Dietro le guerre di Trump. Chi comanda negli Stati Uniti?
di Elisabetta Grande
Doveva essere il presidente della pace, colui che, in nome di un isolazionismo vantaggioso per un’America capace di ritornare di nuovo grande, si sarebbe dovuto ritirare da ogni conflitto. Avrebbe dovuto chiudere nel giro di poco tempo le disastrose situazioni belliche in corso: erano queste le sue promesse tanto in campagna elettorale quanto ancora dopo essere stato eletto a novembre scorso. E invece Trump non solo non ha posto fine alle carneficine in corso – alimentandole al contrario con aiuti militari tanto all’Ucraina (https://www.aljazeera.com/news/2025/5/9/after-minerals-deal-trump-approves-arms-to-ukraine-plays-down-peace-plan) quanto a Israele (https://www.state.gov/military-assistance-to-israel/) – ma domenica ha addirittura portato direttamente gli Stati Uniti in guerra, a fianco di Israele, attaccando tre siti nucleari iraniani con i suoi bombardieri invisibili B2.
Che ne è stato, si domandano in molti, di tutte le sue dichiarazioni precedenti, compresi i moniti fino a ieri diretti a Netanyahu, volti a dissuaderlo dall’attaccare l’Iran? Come è possibile che egli si alieni con disinvoltura una notevolissima fetta del suo elettorato MAGA, fortemente anti-interventista e ben rappresentata dai vari Steve Bannon, Marjorie Taylor Green o Tacker Carlson, col quale ultimo il presidente ha avuto scambi durissimi? Per non parlare del rapporto assai teso che si è creato con Tulsi Gabbard, pur scelta come direttrice dell’intelligence proprio perché anti neocon, e poi messa all’angolo non appena ha evidenziato come Israele non corresse alcun pericolo di un’imminente bomba atomica da parte dell’Iran.
L’impressione è che – per quanto formalmente sia il presidente degli Stati Uniti (in quanto Commander in Chief) a dare gli ordini di guerra (e se lo volesse fare in maniera costituzionalmente corretta l’ordine dovrebbe sempre far seguito a una dichiarazione proveniente dal Congresso) – egli in verità abbia assai poco potere decisionale. Ciò non vale solo oggi per Trump, ma anche ieri per Biden, che fra l’altro – ormai è noto – aveva deficit cognitivi tali da renderlo inadatto ad assumere determinazioni autonome. Per quanto Biden non abbia scatenato guerre coinvolgenti direttamente le truppe americane, è risaputo, infatti, come sotto la sua presidenza l’intelligence americana abbia per lungo tempo guidato le azioni militari ucraine, secondo il nuovo schema della guerra non diretta (niente boots on the ground cioè), bensì per procura, usando le truppe e le morti altrui (https://www.nytimes.com/interactive/2025/03/29/world/europe/us-ukraine-military-war-wiesbaden.html).
Il potere decisionale sembra far capo a quelle forze economiche che – con i loro soldi (non si dimentichino i più di 16 miliardi spesi durante l’ultima campagna elettorale, provenienti in grandissima misura dal mondo corporate) – controllano chi viene eletto, non importa se democratico o repubblicano, indirizzandolo inevitabilmente verso i propri interessi. Quando dunque ci sono in gioco il gas, il petrolio, i profitti sulla produzione di armi o il rischio per il paese di perdere il ruolo di potenza economica dominante e la sovranità monetaria globale, come sta avvenendo con l’esplosione economica della Cina e l’avvento dei Brics +, le scelte sono obbligate. Neocon o meno che siano il presidente e il suo entourage, o i membri del Congresso – che rappresentano non chi li ha votati, ma chi li ha finanziati per poter essere eletti – sono tutti inevitabilmente esecutori di un piano disegnato altrove, cui non è dato opporsi.
Si tratta di un progetto che, al di là della forma, vede sul piano bellico una continuità sostanziale fra tutto quel che è avvenuto, almeno a partire dalla presidenza Obama. È ormai chiaro che il conflitto fra Ucraina e Russia, che trova origine in quel “vaffa” all’Europa pronunciato nel 2014 da Victoria Nuland (sottosegretaria agli affari politici di Obama), doveva servire, nei programmi di inglesi e americani e soprattutto delle grandi corporation statunitensi, a vendere armi e anche a indebolire la Russia: sono note le affermazioni di Boris Johnson e Joe Biden, che, a un mese dall’inizio delle ostilità, affossavano ogni accordo di pace fra i contendenti: cfr. https://serenoregis.org/2024/06/21/una-fine-pacifica-della-guerra-in-ucraina/ e https://www.panorama.it/news/dal-mondo/colloqui-pace-guerra-russia-ucraina). Ebbene, quel disegno si è avverato a livello geopolitico. L’indebolimento della Russia ha permesso ciò che Barack Obama e Hillary Clinton non erano riusciti a fare con il progetto Timber Sycamore nel 2012: ottenere, nel dicembre 2024, un cambio di regime in Siria, stretta alleata del Cremlino, che quest’ultimo non ha più avuto la forza di difendere. Il passo successivo per garantire a Israele – alleato armato nella zona più cruciale del pianeta per le risorse energetiche su cui le grandi corporation americane vogliono avere il controllo – il dominio del Medio oriente e delle sue ricchezze sembra oggi essere un cambio di regime anche in Iran (MIGA: Make Iran Great Again!, ha urlato il burattino Trump), agognato dalle economie occidentali fin dai tempi della caduta dello scià. Per arrivarci, il conflitto con Hamas e la carneficina del popolo palestinese paiono essere stati la perfetta via per mettere fuori combattimento la rete di milizie alleate che l’Iran si era costruito a suon di miliardi dalla fine della guerra con l’Iraq in poi: non solo Hamas, ma anche Hezbollah e Houthi. Hamas, in una guerra durata più di un anno, ha perso migliaia di combattenti, mentre la sua capacità di minacciare Israele con il lancio di razzi è stata gravemente indebolita. In Libano, Israele – che ha terrorizzato la popolazione con i cercapersona bomba – ha eliminato i principali leader di Hezbollah, distrutto gran parte del suo arsenale e danneggiato seriamente la sua influenza politica nel paese. Gli Houthi, anch’essi sotto pressione nell’ultimo anno e mezzo, in maggio hanno raggiunto un accordo con gli Stati Uniti per fermare gli attacchi contro le navi americane nel Mar Rosso. Tanto più che l’assassinio nel 2020 in Iraq, per mano statunitense ai tempi del primo Trump, del comandante della sicurezza e dell’intelligence iraniana, Qassem Soleimani, aveva già reso più vulnerabile quella rete di alleanze. Il suo successore, infatti, a differenza di Soleimani, che gestiva le forze per procura dall’Iran in modo decentralizzato, ha cercato un livello più alto di coordinamento tra i gruppi, il che le ha indebolite. Secondo un esperto, Ali Vaez, infatti, egli avrebbe trasformato la rete in un’impresa molto più burocratica, esponendola maggiormente alla penetrazione dell’intelligence israeliana.
Senza la Siria di Assad, che forniva un corridoio terrestre fondamentale per il trasferimento di denaro e armi alle milizie alleate e bloccava i cieli al passaggio di aerei israeliani verso l’Iran, quest’ultimo è così rimasto più solo che mai, passando dalla situazione di massima forza e influenza di qualche anno fa a una di grande debolezza, che Israele e gli Stati Uniti, dopo averla costruita, hanno subito sfruttato a vantaggio delle proprie economie.
Al di là delle smentite o meno di Trump in relazione all’obiettivo di un cambio di regime in Iran, sembra proprio questo il piano strategico che lega la guerra russo-ucraina al massacro palestinese fino all’escalation di Israele e Usa con l’Iran: un piano di perfetta conquista economica dell’Occidente ai danni dell’alternativa multipolare perorata da quelli che Manlio Dinucci chiama i CRINK (Cina, Russia, Iran e Corea del Nord). Si tratta di un programma che a nessun presidente americano pare dato mettere in discussione.
Comments
Diciamo anche che la signora Grande scrive per "Volere La Luna" che vedono l'esistenza della UE come feticcio incrollabile da preservare ad ogni costo e se qualcuno come il sottoscritto segnala doviziosamente a quelli di "Volere La Luna" che la UE storicamente è sempre stata un progetto della CIA, il suo post gli viene immediatamente cancellato senza alcuna ragione plausabile!!
Questo l'articolo in questione :
https://volerelaluna.it/commenti/2024/12/18/meloni-lamerikana/
in cui con dovizia di particolari gli segnalavo col mio post che la UE storicamente è sempre stato un progetto della CIA e che subito dopo lo hanno cancellato senza alcuna ragione plausabile!
Fra le altre cose, che gli USA sono fondamentalmente un'oligarchia lo hanno detto persino su La Repubblica, ovviamente mai in prima pagina e solo pochissime volte, vedasi:
"Usa, la repubblica degli oligarchi"
di Dario Fabbri per La Repubblica, 14 maggio 2015
Anteprima di "U. S. Confidential", il nuovo numero di Limes dedicato agli Stati Uniti
https://www.repubblica.it/esteri/2015/05/15/news/usa_la_repubblica_degli_oligarchi-114385693/
A titolo integrativo sull'argomento, vedasi:
“Gli Stati Uniti sono un’oligarchia”, di Byebyeunclesam, 21 marzo 2024
Proponiamo ai lettori una rassegna di testi, apparsi nell’arco dello scorso decennio. utili a costituire una sorta di vademecum relativo ad un argomento tabù nell’editoria italiana.
https://byebyeunclesam.wordpress.com/2024/03/21/gli-stati-uniti-sono-unoligarchia/
Inoltre, ci sarebbe da dire anche che Elisabetta Grande insegna Sistemi giuridici comparati all’Università del Piemonte orientale e da oltre un ventennio studia il sistema giuridico nordamericano e la sua diffusione in Europa ( riferimento: https://volerelaluna.it/autori/grande-elisabetta/ ) ma non dirà mai ai suoi studenti universatari che gli USA essenzialmente sono stati sempre un'oligarchia e che la UE storicamente è sempre stata un progetto della CIA, come mai?
"Dire la verità non fa fare carriera", Prof Alberto Bagnai, quando era ancora solo un professore universitario di politica economica e finanziaria, nel suo Bog Goofynomics e qualche anno prima di diventare politicante leghista