Cosa significano i gilet gialli?
di Felix Boggio Ewanje-Epee
Questo testo è un intervento a caldo nella congiuntura politica. Cronologicamente si colloca fra due momenti caldi della mobilitazione detta dei Gilet Gialli, la giornata del 17 novembre 2018, che ha mobilitato su più di 2000 barricate in tutta la Francia più di 280mila persone, e il 24 novembre seguente, un secondo atto di azione di movimento, incentrata su Parigi.
Fra queste due tappe, iniziative a singhiozzo hanno ritmato le tempistiche politiche, alcune mostrando i lati migliori (tentativi di blocco delle raffinerie), altre i peggiori (espressioni razziste agli sbarramenti, denuncia dei migranti alla dogana). Le note seguenti cercano di comprendere il senso e la portata di tale movimento in un periodo di riflusso del movimento operaio e di debolezza generale delle capacità di mobilitazione delle forze militanti
1. Il movimento dei gilets gialli e la loro eco mediatica e politica indicano una profonda crisi di regime. Tale crisi era in vista da questa estate, quando è scoppiato il caso Benalla, dal quale l’esecutivo ha dovuto affrontare una serie di dimissioni. Evidentemente l’emergere e la diffusione delle attuali mobilitazioni hanno delle ragioni autonome, ma non è un caso fortuito che scoppino dopo una forte delegittimazione del blocco di potere al governo. Il carattere sociale e politico dei gilets gialli che si possono descrivere (in modo neutro) come “populismo dal basso” corrisponde ad un elemento fondamentale di questo periodo: da una parte l’emergere di vari scandali, della evidenza della corruzione del blocco di potere, dall’altro l’impunità delle classi politiche e la diffusione in tutta Europa di un “degagismo” [neologismo che indica le pressioni per chiedere le dimissioni dei vertici politici, n.d.t] derivante da tale delegittimazione del corpo politico tradizionale. Si tratta di un movimento le cui caratteristiche sono fluide per definizione, il cui carattere inquietante è stato già sottolineato (talvolta a ragione) dalla sinistra sociale e politica. Queste esplosioni popolari con parole d’ordine ambivalenti e prive di una strutturazione politica o sindacale non potrebbero essere isolate da una crisi generale delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio. Tanto dal punto di vista della capacità di mobilitazione, che delle rivendicazioni raggiunte a favore delle lotte, le organizzazioni sindacali, collettive ed i partiti che si richiamano all’emancipazione sono in un impasse.