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comedonchisciotte.org

Israele non è pazzo, è solo MAD

di Daniel Nammour, Sharmine Narwani - thecradle.co

okk 2.jpgSin da prima della sua nascita, Israele ha perseguito in modo molto deliberato e razionale una 'strategia MAD' nei confronti dei suoi nemici e dei suoi alleati, addestrandoli ad accettare il suo cattivo comportamento in ogni momento

Durante le ore notturne tra il 30 e il 31 luglio, Israele ha preso di mira due alti funzionari dell’Asse della Resistenza per assassinarli, entrambi con un’anzianità senza precedenti in questa fase del conflitto.

In primo luogo, il comandante di Hezbollah Fuad Shukr è stato ucciso in un attacco aereo israeliano contro il suo edificio residenziale nel popoloso sobborgo di Beirut di Dahiyeh, lasciando diversi civili morti e oltre 70 feriti.

Il secondo obiettivo, alle 2 del mattino del 31 luglio, è stato il leader dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh – una figura centrale nei negoziati per il cessate il fuoco – che si trovava a Teheran per partecipare alla cerimonia di insediamento del Presidente iraniano entrante Masoud Pezeshkian.

Nel giro di poche ore, Israele è riuscito a colpire tre membri dell’Asse della Resistenza: Libano, Palestina e Iran. In questo modo, Tel Aviv ha violato tutta una serie di leggi internazionali, convenzioni diplomatiche e pratiche consuetudinarie che proibiscono gli omicidi politici, oltre a violare clamorosamente l’integrità territoriale di due Stati membri delle Nazioni Unite.

Dalla sua guerra contro Gaza, Israele ha rapidamente guadagnato lo status di paria globale, non solo per il suo genocidio in diretta streaming che ha ucciso almeno 40.000 civili palestinesi – di cui 15.000 bambini – ma anche per le sentenze e le deliberazioni senza precedenti ancora in corso presso la Corte Penale Internazionale (CPI) e la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) sui crimini di guerra di Israele.

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officinaprimomaggio

La crisi della Germania

di Sergio Fontegher Bologna

Progetto senza titolo e1721832102347.pngLa crisi politica, economica e sociale della Germania post-Merkel è diventata argomento di primo piano dei media italiani. Il numero di Limes uscito il 6 luglio è stato interamente dedicato a questo. I rapporti storici ed economici tra i nostri due paesi, Italia e Germania, sono stati così importanti che alcune riflessioni si rendono necessarie, magari aggiungendo qualche informazione in più a quelle che circolano negli organi di stampa.

Mi ricollego pertanto a quanto avevo scritto nel libro “Banche e crisi. Dal petrolio al container”, più di dieci anni fa (Derive&Approdi, Roma, 2013). Descrivevo il crollo del sistema finanziario tedesco che era leader mondiale nella finanza dello shipping, con il fallimento di centinaia di società specializzate nel cosiddetto KG-System, società in accomandita semplice che per decenni avevano consentito ai risparmiatori privati ottimi ritorni nel noleggio di navi container. Il crack coinvolse anche la banca pubblica HSH Nordbank, posseduta dal Land di Amburgo e dal Land dello Schleswig Holstein, che al tempo era la banca al mondo maggiormente presente nei finanziamenti allo shipping. La Germania, nel giro di pochi mesi, perse una leadership mondiale in un settore chiave della globalizzazione, quello del container. Il suo primato sarà in seguito raccolto dalla finanza cinese e giapponese con l’adozione di particolari strumenti innovativi come il leasing. Ma, dopo quello del 2012, altri choc dovevano investire il mondo finanziario e bancario tedesco, con un susseguirsi di scandali che arrivano ai giorni nostri. Ne cito soltanto tre: lo scandalo P&R nel 2018, una delle più colossali truffe del dopoguerra, sempre nel settore container; la società vendeva o noleggiava container a dei privati, si scoprì che un milione circa di questi container non esisteva affatto, più di 50 mila investitori persero i loro soldi; il caso Wirecard nel 2020, società di gestione digitale dei pagamenti, che ha praticato sistemi fraudolenti su vasta scala, e poi, il caso più sconvolgente, il cosiddetto “affare cum-ex”, che ha coinvolto più di 5 paesi europei, dove con la complicità di grandi banche, società finanziarie, intermediari, singoli professionisti, sono state rimborsate delle tasse a chi non ne aveva diritto per un valore di circa 62 miliardi di dollari, la metà dei quali nella sola Germania.

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lafionda

Macabre liturgie di fine impero

di Fabio Vighi

Cole Thomas The Course of Empire Destruction 1836.jpg‘Che grande abilità scenica quella del capitale che ha saputo fare amare lo sfruttamento agli sfruttati, la corda agli impiccati e la catena agli schiavi.’ (Alfredo Bonanno)

Il modello economico imposto dalla finanza occidentale è caratterizzato da una logica ormai strutturale di “creazione distruttiva”, che è l’opposto della “distruzione creativa” teorizzata da Joseph Schumpeter quale ‘fatto essenziale del capitalismo’[1]. La “creazione” oggi non interessa primariamente quel meccanismo di innovazione tecnologica per cui nuove unità produttive sostituiscono quelle obsolete e in tal modo aumentano la performance macroeconomica. Piuttosto, va riferita all’espansione a leva (debito) del capitale speculativo trainato dalle matrioske dei derivati, ​​che richiede l’abbandono del quadro di valori liberal-democratici già messo a tutela del capitalismo industriale. Il paradosso cui ci troviamo di fronte è che l’innovazione tecnologica distrugge il capitalismo a base industriale (il “mondo del lavoro”) e simultaneamente ci assoggetta alle strategie manipolatorie delle oligarchie finanziarie. Tradotto: le élite gestiscono la crisi terminale del capitale facendola pagare a masse sempre più immiserite, e reggimentate attraverso l’imbonimento di scenari apocalittici “provocati dal Nemico”, che in tale contesto diventa un bene più prezioso delle terre rare.

Se proprio vogliamo parlare di “sostenibilità” – concetto ideologico per eccellenza – almeno non facciamoci prendere per i fondelli. Perché il lemma non ha nulla a che vedere con i 17 obiettivi di “sviluppo sostenibile” solennemente dichiarati dall’ONU (debellare la povertà e la fame, migliorare la salute e il benessere, lottare contro il cambiamento climatico, per la parità di genere, ecc.).

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scenari 

Sul ritorno alle “crisi” nella teoria critica contemporanea

di Alessandro Volpe

wallpaper 978000 1280 1160x480.jpg1. Un ritorno alle crisi?

Nell’ambito della critica sociale, il concetto di “crisi” è per certi aspetti originario. L’intera ricerca sociale delle prime generazioni della Scuola di Francoforte può essere ricondotta a una vera e propria “teorizzazione della crisi europea”[1]. Le indagini anche empiriche della prima fase della teoria critica della società erano incentrate sulle forme di crisi che investivano le società dell’epoca: dagli studi sull’autorità e la famiglia, sino a quelli sulla personalità autoritaria e sull’antisemitismo. I frammenti filosofici che compongono Dialektik der Aufklärung (1947) possono essere considerati nel loro insieme un grande manifesto della crisi della ragione occidentale, concepito per spiegare l’avvento dell’autoritarismo in virtù delle stesse premesse della modernità illuministica. Si può dire, tuttavia, che quella radicalmente messa in stato d’accusa da Adorno e Horkheimer era una “meta-crisi”, incentrata su una critica più o meno totalizzante della ragione strumentale.

Dal punto di vista del loro allievo e prosecutore Jürgen Habermas, l’accusa nei confronti della ragione occidentale operata dai suoi maestri aveva tuttavia il limite di far implodere la critica stessa nella crisi, perché incapace di individuare una razionalità pratica alternativa a quella strumentale. [2] A riabilitare il nesso tra crisi e critica fu d’altra parte lo stesso Habermas – in uno scenario radicalmente mutato – nello studio intintolato Legitimationsprobleme im Spätkapitalismus (1973), tradotto in italiano come “La crisi della razionalità nel capitalismo maturo”[3] e in inglese “Legitimation Crisis”. In questo libro, Habermas faceva notare come nel capitalismo regolato dal welfare (tipico della stagione 1945-1975), a differenza del capitalismo liberale classico, le crisi economiche erano assorbite dallo Stato, generando tuttavia a sua volta una crisi politica di legittimazione delle istituzioni, nonché di partecipazione democratica.

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seminaredomande

La transizione in atto verso un mondo nuovo è ormai frenabile solo dalla guerra globale

di Francesco Cappello

Il vecchio mondo non funziona più né dal punto di vista della sicurezza globale né da quello economico e della sostenibilità delle economie estrattive neoliberiste. Esso era fondato sull’egemonia unipolare USA che, con i suoi vassalli europei da una parte e orientali (Australia, Giappone, Corea del Sud, Filippine) dall’altra, stanno cercando di frenare la riorganizzazione delle relazioni tra Paesi di cui risultano protagonisti i paesi BRICS allargati, sempre più numerosi, con un potenziale di espansione enorme. Intorno ai BRICS plus orbita ormai l’80% del mondo

kisbbudbn.jpgGli USA usano Israele, così come i paesi NATO-Ue

Il vecchio mondo, dominato dagli USA, sta tentando di arginare, con la minaccia militare e la violenza delle armi, l’affermazione del mondo multipolare; il risultato ampiamente pianificato consiste nella destabilizzazione di diverse aree critiche del pianeta: dal cuore dell’Europa, in Ucraina, usata come piattaforma di guerra contro la Federazione Russa, al Medioriente, ove lo strumento di conservazione del vecchio ordine occidentale è Israele, sino al mar cinese meridionale dove allo stesso scopo è utilizzata la contesa artificiosa sull’isola di Taiwan. Dinamiche analoghe sono in atto nel continente africano che si sta liberando dalla seconda colonizzazione francese e statunitense e in quello sudamericano ove è l’Argentina a svolgere il ruolo di strumento reazionario a uso e consumo del vecchio dominio USA.

Con l’espansione della NATO a Est sino ai confini della Federazione Russa, che include la volontà di inglobare l’Ucraina, è stato violato il principio di indivisibilità della sicurezza secondo cui la sicurezza di alcuni non può essere raggiunta a discapito di quella di altri. L’ultimo atto di tale follia atlantista è stata l’inclusione di Finlandia e Svezia. La Finlandia condivide con la Russia quasi 1400 km di confine. È stato, di conseguenza, provocato il collasso del sistema di sicurezza euro Atlantico che dev’essere ricostruito al più presto. In altre parole la minaccia all’Europa, lungi dal venire dalla Federazione Russa, deriva, chiarissimamente ormai, dalla sua servitù al sistema di dominio anglo americano, un giogo che la sta trascinando a velocità crescente in un baratro, un vicolo cieco evolutivo.

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lantidiplomatico

Il Moribondo contro il Nascente

di Tariq Marzbaan – Al Mayadeen English

goya.pngGran parte del mondo è stanco dei mostri e cerca non un "re-set" ma una rinascita delle sue identità originali e delle sue eredità storiche... che sono state tenute troppo a lungo in ostaggio da uno spietato Impero divoratore.

Fin dai primi anni del 1900, la "dottrina dell'Heartland" di Mackinder ha dominato la mentalità e le azioni geopolitiche dell'Occidente (in primo luogo i britannici, ma anche la Germania nazista adottò questa ossessione). La strategia prevedeva inizialmente l'indebolimento, lo smantellamento e la presa di possesso totale dell'"Impero russo"... a cui sarebbe seguito il dominio dell'intero continente europeo e asiatico... e poi del resto del mondo. Come hanno sottolineato Zbigniew Brzezinski e George Friedmann di Stratford, si è sempre trattato di controllare le ricche risorse e la posizione geopolitica della Russia e dell'Asia.

Ma dopo la Seconda Guerra Mondiale, durante la successiva Guerra Fredda, questa agenda essenzialmente britannica non sembrava più all'ordine del giorno, poiché il centro di potere imperiale e coloniale si era spostato dal Regno Unito agli Stati Uniti... e gli Stati Uniti avevano già iniziato a perseguire le loro numerose ambizioni imperiali in altre parti del mondo per espandere la propria influenza (attraverso varie guerre, guerre per procura e conflitti in tutto il mondo (Vietnam, Corea, Asia occidentale, Africa, America centrale e meridionale).

Per un certo periodo (in termini storici: 1945-1989) sembrava che la "Dottrina Heartland" non avesse più alcuna rilevanza. In realtà, aveva un'esistenza in ombra, perché nessuno ne parlava apertamente... Perché un certo gruppo – i neocon – non aveva ancora un'influenza sufficiente sulla politica e sull'opinione pubblica degli Stati Uniti... Ma oggi sappiamo che essi sono rimasti impegnati in questa agenda dietro le quinte.

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intellettuale collettivo

Il fattore Malvinas

di Pietro Terzan

Daniele Burgio, Massimo Leoni, Roberto Sidoli: Terza guerra mondiale? Il fattore Malvinas, ed. LAntiDiplomatico, 2024

7423456673.jpg«Il fattore Malvinas prevede l’incombere di una gravissima crisi economico-sociale all’interno degli Stati Uniti, collegata a un’evidente inefficacia nel contrastarla persino da parte della rete di protezione offerta dallo Stato e dalla parastatale Federal Reserve, che conduca come sua (evitabile) conseguenza alla vittoria dell’ala più oltranzista e reazionaria dell’imperialismo americano con il suo mantra: “Non abbiamo più niente da perdere. Meglio tentare di vincere ad Armageddon che avere le masse in rivolta armata a Los Angeles, Washington e in giro per tutto il Paese”. O tutto, o niente».1

Il parallelismo storico con le scelte della dittatura militare argentina che nel 1982, con la società in piena catastrofe economica e con il popolo sfinito pronto a rivoltarsi, preferì sfidare una potenza atomica, occupando le isole Malvinas sotto il controllo coloniale britannico dal 1833, piuttosto che essere colpita da un violento cambiamento interno, risulta brillante e fertile di ragionamenti. Facciamo però prima un passo indietro. Sta per scoppiare la Terza Guerra Mondiale? Si combatte ormai da qualche anno una guerra mondiale ibrida e a pezzi? Siamo già nella Quarta guerra mondiale, contando così nell’elenco la Guerra fredda? Come possiamo comprendere “i misteri della politica internazionale”? Sicuramente l’ultimo libro di Burgio, Leoni e Sidoli ci riempie la testa di spunti.

«I grandi stati, ricorda Mearsheimer, non sono né buoni né cattivi, non perseguono la virtù ma l’egemonia, non si conformano alle tavole della legge morale ma alle dure regole della sopravvivenza. Per muoversi nella giungla delle relazioni internazionali occorre aggrapparsi ad alcuni assunti fondamentali. Occorre ricordare che la società internazionale è anarchica; che le grandi potenze dispongono di una considerevole forza militare e sono quindi, nei loro reciproci rapporti, potenzialmente pericolose; che nessuno stato può essere certo delle intenzioni degli altri; che la principale preoccupazione di ogni stato è la sopravvivenza; che i comportamenti dei singoli stati sono tuttavia razionali e quindi attenti a calcolare, per quanto possibile, le relazioni altrui».2

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tempofertile

Si intravede

di Alessandro Visalli

Than tapiobicskei utkozet2 1849 aprilis 4.jpgComincia ad affacciarsi uno schema[1]. Il lungo ciclo, più che trentennale, nel quale in modo sostanzialmente sincrono con l’accelerazione del mondo unipolare negli anni Novanta e poi zero, intorno ad eventi altamente spettacolarizzati come il Protocollo di Kyoto (1997) e le successive COP, nel contesto delle denunce sempre più forti del IPPC circa l’incipiente cambiamento climatico, l’insorgenza della portante emozionale della lotta per un mondo più pulito ed equilibrato sembra essere sempre più sfidata da quella per un mondo più ‘democratico’, ovvero controllato dai Giusti. Si tratta, ovviamente, di due mobilitazioni dell’ansia, nelle quali la struttura è la medesima: il normale corso del mondo è minacciato da una crisi, da un avversario, che mette a repentaglio tutto, bisogna produrre una mobilitazione straordinaria prima che sia troppo tardi. Nessuno può volere altrimenti. Sembra, insomma, quasi che sia necessario un asse di orientamento per tenere in piedi il mondo nell’epoca del tramonto di tutti valori. Che una trascendenza si debba ogni volta imporre per colmare il vuoto nel quale cade, e da tempo, l’Occidente.

Perché serve un nuovo schema? Cercandone le radici bisogna riferirsi al movimento di fondo del nostro tempo: il tramonto dell’egemonia tecnica, economica e politico-militare dell'Occidente[2]. Questo movimento, di portata storica, che arriva a conclusione di un ciclo di mezzo millennio, ha infatti conseguenze in ogni direzione, e talvolta inattese. Di una conseguenza inattesa vogliamo ora parlare, ma prima bisogna focalizzare qualche sfondo.

Una delle dimensioni della sconfitta (o del fallimento) è in direzione della pretesa, nutrita appunto da cinque secoli, di guidare la modernizzazione e le sue costanti transizioni.

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nicomaccentelli

I fronti popolari che servono alla guerra della NATO

di Nico Maccentelli

nouveau front populaire 2048x1365.jpgCi ho pensato molto a pubblicare questo mio contributo, perché so che quanto sta per accadere in Italia, in Francia, un po’ in tutta Europa, come conseguenza delle elezioni europee, vedrà coinvolti il fior fiore di compagni, antifascisti sinceri, che a causa di gruppi dirigenti miopi se non peggio, finiranno nella tonnara preparata ad arte da chi lavora ormai da decenni su “rivoluzioni colorate”, sussunzione di tematiche storicamente proprie di una sinistra dei diritti, con il tridente fondazioni, ong e servizi di intelligence. Non è dietrologia: certe operazioni politiche non nascono per caso. Ma procediamo con ordine.

C’è un articolo su Contropiano di Giacomo Marchetti che è stato ripreso su Sinistra in Rete qui e che rivela gli errori di analisi e quindi di azione politica di buona parte della sinistra di classe a partire proprio dall’area di Potere al Popolo – USB – Rete dei Comunisti.

Il Marchetti fa due operazioni: licenzia come positiva la nascita di un fronte popolare in Francia contro la “peste nera”, sviscerando tutta la panoplia di riforme di questa coalizione: dal salario minimo all’abolizione della legge sulle pensioni e quella sui carburanti fatte da Macron. La seconda operazione è quella di accostare anacronisticamente questo FP ai fronti popolari degli anni ’30.

La mia risposta fatta a commento su di questo articolo del Marchetti è questa:

«È un’analisi completamente scazzata. Il programma sociale è un fuffa, soprattutto agli albori della guerra continentale che è il vero obiettivo delle élite atlantiste e dell’imperialismo che lo vanificherebbe automaticamente.

Questo è il programma di questo “fronte popolare”.

Il vero passaggio politico di questo programma e che interessa e va nella direzione dei poteri atlantisti è questo:

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iltascabile

Un’altra economia

È proprio vero che non esistono alternative al capitalismo?

di Caterina Orsenigo

Borsa di San Paolo.jpgLa scorsa primavera è uscita una serie televisiva di Scott Z. Burns intitolata Extrapolations. Il titolo rimanda al fatto che in ogni puntata si estrapolavano gli effetti del riscaldamento globale nel prossimo futuro: la prima puntata era ambientata nel 2037, la seconda nel 2046, e così via fino all’ultima, l’ottava, nel 2070. Extrapolations racconta vite, vittime e protagonisti dell’inasprirsi della crisi climatica. Tutto quello che si perde, i sempre meno che si salvano, e che si salvano sempre peggio. Ciò che non cambia mai, nemmeno di fronte ai disastri più disarmanti, è l’approccio ottuso dei gruppi dominanti: accumulo, guadagno e sviluppo perdono senso in maniera via via più plateale, eppure sembra che le loro menti non riescano a uscire da questa prigione ideologica, anche quando è quella stessa mentalità a spingere loro stessi e il mondo intero verso l’autodistruzione.

Del resto proprio l’economia è fra le poche scienze sociali (forse l’unica?) che non sembra più di tanto mettere in discussione i propri assunti. Lo diceva bene Mark Fisher: la necessità dello sviluppo viene percepita come postulato fondamentale e autoevidente, il sistema capitalistico come insostituibile. Ma ora che la fine del (nostro) mondo sembra un’ipotesi meno strampalata rispetto a qualche anno fa, da più parti comincia ad affiorare la necessità di immaginare la fine di questo apparentemente insostituibile capitalismo.

Cominciamo ricordandoci che il capitalismo non è sempre esistito: ancora oggi permangono anfratti del mondo che la sua luce abbagliante non arriva a illuminare. E ci sono idee, o almeno germi di idee, che ogni giorno cercano di farsi strada tra le sue maglie.

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offline

Intervista a Fabio Vighi

a cura di Offline

image 19.pngOffline: A seconda dei punti di vista, se cioè favorevoli o sfavorevoli al sistema, si parla ultimamente – riferendosi al futuro (anche molto prossimo, praticamente presente) – di distopia o utopia (digitalizzazione, città 15 minuti, credito sociale, intelligenza artificiale etc). A tuo parere, verso quale direzione ci stiamo avviando? Rimanendo inalterata la struttura sociale di fondo, dove approderemo? Quali sono i destini del nostro mondo, fra 100, 500, 1000 anni, domani? Ti chiediamo questo perché crediamo che, nonostante tutto, forse non è scontato che si finisca nel baratro, sociale o ecologico che sia – o almeno non tutti, e non nello stesso modo. Il sistema potrebbe in qualche modo riuscire a mantenere uno standard di sopravvivenza, qualitativamente basso (anche molto basso) per molti e alto (anche molto alto) per pochi, e chi sta sotto, resta sotto (magari ipercontrollato, con tecnologie di ultima generazione e molto efficaci) e chi sta sopra, resta sopra, continuando a fare quella dorata vita idiota cui sembra aspirare e devastando il mondo quanto più possibile. Qual è la tua opinione al proposito?

Fabio Vighi: Penso che stiamo vivendo un lento collasso socioeconomico accompagnato da vari fantasmi escatologici, che serviranno a renderlo più appetibile, per così dire. Il fantasma escatologico, cioè la minaccia di un evento cataclismico capace di azzerare o quasi la vita umana, è incluso nel prezzo che ci fanno pagare, fa parte del gioco. Questo dovrebbe averci insegnato la psico-pandemia. Più diventeremo schiavi del capitalismo dell’ultra-finanza, specie a livello di indebitamento, più continueranno a sbocciare visioni di tipo distopico-apocalittico. Sembra quindi inutile speculare su quando o come finirà il capitalismo, perché ogni fantasma della fine è incorporato nel sistema, così come lo è nella cinematografia hollywoodiana. Il fantasma escatologico è pura deterrenza. Serve a indorare la pillola dell’inevitabile stagnazione e imbarbarimento della civiltà capitalistica.

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lantidiplomatico

La morte di Raisi, il Sud Globale e la (desolante) Europa - Alberto Bradanini

di Alessandro Bianchi

cnowegfnmjViviamo tempi drammatici, con pochi punti di riferimento e molti improvvisatori di professione, consapevoli o sul libro paga, che di solito aiutano a perdersi per strada, non certo a capire quel che succede. Quando il Papa nel suo viaggio all’Avana nel settembre del 2015 aveva parlato di “terza guerra mondiale a pezzetti”, in pochi avevano dato il giusto peso alle sue parole. E oggi, storditi da un regime mediatico megafono delle guerre della Nato, abbiamo un disperato bisogno di una bussola per comprendere, analizzare e approfondire.

La morte del presidente Raisi, le possibili conseguenze per il Medio Oriente allargato in un momento in cui il mondo assiste impotente e complice al genocidio di una popolazione, quella palestinese, il consolidarsi del sud globale come alternativa al sistema delle “regole” occidentali e il futuro dell’Europa. Di tutto questo ci siamo confrontati nuovamente per "Egemonia" con l’ex ambasciatore a Pechino e Teheran, Alberto Bradanini, una delle voci più coraggiose, chiare e competenti nel definire i contorni delle relazioni internazionali attuali.

Una delle principali bussole per l’AntiDiplomatico.

Sulla morte di Raisi e la possibile “destabilizzazione” dell’Iran come scrivono (o meglio si augurano) in queste ore i giornali italiani, l’Ambasciatore ha pochi dubbi nel rispondere ai nostri quesiti: “Non è in vista alcun orizzonte di destabilizzazione”. Gli israeliani, ci spiega Bradanini, hanno escluso un loro coinvolgimento: “noi non c’entriamo” e Teheran ha sposato questa ipotesi (non per convenienza, secondo il giudizio di tutti gli osservatori, compresi quelli indipendenti). Non v’è dunque alcuna ragione di temere un’escalation tra Iran e Israele.

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giubberosse

Conferenza stampa sul Trattato pandemico dell’OMS dell’Aligned Council of Australia

di Rhoda Wilson*

1e6e01c8 efaa 4781 8f56 078dc9ae1bb6 5334x5334.pngLa settimana scorsa, l’Aligned Council of Australia ha tenuto una conferenza stampa internazionale per discutere gli strumenti pandemici proposti dall’Organizzazione mondiale della sanità che dovrebbero essere votati alla 77a Assemblea mondiale della sanità che si terrà alla fine di questo mese.

Quattro relatori hanno informato la stampa e il pubblico: il dottor David Bell, il professor Ramesh Thakur, il professor Augusto Zimmerman e il professor Ian Brighthope.

Il professor Thakur ha due principali preoccupazioni riguardo ai piani pandemici dell’OMS: rappresentano una grande presa di potere e la sovranità nazionale è a rischio.

Il dottor Bell ha affermato che i due documenti sulla pandemia proposti dall’OMS sono chiaramente non pronti e inadatti allo scopo. Un approccio razionale suggerisce che i Paesi non adottino nessuno dei due e spingano per un rinvio.

* * * *

L’Aligned Council of Australia (“ACA”) è un gruppo “in crescita” di oltre 37 organizzazioni australiane con oltre un milione di membri. È cominciata nel febbraio 2024 in seguito al gran numero di gruppi che si sono riuniti per chiedere un’analisi completa e responsabilità per una risposta sanitaria pubblica dal 2020 tramite una Commissione Reale sul Covid-19.

La conferenza stampa è stata strutturata in un formato di domande e risposte in cui il moderatore ha posto domande a ciascuno dei relatori seguite da domande da parte della stampa e del pubblico.

Katie Ashby-Coppens, moderatrice e membro del comitato direttivo dell’ACA, ha aperto la conferenza stampa con un aggiornamento sullo stato dei negoziati sui testi delle proposte di emendamento al Regolamento sanitario internazionale e al Trattato sulla pandemia, e sul recente accordo statunitense e sulle reazioni del governo britannico a essi.

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contropiano2

Dal Vietnam alla Palestina: la guerra è tornata come un boomerang nel “giardino” statunitense

di Giacomo Marchetti

Universita Usa.jpgLa Casa Bianca si sta spazientendo sulla necessità di raggiungere un cessate il fuoco a Gaza. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha insistito martedì sui negoziati al Cairo per un patto tra Israele e Hamas che consentirebbe una tregua nella Striscia di Gaza in cambio del rilascio di ostaggi. “Se avremo un cessate il fuoco, potremo ottenere qualcosa di più duraturo e forse porre fine al conflitto (a Gaza)… ma tutto ciò inizia con un accordo per la restituzione degli ostaggi alle loro famiglie”, ha dichiarato in una conferenza stampa.

Al di là della scena internazionale, questo messaggio ha anche una motivazione politica interna.

Nel momento in cui i sondaggi del Presidente Joe Biden non sono in crescita, per la Casa Bianca il raggiungimento di un accordo è vitale, soprattutto nel bel mezzo di una campagna elettorale e mentre le proteste universitarie pro-palestinesi, sempre più diffuse, si scatenano contro il sostegno di Washington a Israele.

L’ “oltranzismo” dell’attuale governo israeliano potrebbe costare caro all’attuale amministrazione statunitense che, come un qualsiasi apprendista stregone, ha attivato delle forze che ora non riesce a governare facendo da ostetrica alla nascita del fascismo ebraico dentro e fuori i confini di Israele.

In questo caso le élite statunitensi sono recidive, basti pensare al supporto dell’insorgenza islamica contro l’Afghanistan democratico in funzione anti-sovietica.

Ma non sembrano appunto, avere imparato molto dai propri errori.

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fuoricollana

Oltrepassare il secolo lungo

di Luigi Alfieri

Il “paradigma moderno” è legato a un’epoca già finita. Il sistema che gli corrisponde non è sostenibile. È necessario, e perciò possibile, un paradigma antropologico basato sul trinomio cura, rispetto del limite, condivisione

terra nuvole.jpgQuello che definisco qui il “paradigma moderno” si basa su una visione profonda dell’uomo, un’antropologia fondamentale, da cui siamo ancora molto condizionati e che continua a sembrarci evidente, un dato indiscutibile di realtà. Invece, come ogni antropologia, è una costruzione culturale, legata a un’epoca che si avvia alla fine, anzi nella sostanza è già finita.

 

Uccidibilità, desiderio, produttività

Questo paradigma può essere riassunto in tre concetti, ciascuno dei quali esprime quello che si ritiene essere un tratto sostanziale dell’uomo: ‘uccidibilità’, ‘desiderio’, ‘produttività’. L’uomo è per essenza uccidibile, desiderante e produttivo. Tutti questi concetti sono ravvisabili già nel primo grande filosofo della modernità, Hobbes, ma appaiono, con infinite varianti, quasi in ogni sforzo di pensiero, comprese forme ‘sovversive’come il marxismo o la psicoanalisi. Fino a tutto il Novecento e ancora adesso, in un nuovo secolo che non è ancora riuscito a rendersi davvero nuovo. Se Hobsbawm sostiene che il Novecento comincia nel 1914 e finisce nel 1991[1], bisogna probabilmente obiettargli che nasce sì nel 1914 con l’industrializzazione della guerra (su basi comunque assai più antiche), ma si avvia alla fine solo in questi anni Venti del XXI secolo con la catastrofe climatica (e forse con la guerra nucleare). Mi sembra davvero difficile negare che sia il secolo peggiore della storia umana, e questo costringe a interrogarsi sull’intera epoca che in questo secolo culmina, su quella appunto che chiamiamo ‘modernità’. Torniamo dunque ai tre concetti costitutivi della modernità. Come si rappresenta a se stesso l’uomo moderno?

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crs

La sinistra sedotta dalla guerra*

di Lelio Demichelis

Dei tre secoli di guerra mondiale alla biosfera, all’uomo e alla libertà è complice anche ciò che oggi resta delle sinistre e del marxismo, adeguatosi alle esigenze del capitale e della tecnologia

sinistra guerra.jpgÈ utile rileggere Rosa Luxemburg e la sua Crisi della socialdemocrazia, scritta in carcere nel 1915 e pubblicata agli inizi del 1916, opera famosa per la frase “socialismo o barbarie e dove tutto è contenuto in quella “o”disgiuntiva che le sinistre hanno sempre più dimenticato. Testo nato dopo che la socialdemocrazia tedesca, rinnegando se stessa, la sua storia e gli ideali dell’internazionalismo in nome del nazionalismo e della difesa della patria, aveva approvato i crediti di guerra e legittimato l’entrata nella prima guerra mondiale della Germania contro – la storia sembra ripetersi – la Russia zarista. Ma con la differenza non da poco che allora la sinistra aveva rinnegato se stessa e la lotta di classe davanti al nazionalismo e alla guerra militare, mentre oggi (in realtà da troppo tempo) ha rinnegato se stessa e la lotta di classe (analogamente ha fatto la sinistra illuministica per quanto riguarda ragione e libertà e autonomia individuale) davanti al neoliberalismo ma soprattutto davanti alla tecnica, perché anche i marxismi sono sempre stati positivisti e industrialisti e per lo sviluppo crescente delle forze produttive. La fabbrica era il modello (Marx e Gramsci) per la società socialista ma senza il capitalismo. Senza capire, il marxismo, che la causa vera dell’oppressione sociale (ancora Simone Weil) era proprio la fabbrica con la sua divisione tra chi comanda (oggi, un algoritmo/piattaforma) e chi deve eseguire (noi tutti forza-lavoro digitalizzata nella società-fabbrica), non la proprietà dei mezzi di produzione. E non vedendo, il marxismo, che anche la tecnica – parte della razionalità strumentale/calcolante-industriale – è totalitaria, antiumanistica ed ecocida di per sé.

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crs

Tre secoli di guerra mondiale

di Lelio Demichelis

Tre secoli di rivoluzione industriale, tre secoli di guerre mondiali alla biosfera, all’uomo, alla libertà. Incessanti e crescenti quanto a uso di strumenti di guerra tecnologici, economici e ideologici, senza mai vera pace

guerra 3.jpgTre secoli di guerre mondiali che riassumiamo qui brevemente, per poi scendere nel dettaglio dell’analisi.

Guerra alla biosfera, cioè la Terra intesa come una miniera da sfruttare “fino a che non sarà consumato l’ultimo quintale di carbone” – Max Weber e il capitalismo come gabbia d’acciaio; guerra militare tra gli uomini e le nazioni e tra complessi militari-industriali. Guerra agli uomini ridotti a forza-lavoro e con la valorizzazione capitalistica di tutto e di tutti – in più il Mediterraneo come cimitero di migranti e i Cpr/lager. Guerra alla libertà e all’autonomia individuale illuministica – e guerra a Kant che voleva un uomo capace di uscire dalla minorità in cui è catturato e chiuso dal potere, nonché guerra alla ricerca kantiana di una pace perpetua nel mondo; guerra alla libertà/possibilità/capacità degli uomini – intesi come collettività/società/classe (così per il marxismo) – di immaginare e poi costruire un mondo diverso, umano e umanistico, cioè ancora guerra agli uomini che non devono diventare soggetti costruttori di storia ma oggetti assoggettati alla storia decisa da altri. E guerra alla democrazia, perché tecnica e capitalismo sono strutturalmente anti-democratici, imponendosi come dati di fatto immodificabili e indiscutibili – e allora dovremmo urgentemente riprendere con convinzione e determinazione la distinzione, rivendicandone il superamento con la trasformazione della prima nella seconda – tra democrazia formale e democrazia sostanziale. E soprattutto dovremmo riconoscere che tutta la storia della modernità occidentale e poi globale è storia del capitale, dell’industria, della tecnica e del profitto privato, ma con le premesse nel primo colonialismo e in Cartesio e in Bacone e in quella che definiamo razionalità strumentale/calcolante-industriale. Ma entriamo nel dettaglio.

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Attentato a Mosca

 

lantidiplomatico

Traduzione integrale del discorso di Putin alla nazione dopo l'attacco terroristico

di La Redazione de l'AntiDiplomatico

Traduzione in italiano del messaggio rivolto alla nazione dal presidente Vladimir Putin dopo l'attacco terroristico di Mosca, pubblicato dal quotidiano russo Komsomol'skaja Pravda.

Cari cittadini della Russia!

Mi rivolgo a voi in relazione al sanguinoso e barbaro atto terroristico, le cui vittime sono decine di persone pacifiche e innocenti - nostri compatrioti, tra cui bambini, adolescenti e donne. I medici stanno lottando per la vita delle vittime, che sono in gravi condizioni. Sono sicuro che faranno tutto il possibile e anche l'impossibile per salvare la vita e la salute di tutti i feriti. Un ringraziamento speciale va agli equipaggi delle ambulanze e delle ambulanze aeree, alle forze speciali, ai vigili del fuoco, ai soccorritori che hanno fatto di tutto per salvare vite umane, per tirarle fuori da sotto il fuoco, dall'epicentro dell'incendio e del fumo, per evitare perdite ancora più gravi.

Non posso ignorare l'aiuto dei comuni cittadini che, nei primi minuti dopo la tragedia, non sono rimasti indifferenti e, insieme a medici e agenti di sicurezza, hanno fornito i primi soccorsi e consegnato le vittime agli ospedali.

Forniremo l'assistenza necessaria a tutte le famiglie le cui vite sono state colpite da questo terribile disastro, ai feriti e alle vittime. Esprimo le mie profonde e sincere condoglianze a tutti coloro che hanno perso i loro parenti e i loro cari. Insieme a voi tutto il Paese, tutto il nostro popolo è in lutto. Dichiaro il 24 marzo giorno di lutto nazionale.

A Mosca e nella regione di Mosca e in tutte le regioni del Paese sono state introdotte ulteriori misure antiterrorismo e antisabotaggio. La cosa principale ora è impedire che i responsabili di questo sanguinoso massacro commettano un nuovo crimine.

Per quanto riguarda le indagini su questo crimine e i risultati dell'operazione di ricerca, al momento possiamo dire quanto segue. Tutti e quattro gli autori diretti dell'attacco terroristico, tutti coloro che hanno sparato e ucciso le persone, sono stati trovati e arrestati. Hanno cercato di fuggire e stavano viaggiando verso l'Ucraina, dove, secondo i dati preliminari, era stata preparata per loro una finestra sul lato ucraino per attraversare il confine di Stato. In totale sono state arrestate 11 persone. Il Servizio di Sicurezza Federale russo e le altre forze dell'ordine stanno lavorando per identificare e scoprire l'intera base ausiliaria dei terroristi: coloro che hanno fornito loro i mezzi di trasporto, hanno pianificato i modi per allontanarsi dalla scena del crimine, hanno preparato cache e nascondigli con armi e munizioni.

Ripeto, le agenzie investigative e di polizia faranno tutto il possibile per stabilire tutti i dettagli del crimine. Ma è già evidente che non ci siamo trovati di fronte a un semplice attacco terroristico attentamente e cinicamente pianificato, ma a un omicidio di massa preparato e organizzato di persone pacifiche e indifese. I criminali avevano intenzione di uccidere a sangue freddo e di proposito, di sparare a bruciapelo ai nostri cittadini, ai nostri bambini, come facevano i nazisti che commettevano massacri nei territori occupati, e progettavano di organizzare un'esecuzione spettacolo, un sanguinoso atto di intimidazione.

Tutti gli autori, gli organizzatori e i mandanti di questo crimine saranno giustamente e inevitabilmente puniti, chiunque essi siano e chiunque li abbia diretti. Ripeto, identificheremo e puniremo tutti coloro che stanno dietro ai terroristi, che hanno preparato questa atrocità, questo attacco contro la Russia e il nostro popolo. Sappiamo qual è la minaccia del terrorismo.

Contiamo qui sulla cooperazione con tutti gli Stati che condividono sinceramente il nostro dolore e sono pronti a unire realmente le forze nella lotta contro il nemico comune, il terrorismo internazionale, con tutte le sue manifestazioni. I terroristi, gli assassini, i subumani, che non hanno nazionalità e non possono avere una nazionalità, hanno solo un destino poco invidiabile: la punizione e l'oblio. Non hanno futuro.

Il nostro dovere comune adesso, i nostri compagni al fronte, tutti i cittadini del paese è quello di stare insieme in un'unica formazione. Credo che sarà così, perché niente e nessuno potrà scuotere la nostra unità e volontà, la nostra determinazione e coraggio, la forza del popolo russo unito. Nessuno potrà seminare semi velenosi di discordia, panico e discordia nella nostra società multietnica.

La Russia è passata più volte attraverso le prove più dure, a volte insopportabili, ma è diventata ancora più forte. Così sarà anche adesso.

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lantidiplomatico

Larry Johnson (ex analista CIA): "Gli USA sapevano che l’Ucraina stava tramando qualcosa"

di La Redazione de l'AntiDiplomatico

Un recente rapporto secondo cui gli Stati Uniti sono preoccupati per le “azioni palesi” dell’Ucraina contro la Russia suggerisce che Kiev sia coinvolta nell’attacco terroristico a Mosca, e gli Stati Uniti lo sapevano molto bene. Questa opinione è stata espressa dall'ex analista della CIA Larry Johnson su Judging Freedom. Anche la loro rapida negazione del coinvolgimento, ancor prima che Mosca stessa venisse a conoscenza di informazioni precise su quanto accaduto, solleva interrogativi.

Queste le parole dell'ex analista della CIA: "Non è stata l'Ucraina - possiamo esserne certi perché il Dipartimento di Stato ce lo ha appena detto! Ma pensate a questo: non sappiamo ancora quanti siano stati gli attentatori, quali armi siano state usate... Abbiamo sentito parlare di spari, di esplosioni, ma non sappiamo nulla di concreto. L'FSB parla ancora di 40 morti e 100 feriti. Eppure il Dipartimento di Stato è proprio lì: 'Questa non è l'Ucraina! Questa non è l'Ucraina!'.

Sanno che è stata l'Ucraina. Ed ecco perché possiamo esserne certi: il 7 marzo, l'ambasciata statunitense e quella britannica a Mosca hanno emesso un avviso, un consiglio di viaggio per tutti gli americani e i britannici: state lontani, ci sarà un attacco terroristico entro 48 ore. Non è successo. 

Ma questo era il mio lavoro, faceva parte del mio lavoro quando ero nell'antiterrorismo: questo tipo di avvisi vengono emessi solo quando si hanno informazioni specifiche e credibili e non si può prevenire un attacco. E di solito in questi casi, se le informazioni sono abbastanza specifiche e credibili, le trasmettiamo a un altro governo affinché intervenga per prevenire il pericolo.

Ma in questo caso, solo un giorno fa, l'outlet di intelligence open source OSINTdefender - che è uno di quei feed Twitter che fanno molto parte degli sforzi di propaganda della CIA - ha riferito che il Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e la Casa Bianca erano sempre più frustrati per le "azioni plateali non autorizzate" intraprese dall'Ucraina contro la Russia.

Ciò significa che gli Stati Uniti sapevano che l'Ucraina stava tramando qualcosa, avevano un'idea di ciò che stava per fare. E c'è una buona probabilità che l'Ucraina non solo l'abbia fatto, ma l'abbia fatto con armi e supporto forniti dagli Stati Uniti. Questo è ciò di cui la Casa Bianca era così spaventata".

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linterferenza

Attentato a Mosca. Si firma ISIS, si legge NATO

di Fabrizio Marchi

Sconfitti sul campo in Ucraina, sconfitti politicamente perché il popolo russo ha fatto fronte comune votando in massa per Putin facendo chiaramente capire che ogni velleità di dividere o destabilizzare la Russia è mera illusione, i vari cosiddetti “deep state” (servizi segreti, apparati di sicurezza ecc.) della NATO ricorrono al terrorismo.  Non a caso la firma è dell’ISIS che non ha mai sfiorato neanche con una pallina di carta tirata da una cerbottana Israele e i suoi  alleati in loco e che, guarda caso, fu scatenato contro la Siria, difesa proprio dalla Russia e, naturalmente, dall’Iran e da Hezbollah.

A mio parere la chiave di lettura dell’attentato di Mosca è questa.  Poi si tratterà di vedere quale fra i diversi “deep state” è stato il mandante, ma non è determinante saperlo. La domanda che bisogna sempre porsi, come ripeto sempre in questi frangenti è “cui prodest?”, a chi giova?

Seguendo questo metodo di indagine si comprendono i perché e i percome di un qualsiasi evento.

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sollevazione2

Crisi bancaria americana, profezia o verità?

di Paolo Cleopatra

falsomjuy.jpegL’imminente crisi sistemica attuale si spiega ricordando brevemente le ragioni e lo svolgimento della crisi sistemica del 2007, causata dall’assenza di regole prima di tutto nel sistema statunitense.

L’inizio di quella crisi può essere ricondotto alla volontà delle principali istituzioni bancarie americane di spingere ai massimi livelli la concessione di mutui per l’acquisto di case: il sogno americano doveva essere sostenuto, ma soprattutto le spese dei privati dovevano continuare ad alimentare un mercato che dava da tempo segni di cedimento.

Decisione, quindi, politica, ma dalle fortissime implicazioni finanziarie e speculative.

Molte famiglie, rimaste scottate dalla crisi del 2001-2003, quando era scoppiata la bolla di internet, erano alla ricerca di altre forme di investimento e l’acquisto di una casa sembrava perfetto.

L’espansione del mercato immobiliare lasciava intravedere che la casa potesse sempre essere rivenduta a un prezzo maggiore; le agenzie immobiliari pensavano anche di poter incassare un numero crescente di intermediazioni.

Si è quindi messo in moto un mercato chiamato “NINJA”: “no income, no job or assets”, cioè mutui concessi a persone che non avevano un reddito, un lavoro o un’attività da dare a garanzia. Questa categoria fu chiamata “mutui subprime”, cioè con un’attendibilità al di sotto delle rate da pagare. Ingrossandosi, essa ha reso fragile la base economica delle successive operazioni finanziarie.

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sinistra

Raddoppiare gli errori fatali

di Piero Pagliani

Impero.jpgla dedichiamo a tutti quelli - e sono tanti - che pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell'avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono!

Enzo Jannacci, “Prete Liprando e il giudizio di Dio”

 

1. Neanche se ne accorgono!

Qualcuno si chiederà perché ho così poca stima, e a volte nessuna, per la maggior parte dei politici, dei media e degli “esperti”, uomini e donne, che occupano la scena italiana, europea e occidentale.

La risposta è semplice: perché non si meritano nessuna stima.

Nel 2014 alcuni deputati del neonato Movimento 5 Stelle e il compianto giornalista Giulietto Chiesa, mi chiesero di presiedere un convegno internazionale intitolato “Global Warning”, cioè “attenzione alla guerra globale”. Il convegno si tenne presso la Biblioteca del Senato della Repubblica. La tesi dei lavori era che la Nato stava preparando un grande scontro con la Russia nell'Europa orientale. Tesi che Giulietto Chiesa ribadì nei suoi tour in giro per l'Italia. Con tutte le critiche di carattere teorico e politico che io gli rivolgevo schiettamente in quegli anni, riconosco volentieri che Giulietto vedeva più lontano di tutti i suoi colleghi giornalisti, sia perché era più intelligente, sia perché conosceva la Russia e l'Europa orientale molto meglio.

Ascoltate bene questi 57 secondi: https://www.youtube.com/watch?v=sDPVIljawNU

Era esagerato? Era complottista? Giudicate voi.

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resistenze1

Gaza: Una finestra orrenda sulla crisi del capitalismo globale

di William I. Robinson e Hoai-An Nguyen

1210567.jpgMentre il mondo assiste inorridito al crescente numero di vittime tra i civili palestinesi e Israele affronta le accuse della Corte internazionale di Giustizia per il crimine di genocidio, la carneficina di Gaza ci offre una finestra spettrale sulla rapida escalation della crisi del capitalismo globale. Collegare i fili dalla spietata distruzione israeliana di Gaza a questa crisi globale richiede un passo indietro per mettere a fuoco il quadro generale. Il capitalismo globale deve affrontare una crisi strutturale di sovraccumulazione e stagnazione cronica. Ma i gruppi dominanti devono anche affrontare una crisi politica di legittimità dello Stato, di egemonia capitalista e di disintegrazione sociale diffusa, una crisi internazionale di contrapposizione geopolitica e una crisi ecologica di proporzioni epocali.

Le élite aziendali e politiche globali sono in preda alla sbornia del boom capitalistico mondiale della fine del XX e dell'inizio del XXI secolo.  Hanno dovuto riconoscere che la crisi è fuori controllo. Nel suo Rapporto sui rischi globali per il 2023, il World Economic Forum ha avvertito che il mondo si trova ad affrontare una "policrisi" che comporta un'escalation di impatti economici, politici, sociali e climatici che "stanno convergendo per dare forma a un decennio unico, incerto e turbolento".  L'élite di Davos potrebbe non sapere come risolvere la crisi, ma altre fazioni dei gruppi dirigenti stanno sperimentando come plasmare l'interminabile caos politico e l'instabilità finanziaria in una nuova e più letale fase del capitalismo globale.

Mentre l'esito militare della guerra di Gaza deve ancora essere determinato, non c'è dubbio che Israele e i suoi sostenitori negli Stati centrali del sistema capitalistico mondiale stiano perdendo la guerra politica per la legittimità.

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lindipendente

Un mondo multipolare non sarà automaticamente un mondo nuovo

di Monica Cillerai

multipolare.jpgL’ordine mondiale geopolitico regolato dal Washington Consensus, l’equilibrio internazionale figlio della Seconda guerra mondiale, è finito. L’ordine mondiale dei commerci, stabilito dagli accordi di Bretton Woods, non funziona più: già ammalato da tempo, si è indebolito in pandemia e sta ricevendo l’estrema unzione con la guerra in Ucraina. Da qualsiasi punto si guardi la faccenda globale, gli USA stanno perdendo il loro ruolo di capo e poliziotto del mondo. L’egemonia a stelle e strisce, già in declino da anni, sta definitivamente tramontando. Nuovi Stati chiedono voce in capitolo e reclamano potere. Pretendono istituzioni internazionali meno orientate verso gli Stati Uniti e i privilegi occidentali, esigono la fine del dominio del dollaro, reclamano ruoli guida ai tavoli in cui si decidono le politiche globali. Le crisi non sono la fine di tutto, sono momenti necessari di rottura per arrivare a un nuovo ordine, dopo una fase di caos. Oggi siamo nel momento del disordine. I fatti in Ucraina hanno semplicemente reso visibile a tutti la tracimazione di un vaso colmo da tempo. Gli USA cercano storicamente anche così, attraverso guerre esportate e per procura, di stabilizzare il loro potere e la loro egemonia. È dalla Cina e da numerosi Paesi ancora considerati in via di sviluppo, i famosi BRICS (Brasile, Russia, India e Sud Africa), che arriva la richiesta di un nuovo ordine internazionale. L’attacco militare da parte della Russia verso l’Ucraina e l’impossibilità di operare da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU a causa del veto imposto da Mosca hanno rimesso sul tavolo la questione di una necessaria riforma del sistema delle Nazioni Unite. Unione Europea e USA si sono impegnate nel lancio di numerosi pacchetti di sanzioni economiche contro la Russia, che hanno finito per ricadere sugli interscambi commerciali tra Mosca e varie altre economie a essa connesse, in primis quelle dei BRICS.

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Il multipolarismo imperfetto prossimo venturo

di Vincenzo Comito

La crisi dell’egemonia occidentale sul mondo potrebbe condurre a un multipolarismo imperfetto, con medie potenze che si muovono tra fronti opposti in cerca di benefici. Per non piombare in un caos sistemico è necessario ridisegnare le istituzioni internazionali affinché rispondano agli equilibri e alle esigenze del presente

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La fine del vecchio ordine

Oggi si trovano quasi tutti d’accordo sull’idea che il mondo uscito dalla seconda guerra mondiale sta ora progressivamente svanendo, come intitolava, ad esempio, un recente articolo di “Le Monde” (Frachon, 2023) e come veniva anche ribadito, sempre recentemente, dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres (“le strutture attuali di governance mondiale riflettono il mondo di ieri”); ma ci sono idee piuttosto confuse, almeno in parte, su come esso si stia veramente trasformando e in che direzione si stia realmente andando. Peraltro non manca chi cerca di frenare il movimento.

Certo, non siamo nella situazione in cui si è trovato a suo tempo Claudio Rutilio Namaziano, che, partito un giorno in nave da Roma per ritornare alla natia Gallia dopo un soggiorno nella capitale dell’Impero, e facendo sosta ogni sera lungo il percorso in un porto diverso, assistette in tempo reale al crollo in pochi giorni del sistema imperiale, città per città, sotto in particolare la spinta dei Vandali da una parte, dei Goti dall’altra, come riferisce nella sua opera De reditu suo. Nel nostro caso il percorso appare invece lungo e tortuoso.

Un’altra cosa che trova quasi tutti d’accordo, collegata alla precedente, è il fatto che la potenza economica, finanziaria, tecnologica, militare degli Stati Uniti, sino a ieri paese di gran lunga dominante, si stia progressivamente riducendo almeno in maniera relativa rispetto al resto del mondo, anche se il dibattito è aperto su quanto forte sia tale riduzione e come si collochi oggi invece in termini di peso effettivo la potenza in ascesa, la Cina, rispetto a quello degli Stati Uniti.

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effimera

DIARIO DELLA CRISI | Il conflitto è una potenza economica (reddito e norme giuridiche dentro la crisi)

di Gianni Giovannelli

Quarto Stato 696x376 1.jpgIn questa nuova puntata del Diario della Crisi, progetto lanciato congiuntamente da Effimera, Machina ed El Salto, Giovanni Giovannelli analizza, alla luce del caso italiano, le diverse configurazioni che la povertà assume nell’attuale contesto di crisi e le modalità della sua gestione da parte degli attuali governi dell’Unione Europea, con l’obiettivo di disciplinare la forza lavoro e segmentarne le traiettorie socio-economiche. In questo contesto, la questione del salario minimo assume una grande rilevanza nella misura in cui consente di opporre un criterio di uguaglianza all’enorme diversità di figure contrattuali assunte dal rapporto di lavoro, molte delle quali tenuemente regolamentate.

* * * *

Occorre sapere che il conflitto
è presente in ogni cosa
la Giustizia è Contesa
tutto nasce secondo
Contesa e Necessità
(Eraclito, Frammento 22B80 DK)

Il 25 ottobre 2023 ISTAT ha reso disponibili i dati relativi al 2022, come raccolti ed elaborati dall’Istituto. Si veda il report Le statistiche dell’ISTAT sulla povertà/Anno 2022: Ne esce un quadro complessivo che appare coerente sia con il sentiment popolare percepito da ogni osservatore non prezzolato (o pur se retribuito almeno onesto) sia con le decisioni dell’apparato governativo; un quadro che conferma il durissimo violento attacco ai lavoratori subordinati e al precariato della vecchia Europa.

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effimera

Diario della crisi | Lotta di classe in America

di Christian Marazzi

Lotte USA.jpgIn questa nuova puntata del Diario della crisi, rubrica pubblicata su Effimera, Machina ed El Salto, Christian Marazzi analizza l’ondata di scioperi che nelle ultime settimana sta scuotendo gli Stati Uniti. È la somma, spiega Marazzi, di fattori contingenti e di lungo periodo: il Covid e il contesto economico post-pandemico, l’apparizione dei «lavoratori essenziali», il fenomeno delle grandi dimissioni hanno rafforzato il potere contrattuale degli operai e dunque le loro possibilità di conflitto. Le ragioni di lungo periodo risiedono invece nella crescente diseguaglianza degli ultimi quarant’anni. Queste lotte, che praticano nuove tattiche (ad esempio lo «stand up strike», cioè lo sciopero a singhiozzo), mostrano la crisi esistenziale del lavoro. Il rifiuto del modello di lavoro e l’urgenza di salvare l’ambiente stanno imprimendo dei cambiamenti profondi nella società, rivoluzionando la scala di valori di sistema.

* * * *

«La settimana scorsa (4 ottobre) hanno scioperato per tre giorni i 75.000 operatori sanitari della Kaiser Permanente, la più importante azienda privata senza scopo di lucro del settore. È stato il più grande sciopero sanitario della storia degli Stati Uniti. È l’ultimo di una serie impressionante di scioperi che stanno scuotendo il mondo del lavoro americano. Se le luci della scena erano state occupate dallo sciopero dell’industria cinematografica a stelle e strisce, nell’ombra altre centinaia di migliaia di lavoratori hanno incrociato le braccia negli ambiti più disparati. I baristi di Starbucks, il personale alberghiero della California, gli assistenti di volo, i portuali della West Coast, solo per citarne alcuni. L’altra novità è che i lavoratori vincono. Esemplare il caso dei 340.000 corrieri di Ups.