Cento anni di Pci. Riflessioni aperte
di Roberto Fineschi
La crisi e l’ingloriosa fine del Pci sono dipese da trasformazioni storiche epocali del modo di produzione capitalistico; mancarono allora e mancano oggi risposte intellettuali e pratiche all’altezza delle sfide da affrontare. Individuare le semplificazioni teoriche su cui quella politica si basava è un primo necessario passo per cercare risposte alternative
Se ha ancora senso continuare a dirsi comunisti, cercare di trasformare il mondo per renderlo più giusto, libero, vivibile, le ragioni di una lotta non si possono limitare alla difesa della propria sopravvivenza o a un astratto senso di umanità o al disgusto per il sopruso. A questo fine sembra che oggi sia di nuovo necessario fare il fatidico passaggio dall’utopia alla scienza, o meglio raffinare la nostra scienza. A dispetto di quanto possa pensare il senso comune, infatti, anche la scienza si muove, cambia, sia soggettivamente che oggettivamente: non solo si capisce sempre di più e in forme rinnovate, ma anche l’oggetto della conoscenza si modifica, ha una storia e con lui la nostra comprensione di esso. Anche il modo di produzione capitalistico ha una sua storicità e quindi la comprensione che ne abbiamo deve adeguarsi alle sue fasi. Questo non significa che quanto si credeva prima fosse sbagliato, ma che diventa parte di sviluppi più complessi. Il mancato adeguamento è stata, credo, una delle concause della crisi profonda del marxismo e dei partiti che a esso si ispiravano. Il Pci non ha fatto eccezione.
Che cos’era diventato il marxismo-leninismo del Pci? Procedendo in maniera estremamente schematica e inevitabilmente approssimativa, si possono forse individuare alcuni punti chiave:
1. la classe operaia come soggetto antagonista; l’idea della tendenziale polarizzazione sociale in operai contro capitalisti;





Quale soggettività restituire? Basaglia e Foucault


In un recente articolo su Jacobin Marco Palazzotto (PALAZZOTTO 2019), ha ricordato, in occasione del centenario della morte di Rosa Luxemburg, il fondamentale contributo alla critica dell’economia politica della rivoluzionaria polacca. In particolare, l’autore si sofferma sulla domanda che emerge chiaramente nel libro L’accumulazione del capitale (LUXEMBURG 1913): da dove proviene la domanda continuamente crescente che sta alla base del progressivo allargamento della produzione capitalistica nello schema di Marx (esposto nel secondo libro del capitale)? In questo scritto si prova a fornire uno schema di produzione allargata molto diverso, anche se ispirato, da quello di Marx e che integra, in modo originale, alcuni aspetti del contributo fornito da Augusto Graziani con la Teoria del Circuito Monetario (GRAZIANI 2003). Tale schema permetterà di rispondere alla questione sollevata dalla Luxemburg mostrando come un sistema ‘puramente’ capitalistico possa in effetti, sebbene solo casualmente, generare la domanda di merci prodotte in regime di accumulazione. Ad ogni modo, questa possibilità non mette assolutamente il sistema al riparo da crisi ricorrenti, allontanabili solo con una continua e crescente creazione di mezzi monetari, che però espone il sistema stesso all’innesco ricorrente di bolle speculative, a un aumento esponenziale delle diseguaglianze distributive e al rischio di ulteriori crisi. Il lavoro è articolato come segue: nel primo paragrafo verrà esemplificato lo schema di riproduzione allargata di Marx.
Anche se per molti versi il comunismo moderno si distingue profondamente dai vari “comunismi” precedenti è pur vero che, per altri versi, ne costituisce lo sviluppo.
Davanti alla sede della borsa di New York, a Wall Street, vi è una grande statua di bronzo che raffigura un toro nerastro, testa bassa, sguardo feroce. Quel toro – scrive Carlo Formenti nel suo ultimo lavoro che compendia e rilancia, ridiscutendola, la laboriosa riflessione che ha svolto negli ultimi anni
La lunga fase di declino economico dell’Italia si può sintetizzare nella “legge del meno uno”: dal 1995 in poi, l’economia cresce ogni anno (in media) un punto in meno dell’insieme dell’Eurozona. In questo deludente risultato quale ruolo svolgono gli investimenti? Per rispondere a questa domanda l’articolo sottopone a un’analisi di lungo periodo (1995-2019) l’indebolimento della funzione di investimento dell’economia italiana. L’analisi empirica è anzitutto comparativa con altri paesi europei, in termini sia di crescita del volume degli investimenti, sia dell’incidenza sul Pil, sia degli effetti sulla crescita. In tutti i casi si conferma il continuo peggioramento relativo della situazione italiana. Un altro aspetto di rilievo è quello della comune tendenza prociclica alla riduzione in rapporto al valore aggiunto degli investimenti pubblici e privati, con un più forte ridimensionamento di quelli pubblici. Nel caso del settore pubblico la riduzione è legata alle politiche di austerità che, in un paese caratterizzato da una spesa corrente elevata, hanno investito in misura crescente la spesa in conto capitale. In quello del settore privato si riscontra invece la compresenza di ragioni opposte: da un lato l’indebolimento della maggioranza delle imprese ad opera delle sfide tecnologiche, di apertura dei mercati globali e della moneta unica; ma dall’altro la creazione di un ambiente interno particolarmente se non eccessivamente favorevole, non solo in termini di costo del denaro e del lavoro (diretto e indiretto), ma anche di politiche contributive e fiscali attuate da governi di varia coloritura politica. In questa situazione, nonostante le fortissime perturbazioni che attraversano il periodo, il saggio di profitto in rapporto al valore aggiunto si è fortunatamente dimostrato notevolmente stabile e resiliente.

Karl Marx, nella sezione VI del libro primo del Capitale [1], dedicata al salario, inserisce il capitolo 19 sul salario a cottimo. È interessante seguire alcuni passaggi perché certi contenuti sono riferibili non solo a questa specifica forma di retribuzione ma anche più in generale a una specifica forma del rapporto di lavoro e a una modalità lavorativa di grande attualità.
Il Congresso ha dunque certificato la vittoria di Joe Biden che il 20 di questo mese, dopo il giuramento, sarà in office assieme alla sua vice, Kamala Harris.
Circa un anno fa, su “Historia Magistra”[1] ho cercato di presentare al lettore italiano lo stato filologico corrente del testo noto come Ideologia tedesca dopo la sua ri-pubblicazione nella nuova edizione storico-critica[2]. Gli editori della MEGA2, provocatoriamente, hanno dichiarato che il testo non esiste e questo ovviamente ha dato adito a discussioni e dibattiti perché nella ricezione grande peso è stato dato a questo testo come luogo di origine del “materialismo storico”. A mio modo di vedere, le dichiarazioni degli editori sono fattualmente vere, ma presentano il rischio di fuorviare la comprensione effettiva di che cosa fosse quel testo per gli stessi Marx ed Engels. Riprendo qui alcune delle conclusioni che avevo svolto nel suddetto articolo che sintetizzano il discorso. In una prima parte spiego in che senso gli editori della MEGA hanno sicuramente ragione; in una seconda cerco però di chiarire i rischi che si corrono prendendo troppo alla lettera le loro affermazioni. I fatti sono:
Oggi, nell’epoca del Covid, assistiamo a una medicalizzazione della società pervasiva e diffusa. Lo sguardo medico si allarga sempre di più a vasti strati della società, si intreccia in modo inestricabile con la politica e con le forme di controllo e di polizia. Lo sguardo medico, sotto il nome di “Comitato tecnico scientifico”, decide se e come i cittadini possono esercitare le proprie libertà e i propri diritti. Estendendosi in modo diffuso nei più svariati media, dai social agli organi di informazione, esso finisce per confondersi con la dimensione spettacolare che agli stessi media è sottesa. Medici e virologi popolano in modo pervasivo, ormai, i telegiornali, le discussioni, i salotti televisivi. Dominando territori in cui la politica non riesce ad arrivare, lo sguardo medico si trasforma in un vero e proprio organo di potere: per mezzo dei numeri, dei conteggi, delle statistiche enunciate quotidianamente, in forma spettacolare, su quegli stessi media, esso domina le menti e i corpi degli individui generando ora ansie e paure, ora conforto e sollievo. Il potere politico tace e lascia la parola alla medicina, la quale possiede un potere che, nella mentalità collettiva ormai digitalizzata, assume valenze taumaturgiche quasi come i “re taumaturghi” di cui ha scritto Marc Bloch, che dominavano le mentalità e i corpi degli individui. L’attuale medicalizzazione diffusa assume indubitabili connotazioni bio-politiche: essa, infatti, appare strettamente connessa a un controllo sempre più serrato e pervasivo della popolazione.
Ascoltato in un talk show su La 7 dedicato all’assalto a Capitol Hill: l’ineffabile Veltroni rilancia il detto (del cui copyright non ricordo in questo momento il detentore) secondo cui l’assalto al Parlamento di Washington starebbe al populismo come la caduta del Muro di Berlino sta al comunismo, nel senso che entrambi gli eventi segnerebbero il culmine di una parabola, inaugurandone al tempo stesso l’inevitabile curva discendente. Dopo l’articolo di Aldo Cazzullo, che qualche giorno fa si è avventurato a celebrare l’inizio di una fase di “normalizzazione”, questo è un secondo esempio degli sforzi con cui le élite occidentali si impegnano a sostituire le loro speranze alla realtà.
E’ certamente difficile scrivere nell’immediato per spiegare quanto è accaduto il 6 gennaio al centro dell’impero occidentale. Ma alcune considerazioni si possono trarre fin da ora, naturalmente cercando di andare oltre le vuote formule democraticistiche espresse dai media internazionali e nazionali e, soprattutto, andando oltre la parziale spiegazione dei fatti attribuiti ad un unico deus ex machina: il presidente ancora in carica, anche se è ormai difficile capire per quanto tempo, Donald Trump.



Dopo sette anni di negoziati, Cina ed Unione Europea concludono un accordo sugli investimenti, a poco più di tre settimane dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.
Ci sono anni simbolici, nei quali passa la storia e che restano nella memoria come spartiacque. Possiamo annoverare tra questi il 1914, il 1917, il 1929, il 1934, il 1939, la grande tragedia del novecento, e, insieme, la grande promessa di liberazione. Dopo abbiamo il 1945, il 1968, il 1978, l’ampliarsi della promessa, la crescita, la liberazione del terzo mondo, la riduzione delle ineguaglianze in occidente, il grande ciclo di lotte operaie nella secolare continuità con quello ottocentesco. E poi le date del riflusso, il 1980, 1989-1991, 1992 (Maastricht), 1999 (Euro), 2001 (la Cina nel Wto). Le date della crisi, 2007, 2012, 2018.
Il mondo delle criptovalute è entrato nelle dinamiche economiche prima come una curiosità, poi come un mezzo per speculazioni (o fregature) eccezionali, fino a diventare una minaccia importante per le monete ufficiali, dietro cui c’è uno Stato o un insieme di Stati.
“Il capitale nel XXI secolo” è uno dei libri più importanti dell’economista francese Thomas Piketty. La maggior parte dei commenti al libro di Piketty finiscono per associarlo, in qualche modo, con l'altro Capitale, di Karl Marx, trovando 
I
Ogni fatto tragico come l’uccisione di una persona pone degli interrogativi sulla irrazionalità del genere umano, più è efferato un crimine e maggiori sono le domande: perché? Ma l’uccisione di Gudeta, una donna etiope di 43 anni, rifugiata da un paese ex colonia italiana e imprenditrice nel paese, un tempo colonizzatore, pone qualche domanda in più, in modo particolare perché chi l’ha uccisa è Suleiman Adams, un uomo nero ghanese immigrato in Italia, che lavorava alle sue dipendenze.
«Essi [gli operai] debbono spingere all’estremo le misure proposte dai democratici (…) e trasformarle in attacchi diretti alla proprietà privata. Così ad esempio (…) se i democratici proporranno l’imposta proporzionale, gli operai proporranno l’imposta progressiva; se i democratici proporranno essi stessi una imposta progressiva moderata, i lavoratori insisteranno per una imposta così rapidamente progressiva che il grande capitale ne sia rovinato; se i democratici reclameranno che si regolino i debiti di stato, i proletari reclameranno che lo stato faccia bancarotta. Le richieste degli operai dovranno sempre regolarsi sulle concessioni e sulle misure dei democratici.» [K. Marx – F. Engels, Indirizzo del Comitato Centrale alla Lega dei comunisti, marzo 1850 – in K. Marx, Opere. Lotta politica e conquista del potere, Ed. Riuniti, p. 425.]
Una lettura più attenta rivela l’impossibilità di distinguere, sia pure idealmente, quelle che sono le componenti fondamentali del genio di Dante: la serietà e grandiosità, incorporata in un fermo disegno strutturale, del proposito etico e, dall’altra parte, una straordinaria plasticità di invenzioni figurative e una prodigiosa fertilità di risoluzioni stilistiche e verbali.

































