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L' Unione europea ad un bivio nel 2010: complice o vittima del crollo del dollaro?
Crisi sistemica globale
Comunicato pubblico GEAB N°38 (15 ottobre 2009)
Le grandi tendenze delle fasi 4 e 5 della crisi sistemica globale (fase di decantazione e fase di smembramento geopolitico mondiale) si rivelano ogni giorno un po' di più (1). Tutti ormai hanno capito che gli Stati Uniti sono trascinati in una spirale incontrollabile che associa insolvibilità generalizzata del paese ed incompetenza evidente delle elite US ad attuare le soluzioni necessarie
L’annunciata cessazione dei pagamenti degli Stati Uniti è in corso come illustrano la caduta del dollaro e la fuga dei capitali fuori dal paese: solo il nome del liquidatore ed il riconoscimento del fallimento sono ancora sconosciuti, ma ciò non può ritardare. E, parallelamente al suo leader, l'Occidente, da cui il Giappone si allontana un po' di più ogni giorno con l'attuazione dei suoi nuovi orientamenti politici, economici, finanziari e diplomatici (2), è già in piena deliquescenza l’immagine della NATO in Afganistan (3). Così, secondo LEAP/E2020, l' anno 2010 metterà l'Unione europea nel cuore di quattro vincoli strategici che gli imporranno scelte urgenti in un contesto di crollo accelerato del campo occidentale, che si potrebbe semplificare riassumendolo col destino del dollaro US.
Queste scelte definiranno durevolmente il ruolo degli europei nel mondo del dopo crisi. Sia se si affermeranno come attori-chiave della strutturazione del mondo di domani affermando la loro visione del futuro e cercando i partner ad hoc senza esclusione; sia se si accontenteranno di essere vittime che acconsentono al naufragio dell’Occidente seguendo ciecamente Washington nella sua discesa agli inferi.
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Genova G8: i colpevoli e gli “intoccabili”
di Emiliano Sbaraglia
L’assoluzione dell’allora capo della polizia Gianni De Gennaro (nel frattempo divenuto capo del coordinamento dei Servizi segreti) e dell’ex dirigente della Digos di Genova, Spartaco Mortola (nel frattempo promosso vice questore vicario di Torino), già di per sé aveva il sapore di una beffa per tutti coloro che in quelle maledette giornate di Genova c’erano, o che in questi anni hanno tentato di seguirne le vicende processuali, tra omissioni e disinformazioni.
Quando poi, a poche ore di distanza, sono arrivate le misure durissime della seconda sezione della Corte d’Appello del capoluogo ligure per dieci presunti black bloc (98 anni e 9 mesi di reclusione la somma totale richiesta), tutto appare, ancora una volta, irrimediabilmente lampante: per i fatti accaduti a Genova nei giorni tra il 19 e il 22 luglio del 2001, oltre al vergognoso strascico consumato nel carcere di Bolzaneto, non ci sarà mai verità e giustizia. Come non ci sarà mai verità e giustizia per la morte di Carlo Giuliani; basta rileggere i commenti soddisfatti di maggioranza e rappresentanti significativi dell’attuale opposizione all’assoluzione di De Gennaro, definito da Haidi Giuliani, la madre di Carlo, un “intoccabile”.
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Rifiuti di stato sotto il mare
di Andrea Palladino
La nave affondata nel mare di Calabria è carica di veleni. Lo si sa da almeno tre anni, molto prima che il magistrato di Paola prendesse in considerazione le parole del pentito Fonti. Lo dicono le analisi delle acque altamente inquinate da molte sostanze tossiche, in base alle quali è stato ordinato il divieto di pesca
Il relitto di Cetraro, lentamente, sta ritornando nel buio dei fondali. I 500 metri di profondità che lo hanno nascosto per diciassette anni si allungano, diventano inaccessibili. Il rischio del silenzio è dietro l'angolo. Eppure è lì. Eppure nessuno ha smentito la storia delle navi dei veleni. Anzi, man mano che gli archivi risalgono in superficie la lista delle conferme si allunga, si rinsalda.
La prima notizia è pessima: i rifiuti pericolosi al largo di Cetraro ci sono. Due aree vicine alla zona del ritrovamento del relitto dello scorso 12 settembre - una un po' più a nord, l'altra più a est, vicina alla costa - sono contaminate da metalli pesanti: arsenico, cobalto, alluminio e cromo. Tutte sostanze che non possono provenire dalla costa, dove non esistono industrie. Tutte sostanze, quindi, che qualcuno ha gettato in mare.
Non si tratta di studi del governo arrivati in questo mese di attesa. L'individuazione dei residui è del 2006 ed è riportata in una ordinanza della Capitaneria di Porto di Cetraro, la 03/2007. Il documento indica due quadrilateri, vietando la pesca a strascico nelle zone contaminate. La Marina militare, dunque, sapeva dell'esistenza di rifiuti tossici al largo di Cetraro da almeno tre anni. Peccato che quando il procuratore di Paola chiese aiuto per individuare il relitto la risposta fu evasiva: non abbiamo navi da inviare.
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Il pensiero ermafrodita della scienza
di Franco Soldani
Estratti dalla Prefazione del libro
Il mondo contemporaneo e l’intero pianeta si trovano oggi in una drammatica fase di transizione ad un nuovo ordine internazionale. Iniziata nel corso degli anni ’90 del Novecento, tale fase ha trovato un suo primo punto di svolta nel disegno criminale concepito, organizzato e infine portato a compimento dalle classi dominanti statunitensi l’11 settembre 2001. (1) Questo processo si trova attualmente di fronte ad un bivio geo-politico ed economico-finanziario di portata globale in parte generato da quello stesso avvenimento cruciale. (2)
Se davvero il capitale finanziario USA riuscisse a far diventare realtà i suoi sogni di «full spectrum dominance» planetari (3) e ridisegnare l’architettura manifatturiera, bancaria e creditizia dell’intera economia mondiale, (4) sarebbe difficile rimanere spettatori passivi di fronte alle dimensioni di un tale tsunami sociale. D’altro canto, anche adesso, nelle condizioni date, nel mentre gli avvenimenti evolvono e maturano sotto i nostri occhi, non si può assistere, impassibili o partecipi, alla trasformazione della cartografia dell’impero e lasciare immutato il pensiero che dovrebbe spiegarla e che in ogni caso si troverà a dover fronteggiare.
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Nobel a Obama: disarmo impossibile se non chiude l'Impero
di Gian Carlo Caprino*
L'assegnazione del premio Nobel per la Pace a Barack Obama ha sorpreso tutti per due fondamentali motivi:
Barack Obama, al di là delle sue intenzioni buoniste enumerate nei suoi vari discorsi, non ha ancora compiuto alcun fatto concreto per la Pace mondiale. Si tratta quindi di una sorta di "cambiale in bianco" che la reale Accademia norvegese ha stipulato nei confronti del Presidente USA; Obama ha ereditato, dalla precedente amministrazione, due guerre non risolte (quella in Iraq e quella in Afghanistan), alle quali non sembra voler dare una soluzione in senso innovativo e pacifico. Addirittura, per l'Afghanistan, si ipotizza l'invio di altre decine di migliaia di soldati per battere il "terrorismo". Niente di nuovo, quindi, rispetto all'epoca di Bush.
Forse la ragione principale dell'assegnazione del Nobel risiede nella sua dichiarazione, approvata alla unanimità in sede di Consiglio di Sicurezza, sulla sua intenzione di dar luogo ad un processo politico-diplomatico che porti, nel tempo, al bando delle armi nucleari nel mondo intero.
In realtà si tratta di pie intenzioni, probabilmente dettate da una buona dose di demagogia, perché Obama sa benissimo che la distruzione degli arsenali nucleari è strettamente legata ad una profonda revisione e riduzione degli armamenti convenzionali (cioè, tutto ciò che non riguarda il nucleare), principalmente da parte degli USA..
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Prometeo, il sapere o la finzione
di Bruno Accarino
Com'è noto, ci si può insediare a capo del Ministero dell'Università e della pubblica istruzione senza essere in grado di distinguere una tesi di laurea - anche già rilegata, e dunque agevolmente riconoscibile - da una giraffa o da un pianoforte, e non è detto che col tempo la capacità di orientarsi si accresca granché. Questo esordio disinvolto non impedisce di essere legislativamente efficaci, anzi micidiali, sia pur ottemperando pedissequamente agli imperativi del ministero dell'economia e propinando, insieme ai tagli di bilancio destinati a cancellare le strutture pubbliche della formazione in Italia, un po' di chiacchiere alla buona e alla rinfusa e qualche pistolotto parenetico sulla meritocrazia. Inutile contare i casi di promozione dell'incompetenza e dell'inesperienza e di formazione scapigliata della classe dirigente.
Ma è venuto il momento di spezzare una lancia a favore della Gelmini e di altri ministri che ne condividono il profilo: ci vuole molto altro per dirigere un ministero? A quale parametro standard si commisurano le capacità di chi è titolare di così significativi poteri decisionali?
Per molti decenni la risposta più diffusa è stata: il ministro è una figura decorativa, chi dispone, senza neanche proporre, è una fitta rete di poteri di sottogoverno e di burocrazia di Stato la cui prima caratteristica è quella di sopravvivere a qualsiasi spostamento, e perfino a qualsiasi terremoto, elettorale. Ci aspettavamo da La Russa che si appropriasse dei complicatissimi scenari dei war games della guerra fredda o che acquisisse una cultura polemologica del dopo-Clausewitz? Basta e avanza quel poco che riesce a farfugliare. Nella divisione sartoriale del lavoro, da una parte il politico ricuce il consenso, dall'altra il burocrate tesse la tela sottile della padronanza cognitiva dei fatti. A lui spetta la gestione delle cose vere, che ha anche il vantaggio di essere meno capricciosa, meno effimera, meno ruffiana. E più aderente ai fatti.
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La classe operaia ed il "blocco dei produttori" berlusconiano-leghista
Chi ha rapito Cipputi?
di Domenico Moro
1. La fase post elettorale, di solito, è orfana di sconfitti e figlia di molti vincitori. Nelle elezioni europee 2009 ci sono, però, due sconfitti evidenti. Uno è il Pd, ma questo era nelle aspettative. L’altro era meno prevedibile. Si tratta del Pdl e del suo padrone, Silvio Berlusconi.
PD e PDL sconfitti nelle elezioni europee
Confrontando i voti assoluti delle europee del 2009 con le politiche del 2008, se il Pd, dato quasi per spacciato e sulla via della spaccatura interna, perde il 28% (includendoni voti dei radicali, che nel 2008 si erano presentati nella stessa lista), pari a 3,3 milioni di voti, il Pdl non va molto meglio, perdendo il 21%, equivalente a 2,8 milioni di voti.
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Un premio di consolazione
di Atilio Borón*
Il Nobel della Pace a Obama
Con un’insolita decisione, il Comitato Nobel di Norvegia ha messo fine alla ricerca durata sette mesi tra i 250 pretendenti al Premio Nobel della Pace, conferendolo a Barack Obama. La decisione del Comitato norvegese ha provocato le più diverse reazioni a livello internazionale: dallo stupore ad una risata fragorosa. Le dichiarazioni del presidente di questo organismo, Thorbjorn Jagland, è stupefacente: “E’ importante per il Comitato dare un riconoscimento alle persone che lottano e idealiste, ma non possiamo fare questo tutti gli anni. Talvolta dobbiamo addentrarci nel regno della realpolitik. In fin dei conti è sempre un misto di idealismo e realpolitik ciò che può cambiare il mondo”. Il problema con Obama sta nel fatto che il suo idealismo si pone sul piano della retorica, dal momento che nel mondo della realpolitik le sue iniziative non potrebbero essere più in contrasto con la ricerca della pace.
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Nuovo cinema paraculo
di Alessandro Bertante
L’occasione è di quelle da non farsi sfuggire. Due biglietti per la faraonica anteprima di Barbarossa, il kolossal padano che narra l’epico scontro fra i comuni lombardi, capitanati da Alberto da Giussano, e l’imperatore tedesco Federico I Hohenstaufen. Tanto più che negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di questo film, fortemente voluto da Umberto Bossi – che grazie alla mitologia di Pontida ha costruito parte della sua fortuna politica – coprodotto da Rai Fiction e Rai Cinema, girato da Renzo Martinelli e costato circa 30 milioni di dollari, una cifra enorme per una produzione italiana.
La sede scelta per l’anteprima è niente meno che il Castello Sforzesco di Milano, addobbato a festa come un panettone medievale. C’è polizia ovunque perché si vocifera che si presenti anche il premier. Con il mio amico scrittore che mi accompagna in questa escursione “lumbard”, noialtri si arriva nello stesso momento di Bobo Maroni.
Seguiamo ordinati il codazzo del ministro, passando il ponte levatoio per imbatterci subito nel garrulo Borghezio che intona una marcetta padana, accompagnato da una banda di cornamuse bergamasche. L’inizio sembra molto promettente. Ci mettiamo in un angolo ad osservare questo strano popolo formato da quadri leghisti locali e nazionali, qualche esponente PDL, un buon numero di quella che un tempo era la borghesia milanese colta e che adesso è solo la borghesia milanese stanca, più qualche giornalista di costume. Non intravedo nessun uomo di cinema e neanche una starlet o velina (tira un brutta aria). Andiamo avanti. La sala della proiezione è nello splendido Cortile della Rocchetta e mentre mi compiaccio della magnificenza del posto penso a quanto possa essere costato questo scherzetto al Comune: la cifra come minimo si aggira sulle centinaia di migliaia di euro.
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Ho sottovalutato Greenspan...
di Stefano Bassi
Ho fatto un grave errore: sottovalutare The Bubble Master, il Signore delle Bolle.
Infatti Greenspan, ex-presidente della FED, qualche mese fa disse: "bisogna che le borse salgano e molti problemi si risolveranno"...
Io non ci feci molto caso: Alan ormai era in disgrazia, tacciato da tutti come l'iniziatore della Bolla che aveva portato all'attuale Grande Crisi.
C'era ancora un'atmosfera diversa, di rinnovamento, di catarsi, di purificazione indotta più che altro dalla paura che il giocattolo si rompesse definitivamente.
Le sortite di Greenspan venivano quindi viste male: sapevano di Bolla e quindi di qualcosa che aveva portato alla Crisi.
Ma il grande Vecchio aveva ragione, e l'ha ancora ribadito recentemente in un intervista a Bloomberg: "se le azioni e le borse salgono si crea un cuscino che permette di attuttire meglio il loro indebitamento, aumenta il loro potere sul mercato, non è un valore di carta ma sono soldi veri...." e se lo dice Lui....
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Fine del dollaro e l'economia precaria di Strauss-Kahn
di Felice Capretta
Conclusa ad Istanbul la riunione annuale di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Dominique Strauss-Kahn, responsabile del FMI, ha rilasciato ieri alcune dichiarazioni.
Proprio lui, quello che a maggio 2009 dichiarava che la ripresa era prevista per la primavera del 2010, e 15 giorni dopo, a giugno 2009, dichiarava che il peggio doveva ancora arrivare.
Alcuni stralci del suo discorso:
L'economia globale è in una posizione molto precaria. Il ritiro prematuro delle politiche di stimolo potrebbe ammazzare la ripresa.
[...]
Per certo governi e banche centrali dovrebbero mettere a punto strategie d'uscita credibili.
Ma è troppo presto per realizzarle.
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Berlusconi è un pericolo estremo. Serve un sussulto dei democratici
di Alberto Burgio
Una sentenza della Corte costituzionale è un atto giuridico, non politico. Che può tuttavia avere serie conseguenze politiche. Cominciamo da qui.
Sulla base del ricorso presentato da alcuni magistrati, la Corte ha svolto un ragionamento geometrico. Il Lodo Alfano contraddice un principio materiale (il principio di uguaglianza, scritto nell’articolo 3 della Costituzione) e, per ciò stesso, anche un principio formale (che impone il ricorso a una legge costituzionale, in caso di deroga a uno o più principi scritti in Costituzione).
Eccepire di fronte a questo sillogismo è certo possibile ma è solo un tributo a interessi di parte. E comunque è ormai del tutto inutile. Per nostra fortuna la Corte ha deciso, cassando la legge. Punto e a capo.
Le conseguenze politiche di questa decisione possono e debbono essere profonde. Cozza contro un ostacolo insormontabile una strategia eversiva dispiegatasi durante l’intera parabola politica di Silvio Berlusconi. Viene al dunque uno scontro la cui posta in gioco non è l’orientamento politico di un esecutivo, ma la forma stessa del governo, la logica del rapporto tra governanti e governati, tra potere e cittadinanza.
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Quel nuovo ordine mondiale pronto a far fuori gli Usa
Mauro Bottarelli
Alla fine, le maestrine di Bruxelles hanno portato a compimento il loro compitino. Sono partite, infatti, le procedure per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia e di altri otto Paesi Ue che sforeranno il 3% nel rapporto deficit-Pil. «In questi nove Paesi gli squilibri non sono né prossimi al valore di riferimento del 3% né temporanei», dice la Commissione Ue. In Italia si attende una ripresa «molto debole nella seconda metà del 2009 che proseguirà probabilmente in maniera lenta».
Accidenti, meno male che ce lo hanno detto! E ancora. «Il pacchetto di misure anticrisi rappresenta un'adeguata risposta alla recessione. Ma l'Italia nel 2009 avrà deficit e debito pubblico troppo elevati, a un livello che non soddisfa i criteri del Trattato Ue», si legge nella nota. Bruxelles rileva, in sintesi, che questa situazione deriva in parte dagli effetti della crisi e in parte da altri fattori strutturali, tra cui una spesa pubblica che resta elevata.
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Appuntamenti mancati
Le lontane radici del declino
di Rossana Rossanda
La parabola della sinistra dallo scontro nell'XI congresso al Sessantotto, al compromesso storico di Enrico Berlinguer, quando il maggior partito della classe operaia chiude gli occhi sulla società italiana, aprendo così la strada al suo scioglimento. «Il sarto di Ulm» di Lucio Magri, diario di una crisi tra passato e presente.
Il sarto di Ulm di Lucio Magri (Saggiatore, pp. 442, euro 18) è una riflessione seria e serrata, forse la prima, sulle scelte che hanno guidato il Pci dalla seconda guerra mondiale sino alla fine. Volontaria. Altro sarebbe stato imporsi nell'89 una riflessione di fondo su di sé, altro dichiarare la liquidazione. Magri ne cerca le cause nella problematica che si apriva negli anni Sessanta e nelle divisioni del gruppo dirigente davanti ad essa. Questa è la tesi de Il sarto di Ulm.
Lucio Magri è una figura singolare. Era entrato nel Pci negli anni Cinquanta, poco più che ventenne, alle spalle l'esperienza della gioventù democristiana a Bergamo, assieme a Chiarante, nella temperie dei Dossetti e soprattutto di Franco Rodano, figura atipica di cattolico acuto e fuori dei ranghi. Viene accolto nella segretaria di Bergamo e poi nel regionale lombardo, e di là scenderà a Botteghe Oscure. Quando entra nel Pci molto è avvenuto dal 1945. L'Italia ha avuto una grande resistenza, nessun tribunale alleato ha processato i suoi crimini di guerra, il Pci ha partecipato da una posizione forte alla Costituente, il più della ricostruzione è stato fatto, e anche del partito. Era ancora sotto botta per il 18 aprile, quando un folle attenta alla vita di Togliatti. Attentato che suona, e non era, comandato dal governo, gli operai occupano le fabbriche in uno sciopero generale illimitato.
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Sta per arrivare la morte del dollaro
di Robert Fisk
Quasi a simboleggiare il nuovo ordine mondiale, gli Stati arabi hanno avviato trattative segrete con Cina, Russia e Francia per smettere di usare la valuta americana per le transazioni petrolifere.
Mettendo in atto la piu’ radicale trasformazione finanziaria della recente storia del Medio Oriente gli Stati arabi stanno pensando – insieme a Cina, Russia, Giappone e Francia – di abbandonare il dollaro come valuta per il pagamento del petrolio adottando al suo posto un paniere di valute tra cui lo yen giapponese, lo yuan cinese, l’euro, l’oro e una nuova moneta unica prevista per i Paesi aderenti al Consiglio per la cooperazione del Golfo, tra cui Arabia Saudita, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar.
Incontri segreti hanno gia’ avuto luogo tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali della Russia, della Cina, del Giappone e del Brasile per mettere a punto il progetto che avra’ come conseguenza il fatto che il prezzo del greggio non sara’ piu’ espresso in dollari.
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Scacco matto
di Carlo Bertani
La concomitanza della sentenza della Corte Costituzionale e del maxi risarcimento (750 mln) per l’affaire Mondadori, più la presentazione dell’associazione “Italia Futura” di Luca di Montezemolo e, in aggiunta, l’apertura della procedura d’infrazione per l’Italia per deficit eccessivo – che comprende anche altri Paesi, ma che per l’Italia è stata motivata per “problemi strutturali” – non sono certo casuali. E’ uno di quei momenti nei quali la storia gira di boa: solo lo skipper attento se n’avvede. Il destino di Silvio Berlusconi – delle sue televisioni, delle sue battute e delle sue puttane – francamente, giunti a questo punto, c’appassiona ben poco.
Starà a lui decidere se accettare un compromesso che preveda una clausola di salvaguardia per il suo patrimonio, oppure decidere di salire con Bossi fino alla “Ridotta della Valtellina”.
Rimanendo in metafora, il 7 Ottobre 2009 è paragonabile allo sbarco in Sicilia del 10 Luglio 1943: il 25 Luglio, l’8 Settembre ed il definitivo 25 Aprile furono solo le ovvie conseguenze.
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G8 Genova. La strana, ma non troppo, storia di un’assoluzione
di Giuliano Giuliani
De Gennaro non colpevole di istigazione alla falsa testimonianza. Il gup decide in soli quindici minuti, un record. Ma viene rinviato a giudizio l’ex questore Colucci che avrebbe dichiarato il falso, C’è il corrotto, manca il corruttoreGENOVA - Le sentenze vanno rispettate (molti lo dicono, pochi lo fanno), ma si possono commentare. Allora, l’assoluzione di De Gennaro, accusato di istigazione alla falsa testimonianza, si può commentare ricordando la cronologia dei fatti.
Sabato 21 luglio 2001, alle 16.15, arriva a Genova in questura il prefetto Arnaldo La Barbera, che assume di fatto il comando delle operazioni di ordine pubblico. E dopo quell’ora, a Genova, di rilevante succede soltanto la macelleria messicana della Diaz. Possibile che De Gennaro non sapesse di questa rilevante visita a Genova? La Barbera va alla Diaz, e quando si rende conto di come vanno le cose lascia il campo, immagino per non macchiare il suo eccellente curriculum di poliziotto antimafia (aveva arrestato Brusca e gli assassini di Falcone e Borsellino). La Barbera è morto nel 2002 e si è portato nella tomba pezzi di verità.
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All'indomani della bocciatura del Lodo Alfano
E' sempre complicato dare un giudizio in corso d'opera sul casin(ò) istituzional-partitico italiano senza restare invischiati nelle sabbie mobili dell'"intelletto politico", che guarda il Palazzo e crede di trovarvi (tutto) il Reale, o della informazione spettacolaristica. In questo, l'autorappresentazione del potere propria dei regimi post-democrazia rappresentativa - quello italiano è un buon sismografo della transizione in atto - non aiuta. Fatta questa avvertenza, si può tentare di vedere come si stanno disponendo i pezzi dopo la bocciatura del lodo salva-Berluska. Al minino, avremo verificato se e in che misura sono all'opera alcune vecchie "regole" dell'agire politico e come la sintassi democratica postmoderna le sta riformulando.
Primo. Ritorna la piazza come ultima istanza ma è sempre più difficile riempirla
«A sentenza politica risponderò politicamente». Berlusconi, al quale non si può negare fiuto politico, sa di rischiare tutto anche solo per logoramento. E sa di non potersi fidare degli "amici".
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Cosa si nasconde dietro la guerra in Afghanistan?
di Enrico Piovesana
Le miniere d'uranio? Il gasdotto trans-afgano? Il posizionamento geostrategico? O forse il controllo del narcotraffico?
Perché, esattamente otto anni fa, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno invaso e occupato l'Afghanistan? Quali interessi si celano dietro le spiegazioni ufficiali di questa guerra? Le ipotesi avanzate in questi anni sono molteplici, ma nessuna abbastanza convincente. Tranne una, che però è alquanto difficile da dimostrare.
Risorse energetiche. Secondo un rapporto pubblicato nel dicembre del 2000 sul sito Internet dell'Eia, l'agenzia di statistica del dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti (e poi rimosso), l'Afghanistan viene presentato come un paese con scarse risorse energetiche (mai sfruttate) che, secondo i dati risalenti ancora al tempo dell'occupazione sovietica, consistono in riserve petrolifere per 95 milioni di barili (concentrati nella zona di Herat), giacimenti di gas naturale per 5 trilioni di piedi cubi (nell'area di Shebergan) più 400 milioni di tonnellate di carbone (tra Herat e il Badakshan).
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La crisi di Keynes
di Antonio Pagliarone
Un amico mi ha segnalato l’articolo di Vladimiro Giacchè LO SPETTRO DELLA BOLLA CHE SI AGGIRA PER LA REALTÀ. La crisi di Karl apparso sul Manifesto del 2 Ottobre dandomene copia e pregandomi di fare delle annotazioni.
Innanzitutto ha ragione Giacchè nel sottolineare che l’attuale crash economico su scala globale pur apparendo come una crisi finanziaria va spiegato andando a riprendere le categorie marxiane, senza alcun vincolo ideologico. Occorre precisare però che lo stesso Giacchè cade in errore quando considera che l’origine della crisi stia nella “sovrapproduzione” a causa dell’eccesso di credito che avrebbe spinto il capitale produttivo ad andare al di là dei suoi limiti proprio perché ha a disposizione eccessi di capitale per investimenti produttivi da una parte ed eccessi di disponibilità monetaria per incentivare il consumo, tesi che si trova abbastanza diffusamente anche presso osservatori ed economisti che hanno resuscitato il keynesismo. Secondo Giacchè quindi, citando un breve passaggio di Marx, vi sarebbe una correlazione diretta tra andamento del credito e sovrapproduzione ma non ce lo dimostra empiricamente. Il problema invece sta nel fatto che il modo di produzione capitalistico ha subito delle radicali modificazioni nel corso degli ultimi quartant’anni (dopo la famosa crisi della metà degli anni 70) e la crisi attuale non è altro che il prodotto di una dinamica di lungo periodo del saggio del profitto poiché sta proprio nella possibilità di conseguire profitti l’aspetto fondamentale del modo di produzione capitalistico.
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La crisi di Karl
Lo spettro della bolla che si aggira per la realtà
di Vladimiro Giacchè
Un mondo spiegato a partire dalla centralità del capitale finanziario che stringe nella sua morsa l'economia. È questa la lettura dominante della crisi, relegata a incidente di percorso del capitalismo. Spiegazione che può essere smontata a partire dagli scritti di Marx dedicati al tema e che sono stati raccolti in un volume da oggi in libreria di cui pubblichiamo brani dell'introduzione
La spiegazione della crisi attuale come una crisi finanziaria che ha contagiato l'economia reale è oggi largamente prevalente. Si tratta della versione contemporanea della concezione, ben nota a Marx, secondo cui la crisi sarebbe dovuta «all'eccesso di speculazioni e all'abuso del credito». Precisamente questa spiegazione delle crisi era stata sostenuta dalla commissione incaricata dalla Camera dei Comuni inglese di redigere un rapporto sulla crisi del 1857. Marx contestava questo punto di vista: «la speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione. Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione, che a sua volta è solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi».
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Intenzionalità della svalutazione del Dollaro?
Domenico Moro
Il crollo del dollaro negli ultimi mesi ha fatto pensare che sia stato in qualche modo pilotato dall'amministrazione Obama allo scopo di ridurre l'abnorme debito commerciale estero statunitense. Bisogna ammettere che chi la pensa in questo modo è in buona compagnia, visto che lo stesso Trichet, presidente della Banca centrale europea, ha rivolto recentemente un appello alle autorità Usa a favore di un dollaro più forte
La richiesta di Trichet è comprendibile alla luce della difficoltà di Eurolandia nelle esportazioni verso gli Usa a causa dell'apprezzamento dell'euro. Comprensibile, ma senza fondamento, perché la svalutazione del dollaro è tutt'altro che voluta dal governo Usa ed è semmai una conseguenza necessaria di scelte indirizzate verso ben altri obiettivi. In primo luogo, bisogna notare che il dollaro è da diversi anni che tende a svalutarsi rispetto all'euro.
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Cosa ci dicono le elezioni tedesche
di Alberto Burgio
Per la nettezza dei risultati e l'importanza del Paese, le elezioni tedesche costituiscono un passaggio politico di grande rilievo, prodigo di insegnamenti. Un osservatore superficiale potrebbe scorgervi il segno dell'irrazionalità di un elettorato che, complessivamente, premia i partiti del centrodestra, sostenitori di quel neoliberismo che ha prodotto i due fattori-chiave della recessione globale: la dittatura della finanza speculativa e l'immiserimento del salariato e delle classi medie. In realtà, il comportamento dell'elettorato tedesco è del tutto lineare.
Gli elettori moderati chiedono di perseverare nel sostegno all'industria nazionale, i conservatori premono per un neomercantilismo ancora più aggressivo e per la difesa delle prerogative del capitale finanziario. Gli uni e gli altri votano di conseguenza. A loro volta, molti sostenitori della Spd, dopo avere pagato il prezzo del modello Schröder e della Grosse Koalition, non sono andati a votare o hanno scelto altri partiti. Risultato: i socialdemocratici perdono 6,3 milioni di voti, precipitando al 23% (il 18% in meno rispetto al 1998), mentre la Linke guadagna oltre 3 punti. La questione che si pone di fronte alla catastrofe socialdemocratica
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Un miracolo che sa di fallimento
di Paolo Berdini
Anche se nulla ancora emerge dall’informazione televisiva che ci inonda con le immagini delle inaugurazioni delle case per i terremotati dell’Aquila, il tragico fallimento dell’esperienza guidata da Bertolaso sta iniziando ad essere evidente a tutta la popolazione aquilana, anche a quella che aveva creduto alla favola delle new town. Ma proprio quando gran parte della stampa grida al miracolo della realizzazione di (poche) case in tempi rapidissimi, come è possibile parlare di fallimento? È che nella popolazione abruzzese inizia a rendersi evidente la cinica disinvoltura con cui il governo li priverà per molti anni a venire del bene più prezioso che essa aveva: le città, i borghi, i centri storici.
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Marx e il marxismo-leninismo
Autore: a cura di Marcello Musto
I. INCOMPIUTEZZA VERSUS SISTEMATIZZAZIONE
Pochi uomini hanno scosso il mondo come Karl Marx.
Alla sua scomparsa, passata pressoché inosservata, fece immediatamente seguito, con una rapidità che nella storia ha rari esempi ai quali poter essere confrontata, l’eco della fama. Ben presto, il nome di Marx fu sulle bocche dei lavoratori di Chicago e Detroit, così come su quelle dei primi socialisti indiani a Calcutta. La sua immagine fece da sfondo al congresso dei bolscevichi a Mosca dopo la rivoluzione. Il suo pensiero ispirò programmi e statuti di tutte le organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, dall’intera Europa sino a Shanghai. Le sue idee hanno irreversibilmente stravolto la filosofia, la storia, l’economia. Eppure, nonostante l’affermazione delle sue teorie, trasformate nel XX secolo in ideologia dominante e dottrina di Stato per una gran parte del genere umano e l’enorme diffusione dei suoi scritti, egli rimane, ancora oggi, privo di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere. Tra i più grandi autori, questa sorte è toccata esclusivamente a lui.
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