Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 1347
Autonomia differenziata. La revisione dell’ordinamento statale
di Giovanni Dursi
Il 2 Febbraio 2023 il Consiglio dei Ministri, su iniziativa del Ministro per gli Affari regionali e Autonomie Roberto Calderoli, atta a provocare l’inizio di un inerente procedimento attuativo, ha approvato il Disegno di Legge che codifica l’assetto della cosiddetta “autonomia differenziata”. Il DdL citato si situa nel solco interpretativo dell’art. 116, comma 3, della Costituzione della Repubblica italiana [1], che consente alle Regioni a statuto ordinario interessate di stipulare, sulle ‘materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 [2] e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), intese con lo Stato per l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni di autonomia’.
Questo è il primo di tre interventi che Mentinfuga proporrà, il primo dei quali rappresenta una ricognizione storico-politica a) sulle sollecitazioni che l’ordinamento statale repubblicano ha recepito e subito nel recente passato (fine Novecento) e che oggi (terza decade del XXI secolo) sta registrando e b) sugli esiti, ancora del tutto controversi, che s’intravedono con riguardo alla cosiddetta “autonomia differenziata”.
Seguiranno un articolo di disamina tecnico-giuridica e politica dell’orientamento che l’attuale compagine governativa intende dare all’attuazione della cosiddetta “autonomia differenziata” ed un testo di valutazione finale con particolare riguardo al profilo che risulterebbe significativamente modificato – qualsiasi sia la mediazione raggiungibile tra le subculture politiche che hanno partecipato, tutt’ora confrontandosi, alla revisione del dettato costituzionale in merito – di “cittadinanza”, il cui rango odierno pare soggiacere più ad una logica gerarchica d’assoggettamento dei diversi territori (rif. tipico alla questione del “residuo fiscale” [3] che corrispondere al godimento di diritti in modalità universalistica esprimendo un correlato e consolidato vincolo d’appartenenza allo Stato italiano.
- Details
- Hits: 1657
Il conflitto in Ucraina, il ruolo degli USA e le categorie marxiste dell'imperialismo
di Hervé Baron*
Palermo, Giulio (2022): Il conflitto russo-ucraino. L’imperialismo USA alla conquista dell’Europa, L.A.D. EDIZIONI, Roma, pp. 120, € 13, ISBN: 9791280401151
È una verità universalmente riconosciuta, soprattutto dopo il triennio 1989-91, che la Storia sia finita e che le categorie del marxismo siano state, una volta e per sempre, screditate.
Ebbene, si tratta di una falsa verità, come ben dimostra il libro di Giulio Palermo (d’ora innanzi: l’autore) intitolato: Il conflitto russo-ucraino. L’imperialismo USA alla conquista dell’Europa, e completamente costruito sulla “classica” categoria marxista[1] di imperialismo.
Voglio subito aggiungere che, nella maturazione del mio punto di vista, ho potuto beneficiare, oltre che della lettura del testo, anche di un confronto con l’autore in persona.
Tuttavia, prima di entrare nel merito del testo, vi sono alcune questioni che vanno sviscerate. Innanzitutto, dato che, come ripeteva Althusser, non esistono letture innocenti, voglio dichiarare subito di quale lettura lo scrivente è colpevole: di una lettura anarco-socialista[2].
In secondo luogo, mi preme fare una premessa metodologica. In effetti, come forse anche i lettori si saranno resi conto, stiamo vivendo strani tempi, tempi in cui il dibattito tende ad essere appiattito su prese di posizione che presentano, sempre più, due caratteristiche:
- In primo luogo si tratta di prese di posizione moralistiche, del tipo: noi (che facciamo parte della maggioranza o del mainstream) siamo i “buoni”, gli altri (che fanno parte della minoranza) sono i “cattivi”;
- In secondo luogo si tende, sempre più, all’unilateralità, tra l’altro usando modalità che anche l’autore rileva all’interno del suo libro. Tanto che nel terzo capitolo, per esempio, apprendiamo che:
- Details
- Hits: 1676
Il Manifesto invisibile di Marx
di Alastair Hemmens
Pubblichiamo la prefazione di Alastair Hemmens all’ultima edizione francese del Manifesto contro il lavoro, nella traduzione di Afshin Kaveh. Il Manifesto contro il lavoro è un testo partorito dal Gruppo Krisis ed uscito in Germania la prima volta nel 1999. In seguito è stato ripubblicato in quel paese altre tre volte, l’ultima nel 2019 in occasione del ventennale della prima pubblicazione (è possibile leggere la postfazione di Norbert Trenkle a questa edizione qui).
Tradotto in molte lingue (fra cui appunto quella francese), questo testo uscì in Italia nel 2003 per i tipi di DeriveApprodi. Anche nel nostro paese è in gestazione la sua ripubblicazione, arricchita con altri testi. La nuova edizione apparirà con ogni probabilità entro l’anno, quindi anche in questo caso in occasione del ventennale, però dell’edizione italiana.
Il Manifesto contro il lavoro è da sempre un testo con fortune alterne: amato, odiato, vilipeso o venerato, sembra sfugga le mezze misure. La sua importanza, tuttavia, sia dal punto di vista concettuale che come “provocazione” a fronte delle miserie della sinistra mondiale attuale, non può essere misconosciuta. Lo prova, sia pure indirettamente, l’impatto che ha avuto e sta avendo in Francia, per esempio in occasione degli scioperi in corso in risposta al progetto di aumento dell'età’ pensionabile da parte del governo Macron, scioperi che spesso si sono trasformati in vere e proprie manifestazioni contro il lavoro. Persino un ex-ministro come Luc Ferry si è scomodato, in un paio di articoli apparsi su Le Figaro, ad esprimere un parere un po’ preoccupato sui contenuti del Manifesto e sulla loro diffusione, indicando peraltro alcuni dei “responsabili” di questo “misfatto” (tra cui proprio Alastair Hemmens, l’autore dello scritto che qui presentiamo).
- Details
- Hits: 1831
La guerra è imminente. Fate sentire la vostra voce. Ora!
di John Pilger
Nel 1935, si tenne a New York il Congresso degli scrittori americani, seguito da un altro due anni dopo. Questi congressi chiamarono a raccolta "centinaia di poeti, romanzieri, drammaturghi, critici, scrittori di racconti e giornalisti" per discutere del "rapido sgretolarsi del capitalismo" e dell'incombere di un'altra guerra. Furono eventi elettrici ai quali, secondo un resoconto, parteciparono 3.500 persone e più di mille furono respinte.
Arthur Miller, Myra Page, Lillian Hellman, Dashiell Hammett mettevano in guardia sulla crescita del fascismo, spesso mascherato, e che la responsabilità di parlare spettava a scrittori e giornalisti. Vennero letti i telegrammi di sostegno di Thomas Mann, John Steinbeck, Ernest Hemingway, C Day Lewis, Upton Sinclair e Albert Einstein.
La giornalista e romanziera Martha Gellhorn si schierò a favore dei senzatetto e dei disoccupati, e di "tutti noi sotto l'ombra di una grande potenza violenta".
Martha, che divenne una cara amica, mi disse più tardi, davanti al suo consueto bicchiere di Famous Grouse e soda: "La responsabilità che sentivo come giornalista era immensa. Ero stata testimone delle ingiustizie e delle sofferenze della Depressione e sapevo, come tutti noi, cosa sarebbe successo se non si fosse rotto il silenzio".
Le sue parole riecheggiano nei silenzi di oggi: sono silenzi riempiti da un consenso di propaganda che contamina quasi tutto ciò che leggiamo, vediamo e sentiamo. Vi faccio un esempio.
Il 7 marzo, i due più antichi quotidiani australiani, il Sydney Morning Herald e The Age, hanno pubblicato diverse pagine sulla "minaccia incombente" della Cina.
- Details
- Hits: 1575
Regressione narcisistica
di Salvatore Bravo
La decadenza culturale, politica ed etica dell’Occidente non è scritta negli astri e non è un destino, è storicamente determinabile, ha un nome: il capitalismo nella sua espressione assoluta, ovvero è in atto un processo di abbattimento di ogni vincolo etico e di ogni katecon. La libertà delle merci e del valore di scambio è proporzionale alla libertà dei sudditi che servono il mercato e consentono al capitale di trasformarsi nel substrato che deforma la natura etica e solidale dell’essere umano. La verità della condizione del cliente-consumatore si svela nei gesti quotidiani. Non pochi sono stati i commenti e le polemiche sul selfie al funerale di Maurizio Costanzo della moglie con un fan. La morte sembra sia stata cancellata dal gesto del selfie che ha posto al centro lo spettacolo dei “narcisi” alla ricerca di un attimo di notorietà, mentre il mistero e la tragedia della morte sono state occultate dall’ego che ha invaso lo spazio pubblico cancellando ogni presenza altra. Il narcisismo è il sintomo della patologia del capitalismo, l’essere umano nella trappola del valore di scambio sviluppa una forma parossistica di narcisismo.
Cristopher Lasch ci è di ausilio per comprendere la genealogia del male di vivere. Smitizza il narcisismo al quale si associa l’ipertrofia dell’io sicuro di sé e dotato di un’armatura impenetrabile. Il sociologo americano dimostra che l’ipertrofia cela l’io minimo ridotto ad esoscheletro del logos. Il narcisismo non è affermazione dell’individuo, ma negazione della soggettività. Nel mondo delle ombre del capitale ciò che appare non è la verità, ma il traviamento della stessa.
La natura umana è etica e solidale, il soggetto si forma e si esprime nel riconoscimento dell’altro, nel disporsi verso l’alterità per ritornare su se stesso e conoscersi nella differenza vissuta e sperimentata. Il narcisista occupa lo spazio pubblico con i suoi bisogni immediati, non li media con il logos, pertanto è nella trappola dell’immaturità egoica.
- Details
- Hits: 1740
La guerra capitalista
Francesco Pezzulli intervista a Stefano Lucarelli
In vista della serata del Maggio filosofico del prossimo Giovedì 11/05/2023 pubblichiamo di seguito un’intervista di Francesco Pezzulli a Stefano Lucarelli sul libro “La guerra capitalista”, che ha scritto insieme a Emiliano Brancaccio e Raffaele Giammetti
Nel testo appena pubblicato di cui sei autore insieme ad Emiliano Brancaccio e Raffaele Giammetti (La guerra capitalista, Mimesis, 2022 https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857592336), scrivete che «la guerra capitalista è la continuazione delle lotte di classe con mezzi nuovi e più infernali». Puoi illustrarci i termini della questione e come mai giungete a questa conclusione?
Noi siamo partiti da un fatto: la cosiddetta «legge» di centralizzazione dei capitali in sempre meno mani, originariamente teorizzata da Marx, può essere verificata empiricamente. Se ci pensi si tratta di un tema che è stato sempre messo in secondo piano dagli studiosi contemporanei di Marx, ma che in realtà oggi è molto più rilevante rispetto, per esempio, alle riflessioni sulla caduta tendenziale del saggio di profitto. L’analisi della centralizzazione dei capitali tutto sommato era restata sullo sfondo anche nelle analisi critiche del processo di globalizzazione diffusesi soprattutto nella seconda metà degli anni Novanta. E comunque non era mai stata analizzata con gli strumenti adeguati. Oggi in effetti – come mostriamo nel libro – trova una conferma nei dati. È curioso che l’attenzione su questa «legge» tendenziale e sistemica sia stato posto, dopo la crisi globale del 2007-2008, proprio dagli analisti del mondo finanziario sulle pagine del «Financial Times» o di «The Economist», o persino dagli stessi magnati dell’Alta Finanza, coloro che – per dirla con Warren Buffet – si sentono vincitori della guerra fra le classi sociali.
- Details
- Hits: 1553
La fine di un'epoca
di Greg Godels - zzs-blg.blogspot.com
Come mai il Fondo Monetario Internazionale (FMI), l'Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization - WTO) e la Banca Mondiale, tre delle istituzioni economiche internazionali più prestigiose, prevedono un futuro nero per l'economia globale?
La Banca Mondiale, con toni lugubri, «mette in guardia sulla possibilità di un'imminente "decennio perduto" per la crescita economica».
Nel gennaio di quest'anno, la Banca Mondiale ha ridotto le sue previsioni di crescita per il 2023 all'1,7%, rispetto alla sua proiezione del 3% del giugno 2022. Per collocare questa percentuale in prospettiva, va ricordato che durante l'era della globalizzazione rampante, prima del crollo del 2007-2009, la crescita a livello mondiale era in media del 3,5% annuo. Dopo la crisi il livello medio della crescita si è attestato sul 2,8%. E dopo soli tre mesi dalla sua proiezione di gennaio, la Banca Mondiale prevede un intero decennio di aspettative di crescita ridotte. Come riferisce il Wall Street Journal: «Nel prossimo decennio occorrerà uno sforzo immane in termini di politiche collettive per riportare la crescita ai livelli medi precedenti».
Analogamente, il WTO prevede che il volume del commercio mondiale aumenterà soltanto dell'1,7% quest'anno, rispetto alla crescita media del 2,8% registrata dopo il 2008.
Facendo eco all'allarme lanciato in aprile dalla Banca Mondiale, il FMI ha annunciato le sue peggiori previsioni di crescita a medio termine dal 1990.
In altre parole, tutte e tre le principali organizzazioni internazionali hanno diffuso previsioni negative, per non dire catastrofiche, riguardo all'economia globale.
- Details
- Hits: 1806
Luigi Lodovico Pasinetti
Zanica, 12 settembre 1930 - Varese, 31 gennaio 2023
di Joseph Halevi1
Abstract: L’articolo commemora la vita intellettuale di Luigi Pasinetti, purtroppo scomparso alla fine del mese di gennaio di quest’anno. Vengono presentate e discusse le fasi salienti dei suoi studi e dei suoi contributi scientifici culminati nell’opera Structural Change and Economic Growth pubblicata nel 1981. Nell’articolo si mostra come Pasinetti avesse sviluppato le idee principali che guideranno la sua ricerca già tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta del secolo scorso. In questo contesto viene evidenziata l’importanza dirompente della sua teoria concernente i processi produttivi verticalmente integrati e come questa rappresenti uno sviluppo positivo rispetto ai dibattiti riguardo alla teoria neoclassica del capitale e della distribuzione. Si conclude sottolineando la coerenza tra l’approccio teorico di Pasinetti e la sua filosofia morale incentrata sulla priorità del lavoro sul capitale.
* * * *
Luigi Pasinetti nacque il 12 settembre 1930 a Zanica, un piccolo paese nella provincia di Bergamo. Secondo la biografia scritta da Mauro Baranzini e Amalia Mirante (2018), la perdita prematura nel 1949 della madre, che lavorava come ostetrica ufficiale del paese e che costituiva un’importante fonte di reddito dal momento che l’impresa edile del padre incontrò difficoltà economiche a causa della guerra, costrinse il giovane Luigi a cercare lavoro appena terminate le scuole secondarie. Si iscrisse dunque ai corsi serali della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Cattolica di Milano, da cui si laureò nel 1955 con una tesi intitolata Modelli econometrici e loro applicazione all’analisi del ciclo commerciale.
- Details
- Hits: 1499
La signora delle merci
Breve storia della logistica
di Cesare Alemanni
Fino a marzo 2020 termini come “supply chain”, “filiere”, “catene del valore” circolavano solo tra specialisti. Negli ultimi tempi le cose sono cambiate. Il covid, la guerra in Ucraina e le tensioni sino-americane hanno messo alla prova i sistemi di produzione-distribuzione da cui dipende l’economia contemporanea. Gli effetti sono noti: l’inflazione che sta erodendo il nostro potere di acquisto ha origine dallo sfibrarsi delle catene di approvvigionamento, ancor prima che dalla crisi energetica.
Per questo motivo, ve ne sarete accorti, di recente si parla di supply chain anche al bar. Il dibattito, tuttavia, si è mantenuto sulla superficie delle cose. Non ci si è per esempio chiesti cosa, col tempo, abbia reso le filiere tanto fragili e conduttive per gli shock operativi ed economici. Quali siano i loro presupposti. Quali strumenti, in condizioni normali, ne garantiscano il funzionamento. L’interesse per i problemi delle “supply chain” non si è tradotto in pari curiosità per i temi della logistica. È curioso. La logistica non è solo responsabile del funzionamento delle filiere, è la ragione della loro stessa esistenza. Essa è molto più di un collante materiale delle supply chain e del loro modello socioeconomico (semplificando: la globalizzazione): è il loro orizzonte di possibilità, in senso materiale e concettuale. Già, ma cos’è la logistica?
Se ponessimo questa domanda a cento persone, otterremmo cento diverse risposte. La definizione che provo a fornire nel mio libro La signora delle merci (LUISS University Press, 2023), è che la logistica è una meta-disciplina che si occupa di progettare sistemi di distribuzione di cose – materiali e immateriali – nello spazio.
- Details
- Hits: 1476
Cultura, formazione e ricerca
di Romano Alquati
Nel febbraio del 1990 Romano Alquati è stato invitato dagli studenti della Pantera torinese a confrontarsi con i temi e le questioni poste dal movimento universitario. Alquati, com’era sua abitudine e suo metodo, non si preoccupa di blandire chi l’ha ospitato; al contrario, problematizza e mette a critica le parole d’ordine del movimento, approfondendo nodi politici decisivi legati alla scuola e all’università: dalla formazione al sapere merce, dall’industria della cultura alla soggettività studentesca. All’interno della nostra cartografia dei decenni smarriti pubblichiamo alcuni stralci dell’intervento di Alquati, in quanto importanti elementi di riflessione per analizzare il passaggio tra gli anni Ottanta e Novanta. L’intero confronto, successivamente trascritto e fatto circolare da Velleità Alternative nel 1994, a giugno verrà pubblicato nella collana Input di DeriveApprodi.
* * * *
L’università è degli studenti?
Non credo che i nostri padroni vogliano privatizzare la ricerca universitaria molto più di quanto già non sia. Però, a differenza di voi quando dite «l’università è degli studenti», quando loro dicono «l’università è nostra», secondo me hanno più ragione loro; e soprattutto quando dicono che l’università è del popolo italiano e tanto più di quella parte che non ne fruisce, è come se dicessero che essa è loro perché lo stesso «popolo italiano» è di fatto loro. Perché il popolo lo possiedono parecchio, sebbene non del tutto.
Quella degli studenti sull’università che appartiene a loro è un’affermazione ridicola, buffa, anche come utopia: la scuola non è degli studenti, non c’è nessuna possibilità neanche a medio termine che lo sia.
- Details
- Hits: 2790
Le menzogne sulla pandemia Covid
di Alessandro Pascale
Di seguito la relazione tenuta dal sottoscritto Alessandro Pascale, responsabile nazionale Formazione del Partito Comunista, nell’ambito della scuola popolare di formazione politica Antonio Gramsci. La presentazione è stata fatta a Milano il 16 aprile 2023 presso i locali della cooperativa Antonio Labriola di Milano. È disponibile la registrazione video caricata sulla pagina youtube del Partito Comunista Milano (@pcmilano). Segnaliamo anche, scaricabile in formato PDF, la relazione del prof. Marco Cosentino sugli aspetti medico-sanitari. Seguiranno in un secondo momento le pubblicazioni delle relazioni di Giuseppe Damiani e Andrea Zhok
La relazione che andrò a esporvi è una sintesi del saggio Cause e conseguenze politiche della pandemia covid-19. L’opera, di una cinquantina di pagine è stata pubblicata dal sottoscritto in libera consultazione sul sito Intellettualecollettivo.it il 9 gennaio 2022 e il suo contenuto è stato assunto ufficialmente come punto di riferimento teorico dal Partito Comunista sulla questione pandemica nel IV Congresso, conclusosi lo scorso 26 marzo 2023.
Faccio presente che hanno collaborato in maniera significativa all’elaborazione del testo Alberto Lombardo, diventato recentemente Segretario Generale del Partito e Stefano Cipolloni. Hanno inoltre offerto spunti, pareri e indicazioni anche altri compagni noti per il proprio impegno politico-culturale e le proprie competenze scientifiche e sanitarie.
l Covid esiste? È una pandemia?
Il covid-19 è un virus mediamente più grave di una normale influenza, ma a distanza di 3 anni è lecito parlare di un’emergenza costruita politicamente da parte di un regime totalitario e spietato. Sono riusciti a terrorizzarci con un virus che lascia indenne il 40% degli infettati mentre oltre la metà dei casi ha presentato sintomi lievi che scompaiono dopo pochi giorni in soggetti dotati di un sistema immunitario sano. L‘indice di mortalità è stato particolarmente acuto per le fasce di età superiori ai 60 anni ma l’età media dei decessi riguarda persone di 80 anni circa con diverse patologie pregresse, il che accadeva anche con la vecchia influenza.
- Details
- Hits: 1800
La Democrazia è morta, fate largo alla Infocrazia
di Valerio Pellegrini
Byung-Chul Han: Infocrazia, Traduzione di Federica Buongiorno, Einaudi, Torino, 2023, pp. 88, € 12,50
Byung-Chul Han prosegue il suo discorso critico sulla progressiva dematerializzazione delle nostre vite. Dopo averci spiegato le “non cose” ovvero “come abbiamo smesso di vivere il reale” con Infocrazia analizza l’impatto delle tecnologie digitali sull’agire sociopolitico in un saggio breve ma densissimo. Per il filosofo sudcoreano la scomparsa dei fatti o meglio il dissolvimento di una realtà unica e condivisa in grado di fungere da comune punto di riferimento per una qualsiasi dialettica politica mette a rischio la democrazia. Grazie alle telecomunicazioni e a catene di produzione sempre più leggere il capitale ha potuto parcellizzare, delocalizzare, precarizzare, cancellare quella contiguità fisica che aiutava le parti sociali a organizzarsi. Partendo da qui Han ha saputo costruire il suo discorso raccogliendo diverse ansie sociali e collocandole sul crinale filosofico tra materiale e immateriale.
Si stava meglio quando si stava peggio?
In Infocrazia si proclama l’impoverimento della dialettica politica nelle reti digitali. Il filosofo raccoglie e mette in fila il succo dei discorsi maggiormente critici rispetto all’odierno capitalismo digitale. Creando peraltro un’ottima sintesi. Anzitutto mette in evidenza come la chiave per detenere il potere (oppure per potersi ritenere in qualche misura liberi) si sia spostata, nel corso della modernità, dal possesso dei mezzi di produzione alla possibilità di accedere a informazioni e di muoversi in un regime produttivo in cui “a essere sfruttati non sono corpi ed energie ma informazioni e dati”. Più precisamente:
- Details
- Hits: 2024
L’attacco con i droni al Cremlino è stato veramente una “false flag” russa?
di Paolo Cornetti
I fatti
Mosca, mercoledì 3 maggio, ore 02:27 (locali) del mattino.
La Piazza Rossa è già completamente imbandita a festa in vista delle celebrazioni della Giornata della Vittoria (День Победы – Den’ Pobedy), anniversario della resa incondizionata delle forze naziste.
Gli spalti pronti ad ospitare cittadini ed autorità sono già stati montati e spiccano i colori bianco, blu e rosso della Federazione Russa. Anche il mausoleo che ospita la salma di Lenin è stato coperto da imponenti strutture dalle quali risalta la data del 9 maggio.
Nel silenzio del cielo notturno di Mosca improvvisamente si sente un rumore, un drone vola in direzione del Cremlino e si schianta contro la cupola del Palazzo del Senato (Сенатский дворец – Senatskiy Dvorets) e prende fuoco.
Il Palazzo del Senato, situato nel perimetro interno del Cremlino, è la residenza presidenziale, ma il nome non deve ingannare. Non si tratta né di un luogo adibito ai lavori parlamentari né il luogo dove dorme il presidente Putin (che si trova a Novo-Ogaryovo, nell’ovest della capitale). Il Palazzo del Senato ospita invece tutta l’amministrazione presidenziale, in particolare l’ufficio esecutivo del presidente, posto all’interno della “Sala Ovale”, e stanze per gli incontri di rappresentanza e gli eventi internazionali. L’edificio è situato all’interno di un’area considerata – ovviamente – di estrema sicurezza ed è interdetta al pubblico.
- Details
- Hits: 1180
Fine della corsa...
di "Temps critiques"
Continuità e discontinuità
Come si è detto nei nostri precedenti opuscoli, la lotta contro il decreto pensioni - così come il movimento dei Gilet Gialli, o le lotte contro i cosiddetti «grandi progetti» - rappresenta un imbarazzante ritorno della «questione sociale», e lo fa in un momento in cui i «problemi della società» vengono posti - da parte poteri forti, dai media e da alcuni gruppi di opinione - come se fossero le questioni più urgenti da risolvere. Ma questa riapparizione, oggi sta avvenendo in forme nuove e più varie, e contrariamente a quanto pensano alcuni, queste varie forme di protesta, o movimenti, non costituiscono affatto delle «sequenze» (una parola, che in questo momento sembra essere di moda) in un processo lineare che, da un lato, andrebbe in maniera unilaterale verso un «sempre più»: vale a dire, sempre più sfruttamento e sempre più dominio sugli esseri umani e sulla natura, e verso sempre più repressione (ma anche sempre più «resistenze»); mentre dall'altro andrebbe invece verso un «sempre meno»: sempre meno diritti, sempre meno progresso, sempre meno uguaglianza... A tal punto che – se davvero così fosse - è inevitabile chiedersi cosa mai riesca a far stare in piedi un «sistema» talmente apocalittico. La risposta - per cui si finisce per vedere questa situazione solo come nient'altro che il risultato di un potere che si basa esclusivamente sulla forza delle baionette («lo Stato di polizia») - appare assai povera, politicamente. E di fatto, una simile risposta si riesce a imporre solo se accettiamo il rischio di non tener conto delle situazioni concrete, e di quelle che sono le reali differenze di trattamento da parte delle autorità.
- Details
- Hits: 2820
Marxismo e classe
di Chris Nineham
Parte 1: Perché non vogliono che parliamo di classe
Gli scioperi dell'estate scorsa in Gran Bretagna e l'annuncio da parte di Mick Lynch del RMT (il sindacato dei lavoratori ferroviari, navali e dei trasporti) che «La classe operaia è tornata» devono aver fatto correre un brivido lungo la schiena dell'establishment. Quest'ultimo sperava di aver seppellito definitivamente l'idea di una classe operaia combattiva. Uno dei grandi paradossi degli ultimi quarant'anni è che proprio mentre la società è diventata più diseguale di quanto lo sia stata da un secolo a questa parte, la classe è stata esclusa dal dibattito.
Questo è un risultato per il quale la classe dirigente britannica ha lavorato molto sodo sin dall'inizio del progetto Thatcher. Alfred Sherman, importante consulente dell'allora leader del Tories Margaret Thatcher, tenne una serie di lezioni nel corso degli anni Settanta con l'intento di dimostrare che la classe era «un termine marxista che è privo di significato in qualunque contesto non marxista». La Thatcher fece eco in seguito a queste affermazioni dichiarando che la classe era «un concetto comunista». E Keith Joseph, tra i più intimi confidenti della Thatcher, riteneva che il loro progetto fosse la creazione di una società in cui sarebbe stato possibile affermare «Oggi siamo tutti borghesi».1
Questi temi sono stati ripresi con entusiasmo dall'intero establishment. Nelle università i dipartimenti di studio delle relazioni industriali hanno chiuso i battenti, mentre i business studies sono fioriti. Ormai da molto tempo i giornali hanno licenziato i loro corrispondenti sindacali e si concentrano sulle quotazioni di borsa invece che sulle statistiche sugli scioperi. Ignorando le proprie radici all'interno della classe operaia, ovunque i partiti socialdemocratici hanno abbandonato ogni retorica di classe.
- Details
- Hits: 1852
Storia e democrazia: alcuni nodi cruciali
di Luca Benedini
Spunti vitali per il presente e per il futuro a partire dai complessi rapporti tra antichità comunitaria e patriarcato, tra il democratico “socialismo scientifico” marx-engelsiano e i “marxismi” spessissimo fasulli e autoritari, tra l’attuale società ipercomplessa e lo sguardo di don Milani e del pensiero olistico, con alcune osservazioni di fondo sull’attuale drammatica crisi della “sinistra” e sulle vicende storiche e politico-culturali della filosofia dialettica
I
La tensione storica tra democrazia e società patriarcale
In occasione della traduzione italiana di un’opera di Robert Eisler redatta nell’originale inglese a metà ’900 (Uomo diventa lupo, pubblicata da Adelphi nel 2019), Michelangelo Cianciosi sintetizzava nella rivista Il Senso della Repubblica dell’agosto 2020 una serie di considerazioni storico-antropologiche presentate appunto in quel testo dall’autore austriaco: in particolare, il fatto che sin dalla preistoria umana si trovano ampie ed ineludibili tracce sia di popolazioni pacifiche ed evidentemente ricche di spirito collaborativo sia di popolazioni violente e predatrici. In tal modo – concludeva Cianciosi – «Eisler ci pone in maniera quasi brutale nudi di fronte alla nostra libertà: far parte di una società di competizione spietata e di sopraffazione o costruirne una di rapporti armonici e pacifici è una scelta a portata dell’essere umano, non un destino» [1].
In pratica, quegli apporti di Robert Eisler riformulavano su altri piani osservazioni storiche precedenti come quelle esposte da Lewis Henry Morgan e da Friedrich Engels nella seconda metà dell’Ottocento e, a loro volta, sono stati approfonditi in seguito in varie direzioni soprattutto da autrici come Marija Gimbutas e Riane Eisler e più recentemente da David Reich [2]. Il fulcro della questione sta nel fatto che a partire dalla seconda metà del ’900 si sono moltiplicate le prove archeologiche (e indirettamente paleogenetiche) che indicano in un’ampia parte del continente eurasiatico l’antica presenza – fino solitamente intorno ai 5 millenni fa – di società pacifiche, solidali, non sessiste e non pesantemente classiste.
- Details
- Hits: 1234
Con la Meloni si torna all'euro-austerità
di Leonardo Mazzei
«Altro che sovranismo! Il governo Meloni, già servile verso la politica guerrafondaia degli U.S.A., ubbidisce supinamente anche alle spietate direttive dell’Unione Europea. Con il “nuovo” Patto di Stabilità (leggi austerità) l’Italia entrerà in recessione: più disoccupazione, più precarizzazione, salari sempre più bassi».
Detto in lucchese, “si torna ai santi vecchi”. Vi eravate scordati dell’Europa, o meglio dell’Ue, dei suoi eccitanti numerini e dei suoi simpatici tecnocrati? Tranquilli, sono di nuovo tra noi. Dopo tre anni di purgatorio si torna adesso all’inferno dell’austerità. Alla faccia di quelli che… “stavolta l’Europa ha capito la lezione”. Come no, ci mancherebbe!
A nome della Commissione europea, il nuovo “Patto di stabilità”, versione 2023, è stato presentato nei giorni scorsi dal duo Gentiloni-Dombrovskis, una vera garanzia di cambiamento. Nella loro proposta c’è una certezza ed una minaccia. La certezza è che il volto del mostro eurista non cambia, né ha intenzione di farlo, essendo l’austerità nel suo Dna al pari della sua natura antipopolare. La minaccia è che senza un nuovo accordo entro il 2023, dall’inizio del nuovo anno tornerebbe addirittura in vigore il folle meccanismo del Fiscal compact. Un’ipotesi, quest’ultima, che non dispiacerebbe troppo alla Germania.
A Bruxelles, tuttavia, sono criminali ma non folli. Il Fiscal compact non ha mai funzionato davvero, e non ha funzionato per nulla sulla regola della riduzione di un 5% all’anno della quota di debito eccedente il 60% nel rapporto col Pil.
- Details
- Hits: 1436
Inflazione da profitti o profitti da inflazione?
di Andrea Boitani e Roberto Tamborini
Andrea Boitani e Roberto Tamborini si occupano del rapporto tra inflazione e profitti, distinguendo i casi in cui si realizzano profitti da inflazione da quelli in cui l’inflazione è innescata (anche) da un aumento dei margini di profitto. I due autori sostengono che, quando il caso è quest’ultimo, affidarsi solo alla politica monetaria ha costi troppo elevati in termini di disoccupazione mentre occorrerebbe un accordo generale sulla dinamica dei redditi, accompagnato da incisive politiche pro-concorrenziali e fiscali
L’analisi via via più dettagliata dei dati aggregati, e soprattutto settoriali, relativi all’inflazione post-pandemica – in atto su scala globale dalla seconda metà del 2021 – ha messo in luce una significativa crescita dei margini di profitto. Il fenomeno è presente da tempo nella maggior parte dei paesi avanzati e dei settori produttivi, anche se appare più marcato in alcuni paesi (Stati Uniti e Regno Unito ad esempio) e in alcuni settori (agroalimentare, energetico, costruzioni, ristorazione, turismo). Il grafico tratto da un recente intervento di Fabio Panetta riassume i dati per l’Europa tra il IV trimestre del 2019 e il IV trimestre del 2022. Panetta afferma che “i profitti unitari hanno contribuito per più di metà della pressione inflazionistica interna nell’ultimo trimestre del 2022”, annotando anche che “la resilienza dei profitti cominciò ad essere visibile durante la pandemia, quando vi fu una recessione eccezionalmente profonda con un incremento dei profitti unitari (contrariamente a quanto accaduto nelle recessioni precedenti), mentre il sostegno fiscale assorbiva lo shock economico”.
Come sempre, in presenza dell’andamento congiunto di due variabili, i profitti e l’inflazione, la domanda è se siamo in presenza di un’inflazione da profitti (dove l’aumento dei profitti è una delle concause dell’aumento dei prezzi) o in presenza di profitti da inflazione (l’aumento dei prezzi porta con sé anche un aumento dei profitti). La risoluzione dell’enigma ha, naturalmente, conseguenze importanti, per ragioni distributive, equitative e per l’impostazione di una corretta politica antinflazionistica. Purtroppo, l’enigma è intricato e difficile da risolvere in maniera generale. Qui proviamo a fornire alcuni elementi che possono aiutare a mettere in ordine le idee.
- Details
- Hits: 3184
Il mondo di ChatGPT. La sparizione della realtà
di Giovanna Cracco
Cosa sarà reale nel mondo di ChatGPT? Per i tecnici di OpenAI, GPT-4 produce più false informazioni e manipolazione di GPT-3 ed è un problema comune a tutti gli LLM che saranno integrati nei motori di ricerca e nei browser; ci attendono l’“uomo disincarnato” di McLuhan e la “megamacchina” di Mumford
“Ricevendo continuamente tecnologie ci poniamo nei loro confronti come altrettanti servomeccanismi. È per questo che per poterle usare dobbiamo servire questi oggetti, queste estensioni di noi stessi, come fossero dei.” Marshall McLuhan, Understanding media. The Extensions of Man
Nel giro di breve tempo, la sfera digitale cambierà: l'intelligenza artificiale che abbiamo conosciuto sotto la forma di ChatGPT sta per essere incorporata nei motori di ricerca, nei browser e nei programmi di largo utilizzo come il pacchetto Office di Microsoft. È facile prevedere che, progressivamente, i ‘modelli linguistici di grandi dimensioni' (Large Language Model, LLM) (1) - ciò che tecnicamente sono i chatbot AI - saranno inseriti in tutte le applicazioni digitali.
Se questa tecnologia fosse rimasta circoscritta a utilizzi specifici, l'analisi del suo impatto avrebbe riguardato ambiti particolari, come quello del copyright, o la definizione del concetto di ‘creatività', o le conseguenze occupazionali in un settore del mercato del lavoro ecc.; ma la sua incorporazione nell'intera area digitale investe ciascuno di noi. Quella con i chatbot AI sarà un'interazione uomo- macchina continua. Diventerà un'abitudine quotidiana. Una ‘relazione' quotidiana. Produrrà un cambiamento che avrà ripercussioni sociali e politiche talmente estese, e a un tale livello di profondità, da poterle probabilmente definire antropologiche; andranno a colpire, intrecciandosi e interagendo fra loro, la sfera della disinformazione, quella della fiducia e la dinamica della dipendenza, fino a configurarsi in qualcosa che possiamo chiamare la ‘sparizione della realtà'. Perché gli LLM “inventano fatti”, favoriscono la propaganda, manipolano e traggono in inganno.
- Details
- Hits: 1449
Le quattro fasi dell’era post sovietica
di Fulvio Bellini
Premessa: i tre livelli di lettura de “La fine della storia e l’ultimo uomo”
Nel 1992 venne pubblicato un libro particolare, che immediatamente suscitò un acceso dibattito dividendo il campo tra dichiarati avversari e segreti estimatori: La Fine della storia e l’ultimo uomo di Francis Fukuyama. Nonostante il successo di pubblico, si trattava di un libro dedicato alla classe dirigente occidentale, ed in particolar modo statunitense, celebrativo della “presunta” vittoria, e spiegheremo perché presunta, del cosiddetto mondo libero sull’Unione sovietica e sul blocco del socialismo reale. Negli anni novanta le élite occidentali furono pervase da un autentico delirio d’onnipotenza che Fukuyama ebbe lo spirito cortigiano ma anche un innegabile coraggio di tradurre in un libro allo scopo d’ammantarlo in una nobile veste tessuta di filosofia della storia. Il politologo statunitense, in nome e per conto delle élite occidentali, annunciava “urbi et orbi” che la Storia universale dell’uomo, non intesa come concatenazione cronologica di avvenimenti, ma come movimento complessivo dell’umanità espresso nel termine tedesco di Weltanschauung, era finalmente giunta al suo epilogo. Questa tesi del libro, ma attenzione non l’unica, si concentrava sull’analisi delle ragioni che avevano determinato le sconfitte in tutto il mondo da un lato del “totalitarismo comunista” e dall’altro dei regimi dittatoriali di destra, disfatte che avevano aperto la via, come se le acque del Mar Rosso si fossero nuovamente aperte di fronte a Mosè, all’affermazione mondiale della democrazia liberale e del suo indissolubile “compagno di strada”: il capitalismo del libero mercato. Sottoposto ad una critica marxiana, nel libro di Fukuyama è possibile scorgere tre livelli di lettura: uno che riguarda la distorta interpretazione filosofica della storia degli anni novanta; uno che attiene più propriamente alla delineazione di una ideologia del mondo Occidentale; ed una che individua involontariamente un nuovo ciclo storico.
- Details
- Hits: 1262
Diario della crisi - Crisi, transizione e accumulazione
Il fantasma di Elisabeth Sutherland
di Giovanni Giovannelli
In questa fase di transizione del capitalismo, che conosce la distruzione del fordismo e la finanziarizzazione dispotica dell'economia come strategia di potere assolutamente consapevole da parte delle classi dominanti, la violenza e la guerra diventano forza produttiva e vettore di produzione di plusvalore e di accumulazione di capitale. In questa ottava puntata del «Diario della crisi» - progetto nato dalla collaborazione tra Effimera, Machina-DeriveApprodi e El Salto - Gianni Giovannelli riflette su come la povertà, l'espropriazione e la privazione dei diritti diventino vere e proprie leve di valorizzazione, il cui fine ultimo è quello di togliere ogni autonomia e di mettere fuori legge ogni alternativa per le classi lavoratrici e povere dell'Unione Europea e dell'intero pianeta.
Il testo è pubblicato in contemporanea su Effimera e El Salto, tradotto in spagnolo.
Fury, rage madness in a wind
sweet through America
(William Blake, America, X)
Dentro l’attuale transizione ̶ durante il passaggio, cioè, dal vecchio modo di produzione fordista all’attuale struttura economica finanziarizzata ̶ assistiamo, in sequenza, variegata ma continua, all’attuazione di scelte istituzionali e di decisioni imprenditoriali che concretano un progetto di accumulazione originaria, naturalmente aggiornato e contestualizzato, così da poter essere lo strumento con il quale il nuovo assetto capitalistico intende ottenere un dominio pieno e incontrastato, piegando alle proprie esigenze di profitto gli abitanti di ogni territorio.
- Details
- Hits: 2025
Covid-19: i conti cantano
di Luca Busca
Metodologia
Per l’acquisizione dei dati necessari allo studio è stata utilizzata una sola fonte, l’ISTAT, l’unica abilitata a elaborare questo tipo di informazioni. Sono stati acquisiti i numeri relativi ai decessi dall’anno 2017 al 2022 divisi per fasce di età di cinque anni ciascuna, come indicato nella tabella riassuntiva. Per il 2022 l’Istituto Nazionale di Statistica non ha ancora calcolato la suddivisione in fasce di età. Per tutti gli anni è stato riportato il totale dei decessi e la somma della divisione in fasce. Le due cifre non corrispondono ma dietro la discrepanza non si nasconde alcun complotto. La difformità, infatti, riguarda tutti i sei anni presi in considerazione ed è prodotta, probabilmente, da una diversa modalità di rilevamento dei dati.
Sulla base dei numeri raccolti è stata calcolata la media pre-pandemica (anni 2017, 2018 e 2019) sia delle singole fasce di età sia dei due totali e della differenza tra di essi. Per gli anni 2020, 2021 e 2022 è stato calcolato l’eccesso di mortalità per ogni singola fascia di età (escluso il 2022 di cui non ci sono ancora dati sufficienti), quello dei totali sia in numero di decessi sia in percentuale sull’anno precedente. È stato infine inserito il dato relativo alla popolazione residente, sempre da fonte ISTAT, che ha fatto registrare un calo costante in tutti gli anni presi in considerazione. La diminuzione è dovuta in gran parte alla drastica riduzione delle nascite, compensata solo parzialmente dall’immigrazione. Sulla decrescita della popolazione ha inciso anche l’aumento dei decessi che ha caratterizzato gli anni dal 2020 al 2022. Questo dato è stato utilizzato per calcolare il tasso di mortalità.
- Details
- Hits: 1315
Grande è la confusione sotto il cielo: possiamo essere ottimisti?
di Domenico De Simone
In questi tempi oscuri, la confusione regna sovrana e forse aveva ragione Confucio, che nella confusione vedeva sempre la possibilità per nuove idee di germogliare e crescere rapidamente e nella società umana di progredire verso nuove forme di convivenza. La confusione genera grandi discussioni, scontri, conflitti, contrapposizioni, nelle quali le strutture più solide vengono messe in dubbio e vacillano, e questa è sempre una grande opportunità.
In Occidente da oltre un anno ci raccontano e ci raccontiamo una storia. Il conflitto in Ucraina viene presentato come uno scontro tra la democrazia e l’autocrazia e ci viene detto che è nostro dovere supportare le aspirazioni degli ucraini a far parte del mondo occidentale e ad instaurare una piena democrazia nel loro paese.
E questo supporto si traduce in fornitura di armi e di intelligence contro l’esercito russo che ha invaso l’Ucraina e che, per il solo fatto di averlo invaso, è dipinto come il male assoluto, il nuovo fascismo o peggio il nuovo nazismo, proposto da una dittatura sanguinaria e feroce che ha in animo la restaurazione dell’impero russo e il progetto di dominare su tutta l’Europa, da Vladivostok a Lisbona. Tutti i leader europei ripetono lo stesso racconto che è giusto e legittimo aiutare i resistenti ucraini perché il loro paese è stato invaso dal mostro russo, e che chi invade ha comunque sempre torto e deve essere abbattuto e distrutto. Il Presidente della Repubblica Italiana ripete come un mantra ad ogni occasione che quella russa è stata un’invasione “brutale e non provocata”, contro la quale è giusto difendersi per tutelare i nostri valori democratici.
- Details
- Hits: 1311
L’Italia ha mandato all’aria la più grande riforma strutturale degli ultimi 40 anni
Il fallimento delle politiche di Giorgetti
di Davide Gionco
Da quando esiste l’Unione Europea non fa che ricordarci, un giorno sì e l’altro pure, di attuare le famose “riforme strutturali”. Come “riforme strutturali” sarebbero intesi degli investimenti oculati che consentano di mettere insieme l’equilibrio di bilancio pubblico e la realizzazione di interventi che portino a dei vantaggi economici permanenti per il paese.
Dopo di che la stessa Unione Europea, da sempre, propone e impone (si noti il numero di raccomandazioni ai vari paesi dal 2011 al 2018) delle “riforme” che hanno dimostrato di non sortire questi risultati, come privatizzazioni e tagli dei servizi pubblici, della sanità, del sistema pensionistico. Queste riforme in realtà ingrassano gli incassi degli investitori finanziari che operano in questi settori, sistematicamente a spese dei cittadini, che si ritrovano con servizi di peggiore qualità e più costosi.
È purtroppo noto che a Bruxelles operano 12’500 lobbisti registrati ufficialmente, più molti altri che operano in modo non ufficiale. Oltre a questi ci sono quelli che operano a Francoforte, sede della BCER. Tutti questi lobbisti operano con lo scopo di portare vantaggi all’organizzazione che rappresentano, mentre evidentemente i cittadini non dispongono di lobbisti che rappresentino i loro interessi.
- Details
- Hits: 1815
L’autismo occidentale
di Enrico Tomaselli
L’autismo (dal greco αὐτός, aütós – stesso) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca comportamenti ripetitivi. In un certo senso, questa definizione ben si attaglia al comportamento degli USA – e quindi dei vassalli del NATOstan – sulla scena internazionale. Con l’accendersi del conflitto in Ucraina, questo autismo ha raggiunto nuove, pericolosissime vette.
In un certo senso, questa definizione ben si attanaglia al comportamento degli USA – e quindi dei vassalli del NATOstan – sulla scena internazionale, ma sicuramente con l’accendersi del conflitto in Ucraina questo autismo ha raggiunto nuove, pericolosissime vette.
* * * *
L’ombelico del mondo
Gli Stati Uniti hanno immaginato, teorizzato, perseguito ed infine realizzato il sogno di un dominio globale a partire da un’idea di eccezionalità (auto attribuita), la quale, a sua volta, si traduce nel famoso destino manifesto (1). Tale propensione ha trovato il suo coronamento nel 1945, con la vittoria nella seconda guerra mondiale, per poi raggiungere il suo apice nel corso della guerra fredda. Ovviamente, nel corso di questa lunga traiettoria politica, l’élite statunitense – e di riflesso la popolazione del paese – ha maturato la crescente convinzione che il proprio successo globale fosse la controprova della propria titolarità ad ottenerlo. Coerentemente con lo spirito dell’etica protestante-capitalista (2), negli States ha preso forma una vera e propria ideologia suprematista, il cui fondamento culturale è la convinzione di incarnare l’ideale di giustizia.
Page 117 of 612