Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2565

La lunga marcia alla società di mercato
Sandro Mezzadra
È un libro importante, quello di Giovanni Arrighi. Ed è un libro che spiazza, fin dal titolo: Adam Smith a Pechino (Feltrinelli, pp. 464, euro 38). Chi lo prendesse in mano reduce dalla lettura di Shock Economy, di Naomi Klein (Rizzoli editore), potrebbe in verità trovarlo perfino banale: l'Adam Smith che compare nel titolo, penserebbe probabilmente quel lettore, sarà certo il mandante morale di Milton Friedman, il genio del male che, invitato da Deng Xiaoping in Cina nel 1980 e nel 1988, piantò pure lì il seme della malapianta del neoliberismo, germogliato in Cile nel 1973 e destinato negli anni successivi a fiorire un po' ovunque sul pianeta.
Ma certo quel lettore strabuzzerebbe gli occhi di fronte alle tesi presentate in particolare nel secondo capitolo del libro di Arrighi, dedicato alla «sociologia storica di Adam Smith»: l'autore della Ricchezza delle nazioni non gioca qui la parte del «cattivo» della storia, ma addirittura quella del «buono», del teorico di una via «naturale» nello sviluppo dell'economia di mercato che sarebbe stata radicalmente negata nei decenni successivi dalla traiettoria seguita dall'Europa, e in primo luogo dalla Gran Bretagna. Di più: quest'ultima traiettoria sarebbe stata quella analizzata e criticata come capitalistica da Marx, mentre la via «naturale» nello sviluppo dell'economia di mercato teorizzata da Smith sarebbe stata una via «non capitalistica».
Ancora di più: questa via «non capitalistica» era quella che stava dipanandosi in Asia orientale nel XVIII secolo, all'insegna di una «rivoluzione industriosa» dai caratteri del tutto diversi dalla «rivoluzione industriale» inglese. E infine: la Cina di oggi, proprio quella che ha le sue origini nelle «riforme» di Deng Xiao Ping, potrebbe ricollegarsi a quel modello «virtuoso» e far coincidere la fine dell'egemonia statunitense nel sistema-mondo del capitalismo storico nientemeno che con la fine del capitalismo stesso.
- Details
- Hits: 2342

Acque torbide
Rossana Rossanda
Siamo tutti adulti e vaccinati, non facciamo finta che queste siano elezioni come le altre. In ballo non è solo un cambio di governo, ma la cancellazione dalla scena politica di ogni sinistra di ispirazione sociale. Questa è la novità, reclamata ormai non più solo dalla destra ma dall'ex Pci, poi Pds poi Ds e ora confluito, assieme alla cattolica Margherita, nel Partito democratico. E' l'approdo della «svolta» del 1989 e il suo vero senso: non si trattava di condannare le derive del comunismo o dei «socialismi reali», ma di stabilire che il capitalismo è l'unico modo di produzione possibile.
Ci sono voluti diversi anni di manfrina ma ora Veltroni dichiara tutti i giorni che la sola società possibile è quella di «mercato», e a governarla «democraticamente» bastano due partiti come nel modello anglosassone, uno più «compassionevole» e l'altro più feroce. Che ci sia un conflitto di classe fra proprietari e non, che i primi possano sfruttare, usare e gettare i secondi, che questi siano riusciti a conquistarsi dei diritti extramercato è stata una favola cattiva, che ha seminato l'odio e spezzato l'armonia del paese.
Operai e padroni sono egualmente lavoratori, hanno un interesse comune che è l'azienda, anzi il padrone, detto più benevolmente l'imprenditore, vi rischia di più il suo capitale, mentre l'operaio solo il suo salario. Veltroni ha così liquidato due secoli di lotte sociali e ridotto la democrazia secondo il modello americano a sistema elettorale e poco più.
Il suo «riformismo» non mira, come quello delle socialdemocrazie, a correggere il capitale: ma a «riformare i diritti del lavoro» fino a farne, com'era all'inizio del XIX secolo, una merce come le altre, abolirne ogni regolamentazione a cominciare dalla durata.
- Details
- Hits: 3669

Quel movimento che aprì la via alla globalizzazione
Marco Revelli
Il Sessantotto si diffuse nel pianeta cambiando radicalmente il mondo anche se fu sconfitto. E può essere considerato come l'avvio di una rottura antropologica che vent'anni dopo è emersa con forza alla superficie
Valle Giulia. Era il primo marzo del 1968. La rivolta degli studenti arrivava per la prima volta sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali. Per la verità il Sessantotto italiano era incominciato qualche mese prima, già dalla fine del '67, quando erano state occupate prima la Cattolica di Milano - un vero e proprio sacrilegio -, poi Palazzo Campana a Torino. Ma le notizie erano rimaste confinate nelle pagine locali. C'erano volute le cariche della polizia in assetto da combattimento, le camionette rovesciate, il fuoco e le pietre, gli arresti e i feriti, perché il sistema dei media si accorgesse della cosa. C'era voluta, insomma, la violenza perché il Sessantotto diventasse un evento mediatico.
Le riflessioni sofferte dei cristiani ribelli di Milano, i controcorsi di Torino, più di un mese di studio collettivo e autogestito da parte di centinaia di giovani in rivolta mentale, le «tesi della sapienza» di Pisa, non avevano ricevuto nessuna attenzione al di fuori degli ambienti universitari in sommovimento, né da parte della politica, né da parte dell'informazione. Le immagini (ancora in bianco e nero, allora) delle scalinate di architettura di Roma, invece, esplosero sugli schermi televisivi con la forza di un terremoto.
- Details
- Hits: 2715

Note introduttive per il convegno
Associazione "Politica e classe"
Il capitale percepisce ogni limite come ostacolo e lo supera idealmente se non l’ha superato nella realtà:
dato che ognuno di questi limiti è in opposizione alla dismisura inerente al capitale, la sua produzione si muove attraverso
contraddizioni costantemente superate, ma altrettanto costantemente ricreate.
Karl Marx “Grundrisse”
Una premessa
Come appare ormai a tutti evidente la questione ambientale, complessivamente intesa dai problemi del clima fino al vivere quotidiano delle popolazioni, ha assunto da alcuni decenni un carattere strategico rispetto alle possibilità di sviluppo dell’umanità, mentre i sempre più accentuati ed accelerati processi di valorizzazione del capitale amplificano una situazione che sfugge di mano alle classi dirigenti che dovrebbero guidare l’attuale sistema sociale e le relazioni economiche e produttive internazionali.
E’, infatti, palese che la contraddizione che si manifesta tra crescita economica ed ambiente naturale riveste un ruolo centrale, ma un’ analisi strutturale di questa dinamica non può avere esclusivamente una lettura che si astrae da un sistema di relazioni sociali determinato storicamente e concretamente agente cercando la motivazione dell’attuale situazione in cause antropologiche per cui una generica natura umana tende ad essere “nemica” dell’ambiente ed ad esso estranea. Il rischio che corrono queste interpretazioni è quello di dare una visione parziale e, pensando di contrastare il degrado ambientale, di occultare le cause sociali del problema assolvendo dalle responsabilità chi invece ne è la causa.
- Details
- Hits: 2850

Quando la Cgil era autonoma da partiti e governo
di Dino Greco
La svolta nel sindacato che piace a Pd e Pdl
Il documento di Cgil Cisl Uil sulla riforma del modello contrattuale rappresenta uno spartiacque nella storia del sindacato italiano. Non si può far finta di non capire che quello che ci viene presentato non è un progetto qualsiasi, del quale si possa discutere in termini di maggiore o minore moderazione. Ciò con cui abbiamo a che fare è un vero salto di paradigma, un mutamento di indirizzo strategico che cambia - con un taglio netto - insieme al sistema delle relazioni industriali e alle regole della contrattazione la natura stessa del sindacato, mettendo radicalmente in discussione la sua originale, autonoma collocazione nell'assetto istituzionale del paese.
Vediamo di dare un fondamento ad un giudizio così perentorio. Quel testo si mette definitivamente alle spalle tanto le deliberazioni del XV congresso della Cgil, quanto lo stesso accordo del 23 luglio del '93 che - quale che sia il giudizio complessivo su di esso - ancora riconosceva al contratto nazionale una funzione redistributiva della ricchezza prodotta dal lavoro. La sola funzione che ora gli si attribuisce è quella della "difesa" del potere d'acquisto delle retribuzioni. Nessun aumento retributivo reale è più ammesso a quel livello. Nei contratti si dovrà semplicemente recuperare quanto l'aumento del costo della vita ha eroso nel corso del tempo.
- Details
- Hits: 2790

"Il porto delle nebbie"
Potere contemporaneo, sinistra e 11 settembre
di Franco Soldani
Pubblichiamo in anteprima la Prefazione del nuovo libro di Franco Soldani "Il porto delle nebbie", casa editrice Faremondo Edizioni. Questa casa editrice appena nata fa riferimento alla associazione culturale Faremondo, che da tempo si distingue, tra le altre cose, per le sue inziative in favore della diffusione della verità sull'11 Settembre
La convinzione che il mondo sia profondamente cambiato dopo l’11 settembre 2001, è ormai "conventional wisdom", come amano dire gli economisti, presso l’opinione pubblica internazionale e persino per la comunità accademica dell’intero Occidente. Nondimeno, come tutte le "saggezze convenzionali" anche quella in causa è invece sostanzialmente falsa nella specifica accezione in cui è largamente diffusa e viene ritenuta fondamentalmente vera. Tuttavia, diversamente da altre verità fabbricate ad arte, la convinzione in oggetto è illusoria non perché non sia reale, bensì perché non è quello che si vorrebbe far credere. Il mondo odierno, in altre parole, è in effetti intimamente mutato rispetto al passato, ma per ragioni altrettanto essenzialmente differenti da quelle di solito additate.
Quella data, in effetti, non è affatto uno spartiacque tra epoche diplomatiche differenti della storia più recente del pianeta, né una sorta di segnavia politico tra diversi orientamenti dell’ amministrazione statunitense rispetto alle relazioni internazionali, come se l’apparente multilateralismo e il fittizio approccio cooperativo dei democratici ai problemi fossero stati sostituiti dall’aggressivo decisionismo militare e politico – illegale e sovversivo, si noti la cosa, dal punto di vista della stessa Costituzione statunitense e dell’ordinamento giuridico internazionale (duplice violazione che del resto comincia sin dagli anni ’50 del Novecento) – dell’attuale governo Bush.
- Details
- Hits: 13724

Dodici anni fa, Marco Revelli pubblicò un libro intitolato "Le due destre"
Luigi Cavallaro
Dodici anni fa, Marco Revelli pubblicò un libro intitolato "Le due destre". Vi si sosteneva che lo scenario politico italiano vedeva contrapporsi non una destra e una sinistra, bensì due destre, una tecnocratica ed elitaria, l'altra populista e plebiscitaria. Che entrambe avevano l'obiettivo di offrire una sponda al processo di ristrutturazione in corso nel mondo produttivo, smantellando le regole e le garanzie su cui si era costruito il compromesso socialdemocratico della seconda metà del '900. Che entrambe rimettevano al centro del discorso politico l'impresa, in pro della quale si prefiggevano privatizzazioni del patrimonio industriale pubblico, flessibilizzazione del mercato del lavoro e tagli delle prestazioni sociali (dalle pensioni alla sanità alla scuola). E che, unite nei fini, esse si distinguevano nei mezzi, la destra tecnocratica ed elitaria puntando essenzialmente alla mobilitazione dei ceti medi riflessivi in un progetto di società individualizzata e competitiva, la destra populista e plebiscitaria rivolgendo invece la propria offerta politica alle fasce sociali che più avrebbero sofferto del crollo della domanda indotto dalla dissoluzione del precedente patto sociale, vale a dire la piccola e media impresa, i disoccupati, i precari, i sommersi (e mai salvati).
- Details
- Hits: 3189

Il sogno del nomade. Appunti dalla terra estrema.
di Francesca Matteoni
“In una certa stagione della nostra vita, noi siamo soliti considerare ogni pezzo di terra come possibile luogo
di dimora”.
HENRY D. THOREAU
“Per quale diavolo di motivo volete tornare là? Non è che un vecchio autobus”.
BUTCH KILLIAN, uno dei cacciatori d’alce che trovò il
corpo di Chris McCandless a Stampede Trail, in Alaska nel
Settembre 1992
Ricordare la propria ignoranza
Quando tra il 1845 ed il 1847 il filosofo americano Henry David Thoreau si trasferì a vivere in una capanna nei boschi presso il lago Walden nel Massachussetts, non lontano dalla sua città natale, non compiva una fuga dalla civiltà moderna, ma, parafrasandolo, “recuperava la sua ignoranza” - seguiva un’attitudine primigenia nell’uomo di scoperta e indagine del mondo, che viene inesorabilmente repressa dall’aderenza a modelli prestabiliti (il lavoro, la famiglia, la reputazione) con l’età adulta.
Era il suo un atto profondamente etico, teso a dimostrare che conformandosi senza riserve al modello sociale consolidato si finisce spesso con il disobbedire alla nostra indole più intima, azzittendo quel particolare “genio” che dà all’individuo la sua singolarità.
- Details
- Hits: 2765

La sinistra fuori dalla morsa tra «neo» e social-liberisti
Riccardo Bellofiore
Su queste colonne A. Burgio ha rinvenuto le radici della crisi di governo in una dualità delle culture politiche nell'Unione: i «moderati», con una impostazione neoliberista, versione aggiornata del buon vecchio laisser faire: i «radicali», attenti alle ingiustizie e all'intervento dello Stato. Più che un programma vago, si richiedeva un «compromesso tassativo». Uno scambio, tra quanta «privatizzazione» e quanto «intervento pubblico». Una impostazione del genere affida alla sinistra una missione impossibile. Aver pensato ad un accordo di governo tra «neoliberisti» e «sinistra» mi pare sfuggire a qualsiasi intelligibilità politica. Anche se chiarirebbe non poco sia le sabbie mobili in cui si è finiti, sia perché il confronto nella coalizione è stato condotto alzando quotidianamente alte grida prive di qualsiasi efficacia. Il limite fondamentale è che una tesi del genere dà una rappresentazione falsa di come stanno le cose, e immiserisce la cultura del centro-sinistra. Per capire dove siamo approdati è meglio partire da una, sia pur rozza, dicotomia tra «neo-liberismo» e «social-liberismo».
Il neoliberismo è irriducibile al «lasciar fare». Ha l'ossessione dei «fallimenti dello Stato». Vuole deregolamentare, ridurre il peso dello Stato.
Ma il «libero mercato» va bene solo per il mercato del lavoro, la spesa statale la si falcidia solo nel suo versante sociale.
Al di là di questo perimetro, che include la massima precarizzazione possibile, il neoliberismo tutto è meno che autenticamente liberista. Non attacca le posizioni di monopolio (basta citare Bush e Berlusconi per capirlo). Si disinteressa dei disavanzi statali e del debito pubblico: vuole la riduzione delle imposte, e invade politicamente l'economia (lo chiama «neocolbertismo»).
- Details
- Hits: 3890

Intervista a Emiliano Brancaccio
Docente di macroeconomia presso l’Università del Sannio (di G. Repaci).
1. Professor Brancaccio, ormai è quasi certo che la recessione dell'economia statunitense durerà per almeno tutto il 2008, e mentre Bernake continua a tagliare i tassi d'interesse, Trichet sembra sordo dinanzi alle richieste dei governi di diminuire il costo del denaro. Secondo lei la già debole economia italiana soffrirà per la crisi? Pensa che questa crisi possa cambiare l'indirizzo economico dominante oppure crede che le Banche Centrali continueranno sulla strada del neoliberismo e le sue politiche deflazionistiche?
Da anni ci interroghiamo sulla tenuta di un sistema mondiale sempre più asimmetrico, fondato sulla espansione e sul relativo deficit commerciale americano, sul finanziamento di questo deficit tramite dollari, e sulla corrispondente politica deflazionista e votata all’esportazione di tutti gli altri. Questo sistema scricchiola da tempo, per vari motivi, di classe oltre che internazionali.
Basti pensare al fatto che siamo probabilmente giunti al limite delle capacità di indebitamento privato e di spesa di milioni di lavoratori, americani e non solo. A ciò si aggiunga che i rapporti di credito e debito sono divenuti sempre più articolati e fragili anche tra le stesse istituzioni finanziarie: in questi anni pochi istituti in attivo hanno erogato crediti a tanti istituti in passivo, creando pertanto le condizioni ideali per una propagazione dei fallimenti. E’ dunque possibile che una crisi dei consumi della classe lavoratrice americana, associata a una crisi di fiducia sul dollaro, possa innescare un effetto a catena sull’economia mondiale. Una eventuale recessione generalizzata non agirebbe tuttavia in modo uniforme sull’economia globale. Pensiamo ad esempio a quel che potrebbe avvenire in Europa.
- Details
- Hits: 2689

La crisi finanziaria globale spiazza le visioni ideologiche
Riccardo Bellofiore
La questione di come inquadrare la crisi dei subprime dentro la dinamica capitalistica di lungo periodo è importante. Andrea Fumagalli ha provato a impostarla in un articolo di qualche giorno fa. L'asse del ragionamento è presto detto. I mercati finanziari valorizzerebbero la produttività «immateriale» del lavoro «cognitivo», realizzerebbero una redistribuzione indiretta dal capitale al lavoro, metterebbero in moto un moltiplicatore reale dell'economia. La novità della crisi attuale starebbe nella messa in questione degli assetti gerarchici del comando sui mercati finanziari, sempre più instabili, mentre l'entrata in scena dei fondi sovrani sancirebbe l'abbandono dell'interesse nazionale.
Da qualche anno ho provato a impostare una risposta diversa. Attorno alla metà degli anni '90 si instaura un «nuovo» capitalismo incentrato su una «nuova» politica monetaria e un paradossale keynesismo «finanziario» La domanda finale negli Stati Uniti si incarna sempre più in consumi finanziati con l'indebitamento bancario, grazie all'aumento continuo dei prezzi delle «attività» (azioni, immobili) spinti all'insù da bolle speculative che la Federal Reserve ha non solo sostenuto ma provocato. Il modello si regge su un attivismo statuale molto accentuato. Dietro ci sta un attacco senza requie alla classe dei lavoratori, frantumata nelle figure del lavoratore traumatizzato, del risparmiatore affetto da sindrome maniacale-depressiva, del consumatore indebitato.
- Details
- Hits: 2894

Legare i salari alla produttività è pericoloso e poco economico
di Felice Roberto Pizzuti
L'indagine della Banca d'Italia sui redditi delle famiglie conferma la necessità di aumentare i salari, che non è solo sociale, ma anche economica; stupisce invece che sulla stampa se ne parli come fosse una novità. E' dall'inizio degli anni '90 che i salari sono pressoché esclusi dagli incrementi di produttività e a malapena hanno recuperato sull'aumento dei prezzi; nel frattempo i profitti hanno aumentato la loro quota sul reddito di oltre dieci punti.
Per aumentare i salari, oramai tra i più bassi in Europa, il governo Prodi e le parti sociali stavano ragionando sulla possibilità di utilizzare la leva fiscale; è uno strumento che certamente può concorrere all'obiettivo, ma evitando due rischi. Il primo è che l'ipotizzata riduzione delle imposte sui salari possa essere compensata da tagli alle prestazioni sociali (già proposti da più parti) cosicché la loro sostituzione con acquisti sul mercato vanificherebbe l'aumento della busta paga.
Il secondo rischio è che anche le imprese (come già hanno chiesto) partecipino agli sgravi fiscali, sia direttamente (riducendo i loro contributi) sia indirettamente (contando sugli aumenti in busta paga derivanti dalla decontribuzione dei salari per contenere gli aumenti contrattuali a loro carico).
- Details
- Hits: 3369
Torture su torture
di Christian Elia
Hrw denuncia gli abusi subiti dai detenuti politici nelle carceri del Bahrain
Una manifestazione contro la tortura nelle carceri che finisce con l'arresto indiscriminato dei dimostranti, che vengono a loro volta torturati. Un tragico circolo vizioso in Bahrain, denunciato oggi in un rapporto dall'organizzazione non governativa Human Rights Watch.
Ancora torture. Gli implacabili persecutori di coloro che si macchiano di violazioni dei diritti umani, con sedi a Londra e New York, hanno denunciato alla stampa la brutale repressione attuata dal governo del Bahrain nei confronti dei dimostranti arrestati a metà del mese scorso durante una manifestazione per chiedere giustizia per i detenuti politici vittime di trattamenti inumani nelle carceri della ricca monarchia del Golfo Persico.
“Chiediamo al Bahrain un'immediata inchiesta indipendente per fare chiarezza sugli abusi perpetrati ai danni dei detenuti politici nelle carceri”, ha denunciato Joe Stork, vice direttore di Hrw per il Medio Oriente e il Nord Africa. Secondo l'ong, infatti, a tutti coloro che vennero arrestati il mese scorso in piazza, mentre chiedevano giustizia per gli arresti di massa degli oppositori negli anni Novanta, in carcere sono state garantite botte e torture, e in un caso anche abusi sessuali.
“Chiediamo che i detenuti vengano visitati da un medico indipendente”, ha continuato Stork, “che possa chiarire la reale entità delle denunce giunte fino a noi”.
Un portavoce del ministero degli Interni del Bahrain ha già fatto sapere che tutte le accuse di Hrw sono infondate e che nessun detenuto ha subito trattamenti inumani.
Un Capodanno tragico. Non la pensano così i genitori di Maytham Badr al-Shaykh, un'attivista arrestata il 17 dicembre in piazza a Manama, la capitale del Bahrain. “Quando siamo riusciti ad andarla a trovare in carcere, nel centro di detenzione di Adliyeh, a Manama, ci ha detto che la notte di Capodanno i carcerieri hanno abusato di lei”, hanno testimoniato i genitori della ragazza a Hrw, “violentandola a turno e poi abusandone con oggetti di ogni tipo”. Hani, il fratello di Maytham, ha testimoniato che “mia sorella era in stato confusionale e ha pianto per tutto il tempo della visita. Quando se ne sono accorti, i carcerieri l'hanno trascinata via, ignorando le nostre proteste”.
- Details
- Hits: 3048

Borse, perché gli Usa si giocano il tutto per tutto
Joseph Halevi
L'espressione è «going for broke», giocarsi il tutto per tutto. Via la regola monetaria della banca centrale, via la preoccupazione concernente l'inflazione che viaggia a circa il doppio di quella programmata. Cestinate le anodine spiegazioni riguardo la credibilità della politica monetaria, la Federal Reserve si è lanciata al salvataggio del sistema finanziario riducendo a sorpresa il tasso di interesse dello 0,75%. Non solo: in maniera tipicamente americana, dove i dogmi teorici vengono immediatamente accantonati quando è in gioco il sistema stesso - e di questo adesso si tratta - il governatore della Fed, Ben Bernanke, si è trasformato nel protagonista diretto del rilancio espansivo sul piano fiscale. Tuttavia la reazione del mercato di Wall Street non appare incoraggiante se, di fronte al drastico taglio dei tassi operato dalla Fed, i corsi non riescono a stabilizzarsi.
In questo contesto i mercati finanziari nella loro ottica di brevissimo periodo (si noti che, pur esistendo per scommettere sul futuro, i mercati operano sull'immediato: oggi scommettono sul valore di un titolo fra dieci anni, pronti però a cambiarne radicalmente la valutazione il giorno dopo) si comportano in un modo che ci illumina sulle contraddizioni dell'attuale fase economica.
Le società finanziarie vogliono tanto una politica fiscale espansiva quanto una politica monetaria fondata su bassi tassi di interesse; un vero nirvana keynesiano insomma.
- Details
- Hits: 2894

Neanche l'osso del cane
di Fisher
L’esperienza di un anno e mezzo di governo Prodi e l’atteggiamento tenuto in questo periodo dai due partiti rc e pdci
Questo documento vuole costituire una base di riflessione per tutti i compagni dei due partiti che – almeno ad oggi – hanno la falce-e-martello nel proprio simbolo e che hanno partecipato all’esperienza parlamentare votando ripetutamente la fiducia al governo Prodi. Vi si elencano fatti, ma anche considerazioni politiche, certo non tenere nei confronti delle due dirigenze dei due partiti. Tali considerazioni sono certamente discutibili, ma l’intento è di indirizzare la discussione sui fatti, perché da comunisti non possiamo che basarci sulla loro realtà e non su chiacchiere fatue.
1. Antefatti
1.1. La campagna elettorale e i brogli
Non si può parlare dell’esperienza Prodi se prima non si torna alla campagna elettorale e alle elezioni che segnarono la striminzita vittoria del centrosinistra.
La campagna fu come al solito molto aspra, caratterizzata però da alcuni veleni nuovi che Berlusconi in persona aveva pensato bene di inoculare prima del voto.
- Details
- Hits: 1941

TAV fra debito pubblico e profitto privato
di Marco Cedolin
Se esiste un campo nel quale l’Italia da sempre eccelle, questo è costituito dal foraggiare la grande imprenditoria privata sovvenzionandola a vario titolo ed in varia misura per mezzo del denaro pubblico. Praticamente la totalità delle grandi imprese italiane, FIAT su tutte, sono diventate tali grazie alle sovvenzioni statali che hanno permesso loro di sbaragliare la concorrenza non sovvenzionata ed accumulare profitti altrimenti impensabili.
L’esempio del Gruppo Benetton che da tempo sta ottenendo cospicui utili tramite la gestione disinvolta di parte della rete autostradale italiana, costruita per mezzo del denaro dei contribuenti, sembra destinato ad essere ricalcato anche in ambito ferroviario.
Il Presidente delle FS Innocenzo Cipolletta, durante la registrazione del programma tv “Economix” di Rai Educational, si è espresso in maniera adamantina lasciando intuire al di là di ogni ragionevole dubbio quale sarà il futuro del sistema ferroviario italiano.
Cipolletta, dopo avere affermato che gli aumenti dei biglietti ferroviari continueranno anche in futuro, ha precisato che il gettito derivante da tali aumenti non si tradurrà in miglioramenti del servizio, bensì sarà destinato in larga parte a compensare il disavanzo, pagare gli interessi alle banche e sanare i buchi di bilancio del passato.
- Details
- Hits: 2778

Nuovo municipalismo e vecchi merletti
di Cosimo Scarinzi
L'esperienza del movimento No-Tav a confronto con quella del sindacalismo di base e dei nuovi movimenti sociali. Una riflessione necessaria
Mi è sovente capitato di rilevare che ogni accadimento sociale rilevante è interpretato da ogni soggetto politico in qualche misura coinvolto, e la considerazione vale, questo va da sé, anche per chi scrive, sulla base di paradigmi sedimentati nel tempo oltre che, ovviamente, di personali propensioni, pregiudizi, convincimenti non necessariamente pienamente consapevoli.
Non voglio, sulla base di questa banale considerazione, negare la funzione di rottura, innovazione, produzione, in senso positivo o negativo, di crisi dei movimenti sociali stessi, al contrario, ma porre l'accento su di una dialettica complessa ed interessante che contribuisce alla trasformazione e ridefinizione della prassi intesa, compiutamente, come attività volta alla trasformazione e, perché negarlo?, al sovvertimento dell'esistente.
Credo che quanto ho sinora affermato valga in maniera evidente, per stare all'oggi, per il movimento No Tav. Una mobilitazione di massa, fortemente legata ad una vicenda locale ma capace di porre problemi generali, nella quale si è intrecciata la difesa dell'ambiente e quella delle libertà politiche e sindacali, la discussione su chi avesse titolo per decidere sulle scelte che riguardano una popolazione e quella sulla struttura della spesa pubblica è, nei fatti, un vero e proprio laboratorio sociale che suscita passioni, energie, speranze, reti di relazioni a livello nazionale ed internazionale.
Per me, senza attribuire troppo peso ai miei convincimenti ed alle mie vicende, è stato assolutamente rilevante l'occasione che ho avuto di riflettere sulla dialettica fra settori della comunità scientifica e movimenti, sul rapporto fra contraddizioni interne alla classe politica e spazi che si aprivano all'azione di massa, sull'intreccio fra movimento dei lavoratori e questione ambientale, sul nesso fra rivendicazione di tradizioni ed identità locali e apertura al confronto con soggettività ed esperienze diverse.
- Details
- Hits: 3310

La questione palestinese. La tragedia di essere vittima delle vittime
di Danilo Zolo
E.W. Said, The Question of Palestine, Vintage Books, New York 1992, trad. it. La questione palestinese. La tragedia di essere vittima delle vittime, Gamberetti Editrice, Roma 1995, ISBN 88-7990-038-2
La questione palestinese di Edward W. Said è un libro bello e utile, al pari di Orientalismo, l'opera che ha reso celebre questo professore statunitense di origine palestinese che insegna letteratura comparata alla Columbia University di New York. Si tratta di una delle pochissime 'interpretazioni palestinesi' della storia della Palestina di cui la cultura occidentale disponga.
Scritto circa vent'anni fa, il libro continua ad offrire elementi di riflessione di grande rilievo e di una sorprendente attualità. Ci aiuta a cogliere in profondità le ragioni storiche di ciò che oggi sta accadendo in Palestina: il definitivo fallimento degli accordi di Oslo e della 'mediazione' statunitense, l'esplosione della nuova Intifada che ha ormai come obiettivo l'indipendenza di tutto il popolo palestinese, la devastazione di ciò che resta di Gaza, della Cisgiordania e di Gerusalemme-est dopo trentacinque anni di occupazione militare, lo smantellamento dell'Autorità nazionale palestinese, la strage senza fine di ebrei e di palestinesi innocenti.
Ciò che a mio parere rende prezioso il contributo di Said è il suo tentativo di ricostruire la 'questione palestinese' da un punto di vista palestinese - non genericamente arabo o islamico - e di farlo a partire dagli inizi dell'intera vicenda: la nascita del movimento sionista, l'affermazione della sua ideologia nel contesto della cultura colonialista europea degli ultimi decenni dell'Ottocento, l'avvio del fenomeno migratorio verso la Palestina.
- Details
- Hits: 4065

L'inflazione non si batte più con la moderazione salariale
Joseph Halevi
Un ulteriore esempio del vicolo cieco in cui si trovano le banche centrali proviene dal conflitto tra il loro comportamento attuale - volto a rifinanziare la bolla speculativa - e l'obiettivo di controllare l'inflazione. L'inflation targeting, il mirare cioè ad un tasso di inflazione desiderato, costituisce ormai da parecchi anni il principale scopo di queste istituzioni. Si è detto che le politiche di Reagan e di Thatcher abbiano dimostrato che combattere l'inflazione mirando al controllo della massa monetaria - la cui quantità è del tutto inafferrabile - si traduce in una forte instabilità nei saggi di interesse. Sarebbe pertanto preferibile fissare un obiettivo inflazionistico da non oltrepassare, usando invece il saggio di interesse come strumento regolatore.
Nel 1993 l'economista statunitense John Taylor formulò la regola di comportamento della banca centrale. Essa consiste nel far dipendere il tasso di interesse dalla somma ponderata della deviazione del pil e del saggio di inflazione rispetto ai valori obiettivo di ciascuno, con l'aggiunta di un termine inteso a catturare lo shock monetario. A prima vista, la formula include anche il valore desiderato del pil e, indirettamente, dell'occupazione. E' stato però osservato che la regola di Taylor gravita prevalentemente verso il differenziale inflazionistico a scapito del pil.
L'idea di inflation targeting, adottata per prime dalla Nuova Zelanda e dall'Australia, si è mostrata estremamente efficace nell'istituzionalizzare la deflazione salariale e nel premiare l'inflazione da rendite immobiliari e finanziarie (asset price inflation).
L'intera economia viene mobilitata contro i salari, in quanto l'inflazione è essenzialmente definita in modo tale da essere estrapolata in relazione ad eventuali aumenti strutturali dei costi nei quali, appunto, i salari assumono un ruolo chiave. A tutti gli effetti, le politiche successive alle «terapie d'urto» di Reagan e Thatcher sono state delle operazioni controllo della popolazione salariata e pensionata in favore dell'inflazione da bolle, plusvalenze e cartacce.
- Details
- Hits: 3714

La destabilizzazione del Pakistan
di Michel Chossudovsky
L'assassinio di Benazir Bhutto ha generato circostanze tali da contribuire alla destabilizzazione ed alla già avviata frammentazione del Pakistan come nazione. Il processo di “cambiamento di regime” sponsorizzato dagli Stati Uniti, il quale è costituito solitamente dalla ricomposizione di un governo con una nuova investitura con nuovi capi, è stato interrotto. Screditato agli occhi dell'opinione pubblica pakistana, il Generale Pervez Musharaf non può rimanere nella sede del potere politico. Ma allo stesso tempo, le elezioni farsa sostenute dalla “comunità internazionale” previste per gennaio del 2008, anche se dovessero svolgersi, non verrebbero accettate come legittime, generando quindi un'impasse politica.
Ci sono indicazioni secondo cui l'assassinio di Benazir Bhutto sarebbe stato previsto dai funzionari degli Stati Uniti: "Si sapeva da mesi che la gestione Bush-Cheney ed i loro alleati stavano manovrando per rinforzare il loro controllo politico del Pakistan, al fine di aprire la strada all'espansione ed al rafforzamento della "guerra al terrorismo" nella regione. I vari programmi americani di destabilizzazione, conosciuti da tempo da funzionari e analisti, prevedevano il rovesciamento dei militari in Pakistan..
L'assassinio di Bhutto sembra che sia stato previsto. C’erano perfino rapporti inerenti "chiacchiere" fra funzionari degli Stati Uniti riguardo i possibili assassini di Pervez Musharraf o Benazir Bhutto, ben prima che gli attuali attentati avessero luogo. (Larry Chin, Global Research, 29 Dicembre 2007)
- Details
- Hits: 4541

Intervista a Robert Kurz
di Sonia Montano
1. Cosa vuole affermare la "critica radicale del valore"?
Com'è noto, i marxisti tradizionali del movimento operaio accusavano il capitalismo soltanto di privare le salariate e i salariati del famoso plusvalore del quale i proprietari dei mezzi di produzione si appropriavano come fosse un "potere di disposizione". Questa é una critica mutilata del capitalismo, che lascia fuori e ontologizza la forma sociale del valore. Di conseguenza, secondo questo pensiero, la società socialista postcapitalista dovrebbe continuare a basarsi sulla forma del valore e a funzionare come un sistema produttore di merci "pianificato". Come trasformazione della società questa concezione è naufragata. Il problema può essere spiegato solo storicamente: lo stesso movimento operaio e lo stesso socialismo statale facevano ancora parte della storia del "modo di produzione basato sul valore" (Marx). Si trattava di una "lotta per il riconoscimento" nell'ambito di questa forma di società non indagata. Ora, il plusvalore può essere soppiantato solo insieme al valore, e non come pianificazione e "giusta distribuzione" del valore. Questa non è una questione meramente teorica. Nella nuova crisi del sistema unificato a livello planetario, lo stesso valore é disvalorizzato dalla terza rivoluzione industriale, nella misura in cui il "lavoro astratto" si scioglie come sua sostanza.
A queste condizioni occorre criticare e abolire il valore come forma basica e, di conseguenza, la produzione di merci come tale.
2. Cosa caratterizza una società mercantile? Cosa si deve intendere per "merce"? Che relazioni proprie stabiliscono le merci?
Il termine "mercantile" si riferisce solo al comprare e al vendere. Una società mercantile nemmeno esiste. Il capitalismo é essenzialmente un modo di produzione e non un semplice modo di circolazione. Perciò l'espressione "economia di mercato" induce in errore. Marx già dimostrò che la riduzione della modernità a circolazione delle merci costituisce l'eldorado dell'ideologia capitalista, perché nel mercato appaiono solo proprietari "eguali" e "liberi" di merci e denaro. Però la merce ha da essere oggetto di produzione prima di diventare oggetto di circolazione.
- Details
- Hits: 2624

Incenerire è un po' morire
Guido Viale
L'inceneritore è una macchina due volte tossica. In primo luogo è tossica perché rilascia scorie pericolose che vanno sotterrate in discariche ad hoc, mentre il resto (quattro quinti) se ne va in fumo. Non sparisce, ma si disperde nell'aria e poi ricade sui nostri polmoni, sulle cose che mangiamo, sul terreno dove passeggiamo o giochiamo. È vero che un inceneritore ben gestito produce meno inquinanti di uno svincolo autostradale o di un ingorgo automobilistico.
Ma i rifiuti sono un materiale poco omogeneo, con grandi variazioni di potere calorifico: basta uno sbalzo di temperatura e l'abbattimento degli inquinanti va in tilt. Sempre nella speranza che nel materiale conferito non siano state nascoste sostanze tossiche, cosa ormai verificata per le «ecoballe» della Campania.
Affidereste voi il funzionamento di una macchina così pericolosa a chi ha gestito i rifiuti campani negli ultimi decenni? Ma l'inceneritore è tossico soprattutto perché inquina il cervello di molti amministratori locali e governanti nazionali, che aspettano da quella macchina, e non dalla riorganizzazione del ciclo dei rifiuti attraverso la partecipazione e il coinvolgimento diretto dei cittadini - cioè di coloro che i rifiuti li producono - una miracolosa soluzione del problema.
- Details
- Hits: 2673

Equità schizofrenica
di Vandana Shiva
Sono capitalisti su ricchezza e risorse. Ma diventano socialisti quando si parla di inquinamento e delle sue conseguenze
Il 27 novembre il Programma sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) ha pubblicato un rapporto sullo sviluppo umano dal titolo "Fighting climate change: human solidarity in a divided world". Il compito di presentarlo è stato affidato a Montek Singh Ahuluwalia, vicepresidente della Commissione di pianificazione indiana, che lo ha di fatto sconfessato.
Lo studio Undp, presentato prima dell’incontro di Bali, sottolinea la necessità di ridurre del 50% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990, entro il 2025. Per ottenere questo risultato prescrive che per quella data i paesi industrializzati dovranno aver attuato una riduzione delle proprie emissioni tra il 70 e l’80%, mentre per il 2020 la riduzione deve aver raggiunto il 20-30%. Per i paesi in via di sviluppo responsabili di notevoli emissioni, come l’India, l’Undp non prescrive abbattimenti prima del 2020, ma per il 2050 prescrive riduzioni del 20%.
Montek Singh Ahuluwalia, fondamentalista del libero mercato impegnato nelle politiche neoliberiste dell’India, ha utilizzato l’argomentazione dell’equità per criticare il rapporto Undp.
- Details
- Hits: 4784

Eurotunnel un disastro economico caduto nell’oblio
di Marco Cedolin
Tutte le volte che gli uomini politici di ogni risma e colore iniziano a suonare le grancasse dell’informazione, sostenendo attraverso l’uso di aggettivi roboanti la necessità di una nuova grande opera infrastrutturale che porterà sviluppo e benessere economico, sarebbe bene ricordare loro la triste vicenda del tunnel che collega Parigi e Londra correndo sotto la Manica.
L’Eurotunnel è il più lungo tunnel sottomarino del mondo, con i suoi 50 km dei quali 39 corrono sotto il fondale marino alla profondità media di 45 metri, la sua costruzione è durata 7 anni impegnando circa 15.000 lavoratori, con un tributo di 10 morti e 1300 feriti. L’opera, inaugurata nel 1994, è costituita da tre gallerie parallele, due ferroviarie ed una di servizio nella quale possono circolare i mezzi su gomma preposti alla manutenzione e alle operazioni di soccorso.
La società Eurotunnel offre complessivamente quattro tipi di servizio: i treni passeggeri Eurostar ad alta velocità, i treni navetta per passeggeri, autoveicoli, camion e autobus con autisti a bordo, i treni navetta che trasportano camion su vagoni aperti senza gli autisti a bordo dei mezzi, i treni merci convenzionali che trasportano le merci in vagoni o container.
- Details
- Hits: 3798

Cosa può un corpo?
di Girolamo De Michele
Gilles Deleuze, Cosa può un corpo? Lezioni su Spinoza, a cura di Aldo Pardi, Ombre Corte, Verona, 2007, pp. 202, euro 18.50
Ci sono molte ragioni per regalarsi la lettura delle lezioni su Spinoza di Gilles Deleuze, sino a ieri disponibili solo on line e adesso tradotte e curate col titolo Cosa può un corpo? da Aldo Pardi, autore di un densissimo saggio prefatorio, all’interno di una la felice congiuntura editoriale: sono da poco disponibili il Meridiano delle Opere di Baruch Spinoza, prima traduzione integrale dei testi spinoziani (qui l'ottima recensione di Toni Negri), e il primo dei due volumi che raccolgono tutti gli scritti brevi di Deleuze: L’isola deserta e altri scritti – 1953-1974. Tre testi che, letti in contaminazione, evidenziano come nel pensiero di Gilles Deleuze si esprima oggi la forma di spinozismo più adeguata al tempo presente.
La prima, fondamentale ragione è l’aspetto terapeutico che oggi riveste l’opera di Spinoza: in un’epoca caratterizzata dal governo politico delle passioni tristi, la sua lettura è liberatoria per la sua capacità di andare alla radice delle servitù che imprigionano le menti e i corpi. Ma attenzione: non si tratta di una fuga nell’intellettualismo, né di una riabilitazione dell’aspetto consolatorio della filosofia che lo stesso filosofo olandese disdegnava. La conoscenza dei rapporti tra mente e corpo è, per Spinoza come per Deleuze, sempre pratica: ciò che è in gioco è sempre un concreto incrociarsi e scontrarsi di rapporti di potere, affetti, costruzioni sociali. Lo stesso corpo individuale è una costruzione sociale, un progetto politico: la sua espressione (lo mette bene in luce Pardi nella Prefazione) e la sua interpretazioni sono impensabili senza la comprensione adeguata delle stabilizzazioni imposte dai dispositivi di assoggettamento e dalle forme di riproduzione del potere.
La prassi spinoziana (degli spinozisti come del cittadino Baruch Spinoza) era (ed è) affermazione, nel pensiero come nella vita, di un’altra società, di uno scarto rispetto al grado di esistenza e di libertà concesso dal potere: «una società dove il diritto si potesse compiutamente esprimere come potenza collettiva» (Pardi, p. 31).
Ma la potenza del pensiero spinoziano comporta un rischio: che lo spinozismo, magari proprio nella sua versione deleuziana, scada a riproposizione di affermazioni filosofiche con valore di slogan a fronte della crisi dei movimenti e dell’attuale inadeguatezza delle loro prassi.
Page 607 of 610