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fuoricollana

Verso un nuovo (dis)ordine?

di Vincenzo Comito

Parafrasando Gramsci, il vecchio ordine è sempre più vacillante, mentre un nuovo ordine fatica a venire alla luce. Nell’intermezzo, si assiste a svariati fenomeni morbosi, tra cui la presidenza “Trusk”, che pur ispirata all’American First, potrebbe, invece, accelerare il tramonto dell’egemonia USA

IMG20200730200157.jpgAppare evidente che stiamo vivendo in questi anni nel mondo in un periodo di grande confusione, anzi, se vogliamo, di vero e proprio caos. Tra i segni più evidenti ci sono indubbiamente la guerra in Ucraina e quella israelo-palestinese, la confusione siriana, la lotta su tutti i fronti e con tutti i mezzi degli Stati Uniti per contrastare l’avanzata economica, tecnologica, politica cinese, la grande incertezza economica e politica in Europa, ma dalle prospettive comunque poco incoraggianti e ancora le lotte armate interne in diversi paesi africani e asiatici, a cominciare da quella, terribile, che si svolge da tempo in Sudan. Si aggiungono dopo quelle atomiche le minacce ecologiche e tecnologiche sempre più incombenti.

 

Il vecchio ordine internazionale vacilla

Al di là delle ragioni specifiche di ognuno di questi accadimenti essi sembrano collocarsi tutti sostanzialmente nel quadro di una situazione nella quale il vecchio ordine internazionale vacilla sempre di più. Non regge il potere degli Stati Uniti, e più in generale dell’Occidente, sul resto del mondo, con tutte le loro presunte regole sempre violate a piacimento e le sue istituzioni ormai cadenti, mentre il nuovo assetto globale che dovrebbe sostituirlo non si è ancora affermato; se ne intravede appena qualche segno iniziale

Tra l’altro, la Cina ha mostrato al mondo e in particolare ai paesi del Sud globale che il vecchio mito per cui la modernizzazione economica comporti necessariamente l’occidentalizzazione dei vari paesi non sta più in piedi e che l’Occidente non ha tutte le risposte da dare ai paesi in via di sviluppo.

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Il minaccioso imperialismo di Trump e del capitalismo della sorveglianza tecnologica e il compito dei comunisti

di Fosco Giannini*

foto trump e oligarchi tec.pngLa presa diretta del potere da parte del “quinto capitalismo” chiede ai comunisti di riappropriarsi pienamente dell’intera visione del mondo leninista e gramsciana.

Donald Trump, lo scorso 20 gennaio 2025, giorno del suo secondo insediamento alla Casa Bianca, svolge, di seguito, due discorsi: il primo alla Rotonda del Campidoglio, il secondo presso l’Emancipation Hall, di fronte ai militanti repubblicani, ai suoi sostenitori più fedeli e a tutta la schiera dei nuovi vip corsi sul carro del vincitore. Nel suo primo intervento il presidente Usa mantiene un profilo relativamente equilibrato e “istituzionale”, pur annunciandosi senza vergogna “salvato da Dio affinché l’America torni grande”, eroe della nuova era d’oro americana e pacificatore delle guerre del mondo. È nel secondo intervento, tuttavia, che il presidente fa riemergere il vero Trump che ha in sé, rilanciando con fulmini e tuoni il proprio disegno razzista di deportazione di massa degli immigrati e i propri progetti proto-imperialisti volti a cambiare il nome del Golfo del Messico in Golfo Americano, a “riconsegnare all’America” il Canale di Panama e a conquistare per gli Usa la Groenlandia. Proponendo, inoltre, con particolare iattanza reazionaria, una sorta di undicesimo comandamento per il quale dal 20 gennaio 2025 in poi vi saranno negli Usa solo due generi: maschile e femminile e tutto il resto del doloroso, sofferente, non “ordinato”, comunque non protocollare e diverso, e a volte anche persino felice, percorso sessuale umano (che tale è, non ordinato, non protocollare, dall’intera storia dell’umanità) sarà cancellato attraverso la stessa forza poliziesca della “legge” trumpiana (sarà interessante vedere come nelle università statunitensi, tra i giovani americani, nelle vaste aree socialmente e intellettualmente avanzate Trump potrà ratificare e far rispettare il “nuovo ordine” di genere controrivoluzionario, come potrà edificare su tutto il territorio nordamericano l’immensa Vandea della controrivoluzione sessuale).

Ma, sulla natura dei due discorsi di Trump nel giorno del suo secondo insediamento molto si è parlato. Ciò che, credo, sia stato poco rimarcato è un altro fatto, che nella sua essenza sembra a chi scrive di importanza strategica.

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comedonchisciotte.org

La militarizzazione del dollaro USA. Potrà funzionare?

di Michael Hudson - unz.com

shutterstock 2467578939 600x400 1.jpgTrump ha promosso una serie di piani per rendere l’America forte – a spese di altri Paesi. Dato il suo motto “noi vinciamo, voi perdete”, alcuni dei suoi piani produrrebbero l’effetto opposto a quello da lui immaginato.

Non sarebbe un gran cambiamento nella politica degli Stati Uniti. Ma, secondo me, la Legge di Hudson potrebbe raggiungere il suo apice sotto Trump: ogni azione degli Stati Uniti, quando attaccano gli altri Paesi, tende a ritorcersi contro di loro e finisce per costare alla politica americana almeno il doppio.

Abbiamo visto che è diventato normale per i Paesi stranieri essere l’oggetto dell’aggressione politica degli Stati Uniti. Il più evidente è il caso delle sanzioni commerciali americane contro la Russia. Se non sono gli Stati Uniti a perdere (come nel caso del sabotaggio al gasdotto Nord Stream che ha portato all’impennata delle esportazioni statunitensi di GNL), saranno i loro alleati a farne le spese. Tra qualche anno, gli Stati Uniti potrebbero perdere l’Europa e la NATO a causa delle pressioni esercitate dai Paesi europei per dichiarare la propria indipendenza dalla politica statunitense.

Per accelerare il distacco dall’Europa, i leader della NATO chiedono sanzioni contro la Russia e la Cina, affermando che “le importazioni equivalgono alla dipendenza”. Seguiranno controsanzioni russe e cinesi che bloccheranno la vendita di altre materie prime all’UE.

In passato abbiamo discusso del piano di Trump di aumentare le tariffe doganali statunitensi e di usarle in modo simile all’imposizione di dazi contro i Paesi che non si allineano alla politica estera degli Stati Uniti. Questa proposta è molto contrastata da interessi repubblicani consolidati e, in ultima analisi, è il Congresso che deve approvare le sue proposte. Quindi Trump probabilmente minaccia troppi interessi acquisiti per fare di questa proposta una grande battaglia all’inizio della sua amministrazione. Sarà impegnato a fare piazza pulita [di quei settori] dell’FBI, della CIA e delle forze armate che, fin dal 2016, sono sempre state contro di lui.

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analisidifesa

La contraddizione che si cela tra la transizione digitale e la transizione energetica

di Demostenes Floros

quali sono le fonti rinnovabili di energia.jpgL’intelligenza artificiale (AI) e i data centers, che potremmo definire come le infrastrutture dell’immateriale o, più semplicemente, le banche in cui immettiamo i dati, ci pongono dinanzi al difficile tema della correlazione esistente tra la transizione digitale e la transizione energetica.

Più precisamente, lo scorso 8 novembre, la Professoressa Giovanna Sissa, dell’Università di Genova, ha scritto che “occorre indagare gli effetti dell’interazione tra le due, siano essi positivi – può la transizione digitale accelerare quella energetica? – o negativi – l’impatto sulle emissioni [e a monte sui consumi] della transizione digitale, dell’intelligenza artificiale e dei data center rischia di vanificare gli sforzi di quella energetica”[1]?

Premesso che, a oggi, esistono ancora pochi studi al riguardo e con risultati in contrasto tra loro, l’obiettivo che ci poniamo è di portare alla luce la contraddizione che si cela tra le due transizioni.

Senza dubbio, l’intelligenza artificiale è particolarmente promettente per quanto attiene la costruzione di reti energetiche più efficienti, stabili e intelligenti, oltre ad avere un impatto potenzialmente significativo sulla produttività, quindi sui margini di profitto di un’ampia gamma di settori industriali, dai software ai servizi finanziari[2].

L’AI potrebbe infatti migliorare la pianificazione e la resilienza delle reti energetiche, nonché contribuire alla scoperta di materiali per le tecnologie energetiche pulite. Ad esempio, l’incremento dell’efficienza dei chip, con circuiti più densi, sta già riducendo in maniera significativa il fabbisogno energetico dei semiconduttori[3].

Inoltre, Bank of America[4] ha stimato che l’effetto dell’intelligenza artificiale sulla crescita dei margini del settore dell’energia Usa in una serie di casi d’uso, tra cui l’esplorazione, il monitoraggio delle condutture e quello ambientale, sarà del 3,1% nei prossimi 5 anni.

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Il woke si inchina a Trump: si prepara la fine dell’Ue

di OttolinaTV

Trump 1 300x200.jpgPensavate fossero sofisticate strategie geopolitiche e, invece, era la solita tamarrata hollywoodiana; la grande rivoluzione che ha spazzato via in quattro e quattr’otto il vecchio pensiero unico dell’establishment liberale (impersonificato da rimbamBiden) con i miliardari del popolo Trump e Musk, alla fine si sta rivelando come il più trito e ritrito dei copioni: sbirro buono contro sbirro cattivo, il classico dei classici. Anche se, a questo giro, la sequenza è invertita e già qui sorge il primo problema: di solito, infatti, ogni interrogatorio che si rispetti inizia col cattivo, quello che con le regole ci si pulisce il culo e che ti prende a pizze. E, se non cedi, ecco allora che arriva quello buono: fa il comprensivo, ti fa sentire a casa, te ti lasci un po’ andare e zac, ti fotte. Qui, invece, siamo partiti da quelli buoni, anzi, quelli democratici, come si fanno chiamare (addirittura progressisti, a volte); lascia perdere che forniscono i missili per sterminare i bambini rintanati dentro un ospedale, o che armano fino ai denti battaglioni formati da energumeni di due metri con più svastiche e croci celtiche tatuate che denti: mica lo fanno perché so’ stronzi! E’ che sono costretti; d’altronde, di fronte alle minacce alla democrazia e al progresso, sono il male minore e, tra una lettura di Kant e l’altra, hanno imparato a rispettare le regole. Vabbeh, le regole… Non esageriamo; diciamo LA regola, l’unica che conta davvero: quella del Marchese del Grillo.

Ora, sarà perché quando parti subito con lo sbirro buono il giochino non funziona, oppure perché questo sbirro buono recitava troppo male e l’hanno sgamato subito tutti, oppure perché – banalmente – con questi imputati lo sbirro buono non aveva nessuna chance a prescindere, fatto sta che, stringi stringi, il giochino non ha funzionato. Trump lo ripete continuamente da anni: mica pensavate davvero di scoraggiare degli energumeni come Putin, Xi o Kim co’ ste fregnacce! Co’ quelli altro che sbirro cattivo ce vo’! In estrema sintesi, la geopolitica trumpiana sta tutta qui: dalle dichiarazioni sull’annessione di Canada, Groenlandia e Panama, alle minacce di dazi del 100% per chiunque si azzarda a commerciare con valute diverse dal dollaro, passando per Musk che dà il pieno sostegno a qualsiasi nazistello si presenti alle elezioni nei Paesi vassalli, lo scopo, piano piano, diventa sempre più chiaro e perfettamente razionale.

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sinistra

Le parole e i fatti

di Piero Pagliani

2024 12 09T100032Z 898921543 RC2NEAAT0KMY RTRMADP 5 USA DEFENSE U75580145372olL 1440x752IlSole24Ore Web.JPGBasta fatti. Vogliamo parole!

Così diceva Gasparazzo, l'eroe proletario delle strisce di Lotta Continua.

E Donald Trump parla, parla, parla. Parla in modo incontenibile.

Finora il peggio di sé lo ha dato affermando:

1) Se Hamas non libera gli ostaggi scatenerò l'inferno.

2) Farò concludere la guerra in Ucraina minacciando Zelensky di tagliargli gli aiuti e, al contrario, minacciando Putin di aumentarli.

3) Non escludo di usare la forza per controllare Panama e la Groenlandia.

Partiamo dal primo punto, cioè più in generale dal Medio Oriente.

Dopo 16 mesi di bombardamenti genocidi su Gaza, l'Idf non è riuscito a venire a capo di un esercito informale palestinese scarsamente armato, senza aviazione, senza antiaerea, senza artiglieria, senza forze corazzate. Anzi, fonti israeliane affermano che sempre più giovani entrano nelle fila di Hamas e le perdite nell'Idf aumentano. E come previsto da molti, Israele nel sud del Libano ha in poco tempo dovuto imbastire una tregua con Hezbollah.

Il rovesciamento di al-Assad è stato indubbiamente un brutto colpo per la Russia e l'Iran, e soprattutto per i Siriani, ma la situazione ora è caotica. Nessuna forza in campo sembra essere in grado di controllare né un processo di ricostruzione del Paese né un processo di sua balcanizzazione. L'Occidente e Israele stanno capendo che mentre il governo di al-Assad era prevedibile in quanto i suoi obiettivi erano razionalmente descrivibili e valutabili, la sua uscita di scena ha dato la stura a vari interessi che si differenziano geopoliticamente, materialmente e ideologicamente creando un buco nero di intelligibilità e di operatività. I vari attori procedono sfruttando questa o quella situazione di forza, questa o quella opportunità, senza un piano coerente e facendo scontrare una contro l'altra le loro strategie che più sono “grandi” e “comprensive” più sembrano sfrangiarsi in percorsi locali dietro ai quali ogni tanto fanno capolino sontuosi proclami, del tipo: “Dopo Damasco, Gerusalemme!” [1].

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kelebek3

Dio, Umanità, Patria, Famiglia contro la Macchina del Tecno-Capitale

di Miguel Martinez

20200202.20200202.2A6A6120 2.Peretola.Fenicotteri.web 1230x1536Torno spesso qui a riflettere su una frase che mi colpì come un’illuminazione mistica:

“Dal mio punto di vista, più si viaggia meglio è. Più opportunità di lavoro di business e di spostamento veloce in aereo, in macchina, in treno o in nave ci sono, e meglio è.

Così parlò il Salsicciaio Matteo Salvini, il 19 dicembre 2018, dichiarando il suo sostegno all’espansione dell’aeroporto di Firenze Peretola, un aeroporto il cui proprietario è un miliardario argentino, e il cui direttore è attualmente console onorario d’Israele: gente che viaggia, insomma, ben più di un profugo eritreo che sta per annegare al largo di Malta.

E capii che quella era la vera essenza di ciò che oggi chiamano Destra.

In tutto il cosiddetto Occidente, si stanno improvvisamente affermando partiti politici che nell’emiciclo parlamentare si siedono a Destra.

Il fatto a prima vista è incomprensibile: dicono che la Destra crederebbe in Dio, Patria e Famiglia, quando le chiese sono vuote, la gente con trenta euro può salire su un volo Ryanair e volare sopra dieci patrie e in Italia, ogni cinque minuti una coppia si separa.

Eppure l’Italia di Destra, dopo il poligamo Berlusconi, ha conosciuto il divorziato Salvini e la convivente Meloni il cui governo ha introdotto la fecondazione assistita per tutti

In realtà, attaccando il presunto Dio – Patria – Famiglia (sentite la vocina roboante-ghignante con cui il Sinistro medio pronuncia queste parole), non solo la Sinistra non ha colto il vero motore della Destra; ha anche attribuito alla Destra meriti che non ha: perché dietro la parola Dio, c’è tutta la spiritualità della specie umana; dietro la parola Patria, il senso di un rapporto con un luogo; dietro la parola Famiglia, il senso di affetti e relazioni che trascendono il tempo.

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carmilla

Il nuovo disordine mondiale / 27

Crisi europea, guerra, riformismo nazionalista e critica radicale dell’utopia capitale

di Sandro Moiso

crisi europa 1.jpg“Vorrei solo riuscire a comprendere come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data” (Etienne De La Boétie. Discorso sulla servitù volontaria, 1548-1552)

E’ davvero straordinario come l’attenzione alle trasformazioni reali del mondo e dei rapporti economici e sociali che le sottendono finisca col nascondere troppo spesso il fatto che anche il capitalismo non è altro che il frutto di un’utopia. Dimenticando così che, come tutte le utopie, anche quella attualmente ancora predominante può essere negata e rovesciata nel suo contrario.

Un’utopia che, per quanto “concreta” e già interagente nella Storia, ha, come qualsiasi altra, la necessità di delineare dei piani e delle prospettive di perfezionamento e realizzazione del proprio sogno di un mondo ideale. In cui, però, la perfezione corrisponde alla massimizzazione dei profitti e dello sfruttamento della forza lavoro a favore dell’appropriazione privata della ricchezza socialmente prodotta da parte di pochi.

Per questo motivo, per giungere alla critica radicale di quella che Giorgio Cesarano1 definiva l’”Utopia capitale”, è sempre utile leggere e interpretare le voci dei suoi difensori, motivo per cui può rendersi necessaria la lettura di un articolo di Matthew Karnitschnig, Europe’s Economic Apocalypse, pubblicato su «Politico» a fine dicembre.

Karnitschnig è un giornalista che ha lavorato come redattore per Bloomberg, Reuters e Business Week, per poi trasferirsi al «Wall Street Journal» e diventare in seguito capo dell’ufficio tedesco dello stesso quotidiano finanziario, con sede a Berlino. Con il lancio della filiale europea del portale statunitense «Politico» con il gruppo Axel Springer nel 2015, è diventato capo dell’ufficio tedesco di Politico.eu. Per precisione è qui giusto ricordare che «Politico» è un quotidiano statunitense fondato negli Stati Uniti nel 2007, diventato in breve tempo uno dei media più importanti della politica di Washington e successivamente acquisito nel 2021 dalla Axel Springer Verlag.

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codicerosso

Palantir comincia la guerra civile nella difesa americana

di nlp

palantir.jpgNei racconti di Tolkien i Palantir sono le pietre veggenti e vedenti presenti nel Signore degli Anelli il cui nome significa “coloro che vedono lontano”. In linea con il testo “Magical Capitalism”, di Moeran e De Waal Malefyt, che vede il magico delle narrazioni come un potente strumento di valorizzazione del brand delle piattaforme, a inizio anni 2000 i Palantir hanno dato il nome all’omonima azienda. Palantir Technologies si occupa di analisi dei big data e di piattaforme di gestione dell’intelligenza artificiale. Palantir opera su diverse piattaforme di gestione della AI di cui qui ne segnaliamo tre per capire il tipo di azienda di cui stiamo parlando: Gotham, Foundry e MetaConstellation.

Gotham è utilizzata principalmente da agenzie governative, forze dell’ordine e intelligence ed è progettata per integrare, gestire, proteggere e analizzare enormi quantità di dati eterogenei provenienti da diverse fonti (come database, fogli di calcolo, e-mail, immagini, dati geospaziali). Permette agli utenti di identificare schemi, collegamenti nascosti e trend all’interno dei dati, facilitando indagini complesse e l’analisi di intelligence i suoi casi tipici di uso sono contrasto alla Jihad, prevenzione di frodi finanziarie, cybersecurity, gestione di emergenze e catastrofi naturali, intelligence militare.

Foundry è utilizzata da imprese commerciali e organizzazioni di vario tipo, in diversi settori (finanza, sanità, produzione, logistica, ecc.) . Si tratta di una piattaforma più versatile, progettata per aiutare le organizzazioni a integrare dati da diverse fonti, trasformarli, analizzarli e costruire applicazioni operative basate su di essi. Permette di creare un “digital twin” dell’organizzazione, facilitando l’ottimizzazione dei processi, la presa di decisioni basate sui dati e l’innovazione. Ha come uso principale la ottimizzazione della supply chain, gestione del rischio, manutenzione predittiva, ricerca e sviluppo, customer relationship management, compliance. In breve, si tratta di una potente piattaforma per la gestione e l’analisi di dati aziendali, per migliorare l’efficienza e la presa di decisioni.

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comuneinfo

L’autocrazia ha sconfitto il neoliberismo. E ora?

di Chris Carlsson

koshu kunii ILpe0MpOYww unsplash.jpgGli Stati uniti si preparano all’insediamento di Donald Trump. Quella cerimonia, dice Chris Carlsson, certificherà molte cose. La prima: il neoliberismo e la democrazia liberale, non solo negli Usa, sono morti. La seconda: Trump e i suoi accoliti si preparano al grande teatro della crudeltà per umiliare e mettere “al loro posto” prima di tutto donne e neri. La terza: dalla crisi delle democrazie emerge ovunque un capitalismo clientelare con un vasto apparato di sorveglianza tecnologico per controllare il dissenso. La quarta: non dobbiamo essere affranti e sentirci impotenti, questo sistema che prende forma non funzionerà, entrerà in crisi, probabilmente a partire dalle conseguenze delle crisi ambientale e climatica. “La sorveglianza ad alta tecnologia, il mercato e la manipolazione delle menti possono arrivare solo fino a un certo punto. Alla fine la capacità umana di autonomia e resistenza (e noia) sconfiggerà gli sforzi di autocrati imbranati che non comprendono la complessità sociale e pensano di poter imporre l’obbedienza alla società attraverso la repressione e la punizione. Questa roba non funziona…”. Forse ha ragione Bifo: la democrazia borghese è stata una trappola, aggiunge Carlsson, per chi pensava di cambiare il mondo. Adesso non sappiamo quando, dove e come emergeranno non solo una resistenza efficace ma soprattutto una visione del mondo e della vita che entusiasmerà tante persone, “abbastanza da spingerle a rovesciare il dominio di questa élite così platealmente folle…”. “Alla stregua di quanto fa John Holloway io dico che è la nostra umanità di fondo la base dei nostri desideri e della capacità di trasformare radicalmente il nostro modo di vivere e di ripensare il modo in cui produciamo la nostra vita insieme…”

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megachip

Ucraina: l’Occidente e la strategia verso il precipizio

di Pino Cabras

Allora dobbiamo chiedercelo: perché l’Occidente collettivo ha scommesso così tanto – praticamente tutto – su un cavallo palesemente zoppo? Qualcuno risponda. Mainstream e gran parte dei governanti offrono sempre due risposte, per forza false

mak02.jpgLe false narrazioni del conflitto

Nella guerra ucraina, finora combattuta con armi non nucleari, i rapporti di forza sul campo ci rivelavano fin dall’inizio un forte divario di mezzi e tecnologie in favore della Federazione Russa. Quella disparità non poteva che portare all’inevitabile sconfitta di Kiev, anche ipotizzando, come in effetti poi c’è stato, un enorme dispendio di mezzi economici e militari delle potenze occidentali per tenere in piedi il blocco ipernazionalista che aveva preso il potere nel 2014.

Per avere un ordine di idee, le spese di Washington e dei suoi vassalli (europei e non solo) in favore di Zelensky & C. sono largamente superiori alle spese militari dell’intera Federazione Russa (che sono dedicate solo in quota minoritaria all’operazione militare in Ucraina). Aggiungiamo che le decine di tornate di nuove sanzioni, presentate come un mezzo per strangolare Mosca, si sono scontrate con una realtà opposta in cui la Russia ha riassorbito il colpo (al netto di certi inevitabili squilibri finanziari) e ha un’economia in espansione, laddove l’Europa soffre un repentino processo di deindustrializzazione, particolarmente drammatico e sconcertante in Germania.

Allora dobbiamo chiedercelo: perché l’Occidente collettivo ha scommesso così tanto – praticamente tutto – su un cavallo palesemente zoppo? Qualcuno risponda.

La corrente principale dei media e gran parte dei governanti in proposito offre sempre due risposte. Per come abbiamo imparato a conoscere i loro comportamenti, sono per forza risposte false.

 

La guerra per procura: strategia e limiti

La prima risposta è che si vuole difendere a tutti i costi la “democrazia ucraina” contro “l’autocrazia che attacca un paese sovrano”.

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coku

Lo spettro della sovrapproduzione nell’industria automobilistica internazionale

di Eugenio Donnici

auto 1220x600.jpgLa divisione sociale del lavoro nell’industria automobilistica, a livello internazionale, è in subbuglio, non solo per la questione della transizione dal motore endotermico a quello elettrico, ma è costellata dallo spettro della sovra-capacità produttiva.

Se in Italia gli impianti produttivi del gruppo Stellantis lavorano, ormai da tempo, a singhiozzo (1), la situazione non è nemmeno tanto rosea in Germania: il colosso di Wolfsburg, per la prima volta nella sua storia, nel mese d’ottobre dell’anno corrente, ha annunciato la chiusura di tre stabilimenti, con la conseguente perdita di miglia di posti di lavoro e la riduzione del salario del 10%.

Per chi ha scarsa memoria storica, vale la pena ricordargli che stiamo parlando del marchio Volkswagen che, nei primi anni 90 del secolo scorso, ha avuto il coraggio di adottare la soluzione che mirava a salvaguardare i posti di lavoro, con uno storico accordo che prevedeva la riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali, a parità di salario.

Le ripercussioni della crisi automobilistica tedesca creano un effetto domino su quella italiana, in quanto in questo comparto, l’Italia ha ridotto notevolmente la produzione di automobili (prodotti finiti), mentre ha incrementato le quote di mercato dei pezzi di automobili, i quali vengono assemblati in altri contesti produttivi. In altri termini, ci siamo specializzati nella componentistica per i marchi francesi e tedeschi.

Se in Europa si respira un’aria asfittica, negli USA, sebbene il settore sia in ripresa, non è stata ancora raggiunta la produzione del periodo prima della pandemia. Tuttavia, nonostante la produzione di auto elettriche non sia decollata, anche per la difficoltà di approvvigionamento dei semiconduttori, le rivendicazioni degli operai sono più frizzanti.

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lafionda

Prove tecniche di tempesta perfetta

di Fabio Vighi

la tempesta perfetta 1024x519 1.jpg‘Noi siamo’ egli disse ‘pensieri nichilisti, pensieri di suicidio, che affiorano nella mente di Dio’ (Max Brod da una conversazione con Kafka).

In una delle scene più spesso citate del film Night Moves (Bersaglio di notte, 1975) di Arthur Penn,troviamo Gene Hackman (l’investigatore privato Harry Moseby) seduto nel suo studio davanti a un piccolo televisore in bianco e nero, mentre guarda svogliatamente una partita di football americano. Quando la moglie entra e gli chiede “Chi sta vincendo?”, lui borbotta, “Nessuno. Una squadra perde più lentamente dell’altra”. Il merito di Night Moves, e di altri film della New Hollywood, è stato l’aver intuito che la crisi degli anni ’70 era integrale al crollo terminale del modello di socializzazione capitalista: una debacle insieme socioeconomica, culturale e psicologica che da qualche anno è entrata nella sua fase più calda (che questa volta Hollywood ha deciso di rimuovere).

Dopo un paio di decenni di collasso al rallentatore, la turbo-accelerata implosiva degli ultimi anni prevede ora una condizione di destabilizzazione permanente – le forever wars. Si tratta, innanzitutto, di un cambio di narrazione che assomiglia al disturbo delirante-paranoico di chi vede ovunque un “nemico alle porte” e un’“invasione imminente”. In realtà, è banale e vigliacca ideologia. Quando i burocrati della Fortezza Europa sostituiscono decenni di promesse di eterno benessere con il kit di sopravvivenza per giovani marmotte (il patetico invito a prepararsi a “72 ore di autosufficienza”), i sudditi dovrebbero ribellarsi, in primis, contro la solenne presa per i fondelli.  

Ora che la pantomima elettorale USA è finalmente terminata (con la vittoria del candidato preselezionato da Wall Street) probabilmente cominceranno i fuochi d’artificio – magari innescati da qualche missile occidentale a lungo raggio fatto lanciare su territorio russo. Nel frattempo, continua l’estasi speculativa: i mercati USA stracciano record su record, trainando Bitcoin e tutto il cripto-spazio sponsorizzato da Trump; che, ricordiamolo, è l’uomo dei tassi negativi, e che dunque farà qualsiasi cosa pur di inondare le banche di easy money e spingere la ricchezza sempre più in alto, alla faccia di quella working class impoverita che lo ha votato al grido di MAGA.

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Musk, Trump e Buffet si stanno preparando per la più grande rapina del secolo?

di OttolinaTV

101240688 7e90d152 2040 4df0 892e 156059ff4edc.jpgImmaginati di investire 2.000 euro e, dopo 6 mesi, ritrovartene 500 mila: è esattamente quello che è successo a Elon Musk da quando ha fondato, nel maggio 2024, il comitato di azione politica a sostegno di Donald Trump America PAC; nei quattro giorni che hanno seguito l’oceanica vittoria di The Donald, solo le azioni Tesla sono passate da 231 a 331 dollari (+ 45%) ed è solo la punta dell’iceberg. Ieri, infatti, Trump ha annunciato la nascita di un nuovo ministero ad hoc: il Department of Government Efficiciency, il dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE, per gli amici). Un nome, un programma: manco fossimo in un remake di Idiocracy, DOGE infatti è il nome della criptovaluta più amata da Elon Musk, l’unica che da 2 anni può essere utilizzata per fare acquisti sui negozi online di Tesla e che nell’arco di 48 ore è più che raddoppiata, raggiungendo una capitalizzazione di oltre 60 miliardi di dollari. A guidare il nuovo dipartimento, al fianco di Elon Musk ci sarà l’altro astro nascente delle oligarchie che si sono stufate di farsi rappresentare da politici – che, per quanto servili, risultano spesso troppo cauti e timidi – e hanno deciso di prendersi direttamente il governo del Paese; si chiama Vivek Ramaswamy e deve la sua popolarità, in particolare, a un best seller uscito nel 2021: Woke, Inc.: all’interno della truffa sulla giustizia sociale delle multinazionali americane. Come Musk (e come Trump), Ramaswamy ha capito una cosa fondamentale: nell’era del declino dell’egemonia neo-liberale e del politically correct, affermare in modo sguaiato che i froci, i negri e le zecche rosse hanno rotto i coglioni è un lasciapassare a prova di bomba per rapinare indisturbati i cittadini comuni, con il loro sostegno; mentre Ramaswamy, infatti, conduceva la sua popolare crociata contro la dittatura dell’ideologia woke, raddoppiava (nel giro di pochi anni) il suo patrimonio personale, fino a sfiorare quota 1 miliardo. Da un lato replicando in piccolo il modello BlackRock e Vanguard con il suo fondo di risparmio gestito Strive Asset Management (a sostenerlo, in particolare, Peter Thiel, co-fondatore e presidente di Palantir, che vede come primi azionisti, con oltre il 25% delle quote, proprio BlackRock e Vanguard); dall’altro, mentre insieme a Musk e Trump conduceva una crociata contro i vaccini Pfizer, con la sua Roivant Science con Pfizer firmava un corpulento accordo per la formazione di una nuova società focalizzata sulle malattie infiammatorie.

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transform

La sconfitta dell’Occidente oligarchico e nichilista. La profezia di Emmanuel Todd

di Alessandro Scassellati

meteorite 12.jpgLo storico, demografo, antropologo e sociologo neo-weberiano Emmanuel Todd, allievo dello storico inglese Peter Laslett a Cambridge e noto per aver predetto con diversi anni di anticipo il crollo dell’URSS1, ha scritto un libro importante e molto ambizioso, “La sconfitta dell’Occidente” (Fazi Editore, Roma 2024), pieno di spunti geniali, ipotesi ardite e brillanti e scomode provocazioni2. Insomma, un libro da leggere con gusto. È stato scritto tra il luglio e il settembre del 2023 (durante l’estate della fallita controffensiva ucraina pianificata dal Pentagono), ma è uscito in Italia in settembre con una prefazione scritta nel giugno 2024.

Il libro cerca di fare il punto sulla disastrosa condizione presente e la tesi centrale è che l’Occidente, più che essere sotto attacco da parte della Russia, “si sta distruggendo da sé”: la crisi endogena dell’Occidente è il motore del momento storico che stiamo vivendo. “A mettere a rischio l’equilibrio del pianeta è una crisi occidentale, e più precisamente una crisi terminale degli Stati Uniti, le cui onde più periferiche sono andate a schiantarsi contro la banchina della resistenza russa, contro un classico Stato-nazione conservatore” (pag. 38).

L’Occidente è diventato totalmente autoreferenziale, convinto che avrebbe potuto facilmente imporre il suo modello al resto del mondo. “Il sistema occidentale odierno ambisce a rappresentare la totalità del mondo e non ammette più l’esistenza dell’altro. Tuttavia, … se non riconosciamo più l’esistenza dell’altro, legittimamente tale, alla fine cessiamo di essere noi stessi” (pag. 51). Ogni civiltà è viva e capace di agire con coerenza, se ha una identità dialettica. Secondo Todd, l’America di Eisenhower negli anni ’50, grazie ai lavori di alcuni antropologi e scienziati politici (Margaret Mead, Ruth Benedict, Edward Banfield, etc.) era ancora capace di riconoscere “l’altro” (ossia la diversità socio-culturale del mondo), in particolare la specificità delle culture russa, giapponese o dell’Italia meridionale (pp. 72-73). Ora, prevale una concezione uniforme dei popoli.

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lantidiplomatico

Israele e il potere totalizzante

di Patrick Lawrence

l'AntiDiplomatico ha il piacere di pubblicare il terzo articolo in esclusiva del grande giornalista statunitense Patrick Lawrence. Corrispondente pluripremiato per the International Herald Tribune per diversi anni, Lawrence ha appena pubblicato il suo ultimo libro Journalists and Their Shadows con Clarity Press. Per l'AntiDiplomatico è motivo di grande orgoglio ed emozione avere la possibilità di entrare dentro l'Impero statunitense con una delle migliori penne al mondo per farlo (A.B.)

noue5egu"La mera finzione è sufficiente nel nostro mondo post-7 ottobre. Si preferisce, proprio come osservava la Arendt ne Le origini del totalitarismo, che le persone sottoposte a una propaganda incessante arrivino a preferire l'inganno"

In un memorandum del Dipartimento di Stato dal titolo “Review of Current Trends” e contrassegnato come “Top Secret”, George F. Kennan rifletteva sulla situazione degli Stati Uniti al 24 febbraio 1948. La data presente sul rapporto. Le vittorie del 1945 erano passate da tre anni e gli Stati Uniti si ritrovavano improvvisamente a essere una potenza globale. Come sintetizzava magistralmente qualche anno dopo Luigi Barzini, noto giornalista italiano, in Gli americani sono soli al mondo (Random House, 1953), gli statunitensi erano “tanto nervosi e incerti, quanto potenti.”

Divenuto il più celebre diplomatico americano durante i decenni della Guerra Fredda, Kennan è oggi ricordato come l'architetto della politica di “contenimento” di Washington. Riportiamo di seguito un breve, illuminante, passaggio della sua visione del dopoguerra:

Abbiamo circa il 50% della ricchezza del mondo, ma solo il 6,3% della sua popolazione... Il nostro vero compito da oggi è quello di concepire un modello di relazioni che ci permetta di mantenere questa posizione di disparità senza che la nostra sicurezza nazionale ne risenta. Per farlo, dovremo fare a meno di ogni sentimentalismo e di ogni sogno a occhi aperti... Non dobbiamo illuderci di poterci permettere oggi il lusso dell'altruismo o di divenire il benefattore mondiale.

Più avanti nel suo scritto Kennan ipotizzava:

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Una economia di guerra?

di Visconte Grisi

guerra26.jpgLa tendenza verso una economia di guerra si configura a partire dalla pandemia di Covid 19. Qualunque sia stata l’origine del Covid 19, l’aspetto più sconvolgente era il linguaggio da tempo di guerra che era diventato subito virale nei mass media di regime. Espressioni da caserma come “siamo in prima linea sul fronte” o “omaggio agli eroi di guerra” sono state ripetute all’infinito, insieme al ritorno di una retorica patriottarda fuori tempo e agli inni nazionali sui balconi, anche questi durati poco, di fronte al precipitare della situazione sanitaria. Le strade deserte hanno reso l’idea di una situazione di coprifuoco che, fino ad un certo punto, ha finito per oscurare i termini scientifici dell’evoluzione della pandemia e delle possibili soluzioni di prevenzione e terapia. L’inserimento di queste misure si situavano entro una cornice che richiamava la simulazione di una situazione di guerra.

Alcuni fenomeni che si sono verificati in quel periodo possono far ritornare alla mente situazioni tipiche di una economia di guerra. Per esempio, la riconversione industriale in alcune fabbriche per la produzione di merci non più reperibili sul mercato nazionale, come le mascherine o i respiratori o i disinfettanti per le mani, ma si tratta, in questo caso, di fenomeni molto limitati, mentre la produzione di armi (quelle vere) è tranquillamente continuata, anche nell’emergenza, come per gli F35 alla Leonardo di Cameri. Niente di paragonabile con l’autarchia dei tempi di guerra naturalmente, caso mai si tratta oggi della interruzione di filiere produttive multinazionali, risultato della divisione internazionale del lavoro capitalistica affermatasi negli ultimi decenni, impropriamente definita “globalizzazione”, e da cui è difficile, o improbabile, ritornare a una economia nazionale auto centrata.

Successivamente è comparso un altro fenomeno tipico dell’“economia di guerra”: la speculazione sui generi di prima necessità.

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lantidiplomatico

Ucraina, media, euro e nichilismo: le ragioni della sconfitta dell'occidente

Alessandro Bianchi intervista Emmanuel Todd

slkjvòxòIncontriamo Emmanuel Todd nella sede romana di Fazi, l’editore che ha pubblicato la versione italiana del suo bestseller “La sconfitta dell’Occidente”. Storico, sociologo e antropologo francese di fama internazionale, ci colpisce per la disponibilità, umiltà e generosità con cui ci accoglie e con la quale ci permette di esaudire tutto il nostro fiume di domande e interessi. In Italia per presentare quello che è stato un caso editoriale in Francia e che è in procinto di essere tradotto in tante altre lingue, gli abbiamo esteso i nostri complimenti sinceri per il coraggio in una fase di appiattimento culturale e di chiusura ermetica delle idee nella parte di mondo che si autoproclama libero. Ma per Todd non è coraggio. Ci ricorda come suo nonno “Paul Nizan è stato un grande poeta, giornalista e scrittore che pubblicava con Gallimard. Il suo testimone di nozze era Raymond Aron ed è morto durante la seconda guerra mondiale. Mio padre Olivier era un grande giornalista del “Nouvel Observateur”. L’agire nel portare avanti qualcosa in cui credo l’ho ereditato dalla mia famiglia e non lo vedo come coraggio, ma come il giusto modo di agire”.

Noto per aver previsto per primo, con anni di anticipo, il collasso dell’Unione Sovietica e la crisi finanziaria del 2008, Emmanuel Todd è una preziosa fonte per “Egemonia” per comprendere meglio i tempi in cui viviamo.

Per la lunghezza dell’intervista abbiamo deciso di dividerla in due parti.

Nella prima, che segue, entriamo nel dettaglio delle ragioni che sottendono il suicidio delle classi dirigenti europee nella guerra per procura in Ucraina e nel come si potrebbe materializzare la sconfitta dell’Occidente.

Nella seconda affronteremo nel dettaglio il concetto di nichilismo, perno del libro di Todd; in relazione, in particolare, al ruolo dell’informazione, alla perdita dei tradizionali riferimenti politici, culturali e sociali in occidente e cercheremo, infine, di comprendere se sia all’orizzonte, nel nostro continente, la nascita di qualche formazione politico-aggregativa in grado di offrire una valida alternativa al sistema fallito, fallimentare e che è stato, come brillatemente argomentato dal Prof. Todd, sconfitto.

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machina 

La Borsa, «il comitato d'affari della borghesia» e la guerra

di Andrea Pannone

0e99dc 6360cf4faeff4e7b98771979321d69bcmv2L’articolo di Andrea Pannone fa il punto su guerra e crisi, oggi. I processi di finanziarizzazione sono tanto al centro dell’articolo, quanto lo sono al cuore del capitale contemporaneo. Questo implica, discute Pannone, che lo Stato non può più essere considerato un campo di battaglia da occupare con riforme politiche più o meno progressiste e che, comunque, possano interrompere o limitare i processi di accumulazione selvaggia. Lo Stato, oggi, è il «comitato di affari della borghesia». Nella seconda parte dell’articolo l’autore lega questo discorso a quello della guerra. Che cos’è la guerra? – già titolo del volume di Pannone edito da DeriveApprodi (2023): «un tragico spazio di compromesso utile alla sopravvivenza delle diverse manifestazioni del potere del capitale, che necessitano continuamente di nuovi equilibri per non fagocitare se stesse».

* * * *

Aspettando (forse invano) una nuova crisi finanziaria

La crisi finanziaria del 2007-2008, la seconda del XXI secolo, dopo quella provocata dal crollo delle quotazioni del NASDAQ nel marzo del 2000, sancisce il fatto che le crisi delle economie capitalistiche sono sempre più legate alla finanziarizzazione della produzione piuttosto che alla struttura produttiva stessa. Se nel fordismo le crisi erano originate da sovra-produzione o da sotto-consumo, per poi trasmettersi al credito e alla finanza, ora sembra avvenire il contrario, una volta raggiunto il culmine di una fase di forte sopravvalutazione dei titoli azionari[1].

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machina

Perché la guerra?

La congiuntura economico-politico-militare

di Maurizio Lazzarato

0e99dc 011b25816ce842ef8ad768c08e4d0e39mv2.pngPubblichiamo il primo di una serie di articoli scritti per noi da Maurizio Lazzarato, volti a fare il punto sulla «guerra civile mondiale» in corso. Nella prima parte, l’autore si sofferma sul «centro che non tiene», come direbbe il poeta, ovvero sulla crisi negli Usa, cuore del potere capitalistico contemporaneo. Le crisi e le guerra che stanno distruggendo il mondo sono figlie proprio delle strategie di potere del paese a stelle e strisce.

Ricordiamo che su questi temi Maurizio Lazzarato ha scritto un libro recentemente edito da DeriveApprodi, Guerra civile mondiale?

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Il fallimento economico e politico degli USA

Un doppio, contraddittorio e complementare, processo politico ed economico è in corso: lo Stato e la politica (statunitense) affermano con forza la loro sovranità attraverso la guerra (anche civile) e il genocidio. Mentre, allo stesso tempo, mostrano la loro completa subordinazione al nuovo volto che il potere economico ha assunto dopo la drammatica crisi finanziaria del 2008, promuovendo un’inedita finanziarizzazione, altrettanto illusoria e pericolosa, come quella che ha prodotto la crisi dei mutui sub prime. La causa del disastro che ci ha portato alla guerra è diventata una nuova medicina per uscire dalla crisi: una situazione che non può essere che foriera di altre catastrofi e di altre guerre. Un’analisi di quanto sta accadendo negli Stati Uniti, il cuore del potere capitalistico, è fondamentale poiché è proprio dal suo seno, dalla sua economia e dalla sue strategia di potere, che sono partite tutte le crisi e tutte le guerre che hanno sconvolto e, tutt’ora, devastano il mondo.

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poliscritture

Le armi segrete dell’impero, e la sua nemesi

di Paolo Di Marco

KarpMusk0- premessa: per ora va bene…

Quando i nostri amici americani bombardarono Milano ero troppo piccolo per capire che non era normale lanciare bombe sui civili, per di più quando c’era stato un armistizio, ma ci pensarono Dresda (v. Mattatoio 5) e Hiroshima a chiarire la morale della situazione.

Ero un poco più consapevole quando protestavo contro la guerra in Vietnam scappando sui marciapiedi per evitare che le camionette del 3° Celere del siciliano a stelle e striscie Scelba mi facessero piatto. E ancora quando marciavo a Vicenza verso la base americana lungo una strada circondata da filo spinato pensavo di esercitare una pressione morale cui il popolo americano non sarebbe stato insensibile.

Fu solo più tardi che compresi che se n’erano andati dal Vietnam non per le proteste dei giovani ma perchè erano stati sconfitti.

Se l’ingloriosa fuga da Kandahar echeggia le immagini dell’evacuazione da Saigon viene allora da chiedersi a che punto è il dominio americano sul mondo.

Alcuni parlano di crisi dell’impero americano. (recentemente anche Pietro Terzan comentando il libro di Burgio, Leoni, Sidoli: Terza guerra mondiale? Il fattore Malvinas, L’AntiDiplomatico, 2024)

Il più autorevole è probabilmente McCoy (To Govern the Globe: World Orders and Catastrophic Change, del 2021), famoso per la sua opera magistrale ‘The Politics of Heroin, the complicity of CIA in the global drug trade’, insuperato per documentazione e ampiezza di prospettive -il più bel libro mai scritto sulla droga e la sua gestione.

Lui ora aggiorna il libro con un intervista a Tom’s Dispatch:

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carmilla

Il nuovo disordine mondiale/ 26 – La guerra post-umana

di Sandro Moiso

cercapersone esplosi.jpgTra pace e guerra non esiste un sottile confine, ma una vasta zona grigia, dove gli stati danno vita a quella che viene definita competizione strategica, utilizzando in diverse combinazioni i quattro elementi che formano il potere di uno stato: diplomatico, militare, economico e informativo. Proprio quest’ultimo fattore, complice la pervasività delle tecnologie digitali, ha assunto una rilevanza senza precedenti. (Alessandro Curioni – Intelligenza artificiale, etica e conflitti, 21 settembre 2024 «il Sole 24 ore»)

Quando esploderà il mio cellulare? Molti di noi hanno cominciato a chiederselo perché in fondo quello che Israele, il Mossad, i suoi servizi segreti hanno fatto nei confronti di militanti di Hezbollah potrebbe essere usato contro di noi in una futura guerra. Altri nemici e altre potenze ostili potrebbero ripetere quel tipo di attacco attraverso gadget tecnologici disseminati nella nostra vita quotidiana e quindi: quando esploderà il mio cellulare? (Federico Rampini – Quando esploderà il mio cellulare?, Corriere TV 23 settembre 2024)

Valutare le cause, le conseguenze e il risultato ultimo dei recenti attacchi israeliani di carattere digitale ai militanti e ai capi di Hezbollah, è qualcosa che si potrà fare soltanto più avanti nel tempo. Anche se, a giudizio di molti esperti, al momento attuale gli assassinii mirati e il terrorismo impiegati dall’IDF e dai suoi ipocriti alleati americani non sembra essere in grado di piegare la resistenza e l’azione militare anti-sionista sia a Gaza che in Libano. Resta ancora aperta, poi, la possibile azione militare contro l’Iran che però, così come del resto in Libano una volta messi gli stivali per terra, richiederebbe il pieno e dichiarato appoggio militare statunitense a una guerra sul fronte mediorientale.

Un’azione militare totale che, nella migliore tradizione statunitense e occidentale, ha però bisogno di una “giusta causa” ovvero di un attacco via terra e via aria diretto da parte del fronte sciita sul territorio israeliano.

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kamomodena

Dollari, algoritmi e trincee da Wall Street a Gaza

di Kamo - Silvano Cacciari

banner 25 maggio 2.pngLa tendenza alla guerra è il grande fatto del nostro tempo. Fatto centrale, direttore d’orchestra, intorno a cui tutti gli altri si ricombinano, si ristrutturano, si organizzano, seguendone il ritmo, suonandone lo spartito. Il carattere del nostro tempo viene definito da questo concerto in movimento, in un processo a cascata frattale che va dalle impercepibili strutture sistemiche alla percezione strutturale del quotidiano, nelle declinazioni assunte nei contesti e nelle realtà in cui siamo collocati.

Sono tempi di guerra. Come sempre, preparati dalla pace che li ha preceduti. Guerra imperialista, pace imperialista. La pace dell’Occidente, in questo caso. Uscito vittorioso dal conflitto mondiale ingaggiato con l’Unione Sovietica dopo la fine del secondo: competizione geopolitica, potenzialmente totale, raffreddata e delimitata dalla minaccia della Bomba e dalla presenza del Politico. Rapporto che ha ordinato il mondo, finché è sussistito. Al suo interno, Occidente trionfante nella guerra di civiltà che ne aveva sconvolto la catena di montaggio sociale: quella tra operai e Capitale. Guerriglia dalle linee alla società la sua forma operaia, il sabotaggio della produzione e della riproduzione della soggettività capitalistica la sua arma. Trasformata la prima in innovazione e la seconda in ristrutturazione, è emersa la nuova partitura del Capitale. La bandiera dei soviet ammainata, in silenzio, sulla Piazza rossa all’inizio degli anni Novanta ha seguito la destrutturazione della fabbrica e della classe nella metropoli lungo i Settanta.

La pax del vincitore l’abbiamo chiamata globalizzazione. Il suo imperium quello americano. Il progresso la sua religione, il suo destino manifesto la democrazia. Sbornia di modernità capitalistica, dei cui postumi abbiamo fatto postmodernità. La storia era finita, tutti a casa. Il caos che divampa sulla polveriera-mondo, oggi, racconta un’altra storia. La temperatura del sistema indica che sono finite semmai le storielle che ci raccontavano, e ci raccontavamo. Washington, minata al suo interno dalle stesse condizioni che ne avevano decretato – brevemente – l’affermazione universale, non può governare, e ordinare, il mondo con le stesse rendite e dividendi di ieri.

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lantidiplomatico

Dove porta la "Grand Strategy" di Washington per evitare la bancarotta

di Giuseppe Masala

pàoinoòuvb.jpgSin dall'inizio del conflitto bellico scoppiato in Ucraina nel 2022 abbiamo sostenuto la tesi che le reali motivazioni della crisi andavano ricercate nello stato dei conti con l'estero degli Stati Uniti e, dunque, nello stato della competitività del suo sistema produttivo nell'agone del mercato globale nato dalle ceneri del Muro di Berlino.

 

Le due colonne del sistema dollarocentrico

Le colonne fondamentali del sistema dollarocentrico che ha consentito al “sistema-mondo” di funzionare dalla caduta del Muro di Berlino in avanti - a mio modo di vedere - sono essenzialmente due:

1) Gli USA devono avere una dominanza tecnologica sul resto del mondo,

così da poter produrre merci ad alto valore aggiunto lasciando la produzione dei prodotti maturi a basso valore aggiunto al resto del mondo e acquistandoli da questi a basso costo per il proprio mercato interno. Un sistema che consente agli USA di riequilibrare in larga misura l'andamento della bilancia commerciale e del saldo delle Partite Correnti.

Quest'ultima anche in relazione al fatto che gli enormi fondi finanziari di Wall Street acquistano partecipazioni nelle più importanti società in giro per il mondo garantendo al sistema statunitense di avere ogni anno ricchi dividendi che, appunto, aiutano a riequilibrare il saldo delle Partite Correnti. Con il trascorrere dei decenni però, la dominanza tecnologica americana è stata intaccata e poi dei tutto erosa. Certamente la prima scalfittura alla Tecnology Dominance a stelle e strisce fu data dal Giappone che negli anni ottanta del secolo scorso accumulò enormi saldi commerciali positivi nei confronti degli USA, basti pensare al settore delle automobili.

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giubberosse

Verso la grande guerra globale?

di Enrico Tomaselli

culdesac.jpgIn modo forse inevitabile, e forse non del tutto previsto, sembra che le cose stiano precipitando, assumendo un moto sempre più accelerato; tutto sembra indicare che la Grande Guerra Globale in atto, e che oppone l’occidente collettivo a un asse di paesi che ne mettono in discussione l’egemonia, stia sempre più scivolando dall’attuale fase ibrida verso una fase calda, di guerre guerreggiate che si estenderanno a macchia di leopardo, sino a rischiare di riunirsi in un unico scontro totale.

A determinare questo mutamento del quadro stanno intervenendo svariati fattori, alcuni dei quali assai significativi.

Quello forse meno evidente, eppure più inquietante, è la situazione interna agli Stati Uniti. Tra il tentativo fallito di assassinare il più quotato candidato presidenziale (con il palese placet dei servizi segreti), e il vero e proprio golpe bianco che ha costretto Biden a rinunciare alla corsa per la rielezione – e, di fatto, alla Presidenza in corso – è chiaro che gli USA si presentano agli occhi del mondo come una potenza che, al culmine di una crisi di portata epocale, invece di reagire serrando i ranghi si divide in maniera drammatica. Il risultato è che i prossimi sei-sette mesi saranno ancora teatro di uno scontro di potere senza esclusione di colpi, con le diverse anime dell’establishment e del deep state ormai giunte a una resa dei conti. Ciò per un verso crea un enorme vuoto di potere, sia interno (chi comanda davvero, oggi, a Washington?) che internazionale, e per un altro rende gli Stati Uniti un’anatra zoppa, incapace di offrire una sponda, o anche solo una interlocuzione affidabile, ad amici e nemici. E, per dirla con Gramsci, “in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.