È un anno viviamo sotto il “regime Covid”. Un nuovo regime di relazioni sociali fatto di perdita del contatto, della fine di ogni festeggiamento, di inaridimento culturale e arretramento democratico. Un regime in cui la tecnologia digitale s’è imposta a tutti i livelli, senza mai mettere in discussione l’impatto ecologico di questo cambiamento. Per Matthieu Amiech, un pensatore di lunga data dello sviluppo delle tecnologie, questo impatto è molto profondo. Già nel 2013, in un’opera collettiva firmata dal gruppo Marcuse (Movimento autonomo di riflessione critica per l’uso dei sopravvissuti dell’economia), metteva in guardia: il titolo era: Libertà in coma – Saggio sull’identificazione elettronica e le ragioni per opporvisi, sulle minacce poste dalla società digitale all’uguaglianza e alle libertà. Oggi è allarmato dalla gestione tecnocratica e autoritaria della pandemia. Coordinatore e co-fondatore di La Lenteur, una piccola casa editrice creata nel Tarn nel 2007, Matthieu Amiech ha pubblicato numerosi testi critici sugli sviluppi tecnologici, da Internet al mondo agricolo, compreso l’energia nucleare, oltre a libri che trattano di anarchismo o ecologia politica.
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Telelavoro, teleconsulti, videoconferenze, click and collect, piattaforme VOD … Il Covid e l’isolamento a cui siamo stati costretti hanno accresciuto il ruolo del digitale nelle nostre vite nell’ultimo anno. Quali tracce lascerà tutto questo?
Non solo le tracce saranno profonde, la questione è chiaramente se stiamo assistendo (o meno) a un cambiamento nella vita sociale.