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linterferenza

“Secret City” e il complesso industriale militare

di Gerardo Lisco

gemkrngPremetto che sono convinto che non ci sarà nessun conflitto mondiale nucleare a parte la “guerra mondiale a pezzi”, per citare il defunto Papa Francesco I, già in corso. Nonostante la propaganda guerrafondaia dei media, di opinionisti e di politicanti da ascrivere alla categoria degli psicopatici, penso che nessuna potenza nucleare provocherà un tale conflitto.

Detto questo, di recente mi ha colpito in modo particolare una serie televisiva trasmessa dal canale NETFLIX. Continuo a pensare che questo canale sia uno dei tanti strumenti di soft power finalizzati a educare il mondo al modello culturale americano ed è per questa mia opinione che la serie TV dal titolo “Secret City” mi ha particolarmente colpito. Non è mia intenzione anticipare la conclusione della serie, ma dal punto di vista narrativo l’ho trovata avvincente e stimolante sul piano della riflessione politologica.

La storia è un thriller politico, ambientato in Australia, si ispira a fatti veri tratti dai libri scritti da Chris Uhlmann e Steve Lewis, intitolati “The Marmalade files” e “The Mandarin Code”. La serie è stata trasmessa per la prima volta nel 2016, mentre in Italia la trasmissione della prima stagione risale al 2018. Ciò che mi intriga della serie è come il sistema politico, la comunicazione pubblica, gli interessi nazionali e internazionali si intreccino tra di loro e con le ambizioni personali dei protagonisti.

Ciò che emerge è il ruolo della stampa quando è indipendente, ben rappresentata dalla protagonista della serie TV, e la figura del premier. A differenza della comune vulgata un premier, pur se legittimato dal voto popolare, in realtà, può essere tenuto all’oscuro di ciò che membri del governo, vertici militari, consiglieri ecc. tramano nell’ombra alle sue spalle ed è per questa ragione che il personaggio del Primo Ministro australiano può essere stereotipo dei tempi in cui viviamo. In una delle puntate, nel pieno della tempesta politica che coinvolge tanto il suo governo quanto i maggiori vertici burocratici e militari del paese, mettendo in crisi le stesse relazioni internazionali con le due potenze che gravitano sull’Oceano Pacifico ossia USA e Cina, il primo ministro si sofferma ad ascoltare e riflettere sul discorso di addio del Presidente degli USA Dwight Eisenhower del 1961.

In quel discorso il Presidente americano a fine mandato, tre giorni prima dell’insediamento del suo successore J.F. Kennedy, mette in guardia i propri cittadini sul pericolo rappresentato dal “complesso militare – industriale”. Il discorso è possibile ascoltarlo in rete per cui mi limiterò a riportare solo i passaggi più significativi. Dice Eisenhower << (…) Un elemento vitale per mantenere la pace è il nostro stabilimento militare. Le nostre braccia devono essere potenti, pronte per un’azione istantanea, in modo che nessun potenziale aggressore possa essere tentato di rischiare la propria distruzione. (…) Fino all’ultimo dei nostri conflitti mondiali, gli Stati Uniti ( n.d.r. Guerra di Corea) non avevano industria degli armamenti. I fabbricanti americani di vomeri potevano, con il tempo e quanto basta, anche fabbricare spade. Ma non possiamo più rischiare l’improvvisazione di emergenza della difesa nazionale. Siamo stati costretti a creare un’industria di armamenti permanente di vaste proporzioni. Inoltre, tre milioni e mezzo di uomini e donne sono direttamente coinvolti nell’establishment della difesa. (…) Ora questa unione di un immenso stabilimento militare e di una grande industria di armi è nuova nell’esperienza americana. L’influenza totale – economica, politica, persino spirituale – si fa sentire in ogni città, ogni Statehouse, ogni ufficio del governo federale. Riconosciamo la necessità imperativa di questo sviluppo. Tuttavia, non dobbiamo mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. (…) Nei consigli di governo, dobbiamo guardarci dall’acquisizione di un’influenza ingiustificata, cercata o meno, dal complesso militare industriale. Il potenziale per il disastroso aumento del potere fuori luogo esiste e persisterà. Non dobbiamo mai lasciare che il peso di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà o i processi democratici. Non dovremmo dare nulla per scontato. Solo una cittadinanza attenta e ben informata può obbligare a unire adeguatamente l’enorme apparato di difesa industriale e militare con i nostri metodi e obiettivi pacifici, (…)>>.

A partire dal conflitto ucraino – russo ossia dalla guerra che gli USA, guidata da Biden, stanno conducendo utilizzando le forze armate ucraine, mercenari e istruttori sotto copertura contro la Russia, il problema del riarmo degli stati aderenti all’U.E è diventato centrale e urgente. Con il ritorno alla Presidenza degli USA di Trump si è passati dall’educare l’opinione pubblica all’accettazione della guerra con la Russia come un fatto inevitabile ( gli analisti sostengono che la Russia attaccherà gli Stati UE nel 2026) al varo di politiche di sostegno finanziario ed economico al riarmo. Il ReArm Europe Plan[1], voluto dalla von Der Leyen e dallo stesso parlamento UE, come è noto, prevede la possibilità di spendere fino ad 800 miliardi di euro, e stiamo parlando di spesa in deficit nel rispetto dei vincoli di bilancio. Per quanto riguarda l’Italia, essendo soggetta a infrazione, per poter aumentare la spesa militare dovrà negoziare con l’UE, cosa sulla quale il Ministro Giorgetti si sta spendendo. Alla luce di quanto detto fin qui, provo a capire quanto ci sia di vero nella campagna mediatica in corso. La propaganda amplificata dai media, nazionali e non, sostiene, prendendo a riferimento uno studio dell’International Institute for Strategic Studies (IISS) del febbraio 2025 che la spesa militare russa è superiore a quella aggregata dei singoli Stati aderenti all’UE. Il dato è riferito al consuntivo 2024. Lo studio curato da Alessio Capacci, Carlo Cottarelli e Carlo Cagnarella per conto dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani (‘OCPI) [2] ha dimostrato che l’analisi condotta dall’IISS, presentata come verità assoluta da Financial Times, La Repubblica, Formiche.net e altri ancora, presenta due errori fondamentali. Come scrivono gli economisti dell’OCPI << Lo studio IISS parte dalla spesa militare russa nel 2024 espressa in rubli e la converte in dollari a tassi di cambio correnti, giungendo a una spesa di 145,9 miliardi di dollari (il 6,7% del PIL). Poiché i prezzi in Russia, per gli stessi prodotti, sono più bassi dei prezzi degli Stati Uniti, 145,9 miliardi di dollari valgono in Russia molto più che negli USA in termini di potere d’acquisto. Per ovviare a questo problema, correttamente e seguendo la pratica internazionale, l’IISS calcola anche la spesa russa utilizzando non tassi di cambio correnti, ma tassi di cambio “a parità di potere d’acquisto” ( PPP), che sono quelli che equalizzano i prezzi tra Russia e Stati Uniti. (…)>>

Dall’applicazione del criterio sopra indicato l’IISS evince che la spesa militare russa, per il 2024, è superiore a quella aggregata dei Paesi europei. Gli economisti dell’OCPI evidenziano che il confronto operato dall’IISS contiene i seguenti errori << Primo, lo studio IISS presenta due definizioni di spesa militare: la prima è quella NATO ( “Defense Expenditure” nello studio) ed è la definizione più ampia; i 461, 6 miliardi [ sopra ] riportati per la Russia si riferiscono a questa definizione; la seconda ( “Defense Budget” nello studio) è più ristretta: i 457,3 miliardi europei corrispondono a questa seconda definizione. In sostanza i media hanno confrontato due definizioni che non sono coerenti. Se si utilizzasse anche per l’Europa la definizione NATO, la spesa europea salirebbe a 493,1 miliardi (1,9% del Pil), oltre trenta miliardi sopra la spesa russa (…)>> E’ difficile credere che l’errore sia stato casuale. E’ da tempo che i media operano per costruire una opinione pubblica propensa ad accettare come inevitabile il conflitto bellico. I media non si sono impegnati nel cercare la verità come invece fa nella serie televisiva “Secret City”, la protagonista, fino al punto di essere condannata a diversi anni di detenzione per avere reso pubblici alcuni dati sensibili. Nei media che non informano correttamente l’opinione pubblica si intravede uno dei pericoli denunciati da Eisenhower nel suo ultimo saluto agli Americani.

Ritornando allo studio dell’OCPI << Il secondo errore è presente nello stesso studio dell’IISS: mentre la spesa russa viene valutata a tassi di cambio PPP (dollari internazionali), quella europea è espressa in dollari correnti. Questo sottovaluta la spesa europea perché il livello dei prezzi in Europa è più basso di quello statunitense per un importo significativo (anche se non così significativo come nel caso della Russia) (…)>> Andando oltre nell’analisi gli economisti dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani sottolineano come << (…) la spesa militare europea, nella definizione NATO, risulta di 730 miliardi di dollari internazionali nel 2024, ossia il 58% più alta rispetto ai 462 miliardi spesi dalla Russia. (…)>>. Il lavoro condotto dai tre economisti è molto interessante anche per ulteriori aspetti che mettono in evidenza come siamo in presenza, a mio parere, di informazioni false e tendenziose. A parte questo studio, già di per se significativo, ho approfondito ulteriormente la questione prendendo a riferimento quanto lo stesso European Council pubblica sul suo sito. Riporto dal sito alcuni indicatori << Tra il 2021 e il 2024 la spesa totale degli Stati membri dell’UE per la difesa è aumentata di oltre il 30%. Nel 2024 ha raggiunto una quota stimata di 326 miliardi di euro, pari a circa l’1,9% del PIL UE (…) La spesa dovrebbe aumentare di ulteriori 100 miliardi in termini reali entro il 2027. Prendendo in considerazione solo i 23 Stati membri dell’UE che sono anche membri della NATO, la spesa per la difesa è stata pari all’1,99% del loro PIL complessivo nel 2024 e dovrebbe raggiungere il 2,04% nel 2025. (…) Nel 2023 gli investimenti nel settore della difesa sono cresciuti a un ritmo eccezionale. Rispetto all’anno precedente sono infatti aumentati del 17%, raggiungendo un importo record di 72 miliardi di euro, ovvero il 26% della spesa combinata degli Stati membri per la difesa. (…)>> . Altro dato interessante riportato dal documento pubblicato sul sito European Council: nel 2023 l’industria europea della difesa ha generato un fatturato di 158,8 miliardi di euro con un incremento del 28,5% tra il 2021 e il 2023. L’industria europea ha inoltre registrato un aumento dell’occupazione con un numero totale di posti di lavoro pari a 581.000, l’8,9% di occupati in più. Nel numero degli occupati non rientrano coloro che a diverso titolo sono militari. Nella sola Italia tra Esercito, Marina, Aviazione, Carabinieri e Guardia di Finanza il numero di coloro che sono inquadrati nelle forze armate ammontano a oltre 334.000; in Francia considerando le tre forze armate tradizionali con l’aggiunta della gendarmeria la cifra è la stessa italiana. Consultando i vari siti istituzionali, tra personale civile e militare gli occupati nel settore, stimo che ammontino all’incirca a un paio di milioni di unità. In tutti gli Stati UE il servizio militare è stato professionalizzato e quindi reso volontario per cui è del tutto evidente che un ampliamento dei ranghi favorirebbe lo sviluppo di carriera con la conseguente forte pressione in tal senso che viene dai vertici militari. Per capirlo è sufficiente leggere le dichiarazioni di alcuni alti ufficiali. Prima di avviarmi alla conclusione l’ultima riflessione riguarda le aziende del settore militare – industriale. A tal proposito ho attinto dall’ebook di Sbilanciamoci![3]. Lo studio in questione evidenzia come la politica estera, della difesa comune e internazionale, sembra, che vengano condizionate dal complesso militare industriale. Il condizionamento sembra essere tale da spingere alcuni a ironizzare sul fatto che a svolgere, di fatto, le funzioni di “commissario UE” agli affari esteri e alla difesa sia l’amministratore delegato della Rheinmetall, principale azienda tedesca nel settore degli armamenti. Il Commissario europeo alla difesa è Andrius Kubilius, lituano, agli esteri Kaja Kallas, estone; entrambi espressione di entità statali il cui peso in termini economici, demografici, politici non è nemmeno lontanamente paragonabile ad alcune regioni dell’UE, come possono essere la Lombardia, la Catalogna, la Baviera ecc. E’ interessante soffermarsi sull’aumento della spesa militare dei due Stati che esprimono i due Commissari sopra richiamati, cresciuta in modo elevato nell’ultimo anno; la spiegazione ufficiale è che sono Stati confinanti con la Russia.[4] Di seguito altri dati utili a comprendere il peso del complesso militare– industriale sulle scelte politiche che si stanno consumando sulla pelle di milioni di cittadini europei. Sempre citando lo studio pubblicato da “ Sbilanciamoci”, nel 2025 << Il rapporto dell’Area Studi Mediobanca 1 sui dati finanziari di 40 multinazionali che operano nel comparto militare, pur confermando che i player statunitensi risultano tre volte più grandi di quelli europei ( come enfatizzato dal piano Draghi sulla competitività dell’UE) , evidenzia – al contrario – che i maggiori beneficiari degli investimenti dei mercati finanziari sono le multinazionali europee del settore. (…) i dati evidenziano il forte rialzo, dall’inizio del 2025, delle azioni dei principali gruppi europei della Difesa, con l’indice azionario FtsEurofirst 300 Aerospeace & Defence che a marzo ha registrato il suo massimo storico ( + 34,4% da inizio 2025 e + 182,2% negli ultimi 3 anni) (…) Il 3 marzo tutte le aziende quotate in Borsa hanno registrato in un solo giorno un balzo straordinario: Bae System ha guadagnato il 15%, Leonardo il 16%, Thales il 16%, Rheinmetall il 14% e Saab il 12% (…) >>. Nel caso di una pace tra Ucraina e Russia, secondo gli analisti, potrebbe esserci un temporaneo ribasso fino a – 20%. Come recita il titolo di un film di qualche anno fa con protagonista Alberto Sordi “Finchè c’è guerra c’è speranza”. Ritornando all’inizio di questa mia riflessione, ciò che emerge in modo chiaro è il peso che il complesso militare – industriale ha sulle scelte politiche sia dell’Unione Europea che del Governo dei singoli Stati nazionali. “Secret City” ci fa riflettere su quante di queste scelte vengano fatte in chiaro e quante invece nell’ombra; sottolineando che forse, anche esponenti politici di spicco sulle cui spalle ricadono le principali responsabilità politiche potrebbero essere all’oscuro. Ad ascoltare le dichiarazioni della Kallas e di esponenti del PD con ruoli di rilievo in Unione Europea viene in mente il personaggio della Senatrice Catriona Bailey, personaggio politico inquietante, doppio e triplo giochista, osannata dagli elettori e dai media, vera anima nera capace di operare nell’ombra, anche al di sopra dello stesso Primo Ministro. Secret City, come detto, riporta anche il discorso di commiato del Presidente Einsenhower; esempio di classe politica di altri tempi. Altra cosa rispetto ad alte cariche dello Stato che deliberatamente mentono sapendo di mentire.


Note
[1] https://www.europarl.europa.eu ReArm Europe Plan/Readiness 2030.del 03.04.2025
[2] OCPI . Facciamo chiarezza : nel 2024 la spesa militare europea eccedeva quella russa del 58% di Alessio Capacci, Carlo Cignarella e Carlo Cottarelli del 22 febbraio 2025. https://osservatorio.ocp.unicatt.it
[3] Sbilanciamoci! Europa a mano armata, a cura di Futura D’Aprile , scaricabile dal sito https://sbilanciamoci.info
[4] it.euronews.com › my-europe › 2024/12/06 Aumento spesa per la difesa: i Paesi dell’Ue che investono di più
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