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laboratorio

Meloni a stelle e strisce

di Fabio Nobile

Le posizioni dell’Italia sulle questioni internazionali palesano la chiara scelta di campo del Governo di adesione acritica agli indirizzi portati avanti dagli Stati Uniti. Non parliamo di aderenza alle decisioni dell’attuale amministrazione americana ma proprio degli Usa. La Meloni è passata con invidiabile scioltezza da Biden a Trump. Probabilmente perché tutte le loro scelte, con diverse declinazioni, trovano nella volontà di ribadire il dominio del dollaro e della potenza americana il vero elemento di convergenza. La disdetta dell’accordo sulla “Via della Seta” del governo italiano del dicembre 2023 è un suggello simbolico di tale posizionamento. Dal dominio del dollaro dipende l’argine all’inarrestabile ascesa della Cina e delle potenze che con essa dialetticamente tendono a connettersi da un punto di vista strategico. Il filo atlantismo, inoltre, per il Governo Meloni ha anche la funzione di utilizzare l’alleato americano per provare a “contare” nella dialettica sempre più divergente tra i paesi europei.

I sovranisti in salsa amatriciana sono ispirati, quindi, nella difesa degli interessi nazionali dalla convinta collocazione dell’Italia in quel campo senza sé e senza ma. Quel campo, però, continua a scricchiolare sotto i colpi di una crisi generale su cui ogni potenza cerca di scaricare anche sugli “amici” i costi. I dazi al 30% e il dollaro

debole porterebbero per l’Italia, secondo Confindustria, una riduzione delle vendite in Usa del 58%. Sarebbe un tracollo. La Lega evidenzia che la colpa dei dazi americani è della Germania e, su questo, non ha tutti i torti. Il vero obiettivo della scelta dei dazi, che probabilmente si dinamizzerà in una trattativa differenziata tra Paesi Ue e Amministrazione Trump, nasce proprio dall’esigenza americana di arginare il pericoloso binomio tra debito commerciale e quello pubblico. In Europa il Paese contro cui sono rivolti i dazi è in primo luogo la Germania già messa a dura prova dalla guerra in Ucraina, con cui ne è stata spezzata l’ambizione di svolgere un ruolo economicamente baricentrico tra Usa e Cina anche grazie alle risorse energetiche a basso costo provenienti dalla Russia.

Si vedrà l’evoluzione delle continue serpentine a cui, anche su questo terreno, ci ha abituato Trump ma anche qui il Governo italiano sembra sbilanciato verso gli Usa come leva non secondaria nel gioco di forze con i Paesi Europei.

Senza dubbio l’accettazione passiva del 5% del Pil per le spese militari ha la stessa origine. Seppure è inverosimile si arrivi mai a tale cifra la spinta ha un duplice motivo, il primo accontentare il gigante americano che vede nelle armi un pezzo fondamentale del proprio rilancio commerciale e industriale, il secondo assecondare il furore bellicista che sta contagiando l’occidente quale via principale per l’uscita dalla crisi. Le conseguenze di tali scelte potrebbero essere nefaste. Una Germania armata fino ai denti, così come la Francia non preannunciano nulla di buono per il futuro neanche troppo lontano. Le armi una volta prodotte bisogna usarle e l’Europa nel Novecento è stato il campo di battaglia per eccellenza.

Dentro tale quadro si delinea il posizionamento del governo sui principali dossier di politica estera. Dal sostegno a Zelensky e all’Ucraina all’ignobile, vergognoso silenzio sulla situazione a Gaza e in Palestina.

La Palestina merita un discorso a parte. La politica di sterminio che Israele sta perpetuando non può non collocarsi nello scacchiere di scontro globale e in esso l’Occidente, Italia compresa, con la sua apparente impotenza sta di fatto prendendo parte. Il criminale messaggio giustificatorio dei media su quanto sta avvenendo è dentro la logica di campo in cui, e questo è un elemento che va chiarito, per le potenze occidentali è democrazia tutto ciò che sta dalla sua parte mentre non è democrazia tutto quello che o si oppone o cerca una strada di non allineamento. È sempre stato così, ma l’abominio di Gaza e il campo di concentramento che ormai è diventata è un salto di qualità.

Per l’Ucraina la fanfara dell’occidente scandalizzato dall’invasione russa ha squillato senza sosta, per la Palestina al massimo si sono ascoltate, dopo tre anni e il recente bombardamento di una chiesa cristiana, alcune parole di timida condanna.

Probabilmente se questo massacro avrà un senso nella storia sarà quello di aver denudato ogni ipocrisia sulla presunta superiorità morale dell’occidente che si auto alimenta dal secondo dopoguerra.

In poche parole, il Governo italiano è in politica estera lì dove è sempre stato negli ultimi trent’anni, a parte qualche breve eccezione, seppure il mondo non sia più da tempo quello di trent’anni fa.

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Comments

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marku
Wednesday, 30 July 2025 07:15
questo atteggiamento mentale
e di conseguenza comportamentale
è l'altra faccia del sovranismo
dove sul monte di cazzate
di genia e confini
si rotola infine
a cercare un potente alleato
che difenda
quel che lorsignori
chiamano patria
finendo così
nel ruolo
di servo della gleba
che poi è
il ruolo preciso
che ha sempre occupato
ed ostinatamente cercato
il (neo)fascista
e l'elites €uorpeista

CHE VIVA ROBESPIERRE
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