, ispirati dalla Sinagoga di Roma, fin da subito che era stata indetta la manifestazione, la manifestazione c’è stata, nonostante che per entrare in piazza fosse necessario essere identificati. Dunque il significato è impressionante: una volontà di esprimere a tutti i costi una condanna radicale dell’Occidente e dello Stato sionista di Israele e il sostegno alla resistenza palestinese.

Si diceva: «ma manifestare il 5 ottobre, a ridosso del 7 ottobre, ha un significato politico: vuol dire festeggiare l’azione “terroristica” compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023». Ovviamente chi ragiona in questo modo intende rimuovere in toto 80 anni di torture operate dallo Stato sionista di Israele nei confronti del popolo palestinese. A noi non interessa fare comparazione, perché se dovessimo mettere su due piatti di una bilancia ottant’anni di soprusi e il 7 ottobre 2023 non c’è alcun dubbio di dove penderebbe la bilancia.

Ma a noi questo non interessa, come non interessa cosa pensava il singolo giovane che ha inteso partecipare a quella manifestazione, mentre emerge come valore politico di una fase che mette in discussione l’Occidente nel suo insieme che difende la sua punta di diamante, lo Stato di Israele, votato ormai al martirio nell’area mediorientale per difendere gli interessi dell’insieme di un sistema di dominio che comincia a scricchiolare. È questo il dato politico di rilevanza storica.

Questo scricchiolio allarma e non poco tutti gli ambienti dei vari establishment d’Occidente che pagano profumatamente i poveri pennivendoli che si pongono al loro servizio, in difesa cioè dei «valori occidentali» contro la «barbarie» araba e islamica espressa nelle sue organizzazioni che vengono definite terroriste come Hamas, Hezbollah, Houthi.

Anche qui, senza nasconderci dietro il dito: c’è un macro terrorismo espresso dall’Occidente per oltre 500 anni nei confronti dei popoli del sud del mondo, di cui hanno beneficiato tutte le classi sociali, e una resistenza espressione di una sofferenza generalizzata nell’area mediorientale che non riesce ancora a divenire forza coesa e dirompente contro l’Occidente per sconfiggerlo.

Il vero punto in questione è che in tutto l’Occidente cresce una critica forte al suo operato e proprio nei confronti della sua punta di diamante, lo Stato di Israele, nei confronti del quale aumenta l’odio.

È altresì vera un’altra questione che i propagandisti occidentali sollevano quando dicono che: «dopo il 7 ottobre 2023 è cresciuto l’odio» loro dicono «antisemita», noi diciamo: si è vero che è cresciuto l’odio non antisemita, ma antisionista, questo si, e lor signori se ne dovrebbero fare una ragione. Così come dovrebbero farsene una ragione se tra “antisemitismo” e “antisionismo” sembra esserci una apparente coincidenza: perché sono state proprio le democrazie occidentali che hanno trovato soluzione al proprio moderno antisemitismo del XIX e di inizio XX secolo attraverso il completamento del processo storico di sviluppo del liberismo democratico in una fase di accelerata espansione del mercato mondiale, che ha visto il rafforzarsi del primato imperialista e neo colonialista delle nazioni occidentali sul resto del mondo. Un processo storico che ha così reso possibile l’assimilazione degli ebrei europei all’interno dello stesso processo in virtù del saccheggio imperialista, capace di realizzare quegli elementi materiali utili a rideterminare la storica questione delle comunità ebraiche di diverse nazionalità europee nella nazione ebraica come emanazione diretta e armata contro i popoli arabi e del Nord Africa a difesa degli interessi propri dell’Occidente e del neo stato di Israele – oramai un tutt’uno nella catena mondiale di dominio.

Quindi il giochetto di continuare a voler far passare ancora e sempre per povere vittime il sionismo ebraico ormai comincia a non essere più credibile, mentre il livore, di chi schiuma rabbia perché avverte i rumori dello scricchiolio dell’Occidente, ha un senso profondo: l’impotenza a un’ondata che cresce a livello mondiale.

Se una – tanto per citarne una tizia a caso – Fiamma Nirenstein – si esprime in modo piuttosto nervoso su uno dei giornali dei padroni del vapore, come « Il Giornale » della famiglia del cavaliere Berlusconi, prossimo alla beatificazione, dimostra quello che andiamo sostenendo, ovvero che c’è molto nervosismo negli ambiti dell’establishment.

Se così vuol dire che le ragioni della crisi dello Stato sionista di Israele non risiedono nel 7 ottobre, che si trattò di un riflesso agente, no, ma che sullo Stato di Israele si sta riflettendo la crisi generale che sta investendo l’insieme dell’Occidente, una crisi innanzitutto economica, poi politica che sta diventando anche sociale e che sta mettendo in crisi anche quella identificazione dell’ebraismo nella nazione ebraica – ovvero sionista – in larghi strati di giovanissimi ebrei del Nord America. Tanto è ciò vero che l’Occidente difende lo Stato sionista di Israele nella speranza che regga di fronte all’onda di odio che sta crescendo sempre di più ma da prima del 7 ottobre 2023, e il 7 ottobre ne espresse solo in minima parte come punta di un iceberg del mondo arabo-islamico.

La storia, vorremmo dire ai nervosi propagandisti in difesa dell’Occidente, ha un proprio corso e obbedisce a leggi obbligate: si sta definitivamente chiudendo una fase che è durata ben 500 anni che ha prodotto sì benessere, in modo particolare in Occidente, ma anche disastri, il cui riflesso oggi si presenta come aumento dell’odio generalizzato in gran parte del mondo e in modo particolare proprio in Occidente.

Ci sarebbe irriconoscenza da parte delle giovani generazioni occidentali per i risultati sin qui raggiunti? Ma certe signore alla Fiamma Nirenstein sono abituate a guardare il mondo dal proprio ovattato e ben pagato angolo visuale, mentre le nuove generazioni, in modo particolare in Occidente, toccano con mano una tendenza verso lidi disastrosi di un modo di produzione in crisi per le sue stesse leggi.

Ora se è vero che «in ogni democrazia liberale è sorto un immaginario civico in cui il futuro è più importante del passato» per dirla alla maniera di Shlomo Sand, un ebreo di livello molto diverso della bassezza dei tanti propagandisti alla Fiamma Nirenstein, è altrettanto vero che il passato pesa come un macigno su un bilancio storico disastroso come quello occidentale. La quale signora Fiamma Nirenstein in preda a una vera e propria crisi di nervi, rivolgendosi ai supposti giovani manifestanti del 5 ottobre 2024 scrive: «Cerchi una casa alla tua pigrizia morale, all’ignoranza in cui la tua generazione è cresciuta, al tuo vittimismo. E anche al tuo desiderio di violenza, di cui hai reso oggetto gli ebrei. Che c’è di nuovo» si chiede ancora la signora Nirenstein «So che non hai voglia di sapere niente della verità.» ma non è finita perché, insiste la scintillante Fiamma «La colpa agli ebrei, è un classico di tutti i tempi, è una psicosi consistente e radicata, ricca, che ti garantisce molti argomenti, che conta su una paranoica antica fissazione di massa capace di portare a grandi risultati, persino alla guerra mondiale cui ha già condotto Hitler».

Eccola là: una qualsiasi critica al sionismo equivale a hitlerismo, fascismo, nazismo e cosi via.

Il movimento ideale del comunismo ha fatto della difesa degli ebrei una parte importante di tutta la sua storia. Dunque ogni indecenza ha un limite. Poi però la storia procede e chiarisce anche certe metanarrazioni costruite ad arte per una finalità politica a fondo economico.

Noi crediamo che di tutti i giovani presenti a Piramide il 5 ottobre 2024 nessuno, ripetiamo nessuno, conoscesse e avesse letto il grande storico ebreo Shlomo Sand che nel 2008 – le date hanno un loro valore nella storia – pubblicò un libro che sconvolge totalmente la costruzione storica degli ebrei e in modo particolare la necessità di arrivare alla costituzione di uno Stato sionista.

Si vuole negare con ciò la gravità storica dell’Olocausto? Tutt’altro, ma chi provocò quella strage fu un governo che difendeva le stesse leggi che difendevano ieri e che difendono oggi i liberisti e con essi gli ebrei. Su questo c’è poco da discutere. Si trattava di tentare di sconfiggere un concorrente tanto da una parte quanto dall’altra. Vinse l’Occidente liberista e democratico anche grazie agli odiati comunisti, e fu costituito lo Stato sionista di Israele, che gli occidentali hanno utilizzato per 80 anni e oggi la crisi generale del modo di produzione capitalistica espone lo Stato di Israele al pericolo di collassare e l’Occidente nel suo insieme non ha più la forza economica, politica, sociale e neppure militare, che le davano il valore della “democrazia”, di difendere Israele che sta impazzendo nel cercare una guerra contro una parte importante del mondo arabo-islamico.

Shlomo si dilunga, argomentando, citando fatti, fonti e persone, in una tremenda requisitoria, fin dal titolo del libro: «L’invenzione del popolo ebraico» pubblicato prima solo in ebraico nel 2008 e poi tradotto in molte altre lingue fino a quella italiana nel 2024.

Ora inventare, per dirla con Ettore Petrolini in Gastone vuol dire «mettere al mondo una cosa che prima non c’era» e l’Occidente a buon diritto può dire, ancora con Petrolini sempre in Gastone «questa cosuccia è mia, l’ho inventata io» e la difende con le unghie e coi denti.

Se si fosse onesti ci si chiederebbe da quando si incominciò a ipotizzare di costituire di sana pianta uno Stato sionista nell’area Mediorientale, e per quali finalità. E non è un mistero per nessuno, ormai, che fin dagli inizi del diciannovesimo secolo, non prima, in Europa, e non da circoli ebraici ma da centri di potere economici. Perché a ridosso dell’invenzione del motore a scoppio, della rivoluzione industriale, e del carburante per farlo funzionare, la società ottomana frapponeva per necessità dei vincoli al libero scambio delle merci europee verso l’estremo Oriente ed era un “dazio” che non si intendeva pagare. Divenne così una stringente necessità quella di affossare con le “buone” e con le “cattive” i tentativi delle comunità nazionali ottomane di sviluppare una propria economia, un mercato indipendente e competitivo con le potenze coloniali dell’Occidente. Si scoprì poi che in quella area del mondo il sottosuolo era ricco di petrolio. Per sottrarre la possibilità che potesse essere utilizzato esclusivamente dai popoli arabo-islamici in luogo del carbone, di cui gli europei ne detenevano il monopolio, si rincorse la necessità di costituire uno Stato, di armarlo fino ai denti proprio come avamposto e punta di diamante nell’area mediorientale a tutela del controllo dei traffici e della preziosa materia prima. A questo moto storico ne risultò anche il piedistallo dell’ideologia razzista del suprematismo ebraico nei confronti di tutti i popoli arabi del Medio Oriente e dei palestinesi, come del resto il colonialismo degli europei e degli occidentali aveva già realizzato da qualche secolo nei confronti di tutti i popoli colorati dell’Africa, del Latino America e dell’estremo Oriente. Tutto ciò ben 50 anni prima della nascita del sionismo e altri 50 anni prima della nascita del nazismo.

A giusta ragione, perciò, l’Occidente dice «è una cosa mia, l’ho fabbricata io» e la difende. Perché si tratterebbe di una nazione democratica? Ma si tratta di una falsità storica che Shlomo Sand smentisce clamorosamente nel testo citato: «Il nazionalismo ebraico che domina sulla società israeliana non si associa a una concezione identitaria aperta e inclusiva che invita gli altri a diventarne parte e/o a esistere in autonomia, uguaglianza e simbiosi accanto a lei» p. 558. E ancora «In Israele» scrive lo storico «la situazione è esattamente rovesciata (rispetto agli altri paesi democratici occidentali ): i privilegi sono riservati alla maggioranza ebraica e “a coloro ancora dispersi nella diaspora”. Questo accade grazie a una serie di misure come la legge sui proprietari assenti e quella sull’acquisizione dei terreni, approvate nelle prime fasi di vita dello Stato; come la Legge del ritorno; come la normativa sui matrimoni e i divorzi e come i vari statuti e disposizioni in cui si fa riferimento all’assolvimento dell’obbligo militare per discriminare gravemente, sia dal punto di vista dei diritti sia su quello della distribuzione delle risorse, i cittadini arabo-israeliani (che sono esclusi dal servizio militare). […] lo Stato ebraico manifesta chiaramente una preferenza per i “discendenti biologici” dell’antico regno di Giuda» p. 559.

Dunque smettiamola definitivamente di raccontar balle, dice Shlomo Sand lo Stato di Israele rappresenta una « etnocrazia », e se tanti poveri imbecilli anche in una certa cosiddetta estrema sinistra e/o internazionalista parlano a vanvera, pazienza.

Come? ci fu «una invenzione del popolo ebraico»? E chi sarebbe questo che lo dice? Ecco accontentata la curiosità: Shlomo Sand (Linz, 1946) – dunque ancora in vita – storico e scrittore di fama internazionale. Nato da una famiglia di ebrei polacchi sopravvissuti all’Olocausto, nel 1948 emigra a Giaffa. Nel 1977 si laurea in Storia all’Università di Parigi. Attualmente è professore emerito di Storia all’Università di Tel Aviv.

I democratici potrebbero a questo punto dire: vedete, questo vuol dire «democrazia», dare la possibilità anche a un professore come Shlomo Sand di scrivere e pubblicare un libro che rappresenta una vera e propria requisitoria contro la storia del popolo ebraico. A questa affermazione facciamo questa obiezione: signori dovete sapere che la storia è come la tosse e non la si può trattenere troppo a lungo e nel momento determinato esce fuori in tutta la sua crudezza.

Se Shlomo mette sotto accusa una serie di scrittori dell’« invenzione del popolo ebraico », fra i quali tal Simon Dubnow a un certo punto scrive: «Come agisce lo storico protonazionalista o nazionalista nel caso in cui nonostante tutto si trovi di fronte a una contraddizione? Ai fini della creazione, da parte sua, di un racconto nazionale, finisce sempre per preferire la “verità” del testo teologico a quella della scoperta archeologica» a p. 184. I cattolici fanno la stessa cosa: di fronte alla impossibilità di dimostrare una cosa dicono: «mistero della fede»!

Abbiamo citato solo uno a caso, ma Shlomo ne cita tanti nella sua requisitoria per smontare una metanarrazione che aveva una finalità – ripetiamo – politica ed economica, ovvero di una fase storica di un modo di produzione che prometteva una straordinaria accumulazione di profitti, nuovi investimenti, nuove industrie, nuove invenzioni. Altrimenti detto si prospettava un nuovo 1492. E c’era una vittima da sacrificare a tutti i costi: era il popolo palestinese.

Qual è il paradosso dei paradossi: mentre per Shlomo è dubbia se non del tutto falsa la tesi che gli ebrei originarono in Medioriente, furono cacciati dall’Egitto e si sparsero per il mondo, la famosa Diaspora, e che fu costituito nel 1948 dalle potenze occidentali con il beneplacito anche dell’Urss, lo Stato di Israele per un loro ritorno nella “propria” terra, ripetiamo se è dubbia o del tutto falsa, mentre è certa la cacciata dei palestinesi dalla loro terra e costretti a divenire profughi nel mondo. Di fronte questo paradosso gli apologeti dell’occidentalismo, alla Ernesto Galli della Loggia sostengono la tesi di Netanyahu che vuole la distruzione di Gaza quale punto di riferimento per i profughi palestinesi sparsi nel mondo.

È un caso che il libro di Shlomo Sand viene pubblicano nel 2008? Il materialista ritiene che la « casualità » sia la terza componente insieme alla «causalità» e alla «temporalit », cioè le altre due componenti di una crisi paurosa nel cuore dell’Occidente. Il 2008 fu l’anno, se la memoria non ci inganna, dell’avvisaglia della grande crisi che si sarebbe scaricata sull’Occidente e ne avrebbe incominciato a indebolire la tenuta.

Raccogliendo tutta la più buona volontà possibile, e ce ne vuole proprio tanta, proviamo a rivolgere alla illustre signora Fiamma Nirenstein questa domanda: come mai non si è voluto in alcun modo la costituzione di un reale Stato palestinese sul loro stesso territorio? Ma sappiamo che è fiato sprecato.

Vogliamo allora santificare Shlomo Sand per aver contribuito se non altro a chiarire bene sia la metanarrazione del popolo ebraico che il livello di democraticità dello Stato Israeliano?

No, si tratta solo di incasellare correttamente le questioni pertanto faremmo torto alla nostra onestà se non dicessimo fino in fondo che il suo libro «L’invenzione del popolo ebraico» è monco, perché è un libro democratico, e si tiene molto alla larga dalle ragioni economiche di fase per cui l’Occidente volle costituire lo Stato di Israele. Insomma si tratta di una lettura, come detto, democratica, e sovrastrutturale della storia che se rende in qualche modo giustizia agli arabi dello Stato israeliano e al popolo palestinese, rimuove però in toto il ruolo centrale dell’Occidente che lo sostiene. E invece è con l’insieme dell’Occidente e la sua crisi che bisogna fare i conti e di riflesso, perciò con lo Stato sionista di Israele.

Concludendo diciamo che nonostante il mostrare i muscoli da parte di Netanyahu lo Stato di Israele è con l’acqua alla gola per una crisi propria come riflesso di una crisi più generale dell’insieme dell’Occidente che per questa ragione è destinato a soccombere. Si è trattato di un fenomeno storico che come ogni fenomeno temporale si sta esaurendo. E dopo? Cominciamo a vedere e capire il prima, poi cercheremo di capire il dopo.


* Michele Castaldo e Alessio Galluppi
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Comments

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Moreno
Monday, 14 October 2024 20:35
Ciao Alessio
al netto di osservazioni condivisibili (giusto ricordare i decreti di limpieza de sangre come momento aurorale dell'ideologia razzista... ma, anche qui, erano decreti fatti contro gli ebrei, comunque..; giusto ricordare anche il sionismo cristiano dei theocon statunitensi etc.etc.), il fatto che il capitalismo necessiti del razzismo e il fatto che l'illuminismo e la modernità abbiano avuto, tra i loro effetti collaterali, quello di preparare il terreno ad Auschwitz (altra osservazione condivisibile, che è poi la tesi di "Modernità e Olocausto" di Bauman o di "Le origini del totalitarismo" di Arendt), tutto questo non dimostra per nulla che "l'ebreo in quanto tale" difende le stesse leggi dei nazisti di ieri e dei sionisti di oggi. Non solo basterebbe sapere (rimanendo sullo stesso terreno) che i padri del "liberismo" erano cristiani (non ebrei) o basterebbe citare Noam Chomsky e Ilan Pappe (due ebrei contemporanei che si possono confondere come fiolosionisti solo dopo avere bevuto due damigiane di vino....) ma soprattutto vi siete risposti da soli: il capitalismo necessita del razzismo. E il sionismo (come ogni nazionalismo) ha bisogno di un nemico esterno... ha bisogno dell'antisemitismo. La tesi dell'ebreo in quanto tale è non solo assurda, ma dà man forte ai sionisti (state dando man forte a Fiamma Nirenstein, rendetevene conto).
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Moreno
Saturday, 12 October 2024 16:56
Quello di "popolo" è un concetto moderno che come sappiamo inizia a emerge a fine Settecento con la caduta dell'Ancien Regime. E certamente quello ebraico è un popolo inventato. Ma porre l'accento critico sull'invenzione (di un popolo) è un'operazione pericolosamente scivolosa che farebbe sottendere, per opposizione, la legittimità di un popolo invece "naturale" (nota tesi razzista di estrema destra). Come sappiamo da tutta la letteratura sul tema, non esistono "popoli naturali", ma costruzioni di popoli: costruzioni quasi tutti favorite da congiunture commerciali.. La congiuntura economica (imperiale, commerciale etc..) crea lo Stato, e lo Stato crea la nazione (il popolo): "fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani".. L’accento critico andrebbe posto sulla natura razzista ( descritto per altro, giustamente, anche da Algamica) e di colonialismo di insediamento dello Stato di Israele.
L’altro punto che a mio avviso occorre criticare di questo articolo (di cui in linea generale condivido l’indignazione: anche a me viene su lo schifo quando, per errore, mi capita di ascoltare o leggere la disinformazione filosionista) è questa tesi:
“Si vuole negare con ciò la gravità storica dell’Olocausto? Tutt’altro, ma chi provocò quella strage fu un governo che difendeva le stesse leggi che difendevano ieri e che difendono oggi i liberisti e con essi gli ebrei. Su questo c’è poco da discutere.”
Spiegati bene Algamica… secondo te quello nazista era un regime “liberista”? E, soprattutto, secondo te “gli ebrei” ( così, "gli ebrei" in quanto tali.. quindi, che ne so, Marc Bloch, W. Benjamin, Terracini, Trosky, Arendt, Primo Levi etc.etc. l’elenco è sterminato..) “difendevano le stessi leggi” che difendeva il governo nazista? Ma ti rendi conto di quello che scrivi e dei messaggi (spero involontari) che mandi?
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Alessio Galluppi
Monday, 14 October 2024 16:11
Ciao Moreno.
Una fase come questa richiederebbe una riflessione franca, una fase, che il duo "Algamica", ritiene essere rivoluzionaria proprio perchè il movimento unitario dell'accumulazione non solo si è inceppato per fattori per nulla congiunturali, e sta spingendo alla scomposizione caotica e catastrofica di quanto i processi della storia hanno determinato attraverso le relazioni del mercato e della accumulazione del valore su scala generale.
La prima cosa che mi sento di aggiungere alle tue osservazioni è certo che non esiste un "popolo naturale" alternativo al popolo "storico/fabbricato", che inevitabilmente riconduce al concetto di "razza" e dunque nazione in nome di una precisa "razza". La "razza" però è un prodotto della storia o meglio del colonialismo, che vede la sua prima gemmatura nel 1492 e nella "Limpieza de Sangre" di fine 1400 a seguito della caduta del Califfato di Cordova e della successiva conversione forzata al cristianesimo dei locali arabi musulmani o ebrei residenti in Spagna e Portogallo.
Questa "Limpieza de Sangre" contro gli arabi musulmani e gli ebrei "orientali", in uno con la tratta degli schiavi e il colonialismo, sarà con soluzioni di continuità a fornire il retroterra ideologico all'illuminismo francese, alla rivoluzione francese, al liberismo, al razzismo del nazismo contro gli slavi orientali, gli ebrei, zingari, omosessuali. Anche l'idea di "civiltà" e "barbarie" o "di popoli moderni" e "popoli incivili" ha caratterizzato le stesse ideologie del movimento della classe operaia europea e occidentale, proprio quella che si "...fa classe nazionale seppure in senso diverso dalla borghesia..". Quindi a fornire in una visione eurocentrica la giustificazione ideologica del proprio razzismo specifico [sempre seppure in senso diverso dalla borghesia - tanto per fare polemica retorica], così come all'adesione alle forme del socialismo kibuzzista dei lavoratori israeliani contro gli arretrati moti nazionalisti di arabi e palestinesi, ecc.

L'altra cosa che meriterebbe un approfondimento è la costruzione del "popolo" e della "nazione" ha avuto in quello americano, nel suo processo storico specifico di fondazione della sua nazione e della democrazia americana, caratteri di "eccezionalità" nella storia. Caratteri di eccezionalità che proprio in relazione con la assimilazione all'occidente degli ebrei europei appartiene, seppure in seconda posizione, anche alla storia di Israele e del "popolo ebraico".
Come è stato possibile realizzare una unica nazione mediante popolazioni immigrate già di diverse nazionalità disciogliendo le vecchie tradizioni sostituite da nuove belle e pronte fabbricate? Addirittura negli Stati Uniti d'America - prima per ordine temporale ma anche per sostanza e forza concentrata - non solo di diverse nazionalità, ma anche di diverse confessioni religiose cattolici, protestanti, luterani, evangelici, ebrei e attualmente perfino musulmani il cui voto in Michigan potrà essere l'ago della bilancia che aggiudicherà la Presidenza degli Stati Uniti?
Un processo di "eccezionalità" che però è giunto al termine e ora si appresta in una tendenza catastrofica di scomposizione da più parti e sottoposta da più spinte centrifughe.
In quel processo di eccezionalità e nel suo pratico determinarsi proprio in America si diede per prima l'affermazione ideologica dell'esistenza di un "popolo predestinato" nell'epoca moderna e decisamente in netto anticipo alla declamazione del "popolo eletto da dio degli ebrei".
Thomas Paine il massimo ideologo e filosofo della rivoluzione americana affermava: “è in nostro potere rifare il mondo daccapo”. E il romanziere Melville dell’800 (quello del famoso Moby Dick e dell’accesa battaglia tra uomo e balena) scrisse “Noi americani siamo il popolo eletto, l’Israele del nostro tempo. Portiamo l’arca delle libertà del mondo”. E sbaglieremmo a considerare che questo potere e possibilità origini dal 1775, perchè ha ragione il black marxism e la tradizione teorica della black revolution che il seme della nazione americana è il 1619, quando il primo carico di schiavi dall'Africa fu smerciato sulle coste della Virginia. Schiavitù che consentì ai coloni europei a realizzare con un tratto particolare quella stessa mezzadria che già si diffondeva nella struttura delle campagne feudali: la piantagione schiavista, nella quale il mezzadro possedeva come strumenti della produzione anche la merce mobile della carne nera africana.

Se dal 1492 il nazionalismo europeo troverà la sua giustificazione ideologica nell'illuminismo francese, l'ideologia illuminista fornì alla "limpieza de sangre” una spiegazione" scientifica, definendo i tratti essenziali del moderno razzismo contro arabi, musulmani e africani e contro gli ebrei orientali (ovvero verso quelli dei paesi dell'Europa orientale coinvolti nel medesimo processo generale della rivoluzione industriale, di urbanizzazione e di immigrazione intra europea e verso le Americhe dell'800, dunque elementi disomogenei per quanto concerne il nazionalismo delle nazioni europei, funzionale per quello dell'America). Ma anche qui nell'America i tratti distintivi della nazione assunsero caratteri inediti. Mentre nell'Europa prossima alla rivoluzione gli ebrei erano nemici dell'età dei lumi perchè legati a una religione retrograda e piena di superstizioni, George Washington già nel 1790 rivolgendosi alle comunità del Rodhe Island e di Newport che si raccoglievano attorno alle attività della locale Sinagoga scriveva: "Tutti possiedono egualmente libertà di coscienza e immunità di cittadinanza. Ora non si parla più di tolleranza, come se fosse per l'indulgenza di una classe di persone che un'altra godesse dell'esercizio dei propri diritti naturali intrinseci. Per fortuna il governo degli Stati Uniti, che non dà alcuna sanzione al bigottismo, alla persecuzione, non assiste, richiede solo che coloro che vivono sotto la sua protezione si sminuiscano come buoni cittadini... Possano i Figli del ceppo di Abramo, che dimorano in questa terra, continuare a meritare e godere della benevolenza degli altri Abitanti...". A differenza netta dall'illuminismo proprio degli europei, la dichiarazione di George Washington è un riflesso di un processo storico che avrebbe poi avuto la forza materiale di assimilare l'ebraismo nell'alveo del liberismo americano ridefinendoli. Di riflesso il vanto di Israele (e di Netanyahu al Congresso americano) è quello di aver compiuto il contributo specifico all'Occidente e in primo luogo agli Stati Uniti d'America per avere esteso l'occidentalità nel cuore del Medio Oriente lungo un processo biunivoco di assimilazione materiale e di dominio mediante pulizia etnica sul mondo arabo e musulmano.

Il nazismo, con soluzione di continuità con la linea di sangre e il suo significato storico, non può essere considerato come un "modello" alternativo e in contraddizione con il processo storico delle democrazie liberali e del liberismo. Esso è e rimane un figlio legittimo dell'illuminismo, ma in un contesto materiale diverso dagli Stati Uniti (ma anche rispetto a Francia e Gran Bretagna), per cui lo sviluppo della grande Germania trovava precluso l'accesso ai mari che contano per lo scambio di capitali e merci e per cui ogni popolazione orientale (vuoi che fossero slavi, zingari o ebrei) rappresentavano gli elementi di ostacolo allo sviluppo della nazione e non "assimilabili". Cèsaire Aimé sostiene infatti che per gli europei il nazismo rappresenta la misura dell'orrore proprio perché riservò ad altri bianchi europei quanto per secoli viceversa era riservato naturalmente ai popoli colorati dell'Africa ai nativi americani, ai sepoy indiani e a quelli dell'estremo Oriente.

Certamente in questo processo di assimilazione degli ebrei all’Occidente e la trasformazione del popolo vittima a popolo carnefice al servizio degli occidentali in una forma particolare del colonialismo imperialista degli Occidentali in Medio Oriente, vi furono personalità storiche di ebrei che provarono a contrastare la forza ascendente del sionismo. Tra questi vi fu in particolar modo Albert Einsten (oltre alla Arendt). Nonostante egli partì da posizioni di simpatie verso il movimento stesso, iniziò a separarsi e a divenire sempre più un deciso antisionista. Ci sono carteggi di Einstein nel merito, in un precedente articolo li riportiamo. Così come esiste un manifesto di 70 intellettuali ebrei (tra cui Einstein e Arndt) inviato nel dicembre 1948 alla direzione del New York Times che si rivolge agli ebrei residenti in Occidente e negli Stati Uniti a rifiutare di legittimare il neo stato che si era appena dato nel nome degli ebrei, perché impregnato di una ideologia nazista, razzista e colonialista della peggior specie.
Dobbiamo però constatare che l'illustre premio Nobel - e gli altri intellettuali firmatari di quel manifesto - furono sconfitti dalla forza ascendente dell'Occidente premiato da un tumultuoso slancio dell'accumulazione. In sostanza la storia – per usare una espressione marxiana – diede torto a loro e ragione al sionismo internazionale occidentale. Sicché, per la maggioranza degli ebrei in occidente e poi per quelli del mondo ex ottomano (per i quali la nazione ebraica era "un inedito imprevisto della storia") si affermò l'assimilazione degli ebrei nel sionismo, ovvero nell'occidente liberista.
Ma quei fattori si stanno sciogliendo con la neve al sole, e la scomposizione delle nuove generazioni di ebrei in Nord America nei solchi tra antisionisti traditori e sionisti sono una delle risultanze empiriche.
Ti domandi come consideriamo gli "ebrei" in quanto tali e in quanto tali certe personalità "comuniste ebree". Non consideriamo un "ebreo" in quanto tale, perchè "in quanto tale" esiste ciò che è determinato da un processo storico, e quel processo storico, come possiamo constatare, si sta frantumando e viene messo in discussione dalle nuove generazioni di ebrei del Nord America e degli Stati Uniti, i quali sono anche essi espressione di una ridefinizione delle loro identità, sospinti da un processo della crisi generale che sta sbriciolando tutto quanto ha precedentemente composto. Sappiamo solo che il moto della storia e la crisi sta imponendo una scelta, o la messa in discussione appunto dell'identità dell'ebraismo realizzata dal sionismo o un'altra cosa che ne uscirà fuori che non potrà essere quella precedente. Quando una società si sbriciola e inizia a vacillare non si può tornare ad essere alle condizioni precedenti alla costruzione della specifica architettura sociale che sta franando.
Viceversa circa le personalità di sinistra o comuniste, il mio invito e leggere un nostro scritto (lo puoi trovare o su www.michelecastaldo.org o lacausalitadelmoto.blog) "Lotta Comunista o Rotta Sionista". Perchè ahinoi, il movimento operaio ha fornito anch'esso le sue giustificazioni teoriche scientifiche classiste anche al riguardo del suprematismo razzista ebraico nei confronti di arabi e palestinesi. Non è a caso infatti che Umberto Terracini sposò il progetto sionista e la nascita dello Stato di Israele, si adoperò verso i movimento del socialismo nazionalista arabo affinchè si riconoscesse la legittimità politica dello Stato di Israele, in coerenza con gli interessi più generali dell'Occidente e delle democrazie occidentali.

perdona la lunghezza, doveva essere un bozza di risposta alle tue osservazioni, viceversa mi sono dilungato troppo.

Ciao
Alessio
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