Rifondare il comunismo
di Salvatore Bravo
L’urgenza di ricostituire la sinistra comunista non è più rimandabile. Le oligarchie transnazionali con la fine della globalizzazione mostrano la verità del dominio. Sono in lotta a Oriente come a Occidente. Con la lotta fra le plutocrazie si aprono spazi di intervento e di verità. Le guerre plutocratiche si moltiplicheranno e i diritti sociali e individuali gradualmente scompariranno dall’orizzonte politico. Il loro posto è, e ancor più, sarà occupato da slogan e dalle parole ambivalenti della società dello spettacolo. L’articolo 31 del DDL sicurezza prepara l’Italia a una lunga guerra. Sarà possibile per le università, se fosse approvato, collaborare spontaneamente con i Servizi segreti. La guerra tra le oligarchie non può che causare un clima di timore. La paura è “arma” per neutralizzare i dissenzienti e per sollecitare il sospetto e il controllo. L’inquietudine è il mezzo con cui il capitalismo cerca di strappare la sua tranquillità, poiché è esso stesso inquieto a causa delle ingovernabili contraddizioni che lo corrodono. Il declino del capitalismo nelle sue formule plurali è inevitabile. I sintomi della decadenza sono ormai evidenti. La sovrapproduzione e la scarsità di risorse da estrarre e da sfruttare sono ormai la tagliola sanguinante del capitalismo. Il saccheggio è anche e specialmente spirituale, nella fase attuale il capitalismo rapina “la capacità di significare”, in tal modo i sudditi non sono che orci bucati in cui tutto fluisce, fino al punto che l’orcio assume la forma dei contenuti. Il sangue degli ultimi ha macchiato la storia dei capitalismi, pertanto la sua storia non potrà che terminare nel sangue e nel sudore degli infelici che già ora non vivono ma sopravvivono. Rileggere Marx è oggi fondamentale per risemantizzare per il presente. Il comunismo che verrà non sarà la riproposizione del passato, ma esso necessita della tradizione comunista e delle sue categorie per pensare il presente e progettare il futuro.
Marx ha riportato l’essere umano nella storia e ha svelato le religioni si sistema nella loro realtà ideologica. La religione con le sue fughe dorate da un mondo reificante è stata la complice del dominio, ha sparso i “fiori sulle catene”, è stata l’oppiaceo che ha consentito di “sopportare l’insopportabile”.
Il dominio capitalistico nel nostro tempo ha prodotto nuove “forme di religiosità perversa” con cui aggiogare i sudditi. L’offerta mercantile degli oppiacei oggi è innumerevole, essi hanno tutti il medesimo scopo: derealizzare, ovvero astrarre il soggetto dalla realtà storica vissuta per spingerlo in un mondo psicotico e irrazionale in cui è il desiderio indotto a regnare. Edonismo, turismo acefalo, fanatismo del lavoro e dell’accumulo, narcisismo e nuove dipendenze (tecnologie, social, rete ecc.) producono il suddito addomesticato e conforme al sistema che si muove in una realtà spettrale. Le funzioni che la religione tradizionale aveva al tempo di Marx, oggi è sostituita da nuove forme mondane di dipendenza. Leggere Marx significa dunque attualizzarlo:
“Il fondamento della critica irreligiosa è: l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sé e il sentimento di sé dell'uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l'uomo non è un essere astratto, posto fuori del mondo. L'uomo è il mondo dell'uomo, Stato, società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo point d'honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne compimento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell'essenza umana, poiché l'essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l'aroma spirituale. La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l'aureola1”.
La sinistra comunista non può e non potrà che essere radicale nella critica del presente storico. Essa dovrà conservare la sorgente radicale e critica già viva in Marx. Smascherare le religioni del nostro tempo e mostrarle nella loro verità è il compito difficile della sinistra comunista. Per bucare l’acquiescenza e la passività dei subalterni è necessario individuare i linguaggi adeguati da far scorrere negli innumerevoli mezzi mediatici che potrebbero essere usati nella controinformazione dello smascheramento ideologico. Nel nostro tempo le catene continuano ad essere coperte dai fiori immaginari delle fantasie e delle false speranze. Mostrare la verità in modo adialettico può comportare una reazione di rifiuto da parte di molti. Il momento dello svelamento è dunque delicato, poiché squarcia il velo di Maya delle menzogne da cui le moltitudini sono avvolte. La verità necessita di essere rivelata com modalità politiche aggreganti e con gradualità. Molti non potrebbero che fuggire dinanzi al “crudo vero”. Il problema dev’essere posto, poiché chi è abituato al conformismo e all’informazione omologata non può che respingere la verità con il suo aspetto meduseo, tanto più che si vive normalmente rimuovendo il dolore e la sofferenza:
“La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l'uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l'uomo affinché egli pensi, operi, configuri la sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all'uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso2”.
“Bisogna rendere l’oppressione più oppressiva”. La verità pensata e condivisa ha lo scopo di rendere l’oppressione ancora più insopportabile, giacché essa riporta il suddito nella storia e gli dona uno sguardo nuovo con cui vivere e pensare la realtà strutturale e sovrastrutturale. Il passaggio dalla menzogna ideologica alla verità è dolorosa. La nuova sinistra comunista non può non valutare tale passaggio dialettico che dev’essere sostenuto con la speranza e con la progettualità. La verità metafisica e storica del nuovo comunismo dovrà definire l’essere umano nella sua storicità per poter progettare “il comunismo del futuro”. L’innaturalità del capitalismo dovrà essere palesata con la fondazione metafisica del comunismo, in tal modo la politica non sarà scissa dalla filosofia. Il fondamento metafisico consente di trascendere le barriere sociali e i particolarismi e di comunicare a un numero ampio e diversificato di compagini sociali e culturali la perversione operata dal capitalismo della natura umana. Marx ci rammenta che le divisioni e i particolarismi “mummificano” e ipostatizzano le divisioni fino a naturalizzarle:
“Quale spettacolo! Una società divisa all'infinito nelle razze più svariate, le quali si contrastano con piccole antipatie, cattiva coscienza e brutale mediocrità, e che appunto per la reciproca posizione ambigua e sospetta chiedono di essere trattate tutte senza distinzione, se pur con differenti formalità, dai loro signori come esistenze consentite. E lo stesso fatto di essere dominate, governate, possedute, esse devono riconoscerlo e professarlo come una concessione dal cielo! Dall'altra parte stanno quegli stessi signori, la cui grandezza sta in rapporto inverso al loro numero! La critica che si cimenta con questo contenuto è la critica che sta in mezzo alla mischia, e nella mischia non si tratta di sapere se l'avversario è nobile, di pari condizione, se è un avversario interessante, si tratta di colpirlo. Si tratta di non concedere ai tedeschi un solo attimo di illusione su di sé e di rassegnazione. Bisogna rendere ancor più oppressiva l'oppressione reale con l'aggiungervi la consapevolezza dell'oppressione, ancor più vergognosa la vergogna, dandole pubblicità. Si deve raffigurare ciascuna sfera della società tedesca come la partie honteuse della società tedesca, bisogna far ballare questi rapporti mummificati cantando loro la loro propria musica! Bisogna insegnare al popolo a spaventarsi di se stesso, per fargli coraggio. Si soddisfa con ciò un imprescindibile bisogno del popolo tedesco, e i bisogni dei popoli sono di per se stessi i motivi ultimi del loro appagamento3”.
Il dominio si eternizza con l’astrattezza. Si astrae dall’uomo concreto per rimuovere la reale condizione di ogni strato sociale e di ogni individuo. L’astratto camufa il concreto e lo rende opaco e ciò facilita la conservazione. Si entra nel mondo dell’astrazione, in modo da negare ai subalterni le categorie con cui ricostruire la tragica verità in cui si è implicati e invischiati. Nessuna tragedia è eterna. La concretezza riporta fatti, dati e strutture alla loro genesi e li emancipa dalle tempeste dell’astratto. Marx lottò per la concretezza, tale è il materialismo storico, e a tale categoria oggettiva nessun comunismo dovrà rinunciare:
“La critica della filosofia tedesca dello Stato e del diritto, che con Hegel ha ricevuto la sua ultima forma più conseguente e più ricca, è l'una e l'altra cosa, sia l'analisi critica dello Stato moderno e della realtà a essa connessa, sia la decisa negazione di tutto il modo precedente della coscienza politica e giuridica tedesca, la cui espressione più eminente, più universale, elevata a scienza, è appunto la filosofia speculativa del diritto. Se solo in Germania è stata possibile la filosofia speculativa del diritto, questo astratto ed esaltato pensamento dello Stato moderno, la cui realtà rimane un aldilà, questo aldilà può risiedere anche soltanto al di là del Reno: inversamente, la concezione tedesca dello Stato moderno, che astrae dall'uomo reale, fu possibile a sua volta soltanto e in quanto lo Stato moderno stesso astrae dall'uomo reale, ovvero soddisfa in modo soltanto immaginario l'uomo totale. I tedeschi nella politica hanno pensato ciò che gli altri popoli hanno fatto. La Germania fu la loro coscienza teorica. L'astrattezza e la presunzione del suo pensiero andarono sempre di pari passo con la unilateralità e inferiorità della loro realtà. Se dunque lo status quo del sistema statale tedesco esprime il compimento dell'ancien régime, questa spina nella carne dello Stato moderno, lo status quo della scienza statale tedesca esprime l'incompiutezza dello Stato moderno, la piaga della sua stessa carne4”.
L’imperativo categorico del comunismo del futuro sarà finalizzato, come già fu, a rovesciare i rapporti di sussunzione nei quali l’essere umano è solo un mezzo. L’errore da non ripetere è nell’individuare una classe specifica che ha la missione di infrangere le catene. Non vi sono classi già pronte per la missione o destinate dalla provvidenza storica. Vi sono potenzialità maggiormente presenti nei subalterni, ma senza il lungo lavoro dello spirito nulla sarà possibile. Nessuna classe ha il suo “recondito segreto”; alla prassi si giunge non in modo necessario ma attraverso un lungo e tenace lavoro sostenuto, in cui variabili oggettive e storiche si incontrano. La rivoluzione è una scommessa, ma senza abili scommettitori ad essa non si giunge:
“Dov'è dunque la possibilità positiva della emancipazione tedesca? Risposta: nella formazione di una classe con catene radicali, di una classe della società civile la quale non sia una classe della società civile, di uno stato che sia la dissoluzione di tutti gli stati, di una sfera che per i suoi dolori universali possieda un carattere universale e non rivendichi alcun diritto particolare, poiché contro di essa viene esercitato non una ingiustizia particolare bensì l'ingiustizia senz'altro, la quale può fare appello non più ad un titolo storico ma al titolo umano, che non si trova in contrasto unilaterale verso le conseguenze, ma in contrasto universale contro tutte le premesse del sistema politico tedesco, di una sfera, infine, che non può emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della società e con ciò stesso emancipare tutte le rimanenti sfere della società, la quale, in una parola, è la perdita completa dell'uomo, e può dunque guadagnare nuovamente se stessa soltanto attraverso il completo riacquisto dell'uomo. Questa dissoluzione della società in quanto stato particolare è il proletariato. Il proletariato comincia per la Germania a diventar tale soltanto con l'irrompente movimento industriale, poiché non la povertà sorta naturalmente bensì la povertà prodotta artificialmente, non la massa di uomini meccanicamente oppressa dal peso della società ma la massa di uomini che proviene dalla sua acuta dissoluzione, anzi dalla dissoluzione del ceto medio, costituisce il proletariato, sebbene gradualmente entrino nelle sue file, com'è naturale, anche la povertà naturale e la cristiano-germanica schiavitù della gleba. Se il proletariato annunzia la dissoluzione dell'ordinamento tradizionale del mondo, esso esprime soltanto il segreto della sua propria esistenza, poiché esso è la dissoluzione effettiva di questo ordinamento del mondo. Se il proletariato richiede la negazione della proprietà privata, esso eleva a principio della società solo ciò che la società ha elevato a suo principio, ciò che in esso è già impersonato senza suo apporto, in quanto risultato negativo della società. Il proletariato quindi rispetto al mondo in divenire si trova nello stesso diritto in cui il re tedesco si trova rispetto al mondo già divenuto, quando egli chiama suo popolo il popolo, così come chiama suo cavallo il cavallo. Il re dichiarando il popolo sua proprietà privata, esprime soltanto il fatto che il proprietario privato è re5”.
Ciascuno di noi può contribuire alla svolta, ma a essa si giunge con il lavoro perenne che solo la passione può donare. La passione non è una forza cieca, ma essa emerge dalla consapevolezza dolorosa della verità storica e dalla capacità di usare le “categorie concrete” che ci restituiscono la realtà/verità senza filtri e facili illusioni. Per rifondare il comunismo dobbiamo andare “oltre Marx” ma senza congedarci dal “suo cantiere”, anzi sta a noi continuare l’opera.
Comments
Con notevole competenza e efficacia la classe dominante, specie con l’introduzione del paradigma neoliberale fascista, ha fabbricato un mondo fantasmagorico, amministrato prevalentemente da maggiordomi, nel quale le narrazioni più irrazionali, bizzarre e stravaganti sono diventate la passiva accettata convenzione, generalmente declinata in forme scientiste, pseudometafisiche e ipocrite.
Quantomeno, a parere di Marx, la religione da lui criticata presentava una sua minima dignità nella dualità funzionale, di miseria spirituale da un lato, per l’impostazione astratta e capovolta, ma, al contempo, dall’altro, di protesta contro la miseria mondana reale. I moderni culti e credenze nella loro fantasmagoria sono invece per lo più triviali illusioni e distrazioni, inseriti univocamente nell’ordine simbolico capitalistico.
Il fatto che tra le moltitudini più suggestionate e stordite dalla propaganda vi sia il popolo di sinistra, è un logico effetto della cattura della sinistra ufficiale da parte della classe dominante, in modo da trasformarla nella zelante promotrice del neoliberalismo fascista e della mediocrità, e in autoritaria negatrice di ogni narrazione alternativa e resistente alla fantasmagoria stordente, destinandola al triste ruolo di sanzionatrice del famigerato succinto detto “tina”.
La recente vicenda usaid, mostrando l’enorme flusso di risorse monetarie verso infinite ngo e entità di cialtroni della disinformazione, pagati per ripetere come pappagalli la propaganda e le manipolazioni di cui erano e sono riforniti dal ministero della verità delle oligarchie del grande capitale, ha confermato in molti il sospetto che quasi tutta la sinistra, da quella ufficiale alla folcloristica, abbia approffittato del sontuoso banchetto e sia stata definitivamente doppiogiochista.
All’ingrosso, la dimensione della mistificazione in Italia può essere stimata dal successo di un giornale inventato a metà degli anni settanta, ironicamente apostrofato da alcuni vecchi liberali frequentatori del mercato finanziario, la massima espressione della menzogna e propaganda, e diventato invece per il noto popolo di sinistra e dei progressisti, senza neppure dover ricorrere a troppa dissimulazione, dato il livello di infatuamento e assenza di pensiero critico, la efficiente sinistra bibbia neoliberale contro Marx e Il Capitale,
La eventuale ricomparsa di un movimento seriamente socialista e comunista, accompagnato da intelligenza e pensiero critico, improbabile al momento, per la perdita di credibilità e discernimento, nonostante la teorica propizia situazione politica e sociale, data la calamità neoliberale e il palese nazifascismo e guerrafondaismo delle marionette e clown europei, richiedereabe la maturazione nelle classi inferiori della smarrita consapevolezza del conflitto di classe nel capitalismo, di essere topi per i dominanti e della auspicata marxiana disillusione, con la quale riconoscere le false rappresentazioni “religiose”, in primis il puro propagandismo dei giornali e televisioni dei dominanti.
Occorre ammettere che l’ottimismo teologico di Marx in merito al superamento del capitalismo sulla base dello sviluppo della classe rivoluzionaria non sembra appartenere all’ordine storico: la rivoluzione russa e quella cinese avvengono in paesi capitalisticamente non avanzati e sono guidate da leader rivoluzionari non identificabili come strettamente appartenenti o emergenti dal proletariato.
Mao Zedong, inoltre, per porsi come uno dei massimi leader politici e rivoluzionari di ogni tempo, obbliga qualunque movimento che pretenda dirsi comunista e che voglia dotarsi di una solida ideologia a studiarne il pensiero e le attitudini spirituali e concrete.
Marx mantenne solennemente e irrevocabilmente la convinzione che la rivoluzione è una questione del proletariato, in ciò ricalcando la formula e condizione evangelica di Gesù Cristo, secondo la quale è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli: cioè chi è compromesso con certi valori, come il valore esclusivo della valorizzazione del denaro e da tale sistema trae i principali benefici, può soltanto essere un cristiano e rivoluzionario millantatore e da operetta.
Per qualificarsi come l’esponente di punta della teologia della gloria Marx confida o si autoconvince di una interazione tra sviluppo sociale e spirituale contrassegnata da una sorta di “warranted path” e automatismo, verso configurazioni superiori e preferenzialmente associati a uno specifico soggetto.
Nel processo reale e idealistico il processo di accumulazione economico e spirituale investe una dinamica più complessa, meno netta, priva di warrented path e automatismo: I soggetti che per ragioni valoriali di coerenza aspirano a realizzare configurazioni umane e spirituali superiori necessariamente si assumono una maggiore responsabilità e una sorta di obbligo di conoscere e prendere decisioni tecniche che garantiscano il sentiero.
Su questo punto, per esempio, un paio di volte Guido Ortona ha pronunciato ammonimenti e proposto suggerimenti.
Il neoliberalismo fascista si è potuto agevolmente affermare e per la cooperazione della sedicente sinistra e per la mancanza di conoscenze tecniche e senso di responsabilità da parte di chi rimase di sinistra, in una prospettiva emotiva.
Lo smantellamento del capitalismo marxiano e delle sue partecipazioni statali, con i pur vari difetti ascrivibili, andava frenato, così come la creazione di canali privilegiati di accumulazione finanziaria a vantaggio di rentier neofeudali e a discapito dello stato.
Siccome il paradigma di fondo non è cambiato e i rapporti di forza restano praticamente inalterati, il prospettato mondo post-neoliberale fascista rischia di essere un mondo altrettanto se non più neoliberale fascista, nel quale si sostituiscono alcuni balzani e idioti slogan liberisti con più concrete misure corporative fasciste a vantaggio della sola accumulazione degli oligarchi.
Capito mi hai? Se non sei in grado di capire le mie obiezioni, pazienza, non si può capire tutto. Basta un poco di umiltà e capire - questo è facile da capire - che siamo in braghe di tela come MOVIMNENTO IDEALE DEL COMUNISMO. Chiaro?!
Michele Castaldo
quando scrivi "Il comunismo che verrà non sarà la riproposizione del passato, ma esso necessita della tradizione comunista e delle sue categorie per pensare il presente e progettare il futuro".
Di quali categorie parli? scendi sul concreto, c'è un CHI - come classe sociale - da impegnare nella lotta per il comunismo o un COSA come temporalità di un moto come il modo di produzione capitalistico che entra in crisi e la possibilità di un suo superamento?
Se noi continuiamo a criticare il capitalismo da un punto di vista valoriale, beh, lo facciamo da prima del 1848 ma senza risultati apprezzabili, anzi abbiamo rincorso la democrazia e la libertà come fattori propedeutici alla presa di coscienza della classe operaia per dare l'assalto rivoluzionario alla borghesia. Oggi siamo in braghe di tela.
Una critica alla religione? la fa la destra un giorno si e l'altro pure attraverso i suoi filosofi e non senza convinzione (anche se funzionale alle leggi del modo di produzione e dunque alla rassegnazione).
Una religione di droga? ma siamo ancora alla critica valoriale, non a carpire che il moto in crisi sta arrivando alla fine.
Dobbiamo allora sforzarci di essere più precisi, mettere in discussione alcuni "architravi" teorici SBAGLIATI come quello che una classe prende coscienza di essere sfruttata e disarciona da cavallo un'altra classe, la borghesia, e organizzare la propria dittatura.
Uscire insomma dalla metafisica caro compagno! Chiaro!?!
Michele Castaldo