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Cinque buone ragioni per essere comunisti (e non di sinistra)

di Carlo Formenti

In coda a un dibattito sulle "Prospettive del comunismo oggi" al quale ho partecipato ieri sera (trovate qui il video: https://fb.watch/5BfY9aMSQW/ ) Marco Rizzo ha annunciato la mia candidatura come capolista del Partito Comunista alle prossime elezioni municipali di Milano. I motivi che mi hanno convinto a compiere questa scelta erano già impliciti nel post "Riflessioni autobiografiche di un comunista (finora) senza partito", che avevo pubblicato non molti giorni fa su questo blog. Ma ho ritenuto che fosse il caso di ribadirle e sintetizzarle qui di di seguito

komintern 5Perché il comunismo è un’ideologia più giovane e vitale del liberalismo

Chiarisco che il termine ideologia è qui inteso nel senso forte, positivo che Gramsci e Lukacs gli attribuivano: non falsa coscienza bensì l’insieme dei valori, principi, visioni del mondo, conoscenze, memorie collettive, ecc. che costituisce l’identità sociale e antropologica di una determinata classe (anche quando essa perde consapevolezza di sé dopo avere subito una dura sconfitta da parte degli avversari). Ciò posto, va ricordato che l’ideologia comunista è giovane: se ne fissiamo la nascita alla pubblicazione del Manifesto di Marx ed Engels (1848) non ha ancora due secoli di vita (mentre il liberalismo ne ha almeno sei). I suoi fondatori furono troppo ottimisti nel prevederne il trionfo in tempi brevi. Oggi sappiamo che la via è lunga e difficile, costellata di avanzate e ritirate, vittorie (come quelle del 1917 in Russia e del 1949 in Cina) e sconfitte (come quella del 1989 che ha visto il crollo dell’Urss). Ma sappiano anche che, malgrado i cinque monopoli (Samir Amin) sui quali può contare il nemico di classe (sui mezzi di produzione, sulla finanza, sulle tecnologie, sulle conoscenze scientifiche, sui media), e malgrado il disastro dell’89, la via socialista ha dimostrato una poderosa capacità di resilienza, soprattutto nell’Oriente e nel Meridione del mondo, al punto che oggi, grazie ai trionfi dello stato/partito cinese, è di nuovo in grado di contendere al capitalismo occidentale il dominio mondiale, come dimostrano

1) la forsennata guerra fredda che Usa e Ue stanno scatenando contro il “pericolo giallo”,

2) la paura che li sta costringendo a riscoprire keynesismo e statalismo per recuperare il consenso delle classi subalterne, martoriate da decenni di neoliberismo e dagli effetti delle crisi che questo sistema criminale ha innescato. Ma non c’è solo la Cina: oggi l’America Latina (Cuba, Venezuela, Bolivia e ora il Cile che rialza la testa a mezzo secolo dal golpe di Pinochet) è di nuovo in lotta contro il neoliberalismo e gli Stati Uniti faticano a controllare il loro “cortile di casa”.

 

Perché il comunismo è un’ideologia diversa (e incompatibile) con quella di una sinistra che si è meritata l’odio delle classi popolari

L’equivoco della identificazione fra comunismo e sinistra è nato all’inizio degli anni Settanta, quando gli strati piccolo borghesi che si riconoscevano nel movimento studentesco e nei gruppetti extraparlamentari innalzarono la bandiera dell’alleanza operai/studenti, rilanciando parole d’ordine e obiettivi del movimenti rivoluzionari del Novecento in modo astratto e libresco, usandoli come una maschera estetizzante dei loro reali obiettivi, che si riducevano a una rivoluzione dei costumi, e all’emancipazione dalle forme più arcaiche di controllo gerarchico (paternalismo famigliare, clientelismo politico, corporazioni professionali, gerarchie generazionali, ecc.), ormai superate dallo stesso sviluppo capitalistico che richiedeva una radicale modernizzazione culturale. Dissolta la spinta delle lotte operaie, stroncate dalla crisi e della ristrutturazione capitalistiche (e tradite dalle loro organizzazioni tradizionali, che in quegli anni decisero di allinearsi alle politiche neoliberiste in economia e neoliberali in politica (promuovendo il compromesso al ribasso con i padroni in fabbrica e dissociandosi dai Paesi socialisti per schierarsi a fianco del blocco occidentale e del suo braccio militare, la Nato), quegli strati piccolo borghesi sono tornati a svolgere il loro ruolo di agenti e funzionari del regime capitalistico. Hanno dato vita a movimenti (come il femminismo e l’ambientalismo) che rivendicavano riforme fondate sul riconoscimento identitario di questo o quel gruppo sociale e del tutto compatibili con il processo di modernizzazione di un sistema mai messo in discussione e hanno rinunciato completamente a porsi il problema della conquista del potere politico (di qui il rifiuto fobico nei confronti dello stato, identificato come il male assoluto, e del socialismo, condannato in quanto regime “autoritario”). Questa deriva è proseguita fino ai giorni nostri, toccando vertici deliranti con l’instaurazione della cultura autoritaria e violenta del politicamente corretto adottata, dalle sinistre di governo assieme a un’ideologia femminista ormai totalmente integrata nella cultura neoliberale. Questa deriva, assieme al fatto che queste sinistre hanno approvato leggi antipopolari - come l’abolizione dell’articolo 18 - ha fatto sì che oggi il popolo dei Paesi occidentali odi le sinistre, come dimostrano le analisi dei flussi elettorali che vedono i centri gentrificati votare a sinistra e le periferie proletarie votare a destra o astenersi. L’equivoco degli anni Settanta è stato brevemente richiamato in vita da populismi di sinistra come Syriza, Podemos, la sinistra americana di Sanders, France Insoumise (l’Italia ha prodotto solo l’aborto dell’M5S che non è nemmeno riuscito ad accreditarsi come una nuova sinistra alternativa al PD, sia pure ultramoderata). Questi movimenti, che pure erano inizialmente sembrati in grado di smarcarsi dall’immagine deteriorata delle sinistre tradizionali, e di interpretare il ruolo di rappresentanti delle spontanee ribellioni popolari contro le politiche neoliberali, sono falliti a causa: 1) del mancato radicamento sociale, avendo assunto la forma di partiti “leggeri” fondati sulla comunicazione e sul tentativo di catturare un’opinione pubblica trasversale; 2) della scelta di fare propria la cultura politicamente corretta delle sinistre (Podemos è arrivato a qualificarsi come partito femminista – Unidas Podemos – piuttosto che come partito di classe); 3) dall’essersi alleati in posizione subordinata con le vecchie sinistre in funzione “antifascista” (anche quando tale minaccia appariva frutto della propaganda del regime neoliberale più che rappresentare un rischio reale); 4) dal fatto che, fin dalle origini, i loro quadri appartenevano perlopiù a strati sociali piccolo borghesi come era avvenuto negli anni Settanta (anche se oggi si tratta di gruppi che presentano una composizione professionale diversa, legata soprattutto alle modificazioni indotte dalle nuove tecnologie). Tutto ciò ha fatto sì che abbiano seguito rapidamente lo stesso destino delle sinistre tradizionali, guadagnandosi il rigetto delle classi popolari che si erano brevemente illuse di trovare una nuova rappresentanza per i propri interessi. In conclusione: oggi sinistra è sinonimo di liberalismo di sinistra, per cui chi si dichiara (non a parole, ma perché sinceramente intenzionato a rappresentare gli interessi delle classi subalterne e la speranza di un radicale cambiamento di civiltà, e non solo del modo di produzione) comunista non può, né deve, avere più alcunché da spartire con queste sinistre.

 

Perché comunismo vuol dire dare priorità agli interessi, ai bisogni e ai valori comunitari rispetto agli interessi, ai bisogni e ai valori individuali

La propaganda anticomunista batte ossessivamente sul tasto della libertà e dei diritti individuali. Ma la presunta “universalità” dei diritti dell’individuo (borghese), come già annotava Marx, si riduce di fatto alla tutela dei diritti dell’uomo proprietario. Il diritto “uguale” fra soggetti astratti si rovescia nel diritto disuguale fra soggetti concreti, visto che solo un’infima minoranza di quest’ultimi dispone delle risorse necessarie per far valere i propri diritti, mentre per tutti gli altri questi si riducono a pure affermazioni di principio (non a caso la nostra Costituzione – tanto odiata dai liberal liberisti – afferma la necessità di garantire le condizioni per la realizzazione dell’uguaglianza sostanziale fra i cittadini). Oltre che dell’individuo proprietario, il diritto borghese si premura di tutelare i diritti dell’individuo consumatore: il diritto del consumatore si afferma a danno dei diritti del lavoratore (costretto ad accettare salari bassi e ritmi di lavoro infernali per contenere il costo delle merci). Certo il lavoratore è a sua volta consumatore, ma se accetta il punto di vista borghese viene messo contro i suoi fratelli – e contro se stesso. Senza dimenticare che, in nome dei diritti del consumatore (occidentale!) si perpetrano crimini tanto ai danni dell’ambiente, quanto dei popoli schiavizzati dei Paesi poveri. E ancora: in nome del desiderio (trasformato in diritto) individuale di avere figli delle coppie gay, si legittima l’infame pratica dell’utero in affitto che riduce donne in difficoltà a ridursi a “contenitori” di bambini (a loro volta ridotti a “prodotto”) per conto terzi. E a legittimare la mercificazione del corpo femminile è, paradossalmente, proprio il movimento femminista (o almeno la sua componente neoliberale, oggi mainstream) che, del resto, da tempo ha assunto questa prospettiva, nella misura in cui considera il corpo come una sorta di oggetto, una “proprietà” (vedi sopra) individuale. Al posto degli interessi dell’individuo proprietario e consumatore, il comunismo difende gli interessi, il benessere e la sicurezza dell’individuo produttore in quanto parte organica della collettività (l’individuo non vive nel vuoto: è il prodotto di molteplici determinazioni sociali) impegnata a riprodurre se stessa e a garantire il prevalere del bene comune. Quanto diversi siano gli effetti di queste due visioni del mondo, lo abbiamo potuto misurare grazie alla differenza nella gestione della pandemia da parte della Cina rispetto a quella del mondo occidentale: da un lato, il diritto alla salute e alla sicurezza del popolo intero, dall’altro il diritto al profitto delle Big Pharma che ha richiesto, assieme allo smantellamento dei sistemi sanitari pubblici voluto dai governi neoliberali, il tributo di milioni di morti. Ma noi occidentali siamo liberi…di crepare.

 

Perché il comunismo è internazionalista e non cosmopolita

Che la globalizzazione sia stata frutto di una legge economica “oggettiva” è una mistificazione liberal-liberista fatta propria dalla sinistra. Una narrazione che nasconde come dietro il processo di internazionalizzazione dei capitali si celi la “guerra di classe dall’alto” che il capitalismo ha avviato a partire dalla dagli anni Settanta del secolo scorso. L’esercito di questa guerra sono state le grandi imprese transnazionali, armate della loro capacità di muovere capitali, merci e persone inseguendo le condizioni più favorevoli offerte da mercati del lavoro, politiche fiscali e sistemi giuridici locali. Ma pensare che ciò significhi la fine dello stato nazione è un’idiozia, perché le multinazionali non avrebbero potuto espandersi senza il sostegno e l’aiuto dei rispettivi stati di origine. La globalizzazione è un processo politico sostenuto e accompagnato dagli stati più potenti (Stati Uniti su tutti) che se ne servono per ristrutturare l’ordine mondiale, e l’obiettivo della globalizzazione non è liberare il capitale dal giogo degli stati, bensì da quello della democrazia. Il neoliberismo non vuole distruggere lo stato, vuole costruire uno stato forte ma non democratico. La battaglia ideologica contro lo stato nazione va di pari passo con quella contro il socialismo e ha l’obiettivo di spezzare il legame fra stato e democrazia. Così il tradizionale nazionalismo di destra cede il passo al cosmopolitismo liberale e allo pseudo internazionalismo di sinistra. L’ondata populista non è stata tanto l’esito della controffensiva di settori capitalistici arretrati che tentano di rianimare l’ideologia nazionalista, quanto della reazione popolare agli effetti della globalizzazione. Ma la crisi della globalizzazione ha gettato nel panico le sinistre convertite al cosmopolitismo, che hanno reagito etichettando come fasciste le idee “sovraniste”. Così la parola patria oggi incute terrore negli eredi di una cultura politica che, fino agli anni Settanta, era ancora consapevole del fatto che tutte le rivoluzioni socialiste sono state rivoluzioni nazional-popolari. Le sinistre hanno adottato un internazionalismo che somiglia all’ideale cosmopolita di un mondo pacificato e unificato dagli scambi economici. Questa ideologia rispecchia valori e interessi del ceto medio riflessivo e delle sue aspirazioni di mobilità fisica e sociale, un ceto che ignora interessi e bisogni della stragrande maggioranza della popolazione mondiale che vive inchiodata al luogo di nascita. Viceversa per i comunisti la difesa della sovranità nazionale è un fattore imprescindibile: la patria è sinonimo di res publica, di una società concreta di uomini e donne che lottano per l’autogoverno dei cittadini, l’indipendenza nazionale e la sovranità popolare. I comunisti sono consapevoli che la lotta di classe non si svolge solo all’interno dei singoli Paesi, è anche lotta fra popoli oppresse e nazioni dominanti, e questa verità non vale oggi solo per i rapporti fra potenze imperialiste e Paesi ex coloniali, ma anche per quelli fra Paesi del Nord e del Sud Europa, per i quali la riconquista della sovranità nazionale è l’unica strada per riacquistare il controllo politico sulle proprie risorse, sulle politiche economiche e sociali e sui flussi di capitali, merci e persone. Ecco perché i comunisti non possono che essere contro questa Europa, contro questo mostruoso esperimento politico che mira a mettere in pratica l’utopia del fondatore del liberalismo moderno, von Hayek, l’uomo che sognava di spezzare il rapporto biunivoco fra politica e territorio neutralizzando, assieme alla sovranità nazionale, i conflitti sociali e la possibilità di offrire loro rappresentanza democratica. La Ue funziona come una sorta di polizia economica che sfrutta l’euro e il principio di concorrenza per sterilizzare appunto i conflitti sociali. Il sistema dei trattati è una costituzione materiale che agisce come una costituzione senza stato e senza popolo e rimpiazza la democrazia con la governance. L’impianto filosofico che ispira questo esperimento è l’ordoliberalismo che,

contrariamente al liberismo classico, non dà per scontata la capacità dei mercati di autoregolarsi, ma affida a un potere politico forte il compito di garantire la stabilità dei prezzi (a partire da quello della forza lavoro!). Per i Paesi del Sud Europa, l’ingresso nella Ue ha voluto dire milioni di posti di lavoro e migliaia di imprese in meno, deindustrializzazione e declassamento al ruolo di subfornitori delle imprese tedesche. Una relazione asimmetrica che è stata, non solo accettata, ma addirittura promossa dalle nostre élite: i vari Andreatta, Ciampi, Padoa Schioppa e Prodi, la hanno voluta per promuovere, con la scusa del “vincolo esterno”, le riforme neoliberali: tagli alla spesa sociale, privatizzazioni, precarizzazione del lavoro e implementazione nella nostra Costituzione (attraverso il famigerato articolo 81) del Fiscal Compact, cioè del divieto costituzionale di adottare politiche economiche keynesiane. Ecco perché i comunisti dei Paesi euromediterranei dovrebbero adottare il principio del delinking (sganciamento) teorizzato da Samir Amin: solo riconquistando la sovranità nazionale sarà possibile ridare spazio al conflitto redistributivo, invertire la tendenza alla privatizzazione, nazionalizzando banche ed imprese in crisi e ri-nazionalizzando i servizi pubblici, e adottare politiche fiscali progressive.

 

Perché il comunismo non è antistatalista, ma mira a far sì che le classi subalterne si facciano stato

Il rifiuto delle sinistre nei confronti della nazione va di pari passo con il rifiuto nei confronti dello stato. Il ripudio dell’esperienza storica del socialismo, e l’ideologia “orizzontalista” comune a tutte le componenti della sinistra radicale, fanno sì che il vecchio principio marxista, secondo cui la macchina statale borghese non può essere ereditata e usata così com’è da parte delle classi subalterne, si sia trasformato nel dogma secondo cui lo stato in quanto tale non può più essere usato. Per questa ideologia neoanarchica lo stato, qualsiasi classe o forza politica ne detenga il controllo, è sempre e comunque un nemico, per cui il concetto di presa del potere è sparito dal suo orizzonte culturale. La logica del controllo subentra alla logica della conquista, e alla volontà di costruire un’alternativa globale al modo di produzione capitalistico e alle istituzioni dello stato borghese subentra una sorta di “democrazia dell’opinione” che diffida del potere ma non aspira a governare, non mira ad abolire il capitalismo bensì ad addomesticarne la ferocia. Ne è prova il ruolo svolto da Terzo settore, Ong e volontariato, i quali collaborano attivamente allo smantellamento del welfare in sintonia con la logica ordoliberale del “capitalismo sociale”. Ne è prova quel patetico surrogato dell’utopia comunista che è l’ideologia “benecomunista”, mentre dà per scontato che un partito rivoluzionario che pretenda di essere avanguardia politica dei movimenti non solo non serve, ma è controproducente. Insomma: siamo di fronte a un’ideologia che potremmo sintetizzare con la formula “cambiare il mondo a partire dal basso, (o addirittura a partire da sé!) senza prendere il potere”, che potremmo ironicamente accostare al detto di Cristo “il mio regno non è di questo mondo” (purtroppo la storia insegna che il detto cristiano che invita a tenersi alla larga dal potere non ha particolarmente contribuito a cambiare i rapporti di forza fra potenti e sudditi). Contro questa visione va rivendicata la necessità di conquistare il potere, o meglio, per dirla con Gramsci, di guidare le classi subalterne a farsi stato - stato che non va abolito in quanto tale, ma del quale occorre abolire il carattere di classe.

 

Post Scriptum

Due parole sul perché ho scelto di schierarmi con Il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo piuttosto che con un altro dei tanti partiti e movimenti italiani che si dichiarano tali. In primo luogo perché, attraverso un serrato confronto che ho avuto con questi compagni dopo avere concluso la mia esperienza nei gruppi sovranisti di sinistra, ho verificato che sono quelli con cui ho maggiori affinità su una serie di temi che considero discriminanti, poi perché sono di gran lunga i più lontani da quella cultura di sinistra della quale ho appena finito di descrivere le caratteristiche che mi inducono a valutarla come un avversario politico. Caratteristiche che, viceversa, hanno contaminato fino a snaturarne le origini una formazione come Rifondazione Comunista. Probabilmente esistono altre forze politiche che in futuro potranno contribuire alla rinascita di un forte partito comunista nel nostro Paese, ma non penso che la mia scelta sia in contraddizione con l'imnpegno di superare le ragioni che ancora ci dividono.

Comments

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AlsOb
Saturday, 29 May 2021 18:11
Vi sono alcuni che sulla base pregiudiziale di un Marx soprattutto immaginario e ridimensionato secondo limiti personali tranciano giudizi apodittici come se predicassero genuflessi le tavole di Mosè.
Tale atteggiamento fideistico può avere una valenza personale, ma elimina a priori valutazioni dotate di un minimo contenuto scientifico e di confronto politico produttivo. Sono slogan. Che portano pure a adorare pateticamente l'imperialismo del dollaro e suoi derivati come avanguardia marxiana. Follie.
Quanto alle declamazioni contro la Cina riflettono solo pregiudizi e incapacità di comprendere.
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Vale
Saturday, 29 May 2021 15:58
Ma Formenti che Marx ha letto? Di certo non il Karl nato a Treviri nel 1818. Perché per quest'ultimo l'abbattimento di barriere e confini, la globalizzazione, era fattore estremamente positivo oltre che premessa del comunismo. Poi è chiaro che la UE è da cambiare (e sta già cambiando: non si può dire che il Recovery Found sia una pratica economica neoliberista), ma è da cambiare in senso progressista e non reazionario. Il Montenegro non fa parte della UE, eppure il Montenegro (anzi proprio per questo motivo) è impotente di fronte alle logiche del libero mercato: è indebitato fino al collo con la Cina e per questo entro la fine dell'estate sarà costretto a cedere parte della sua sovranità territoriale alla Cina: la Cina "socialista", come la chiama Formenti. E qui nasce una contraddizione. Come fa notare bene l'utente Italo Belinga, il Marx di Formenti sarebbe stato per l'indipendenza nazionale del Regno delle Due Sicilie o della Prussia (ripetiamo che il Marx di Formenti non può essere il Karl nato a Treviri nel 1818: quest'ultimo era contro l'indipendenza della Prussia e degli altri statarelli tedeschi e a favore dello Zollverein, una UE antelitteram; e Karl lo scrive proprio nel Manifesto Comunista che qui sopra il Formenti dice di prendere come fonte ideologica)..Quindi, dicevo, mi sembra evidente la contraddizione di questi sovranisti nazionali tifosi della Cina: Cina che controlla altre sovranità nazionali. Come fa notare bene l'utente MorenoD, per il Karl Marx nato a Treviri nel 1818, "il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominanti tutti in “una volta” e simultaneamente, ciò che presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che esso comunismo implica."(K.Marx, l'ideologia tedesca).
Poi, come fa notare bene l'utente Anna, parlare di Marx come una specie di olista organicista, in nome della Patria e della Nazione, confondendo individualismo e libera emancipazione individuale, vuol dire veramente che non si sta parlando del Karl Marx nato a Treviri nel 1818.
E questa fissa con le coppie gay ? Certo con l'argomento dell' "utero in affitto" Formenti vuole vincere facile; ma in realtà il 99,9% delle coppie omo è contro la pratica cosiddetta dell'utero in affitto e vuole semplicemente avere le stesse possibilità di poter adottare che hanno le coppie etero. In che senso avere diritti di serie A e di serie B in base all'orientamento sessuale sarebbe una pratica comunista? E non capisco nemmeno quell'altra fissa contro la dittatura del "politicamente corretto": in che senso insultare qualcuno con epiteti come "negro", "frocio" o "terrone" sarebbe una pratica comunista?
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Italo Pelinga
Saturday, 29 May 2021 00:41
Di nuovo mi chiedo come mai una testata che si dice "di sinistra" dia spazio a questo sig. Formenti che sostiene tesi apertamente nazional-socialiste. In un mondo ormai dominato dal capitale, Cina inclusa naturalmente, mi chiedo che prospettive economiche abbia tornare alle nazionalizzazioni generalizzate o aderire alla teorie nazionaliste del "delinking" (questo vezzo radical chic delle definizione anglofone!). Perché oggi "sganciarsi" è persino contrario alla stessa idea di stato, perché non si capisce per quale ragione la Sicilia o la Sardegna o il Sud Tirolo, o la Padania, solo per restare a casa nostra, non debbano anche loro fare un bel "delinkin", visto che ci terrebbero tanto.Ma soprattutto fa quasi sorridere la perla delle classi subalterne che "si devono fare stato". E come? certo con qualcuno che le "guidi" naturalmente, citando Gramsci. Tutte le rivoluzioni di questo mondo, e non solo "a partire dagli anni Settanta", hanno avuto sempre la stessa parabola: la conquista del potere in nome e per conto del popolo, a volte con il contributo del popolo stesso, seguita dal realismo della "gestione" del potere fatta da una élite buro-terroristica da cui anche le decantate "classi subalterne" cercavano in tutti i modi di scappare. Il popolo non vuole questo comunismo, non tanto e non solo perché "traviato dalle ideologie neoliberiste", ma perché ama e persegue sempre l'interesse personale (non certo di classe) fatta eccezione forse per i volontari di certe ONLUS che però per Formenti sono la causa dello smantellamento dello stato sociale, come dire che la diffusione del raffreddore è colpa dell'aspirina. Certo i partiti della sinistra, in Italia e nel mondo, hanno molte responsabilità per la debacle attuale della sinistra nel gradimento popolare, ma la cura dovrebbe essere guardare avanti e non rifarsi a soluzioni socio-economiche del passato che hanno sempre fallito.
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Pantaléone
Wednesday, 26 May 2021 23:54
Tempo 1 COMPOSIZIONE DEL CAPITALISMO (tesi)
Tempo 2 DECOMPOSIZIONE DEL CAPITALISMO (antitesi)
Tempo 3 MONDO CONTEMPORANEO (sintesi)
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Pantaléone
Wednesday, 26 May 2021 23:40
Le persone che pensano di avere qualcosa da dire al XXI secolo dal retro della loro mente si sbagliano.
Tutto è stato detto,
Contro tutti i partiti, contro tutti i racket, contro tutti i narcisisti, contro tutte le dottrine della leadership, che dicono che è la gente che sa che vuole costruire apparati.
Contro il comando contro la dirigenza, troviamo il vero movimento, contro coloro che vogliono creare sistemi di emancipazione dal loro cervello, per afferrare la storia, contro la socialdemocrazia, contro la sinistra della merce, e tutto il fumo e gli specchi pseudo comunisti,
Recuperiamo l'auto-movimento del movimento reale, è chiaro?

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MorenoD
Wednesday, 26 May 2021 15:01
"per i comunisti la difesa della sovranità nazionale è un fattore imprescindibile: la patria è sinonimo di res publica, di una società concreta di uomini e donne che lottano per l’autogoverno dei cittadini, l’indipendenza nazionale e la sovranità popolare."

Dopo aver letto questa roba (ma anche tutte le altre, prendo questa come modello), per me rimane solo da chiedersi se queste perle sovraniste/rossobrune siano dettate dalla totale ignoranza/incomprensione di Marx o dalla consapevole mistificazione di Marx.

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Pantaléone
Thursday, 27 May 2021 09:22
Mais on peut tout aussi peu conclure du Manifeste qu'il y est question d'un «nihilisme» du prolétariat envers la question nationale, ni prêcher son indifférence envers les mouvements nationaux : «l'inexistence de la patrie» dont il parle concerne l'Etat national bourgeois, mais pas le peuple, la nationalité au sens ethnique. Les ouvriers n'ont «pas de patrie» parce qu'ils doivent considérer l'Etat national bourgeois comme une machine d'oppression dirigée contre eux; ils n'auront «pas de patrie» (au sens politique) aussi après la prise du pouvoir dans la mesure où, selon Marx, les Etats nationaux socialistes distincts ne représenteront qu'une étape transitoire sur la voie de la société sans classe et sans Etat de l'avenir et que la construction de cette société n'est possible qu'à l'échelle internationale.
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Pantaléone
Thursday, 27 May 2021 09:28
Ma si può altrettanto facilmente concludere dal Manifesto che esso parla di un "nichilismo" del proletariato verso la questione nazionale, né predicare la sua indifferenza verso i movimenti nazionali: la "non esistenza della patria" di cui parla riguarda lo stato nazionale borghese, ma non il popolo, la nazionalità in senso etnico. I lavoratori non hanno "nessuna patria" perché devono considerare lo stato nazionale borghese come una macchina di oppressione diretta contro di loro; essi non avranno "nessuna patria" (in senso politico) anche dopo la presa del potere in quanto, secondo Marx, gli stati nazionali socialisti separati rappresenteranno solo una fase transitoria sulla strada verso la società senza classi e senza stato del futuro e la costruzione di questa società è possibile solo su scala internazionale.
Nel testo di cui sopra non si tratta solo di abolire le categorie fondamentali del capitalismo.

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MorenoD
Thursday, 27 May 2021 14:29
Si, è vero, non si può dire che Marx fosse indifferente ai movimenti nazionali (sarebbe stato impossibile per qualsiasi uomo dell'Ottocento europeo essere indifferente ai movimenti nazionali). Ma il suo interesse verso quei movimenti era antitetico al sovranismo. Come saprai era invece un interesse subordinato al suo principale interesse, che era la rivoluzione mondiale. Il clivage per Marx era quindi il carattere progressivo o reazionario di quei movimenti: per questo era favorevole all’indipendenza nazionale irlandese, ma era contro a quelle ceka, dei balcani, o dei principati tedeschi.
“Il comunismo è possibile empiricamente solo come azione dei popoli dominanti tutti in “una volta” e simultaneamente, ciò che presuppone lo sviluppo universale della forza produttiva e le relazioni mondiali che esso comunismo implica” (Marx, L’ideologia tedesca,)
“I comunisti si distinguono dagli altri partiti per il fatto che mettono in rilievo e fanno prevalere gli interessi comuni, indipendenti dalla nazionalità, dell’intero proletariato” (Marx, il Manifesto comunista)
“Il marxismo sostituisce a ogni nazionalismo l'internazionalismo, la fusione di tutte le nazioni in una unità superiore. (...) Il proletariato non può appoggiare nessun consolidamento del nazionalismo, anzi, esso appoggia tutto ciò che favorisce la scomparsa delle differenze nazionali, il crollo delle barriere nazionali, tutto ciò che rende sempre più stretto il legame fra le nazionalità, tutto ciò che conduce alla fusione delle nazioni” ( Vladimir Lenin - L'autodecisione delle nazioni )
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Anna
Tuesday, 25 May 2021 22:21
Mi chiedo a che pro chiamare “comunismo” quest’assemblaggio di idee a mio avviso chiaramente reazionarie e antimarxiane. Forse l’autore prende spunto, declinandolo impropriamente, dal sarcasmo marxiano nei confronti del giusnaturalismo e delle “robinsonate” contrattualistiche, traccia indelebile della lezione hegeliana. Ma in quel passaggio della “Questione ebraica” l’obbiettivo critico di Marx non è la libertà individuale, ma l’individuo astratto borghese, lo strettissimo legame istituito dal liberalismo ottocentesco, sulla scia di Locke, tra libertà individuale e diritto di proprietà.
“Individualismo” è un neologismo (reso famoso grazie al Tocqueville de “La democrazia in America”) coniato, ai primi dell’Ottocento, dai controrivoluzionari cattolici nella loro polemica antilluminista. Ma il comunismo marxiano non è la comunità dei controrivoluzionari, non è la comunità delle radici, del sangue, del suolo e dei sentimenti, di ciò che lega; è al contrario la società che libera (“il libero sviluppo delle individualità”, come dice Marx nei Grundrisse). Al contrario delle ideologie organicistiche e reazionarie, quello marxiano è un orizzonte che si caratterizza per la ricerca della realizzazione individuale. Un individuo non atomistico, ma relazionale. Un individuo immerso in una rete amplissima di relazioni, sulla base però (qui sta la differenza con i socialismi antimarxiani, reazionari, comunitaristi e nazionalisti) di coordinate mobili e non definibili una volta per tutte. Marx è un erede dell'illuminismo; un estimatore di quella "scopa della rivoluzione" che, spazzando via ceti e corporazioni, ha posto le premesse perché si affermasse un superiore modello di formazione sociale.
Le idee di questo articolo non hanno nulla a che fare con Marx. Mi sembra piuttosto che abbiano a che fare con un passatismo nostalgico e reazionario fatto di keynesismo, nazionalismo, patriarcato e famiglia tradizionale.
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Fabrizio
Wednesday, 26 May 2021 12:45
"Le idee di questo articolo non hanno nulla a che fare con Marx. Mi sembra piuttosto che abbiano a che fare con un passatismo nostalgico e reazionario fatto di keynesismo, nazionalismo, patriarcato e famiglia tradizionale."

Sottoscrivo in pieno!

Fabrizio
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Pantaléone
Tuesday, 25 May 2021 20:31
E sì che lo Stato deve essere abolito, e con gli due mani la destra e la sinistra.
Ogni Stato designa un potere, il potere ha una sua logica.
Parte forte, un'avanguardia illuminata dal profondo della sua notte pretende di avere la luce.
L'unico concetto che conta è il rovesciamento del dominio, il comunismo non è un'idea, ma una pratica.
Lo stato borghese, lo stato totalitario postmoderno, deve essere distrutto, è già in cammino.
O guida suprema, qual è la verità?
Compagno di classe inferiore, odora la cucina rosso-bruno, ti smarrisci nelle tue parole, insegui il naturale che torna a galoppare.
Grazie, o grande Formenti, per avermi guidato, un semplice ignorante di classe inferiore.
Per me è il contrario di quello che dici nel tuo delirio soggettivista.
È la classe inferiore che deve guidare la classe superiore, soggetta al pensiero intellettuale, con le suole ancora piene di fango.
Uno sforzo in più Don Carlo se vuoi davvero essere comunista!

Tradotto con www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)
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