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Ucraina: ritorno alla follia dell'escalation per far fallire i negoziati
di Davide Malacaria
Dopo la spinta diplomatica successiva al vertice tra Putin e Trump, l’apparente stallo. Zelensky, lontano dalla Casa Bianca, continua a negare la possibilità di cedere territori e intensifica i bombardamenti in territorio russo, sia agli impianti energetici che contro obiettivi civili, mentre prosegue come prima la campagna russa, con conquiste progressive e bombardamenti mirati alle infrastrutture strategiche ucraine, che provocano vittime civili (di cui i media occidentali riferiscono, al contrario dei civili russi).
A stoppare l’iniziale flessibilità di Zelensky la Ue, ormai salita con decisione sul carro neocon, che ha preso un abbrivio apparentemente inarrestabile grazie ai guadagni stellari dell’apparato militar-industriale Usa prodotti dal conflitto ucraino e dalla stretta politica e mediatica sull’Occidente che s’accompagna al genocidio di Gaza.
Ma, al solito, la Gran Bretagna si è ritaglita un ruolo primario in questa spinta pro-guerra, anche se (come al solito) manda avanti altri a far da guastatori, nel caso specifico Macron e Mertz, che più hanno sostenuto le ragioni di Zelensky al cospetto di Trump.
Invece le manovre britanniche restano sottotraccia. Anzitutto ha fornito a Kiev la tecnologia per costruire missili a lungo raggio – gittata di 3mila chilometri, testata 1.150 chilogrammi – in grado di causare danni in profondità alla Russia. Infatti, il Flamingo, presentato come produzione autoctona, è troppo simile al missile dell’azienda emiratina-britannica Milanion, esposto alla fiera IDEX-2025 (si noti la curiosa somiglianza con la V1 tedesca).
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Israele avvia la soluzione finale a Gaza City
di Roberto Iannuzzi
La nuova operazione militare punta a spopolare e cancellare la città, sospingendo i palestinesi verso sud in vista della definitiva pulizia etnica della Striscia. L’Occidente tace
In un mese di agosto ricco di notizie internazionali ma scarso di risultati incoraggianti, il presidente americano Donald Trump, dopo aver avviato un inconcludente sforzo negoziale in Alaska riguardo al conflitto ucraino, durante un interludio della guerra dei dazi ha autorizzato attacchi militari contro i cartelli della droga in Messico e dispiegato forze navali USA al limite delle acque territoriali venezuelane.
La Casa Bianca è anche molto attiva in Medio Oriente, dal Caucaso al Libano dove la campagna USA di pressione nei confronti del governo locale affinché disarmi Hezbollah rischia di scatenare una guerra civile. Sullo sfondo rimangono le irrisolte tensioni con l’Iran e il rischio di un secondo round nello scontro fra Tel Aviv e Teheran.
Se la guerra in Ucraina e le altre perturbazioni internazionali ci ricordano che la crisi mondiale legata al declino dell’egemonia statunitense non ammette pause estive, è la Palestina – in primo luogo con l’immane catastrofe di Gaza – a rimanere l’epicentro del collasso morale dell’Occidente.
Cancellare Gaza City
Nell’inerzia delle capitali europee, e con il consenso di fatto accordato da Washington, gli aerei e i carri armati israeliani hanno già iniziato a martellare i quartieri a nord e a est di Gaza City, in base a un piano del governo Netanyahu approvato lo scorso 8 agosto, il quale prevede che Israele assuma il pieno controllo militare della Striscia a cominciare dalla regione settentrionale.
In coincidenza con l’avvio di quella che i vertici militari israeliani hanno definito la seconda fase dell’operazione “Carri di Gedeone”, un nuovo ordine di evacuazione è stato emanato per i residenti di Gaza City dove centinaia di migliaia di persone erano tornate durante il cessate il fuoco dello scorso gennaio.
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