Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 1669
Guerra, capitalismo, ecologia
Sui limiti di comprensione della filosofia ecologista
di Maurizio Lazzarato
Pubblichiamo il primo di tre interventi programmati a opera di Maurizio Lazzarato sui temi della guerra in corso sulla soglia dell’Europa. Lazzarato, che ha già pubblicato lo scorso 7 marzo un testo a riguardo nella sezione «mundi» di Machina (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/la-guerra-in-ucraina-l-occidente-e-noi), è autore del recente libro L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze, ombre corte. Nel 2019 DeriveApprodi ha pubblicato il suo Il capitalismo odia tutti. Fascismo e rivoluzione.
* * *
Di fronte alla guerra scoppiata in Ucraina, il filosofo ecologista Bruno Latour, è smarrito, sopraffatto dagli eventi: «Non so come tenere insieme le due tragedie», l’Ucraina e la tragedia del riscaldamento globale. L’unica cosa che afferma è che l’interesse per l’una non deve prevalere sull’interesse per l’altra.
Non riesce a cogliere la loro relazione, eppure sono strettamente legate perché hanno la stessa origine. Latour, per capirci qualcosa, dovrebbe prima ammettere l’esistenza del capitalismo, che è il quadro nel quale le due guerre emergono e si sviluppano.
La guerra tra Stati e le guerre di classe, di razza e di sesso hanno da sempre accompagnato lo sviluppo del capitale perché, dai tempi dell’accumulazione primitiva, sono le condizioni della sua esistenza. La formazione delle classi (degli operai, dei colonizzati, delle donne) implica una violenza extra-economica che fonda il dominio e una violenza che lo conserva, stabilizzando e riproducendo i rapporti tra vincitori e i vinti. Non c’è capitale senza guerre di classe, di razza e di sesso e senza Stato che ha la forza e i mezzi per condurle! La guerra e le guerre non sono delle realtà esterne, ma costitutive del rapporto di capitale, anche se da molto tempo sembra che ce ne siamo dimenticati. Nel capitalismo le guerre non scoppiano perché ci sono gli autocrati brutti e cattivi contro i democratici belli e buoni.
- Details
- Hits: 2482
Guerra e scongelamento della crisi globale
di Raffaele Sciortino
Il mondo che conoscevamo prima del 24 febbraio 2022, oggi, non esiste più.
È a partire da questo dato di fatto, terrificante nella sua chiarezza, che il 2 aprile abbiamo voluto organizzare un momento di discussione, a Modena, sul mondo di domani, la guerra in Europa e il destino della globalizzazione, di cui oggi cominciamo a riportare gli interventi. Due invitati d’eccezione: Raffaele Sciortino, autore di I dieci anni che sconvolsero il mondo. Crisi globale e geopolitica dei neopopulismi (Asterios 2019) oltre che di numerosi altri contributi, e Silvano Cacciari, della redazione di «Codice Rosso» di Livorno e autore di La finanza è guerra, la moneta è un’arma (in uscita a breve per La Casa Usher). Una discussione di alto livello quindi – o tutto o niente, ormai dovreste conoscerci –, per capire quella che è la “temperatura” del sistema capitalistico globale, al netto del riscaldamento climatico e dei “condizionatori spenti”; un “provare la febbre” a una fase che, già prima della precipitazione ucraina, appariva torrida, e che la messa in mora di un nuovo conflitto armato dentro l’Europa, tra attori e potenze mondiali sull’orlo della crisi di nervi, non può che “accompagnare solo” (cit.) al punto estremo di fusione.
Non ci interessa ripetere la cronaca della guerra o dare cristalline indicazioni politiche. Ci muove, per ora, l’urgenza di possedere la complessità di tendenze, traiettorie e scenari. Sebbene questa crisi sia (fino adesso) localizzata in Ucraina, si dispiega infatti su vari livelli – militari, economici, geopolitici – che abbracciano il mondo intero, sia fisico che immateriale; che chiamano in causa l’egemonia del dollaro, l’ascesa della Cina, la decadenza occidentale – anche se ben vedere ci sono tanti Occidenti, e questa crisi mette in luce i diversi loro interessi: l’Europa, dell’Ovest e dell’Est, quella mediterranea, la Russia eurasiatica, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e il resto dell’anglosfera, e via discorrendo.
- Details
- Hits: 1508
La guerra del Draghistan
di Gandolfo Dominici[1]
Nella neolingua dell’orwelliana colonia atlantista del sultanato del Draghistan la guerra si chiama pace e per ottenerla basta spegnere i termosifoni e l'aria condizionata.
Infatti, il sultano del Draghistan è passato dal suo già mirabile “non ti vaccini, muori e fai morire” all'altrettanto laconico e tranchant “Preferite la pace o l’aria condizionata?”. Qualcosa che suona come “accendi l’aria condizionati e uccidi un bambino ucraino”.
Poco importa che anche un bambino di due anni possa notare la mancanza di nesso logico tra l'aria condizionata (quindi le implicite sanzioni finalizzate al non comprare il gas russo) e una trattativa per ottenere la pace con la Russia.
Logica vorrebbe che per ottenere quella che nella paleo-lingua italiana si definiva “pace” sarebbe opportuno creare un clima di distensione per favorire il dialogo che difficilmente si può ottenere con sanzioni o, peggio ancora, inviando armi ad una delle due fazioni in conflitto.
Ma - evidentemente - i padroni di oltre oceano non vogliono questo, e il sultano della colonia del Draghistan - insieme al coro degli altri suoi omologhi europei - obbedisce incurante delle disastrose conseguenze economiche, sociali e (sperando che mai avvenga) militari.
Sempre nella scuola di Orwell, e come nel caso della precedente emergenza (o per meglio dire “stato di eccezione”) Covid, allo Stato ed alla stampa occorre generare paura e odio per un nemico cosicché, per combatterlo, bisognerà obbedire. Così, mentre nel caso del Covid il nemico erano (e per inerzia lo sono ancora) i “no-vax”, ora il nemico è un paese “avversario” che è tale per volontà di chi comanda.
- Details
- Hits: 2348
L’imminente rivoluzione finanziaria globale: la Russia segue il copione americano
di Ellen Brown
Ellen Brown ha scritto un articolo imperdibile che spiega con rara lucidità quale sia la posta in gioco dello scontro in atto tra Russia e Stati Uniti. Se in Italia esistesse ancora un giornalismo economico (o anche solo un giornalismo), di questo si dovrebbe parlare. Nessun paese ha sfidato con successo l’egemonia globale del dollaro USA prima d’ora. L’articolo originale in inglese è nel suo blog e qui di seguito eccone la traduzione.
I critici stranieri hanno sempre stigmatizzato il “privilegio esorbitante” che ha il dollaro USA come valuta di riserva globale. Gli Stati Uniti possono emetterla sostenuti nient’altro che dalla “piena fede e credito degli Stati Uniti “. I governi stranieri, avendo bisogno di dollari, non solo li accettano nel commercio, ma acquistano titoli statunitensi, finanziando efficacemente il governo statunitense e le sue guerre estere.
Ma nessun governo è stato abbastanza potente da rompere quell’accordo fino ad ora. Come è successo e cosa significherà per gli Stati Uniti e le economie globali?
L’ascesa e la caduta del petrodollaro
Innanzitutto, un po’ di storia: il dollaro USA è stato adottato come valuta di riserva globale alla conferenza di Bretton Woods nel 1944, quando il dollaro era ancora sostenuto dall’oro sui mercati globali. L’accordo prevedeva che l’oro e il dollaro sarebbero stati accettati in modo intercambiabile come riserve globali, i dollari sarebbero stati convertibili in oro su richiesta a $ 35 l’oncia. I tassi di cambio di altre valute sono stati fissati rispetto al dollaro.
Ma quell’accordo è stato rotto dopo che la politica “guns and butter” del presidente Lyndon Johnson ha esaurito le casse degli Stati Uniti finanziando sia la guerra in Vietnam che i suoi programmi sociali “Great Society” all’interno. Il presidente francese Charles de Gaulle, sospettando che gli Stati Uniti stessero finendo i soldi, cambiò gran parte dei dollari francesi in oro. Altri paesi seguirono il suo esempio o minacciarono di farlo.
- Details
- Hits: 1776
Autodeterminazione dell’Ucraina?
di Alessandro Mantovani
«Se [per la propria affermazione nazionale] un paio di Erzegovini vogliono dare il via ad una guerra mondiale che costerebbe mille volte gli uomini che popolano l'intera Erzegovina; questo secondo me non ha nulla a che fare con la politica del proletariato» (Engels a Bernstein, 22-25/2/1882) 1
«Essere per la guerra in tutta l'Europa per la sola ricostituzione della Polonia significa essere un nazionalista della peggior specie, significa porre gli interessi di un piccolo numero di polacchi al di sopra degli interessi di centinaia di milioni di uomini che soffrono la guerra» (V.I. Lenin, "I risultati della discussione sull'autodecisione", 1916)
«Quanto più pura è ora la lotta del proletariato contro il fronte generale imperialista, tanto più imperioso si fa, evidentemente, il principio internazionalista: "Un popolo che opprime altri popoli non può esser libero"» (Lenin, "I risultati della discussione sull'autodecisione", 1916)2.
Ogni grande evento storico determina svolte. In particolare le catastrofi, e nessuna più della guerra. Tutto accelera, gli animi si accendono, le forze sociali si mettono in moto. Sono destinate a divaricarsi inesorabilmente tra chi la guerra la vuole e chi la subisce. Ma all'inizio il quadro si presenta diverso: lo sciovinismo e l'isteria bellicista imperano. ''Armiamoci e partite! Prendiamo misure di guerra e tirate la cinghia!'', è l'assordante boato dei media che copre ogni voce dissonante, mentre gli esitanti si danno un gran daffare, con ragionamenti tortuosi, per esorcizzare il momento in cui dovranno decidere: o per la guerra, o contro.
- Details
- Hits: 1014
Marxismo ed ecologia. Analisi di un dibattito internazionale
di Francesco Barbetta
Il volume di Jacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (ombre corte, 2022) – che la recensione di Francesco Barbetta discute nel dettaglio – si propone di fare il punto su un ambito di discussione, quello appunto dell’eco-marxismo, in grande fermento negli ultimi anni.
Un buon modo per inquadrare la dinamica del confronto è quello di distinguere tra analisi che si propongono di mostrare la dimensione ecologista dell’opera di Marx – in modo tale che il Moro di Treviri si presenti come ambientalista ante litteram – e analisi che invece si propongono di interrogare l’archivio marxiano a partire dalla politicizzazione della crisi ecologica tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso – a partire, cioè, da un insieme di problemi che, semplicemente, non esisteva ai tempi in cui Marx scriveva.
Del primo gruppo fanno parte i teorici della frattura metabolica (Burkett, Foster, Saito), del secondo chi ha esplorato strade più sperimentali, spesso sulla scia dei movimenti sociali (Federici, Merchant, O’Connor). Vi sono poi voci (Malm, Moore, Salleh) che rivendicano una continuità forte col pensiero di Marx – e pure con il marxismo – senza esprimersi direttamente su questo passaggio.
Quasi superfluo concludere ribadendo che la posta in gioco del dibattito in oggetto non è filologica ma politica: solo la riflessione collettiva potrà trasformare le varie opzioni teoriche in efficaci strumenti del conflitto sociale (Emanuele Leonardi).
******
Il libro di Jacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia. Origine e sviluppo di un dibattito globale (Ombre Corte, Verona 2022), consente al militante italiano di conoscere a grandi linee varie letture del rapporto tra ecologia e marxismo.
- Details
- Hits: 1872
Desaparecidos
Alba Vastano intervista Enrico Calamai
Intervista al Console Enrico Calamai “ lo Schindler di Buenos Aires”. A cura di Alba Vastano per il mensile Lavoro e Salute
Due anni di stillicidio di informazione terroristica. Il virus dell’infodemia corre pressante almeno da un biennio sul filo delle nostre vite. Molto prepotente da inizio pandemia, fino ad oggi con la guerra in corso in Ucraina. I fili della paura che avviluppa la nostra esistenza li gestiscono strumentalmente i soliti pochi noti, i signori del potere e della guerra.
La vittima è la verità sulle dinamiche storiche, economiche e geopolitiche che l’hanno provocata, ma la verità non è la sola vittima. A pagare lo scotto peggiore della guerra sono migliaia di persone costrette a fuggire dalla normalità della loro vita. Ad abbandonare tutto il loro mondo, a nascondersi nei bunker, a patire la fame. Spesso anche a morire sul ciglio di una strada, mentre fuggono dalle loro case distrutte dai bombardamenti.
Loro sono lì e noi qui a vedere dai monitor questo esodo forzato e la strage degli innocenti come fosse un film, come un dramma avulso dalla nostra realtà. Possiamo provare rabbia, pena, odio verso un leader o l’altro, ma noi siamo gli estranei della guerra, finché noi non diventiamo loro, accogliendo realmente le loro sofferenze e ribellandoci a tanta crudeltà, rifiutando la guerra e la sua possibile escalation voluta dalle potenze imperialiste. La guerra è stupida e crudele. Vuol dire che ci sono uomini stupidi e crudeli che detengono enormi poteri e soggiogano i loro popoli, rendendoli inermi. Le guerre più cruente hanno sempre avuto origine da forme di governo a matrice fascista, con un dittatore al comando. La storia ne è piena.
Basterebbe ricordare quanto accadde nella metà degli anni ‘70 in America latina. In Uruguay, Cile e Argentina si avvicendarono forme di dittature violentissime e molte furono le vittime. In Argentina, nel periodo dei generali, sparirono molte persone e di loro non se ne seppe più nulla. Solo alcune riuscirono a salvarsi e a fuggire, grazie anche all’intervento del console italiano in Argentina, Enrico Calamai.
- Details
- Hits: 2708
La parabola dell’economia politica dalla scienza all’ideologia
di Ascanio Bernardeschi
I. La fisiocrazia
Questa prima parte è dedicata ai fisiocratici e in particolar modo al Tableau économique di Quesnay
Anche se già nell’antichità non mancarono riflessioni sull’attività umana volta a produrre e riprodurre la società, come per esempio con Aristotele che tese a distinguere fra economia e crematistica, quest’ultima intesa come accumulazione di ricchezza misurata in denaro e considerata attività innaturale, Marx aveva ben chiaro che si può parlare di economia politica come scienza autonoma solo con l’affermarsi del modo di produzione capitalistico. Nelle società precedenti, infatti, la riproduzione sociale era governata da regole fisse, i rapporti di dipendenza erano rapporti personali stabiliti per legge o per volontà divina e inderogabili e lo sfruttamento era ben visibile, senza la necessità di dotarsi di una scienza:
“La corvée si misura col tempo, proprio come il lavoro produttore di merci, ma ogni servo della gleba sa che quel che egli aliena al servizio del suo padrone è una quantità determinata della sua forza-lavoro personale. La decima che si deve fornire al prete è più evidente della benedizione del prete” [1].
Con l’affermarsi del modo capitalistico di produzione, i rapporti sociali perdono la caratterizzazione di rapporti di dipendenza personale, gli uomini sono tutti liberi e uguali di fronte alla legge e occorre la scienza per indagare come, sotto la superficie di rapporti paritari nel mercato, sussista la dipendenza di carattere economico e lo sfruttamento. Per questo motivo gli albori dell’economia politica coincidono con l’affermazione di questo modo di produzione.
- Details
- Hits: 2557
"I dati sui profughi ucraini sono impossibili da un punto di vista logico"
Francesco Santoianni intervista Benedetta Piola Caselli
Ucraina: basta con il giornalismo di guerra ridotto a mera propaganda! È il sorprendente appello di dodici corrispondenti di guerra italiani (tutti provenienti da media mainstream) pure loro verosimilmente inorriditi dai reportages di tanti giornalisti italiani diventati meri cantori della narrativa atlantista.
Tra i pochi che sono sfuggiti a questo destino, Benedetta Piola Caselli, avvocato di Roma che, con le credenziali di un quotidiano nazionale, si è recata due volte in Ucraina realizzando video-reportages tutti pubblicati sul suo profilo Facebook. Video da vedere assolutamente anche perché costituiscono uno dei rari esempi di giornalismo teso a capire, dietro la propaganda, cosa sta veramente succedendo. L’abbiamo intervistata.
"La situazione che ho trovato è stata totalmente diversa da quella che credevo di trovare, e che avevo immaginato guardando la televisione e leggendo i giornali. Innanzitutto, io avevo capito che gli ucraini fossero tutti impegnati in guerra. In realtà, anche se tutti gli uomini fra il 18 e i 60 anni non possono lasciare il paese, solo l’esercito professionale e i volontari stanno combattendo, mentre gli altri sono ancora coinvolti nella gestione normale del paese.
Nessuna coscrizione obbligatoria è ancora in atto, perché la legge prevede quattro livelli di mobilitazione (esercito, riserva, carcerati, mobilitazione generale) e siamo ancora al livello 1.
Oltre a questo, salvo che sulle linee del fronte, la vita continua normalmente con le due eccezioni del coprifuoco e delle sirene antiaeree, che suonano continuamente.
I corrispondenti spesso confondono le sirene con i raid, ma sono cose molto diverse. Per esempio, a Leopoli dal 26 febbraio ad oggi gli allarmi antiaerei sono suonati 74 volte, ma i raid sono stati 3 e tutti su obiettivi militari.
- Details
- Hits: 2609
OMS. La salute globale che piace ai ricchi
Profitti con la beneficenza
di Erika Bussetti
I privati dentro l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quanto finanziano e cosa finanziano? Che potere decisionale hanno all’interno dell’Agenzia? Perché danno denaro all’OMS? Data journalism: leggiamo i numeri
Nel 1948 entra in funzione l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, o WHO, World Health Organization), l’agenzia dell’ONU che, secondo il suo Statuto, ha come obiettivo principale il raggiungimento del più alto livello di salute possibile da parte di tutte le popolazioni mondiali, indipendentemente da razza, religione, credo politico, condizione economica e sociale. Ha sede a Ginevra e ne fanno parte 194 Stati. Attualmente è guidata dall’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le macro aree su cui lavora riguardano il rafforzamento della copertura sanitaria universale, la prevenzione e l’intervento in caso di emergenze sanitarie e, più in generale, il raggiungimento di salute e benessere fisico, mentale e sociale a livello globale.
La pandemia da Covid-19 ha portato alla ribalta del discorso politico, internazionale e non solo italiano, il tema della sanità: smantellata e svenduta ai privati negli ultimi decenni di neoliberismo, si discute di come debba tornare a essere pubblica ed efficiente, con investimenti nei servizi sanitari nazionali. L’OMS è un’istituzione pubblica di diritto internazionale: a rigor di logica, visto anche il peso della sua voce, nel bene e nel male, in caso di emergenze sanitarie, dovrebbe essere finanziata dagli Stati stessi. Al contrario, sta in piedi grazie ai soldi di realtà private. Quel che occorre capire è quale potere decisionale hanno queste ultime all’interno dell’agenzia e perché danno denaro all’OMS. Beneficenza? Non sembra proprio. Leggiamo i numeri.
- Details
- Hits: 1589
La nuova pandemia: il tifo da stadio nel conflitto russo-ucraino
di Roberto Bonuglia
Vagliando le più diverse e accreditate chiavi di lettura geopolitica del conflitto russo-ucraino perchè la realtà fattuale suggerisce un’analisi leggermente diversa
Disclaimer. Attenzione, spoiler: le scorciatoie mentali del lettore acritico e resistente al cambiamento di opinione potrebbero funzionare male una volta attivata la modalità di ragionamento del sistema in virtù del reframing proposto in questo articolo.
Le più accreditate chiavi di lettura geopolitica del conflitto russo-ucraino ‒ una su tutte, quella del The New York Times [1] ‒ hanno iniziato a tessere le lodi di un’Europa che, grazie alla vicenda, si sia ricompattata liberandosi dell’approccio weimariano che ha, da sempre, contraddistinto la sua politica estera de facto inesistente dal punto di vista dell’unitarietà e della coerenza. Ma la realtà fattuale suggerisce un’analisi leggermente diversa.
D’altra parte, un paio d’anni fa, un articolo su La Stampa lo ricordava agli smemorati siberiani [2]: «la politica estera dell’Ue non esiste e mai s’è vista. Per i capi di Stato e di governo che ne parlano ai vertici e nei Parlamenti è ‒ a seconda della geografia e delle vocazioni storiche ‒ una vanagloriosa foglia di fico sulla volontà di far da sé («Si parli con una voce sola»); una scusa per guadagnare tempo nei giorni peggiori («Chiediamo una missione comunitaria»); un aiuto per frenare sul processo d’integrazione («L’Ue è un pozzo per soldi dei contribuenti»)» [3].
Possibile, quindi, che oltre a far dimenticare il Covid-19 ‒ come risulta dal ribaltone nel web delle interazioni e delle ricerche sulla pandemia [4], nonché l’abbandono dei tormentoni “vax/no-vax” e “Gp/no-Gp” nei talk show televisivi ‒ il «baffone 2.0 del Terzo millennio» [5] che in molti incensano abbia avuto anche il taumaturgico merito di dare all’Ue uno straccio di linea coerente in politica estera? Quell’Ue, insomma, che solo qualche mese fa non è stata neppure informata da Biden delle decisioni strategiche degli USA in Afghanistan e ai cui Stati membri «impone di continuare a perseguire linee di politica economica “neo liberiste”, mentre […] gli USA […] sperimentano linee “neo-keynesiane” per sorreggere l’occupazione» [6]?
- Details
- Hits: 1527
La pandemia COVID-19, l'espansione del controllo digitale e le implicazioni politiche
di Philip Seufert
Questo testo contiene alcune riflessioni sull'espansione del controllo digitale attraverso i passaporti COVID1 e le relative implicazioni politiche. Si concentra sull'Italia perché questo paese è stato il primo in Europa a rendere obbligatorio il cosiddetto Green Pass per accedere al posto di lavoro. Al momento di ultimare il testo, diversi stati europei hanno introdotto in un modo o nell'altro il passaporto COVID, anche se le modalità e l'applicazione variano da paese a paese.
I paragrafi seguenti non entreranno nel merito della questione se i passaporti COVID in generale e il Green Pass italiano in particolare siano misure efficaci per contenere le infezioni da virus SARS- CoV-2 né si parlerà del contributo della vaccinazione (di massa) per affrontare la pandemia di COVID-19. Cercheranno piuttosto di analizzare gli aspetti politici e sociali del Green Pass italiano. Il documento pone l’accento sulla natura discriminatoria della misura e descrive l'infrastruttura (digitale) di controllo e sorveglianza che è stata messa in atto per rendere operativo il Green Pass. Infine, descrive come questo comporti un cambiamento significativo nel modo di intendere i diritti, che vengono riformulati come "libertà autorizzate". L'articolo si conclude con alcune riflessioni sulla complessità della contestazione contro le misure prese da molti stati per contrastare la pandemia COVID-19.
Tutte queste riflessioni sono state scritte con la convinzione che sia fondamentale prendere coscienza delle implicazioni più profonde e a lungo termine delle misure che vengono introdotte nell'attuale "situazione di emergenza", perché sono suscettibili di rimodellare i nostri sistemi politici ben oltre la pandemia.
* * * *
1. “La più grande opera di digitalizzazione mai fatta”: una breve storia del Green Pass italiano
- Details
- Hits: 4790
Il «problema dello Stato» nel marxismo rivoluzionario di Evgeny Pashukanis*
di Carlo Di Mascio
Questo Stato borghese, strumento del dominio di classe borghese, Marx e Lenin hanno ripetuto che occorreva “spezzarlo”, e, idea molto più importante, hanno correlato questa “distruzione” dello Stato borghese con l’“estinzione” ulteriore del nuovo Stato rivoluzionario […]. In altri termini, essi hanno pensato la distruzione dello Stato borghese anche sulla base dell’estinzione e della fine di ogni Stato. Ciò dipende da una tesi fondamentale di Marx e di Lenin: non è solo lo Stato borghese ad essere oppressivo, ma ogni Stato.
Louis Althusser, 22ème Congrès
1. Stato, rapporti di produzione e classe dominante
Se nel marxismo rivoluzionario di Evgeni Pashukanis il «problema dello Stato», e se si vuole dell’intera sua filosofia del diritto, ha poco da condividere con la tradizione marxista legata ad una nozione ancora «romantica» e «utopica» di democrazia ottocentesca, ha invece molto a che fare con la maturità dell’analisi marxista-leninista del capitalismo, nonché con l’approfondimento teorico degli antagonismi scaturenti dai suoi intricati processi economici e amministrativi. E’, difatti, proprio in forza dell’analisi dello sviluppo del capitale - quel capitale che, in coincidenza con il contesto storico in cui La Teoria generale del diritto e il marxismo1 viene pubblicata, inizia aggressivamente a ricercare nuovi mercati in grado di assimilare sempre più pluslavoro, e che Lenin in particolare negli scritti su L’imperialismo del 1916 aveva con lungimiranza già individuato, sia per l’enorme concentrazione del potere capitalistico nella figura dei singoli Stati imperialistici che nella forza di distruzione che lo scontro tra gli stessi metteva in risalto2 - che tende a potenziarsi in Pashukanis il discorso sullo Stato come strumento borghese capace di proteggere interessi di classe e, soprattutto, di mediare le transazioni di mercato per consentire l’accumulazione capitalistica.
- Details
- Hits: 1993
Il massacro di Bucha, i camion di Bergamo e il Metaverso
di Andrea Zhok
I. I fatti e la cornice
In questi giorni al centro della discussione pubblica troviamo il cosiddetto “massacro di Bucha”, che viene presentato, secondo un canone bellico noto, come un’efferatezza delle truppe russe occupanti.
Un tempo, quando avevamo a che fare con fatti violenti, ad esempio un omicidio in città, eravamo soliti attendere gli accertamenti della magistratura, e finché questi non erano avvenuti i giornali nominavano i possibili colpevoli con espressioni tipo “l’indagato”, “il presunto sospetto”, ecc. per evitare colpevolizzazioni precoci. Oggi invece, davanti a un mucchio di morti nel contesto bellico di un paese straniero – cioè in condizioni donde le informazioni giungono sempre con difficoltà e condizionamenti – il giorno stesso dell’annuncio per la stampa internazionale era tutto chiaro e inchiodato ad un’unica versione possibile: autori, modalità, identità delle vittime, motivazioni. Qualche immagine, sezione istantanea del reale, è stata presentata come parte evidente di una storia già pronta.
Ora, né lo scrivente, né tutti quelli che hanno ricevuto la notizia di seconda mano (tra cui tutti i caporedattori dei quotidiani principali) sanno cosa sia accaduto. C’è spazio per congetture educate, deduzioni e controdeduzioni, ma non c’è conoscenza dei fatti. Ci asteniamo perciò dal proporre la nostra versione, e, in mancanza di un’indagine indipendente, proviamo a tener fermo il quadro d’insieme degli eventi, che è invece alquanto chiaro.
Un primo dato di cornice è legato alla classica questione che va sempre posta, soprattutto in situazioni di carenza di dati certi: “ A chi giova?”. Chiunque non sia sciocco o in malafede deve ammettere che c’è una parte, quella ucraina, che ha l’interesse a presentare incidenti che scandalizzino l’opinione pubblica internazionale (e spingano a sostenere la loro causa) e un’altra, quella russa, che ha l’interesse opposto.
- Details
- Hits: 2430
Guerra: tutti perdenti
di Wolfgang Streeck
Proponiamo la traduzione di un articolo di Wolfgang Streeck, comparso originariamente sulla rivista «El Salto» (https://www.elsaltodiario.com/carta-desde-europa/wolfgang-streeck-guerra-ucrania-todos-perdedores), in cui sono analizzate le motivazioni geopolitiche che si annidano dietro all’attuale Guerra in Ucraina. Streeck affronta il punto di vista russo, europeo e americano, non risparmiando ampie critiche alle ingerenze degli Stati Uniti nelle vicende europee e al ruolo di subordinazione assunto dall’Ue in un conflitto che sembra a tutti gli effetti configurarsi come una propaggine della Guerra fredda.
I motivi per cui il sistema statale europeo è precipitato nella barbarie della guerra – per la prima volta dal bombardamento di Belgrado da parte della Nato nel 1999 – non possono essere spiegati ricorrendo a una «psicologia semplificata». Perché la Russia e l’«Occidente» hanno dato il via a un implacabile guerra sull’orlo dell’abisso, con il rischio per entrambi di cadere, infine, nel precipizio?
Ora più che mai, mentre viviamo queste tremende settimane, comprendiamo quello che Gramsci intendeva con l’espressione «interregno»: una situazione «in cui il vecchio muore e il nuovo non può nascere», una situazione in cui «si verificano i fenomeni morbosi più svariati», come paesi potenti che consegnano il loro futuro alle incertezze di un campo di battaglia offuscato dalla nebbia della guerra.
Nessuno sa, al momento in cui scriviamo, come finirà la guerra in Ucraina, e con quale spargimento di sangue. Quello su cui possiamo provare a ragionare, a questo punto, è su quali possano essere state le ragioni – e gli individui hanno sempre delle ragioni per agire, per quanto possano irritare gli altri – dietro alla politica di pressione psicologica (brinkmanship) esercitata senza compromessi sia dagli Stati Uniti che dalla Russia. Questo è il terrificante scenario: l’escalation del confronto, la rapida diminuzione delle possibilità per entrambe le parti di salvare la faccia a meno di una vittoria totale, che termina con l’assalto omicida della Russia a un paese vicino con cui un tempo condivideva uno Stato comune.
In questo conflitto troviamo notevoli parallelismi, così come le ovvie asimmetrie, tra Russia e Stati Uniti, due imperi che da lungo tempo si trovano a dover fare i conti con la strisciante decadenza del loro ordine interno e della loro posizione internazionale e a tentare di mettere un argine a questo processo.
- Details
- Hits: 1713
Difendere la democrazia attraverso un nazionalismo fascista e una spesa militare suicida? No grazie
di Enzo Pellegrin
Se Ennio Flaiano fosse chiamato oggi a pronunciarsi sul mainstream italiano in argomento guerra, ne uscirebbe sicuramente con uno dei suoi paradossi ad effetto "Non è tanto quel che vedo o leggo a farmi impressione, ma quel che sento: quell'insopportabile rumore delle unghie che si arrampicano al vetro".
Sugli altoparlanti dell'egemonia mediatica è andata in onda a reti unificate la difesa ad ogni costo delle parole ed opere del governo ucraino, quali che fossero i mezzi da questo utilizzati, il tutto in vista di una costosa militarizzazione dell'intera Europa, già con l'acqua alla gola per la crisi economica.
La gustosa intervista ad un comandante del Battaglione Azov - composto da nazionalisti dell'ultradestra ucraina, che confessa di "leggere Kant" ai propri soldati, la comparsata della band di "Kiev calling" che canta con le magliette di Banderas, hanno scoperto più di un nervo della narrativa dominante. Una volta emerso che il cavallo politico su cui si era contato consentiva un'agibilità senza paragoni ad organizzazioni ispirate al nazismo, al nazionalismo etnico, ai collaborazionisti del Terzo Reich venerati come "eroi nazionali" con tanto di monumenti, è partita la corsa a negare l'evidenza, a ridimensionare un fenomeno che il governo ucraino per primo si rifiuta di ridimensionare, oppure ad utilizzare narrazioni consolatorie e giustificazioniste, slegate dalla realtà, come quella per cui "i nazisti esistono su entrambi i fronti".
Va fatta la solita premessa, d'obbligo di questi tempi per non vedere il proprio ragionare delegittimato a tifo: la natura della Russia governata da Putin è di tutta evidenza un regime oligarchico nel quale il blocco storico dominante (composto da un blocco politico alleato a precisi blocchi economici privati e controllati dallo Stato) utilizza tutti gli strumenti della propaganda, della gestione sociale e della repressione per la perpetuazione del potere.
- Details
- Hits: 1616
Politica estera basata sui valori o sull’autodeterminazione
Note sulla svolta di Biden
di Alessandro Visalli
Un anno fa la nuova amministrazione democratica americana ha convocato un ambizioso evento, invitando ben 110 nazioni del mondo[1], dal nome “Summit for democracy”[2]. Lo slogan era “la democrazia non accade per caso. Dobbiamo difenderla, lottare per essa, rafforzarla, rinnovarla”. A questo evento, cui ne seguiranno altri e che rappresenta il nucleo di una nuova dottrina internazionale più interventista, come scrivono in modo esemplare ‘adatta al movimento’ in corso, l’amministrazione ha invitato paesi asiatici come il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, ma anche l’India e le Filippine, e non Singapore. In cambio era invitato il cosiddetto “Presidente ad interim” del Venezuela Juan Guaidó, ma anche i leader, o attivisti eminenti, dell’opposizione di Hong Kong, Birmania, Egitto, Bielorussia. Un notevole e sovradimensionato spazio è stato affidato, infine, ai paesi europei nordici che si affacciano sulla Russia: la Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Danimarca.
La crisi Ucraina ha prodotto qualche smagliatura su questo schema “noi/loro”. In questi giorni, ad esempio, il governo di Singapore si è mosso verso la coalizione occidentale[3], se pure con qualche dichiarazione rispettosa verso la Cina, mentre l’India si sta chiaramente avvicinando alla Russia[4] e persino alla Cina. D’altra parte, storici alleati Usa come la Thailandia e le Filippine da tempo si stanno avvicinando alla Cina, e, recentemente le Isole Salomone (fronteggianti l’Australia) hanno dichiarato di voler stipulare un accordo di cooperazione militare con il gigante asiatico (ricavandone le minacce del vicino anglosassone). Inoltre, il Pakistan, che fino ad anni recenti era stato alleato degli Stati Uniti, si sta muovendo con decisione verso la Russia e partnership più pronunciate con la Cina (ma è stato fermato, al momento da una severa crisi di governo con probabili nuove elezioni).
- Details
- Hits: 1127
Moriremo «green»?
A proposito di capitalismo verde
di Il Lato Cattivo
Ogni modo di produzione implica rapporti storicamente determinati con un dato puramente fisico- biologico, un sostrato pre-sociale modificabile ma insopprimibile1. Da una diversa angolazione, si potrebbe anche affermare che i modi di produzione storici non sono mai (stati) altro che differenti varianti di un soggiacente rapporto con questa datità fisico-biologica, che include allo stesso tempo la natura non-umana e l'umanità come specie. In ogni caso, nel corso dei millenni, rapporti sociali di produzione determinati si sono instaurati, sviluppati e succeduti sulla base di un sostrato minerale, vegetale e animale, che questi stessi rapporti hanno trasformato in misura maggiore o minore a seconda dei casi.
Il modo di produzione capitalistico (MPC) non è il solo né il primo modo di produzione ad avere significative ricadute su questo sostrato. Semplicemente, tali ricadute assumono oggi, con questo modo di produzione, proporzioni e determinazioni qualitative inedite. È il nocciolo di verità contenuto nel concetto, per altri versi contestabile, di antropocene. Questo fatto si iscrive nella differenza essenziale che distingue il MPC dai modi di produzione precedenti: in questi ultimi, il plusprodotto non veniva sistematicamente e prevalentemente reinserito nel processo di produzione. Per i signori feudali, per le burocrazie statali del modo di produzione asiatico, per i patrizi della Roma antica, per le proto-classi delle società di cacciatori-raccoglitori del paleolitico superiore etc., l'elemento preminente nella gestione del plusprodotto è il suo dispendio. Viceversa, nel MPC l'elemento predominante è l'investimento, nella fattispecie l'investimento in capitale costante (mezzi di produzione e materie prime). Quando si parla di accumulazione del capitale, si parla essenzialmente di questo.
- Details
- Hits: 5857
"C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"
di Annie Lacroix-Riz
Annie Lacroix-Riz, docente di storia contemporanea all'Università di Parigi VII-Denis Diderot, ha scritto diversi libri sulle due guerre mondiali e la dominazione politica ed economica. Guarda con attenzione la situazione in Ucraina ponendola in relazione alla storia dell'imperialismo di inizio XX secolo e la sua continuazione. Quello che ci viene raccontato troppo spesso dai media non ci permette di capire il conflitto, quindi di cercare una soluzione per la pace. In questa intervista, ci viene offerto uno sguardo retrospettivo utile per comprendere gli eventi e la storia recente della regione.
* * * *
Nei media, si ha l'impressione che la guerra in Ucraina sia scaturita dal nulla. Cosa può dirci del suo contesto storico?
Prima di tutto, gli elementi storici sono quasi assenti da quella che è difficile definire una "analisi" della situazione. Tuttavia, ci sono due aspetti importanti da prendere in considerazione negli eventi attuali. In primo luogo, c'è una situazione generale, cioè l'aggressione della Nato contro la Russia. In secondo luogo, c'è una sorta di ossessione contro la Russia - e anche contro la Cina. Questa ossessione non è nuova, quindi permette di relativizzare l'attuale frenesia anti-Putin. L'essenza della presunta "analisi occidentale" è che Putin sia un pazzo paranoico e (o) un nuovo Hitler. Ma l'odio per la Russia e il fatto di non sopportare che la Russia eserciti un ruolo mondiale è riconducibile all'imperialismo statunitense.
- Details
- Hits: 1832
La vecchia Terza Guerra Mondiale
di Fosco Giannini
Terza guerra mondiale: il suo fetore orrendo si sente già nell’aria. Ma è proprio vero che è dalle “tubature esplose” della crisi ucraina che l’odore acre di questa Terza Guerra ha iniziato a propagarsi? Oppure essa cova da tempo, da decenni e decenni va accumulando la sua forza nefasta, da più di mezzo secolo va preparando l’esplosione finale per l’umanità? È proprio vero, come hanno infelicemente affermato alcuni spezzoni della sinistra pacifista italiana, anche comunista, che sarebbe “l’attuale spinta egemonica della Russia” ad accendere la miccia della Guerra Finale, oppure di tale guerra è gravido da un lungo tempo il ventre imperialista?
La storia ci dimostra che non ci sono dubbi alcuni: è qui, in questo ventre oscuro, in questo “cuore di tenebra” (qualcuno ricorda il signor Kurtz di Joseph Conrad, il colonnello Kurtz in Apocalypse Now?) che la Terza Guerra va da tempo sedimentandosi.
Sono gli USA, ormai da un lungo tempo, il “cuore di tenebra”. È la loro intima struttura economico-finanziaria a condannarli a muoversi come “l’essere oscuro del mondo”. E condannare il mondo a subire questa essenza oscura. È il complesso militare-industriale e politico nordamericano a determinare la natura aggressiva, spoliatrice, guerrafondaia, ferocemente imperialista degli USA. È il flusso immenso di denaro che esonda dalle multinazionali americane delle armi che, allagando con la sua materia sanguinolenta il Pentagono, gli Appaltatori della Difesa, il Partito Democratico, il Partito Repubblicano, la società, le istituzioni, le università, il Congresso, i Rami Esecutivi, fa degli USA il più violento imperialismo della storia dell’umanità.
- Details
- Hits: 1595
Ma insomma, il socialismo esiste o non esiste?
di Alberto Gabriele
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo sulla natura sociale ed economica della Cina, come contributo all’approfondimento di un tema fondamentale nell’analisi del mondo contemporaneo. Non necessariamente la redazione della rivista concorda in toto con i contenuti dell’articolo. L’autore, Alberto Gabriele, ha pubblicato sull’argomento due importanti volumi: Enterprises, Industry and Innovation in the People’s Republic of China – Questioning Socialism from Deng to the Trade and Tech War (2020) e, quest’anno, in collaborazione con Elias Jabbour, Socialist Economic Development in the XXIth century Challenges – One Century after the Bolshevik Revolution.
* * * *
Nella sinistra occidentale, e perfino tra le sue componenti più radicali e anticapitalistiche, tende a prevalere l’idea che il comunismo/socialismo (uso questo termine orribile per sottolineare come sia comune la confusione tra due categorie che dovrebbero invece essere tenute ben distinte) sarebbe una gran bella cosa, ma purtroppo non c’è da nessuna parte, probabilmente non c’è stato mai da nessuna parte, e tantomeno ci si sta avvicinando da nessuna parte. A mio parere, questa convinzione pecca di semplicismo e di essenzialismo, e ha anche un impatto fortemente demoralizzante. Tuttavia, tale opinione è spesso data per scontata anche da intellettuali di grande valore e di indubbia onestà intellettuale. Ad esempio, Alessandro Barbero ha affermato recentemente:
- Details
- Hits: 1887
Il nuovo disordine mondiale / 10: il biglietto che è esploso
di Sandro Moiso
“Draghi avvisa la Cina” («Il Giornale» – 24 marzo 2022 )
“Oltre 100 milioni di persone torneranno in stato di povertà estrema” (Ignazio Visco, governatore di Bankitalia – 26 marzo 2022)
“E’ un viaggio lungo. A bordo ci siamo solo noi.” (William S. Burroughs – Il biglietto che è esploso)
Se la situazione internazionale e interna italiana non fosse quella che è, ci sarebbe da ridere.
Da un lato un titolo trionfalistico che immagina l’inimmaginabile: un sorta di ultimatum dell’Italia alla prima o seconda, dipende soltanto dal tipo di calcolo eseguito per stabilirlo, potenza economica mondiale; dall’altro le considerazioni di un funzionario importante del governo dell’esistente che indica le più che probabili conseguenze della situazione venutasi a creare con la crisi pandemica, prima, e lo scoppio della guerra in Ucraina, poi.
Sintomo, al di là delle squallide diatribe politiche interne, non soltanto di un paese privo ormai di qualsiasi strategia governativa che non sia quella di approfittare delle occasioni, ma anche di un’Europa, mai stata realmente unita dal punto di vista politico ed economico, ormai entrata, nonostante le pompose e sussiegose dichiarazioni che ne accompagnano ogni riunione, più o meno straordinaria, dei propri maggiori rappresentanti e ministri, in una fase di vistoso declino del proprio peso politico su scala internazionale.
La stessa insignificanza dei suoi due maggiori rappresentanti, Ursula von der Leyen e Charles Michel, rende evidente come un’entità politica nata con aspirazioni planetarie (si pensi soltanto all’istituzione dell’euro come possibile sostituto del dollaro e poi ridotto a strumento di controllo della riduzione della spesa pubblica interna di ogni singola nazione), l’Unione Europea, stia sostanzialmente sfiorendo senza aver portato a termine nessuno degli obiettivi immaginati all’atto della sua fondazione.
- Details
- Hits: 1268
La scelta imposta dalla propaganda non è una vera scelta
di Carlo Freccero
Riceviamo da Carlo Freccero e pubblichiamo il suo intervento di oggi al Seminario della Commissione Dupre
Oggi siamo qui per parlare di propaganda e censura. Queste pratiche di repressione del dissenso mirano allo stesso risultato, ma funzionano a partire da presuposti diversi. La censura colpisce chi si discosta dal mainstream. La propaganda invece crea il mainstream. Nel passato, nei media, prevaleva la censura. Tutta la storia della Televisione è una storia di censura. Ma, in qualche modo, la censura indica ancora vitalità e dissenso. Si censura chi conserva un pensiero autonomo, mentre la propaganda ha il compito di azzerare del tutto questo pensiero autonomo e divergente.
Il covid prima e la guerra oggi, hanno alterato la comunicazione trasformandola di fatto in propaganda. E in un messaggio propagandistico non c'è niente da censurare.
Il passaggio dalla censura alla propaganda corrisponde ad una presa di parola del potere in prima persona. Nel discorso del potere non deve essere censurato nulla.
Questo spiega il buonismo di oggi, la mancanza di violenza verbale, nei confronti politici e nei talk show televisivi.
Il potere si è reso conto che la censura fa scandalo e, contemporaneamente, può generare opposizione, mentre la propaganda è in grado di creare unanimità.
Questo seminario è dedicato alla propaganda di guerra.
Viene naturale unire la parola propaganda alla parola guerra, quasi si trattase di una forma di riflesso condizionato. Nell'immaginario meanstream la parola guerra è collegata al Nazismo, ed al maggior teorico della propaganda autoritaria: Goebbles.
Goebbles ha spiegato che la propaganda ha le sue radici nella paura. Ed in effetti la propaganda che è stata utilizzata in maniera massacrante dai governi negli ultimi due anni, è una propaganda basata sulla paura: paura della morte per covid, paura del nemico come minaccia alla libertà e democrazia.
- Details
- Hits: 1822
Allarme rosso!
di Elisabetta Teghil
La "democratica e civile" Bologna ha lanciato, in via sperimentale e su base volontaria, la patente del buon cittadino sulla falsariga di quella cinese. Viene chiamata smart citizen wallet e veniamo a sapere che qualcosa di simile sarebbe in procinto di essere lanciato anche a Roma.
D’altra parte non dobbiamo meravigliarci, Bologna ha una lunga tradizione consolidata rispetto a provvedimenti di controllo sociale elevato a cominciare dai sindaci-sceriffo come Cofferati e Roma ha un precedente illustre con Veltroni sindaco quando furono affissi per la città dei manifesti comunali con tanto di numero di telefono da chiamare che invitavano i cittadini alla delazione e alla denuncia di chi imbrattava la città.
Per ora il meccanismo della patente del buon cittadino è impostato su base premiale. Vale a dire che la persona accumulerà punti e otterrà delle regalie in sconti di vario tipo se avrà dei comportamenti in linea con le richieste dell’amministrazione. Sono considerati comportamenti “etici” fare la raccolta differenziata dei rifiuti, usare i mezzi pubblici, gestire in maniera oculata il consumo di energia, non prendere multe, essere attivo con la Card Cultura, una carta varata per le attività culturali nell’area metropolitana di Bologna. Piccola osservazione a margine: la cultura che conta è solo quella ufficiale e istituzionale? Insomma essere dei cittadini rispettosi del “vivere civile” e della “civile convivenza”. Ma il passaggio a bastone e carota sarà breve. La sinistra antagonista dovrebbe entrare in allarme rosso.
- Details
- Hits: 2254
La Terza guerra dell'oppio avanza
di Stefano G. Azzarà
La Terza Guerra dell'oppio avanza
2 4 2022
Guerra difensiva e resistenza ucraina o guerra imperialista globale di lunga durata?
Questa non è una guerra difensiva e non si svolge solo in Ucraina. È la guerra - già in corso dal 1990, in atto su un teatro globale e dall'andamento a tappe - degli Stati Uniti contro la Russia ma anche contro l'Europa e contro lo stesso genere umano. È una guerra che si inscrive in un progetto di ricolonizzazione del mondo e di rilancio dell'imperialismo americano. E' la guerra che non si ferma davanti a niente e che mette in conto il ricorso alle armi atomiche. Ed è la guerra che precede e prepara (anche sul piano della dottrina strategica e della messa a punto della propaganda domestica) quella contro la Cina, che avverrà con il pretesto di Taiwan o dei diritti umani nello Xingjang. E' dunque una sorta di Guerra dell'oppio postmoderna, che vede l'Occidente coalizzato per imporre la "libertà" di commerciare le proprie merci ai prezzi fissati e lo sfruttamento del resto del mondo.
A questa guerra i governanti dell'Ucraina si sono prestati - e del resto sono stati messi là e armati preventivamente fino ai denti proprio a tale scopo - consapevoli che questo sacrificio guadagnerà a loro il Nobel e al loro paese la cooptazione in Occidente, tra le democrazie liberali, tra i popoli bianchi.
La popolazione ucraina ne fa le spese in maniera più tragica e diretta, quella europea ne fa le spese in maniera più indiretta, svenandosi per finanziare il conflitto e la ripresa negli USA.
Page 155 of 611