Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

italiaeilmondo

Un appello all’azione: Lezioni dall’Ucraina per le forze armate del futuro

di Katie Crombe & John A. Nagl

libera il futuro quindici lezioni dal d.jpgTraduciamo questo recentissimo articolo di due studiosi dell’U.S. Army War College, apparso nel numero di autunno del trimestrale dell’istituzione accademica dell’Esercito statunitense, “Parameters”.

Un anno fa, nell’autunno del 2022, lo United States Army Training and Doctrine Command ha incaricato un piccolo gruppo di studiosi di seguire il conflitto russo-ucraino, dividendosi le principali aree di studio. Gli articoli specifici ad esse dedicati usciranno in futuro.

Questo che presentiamo è un articolo che riassume ed evidenzia i più rilevanti risultati di quegli studi. È difficile sottovalutarne l’importanza, perché in estrema sintesi, gli studi raccomandano un’urgente e radicale riforma strutturale dell’Esercito degli Stati Uniti, comprensiva di un passaggio da una forza esclusivamente volontaria – come sono oggi tutte le forze armate NATO – al ritorno un reclutamento fondato sulla leva obbligatoria parziale.

Quest’ultima raccomandazione consegue alla valutazione dell’elevatissimo livello di perdite che subirebbero le forze NATO in un conflitto analogo a quello in corso in Ucraina, che il capitolo a ciò dedicato prevede in 3.600 perdite al giorno, ossia più di 100.000 perdite al mese.

Nella IIGM, le FFAA statunitensi subirono un totale di 405,399 morti, di cui 291,557 in battaglia, e 670,846 feriti, v. https://dcas.dmdc.osd.mil/dcas/app/summaryData/casualties/principalWars

Buona lettura. Roberto Buffagni

* * * *

Print Friendly, PDF & Email

italiaeilmondo

Il disadattamento delle élite occidentali

Intervista a Roberto Iannuzzi

incomprensione 420x280.pngIl sito italiaeilmondo.com ha iniziato a rivolgere quattro domande a Aurelien[1], e continua a proporle, identiche, a diversi amici, analisti, studiosi italiani e stranieri. Oggi risponde Roberto Iannuzzi, che ringraziamo sentitamente per la sua gentilezza e generosità. Roberto Iannuzzi è stato ricercatore presso l’Unimed (Unione delle Università del Mediterraneo). Il suo ultimo libro, Se Washington perde il controllo. Crisi dell’unipolarismo americano in Medio Oriente e nel mondo, è uscito nell’aprile 2017. Qui il collegamento con la raccolta di tutti gli articoli sino ad ora pubblicati [Giuseppe Germinario, Roberto Buffagni].

 * * * *

1) Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori politico-militari occidentali nella guerra in Ucraina?

Per comprendere quali sono state le ragioni degli errori occidentali (e bisogna distinguere quelli americani da quelli europei) nella crisi ucraina, è necessario partire da una premessa: l’Occidente attraversa una profonda crisi politica, economica, sociale e culturale, il cui spartiacque è rappresentato dal tracollo finanziario del 2008. Se l’11 settembre aveva segnato la crisi “culturale” (se mi si passa il termine) della globalizzazione nell’era unipolare americana, allorché l’omogeneizzazione senza precedenti imposta dal modello globalizzato occidentale aveva ceduto il passo alla logica dello “scontro di civiltà”, il tracollo finanziario del 2008 ha fatto emergere le gravi crepe presenti nelle fondamenta economiche di tale modello. Gli americani escono da quella crisi non solo con una credibilità a pezzi – agli occhi soprattutto del mondo non occidentale – riguardo al loro sistema finanziario ed al modello di globalizzazione da essi propagandato, ma anche con due guerre enormemente dispendiose e fallimentari alle spalle, in Iraq e Afghanistan.

Print Friendly, PDF & Email

giubberosse

Come combatterà la NATO

di Enrico Tomaselli

La direzione in cui sta evolvendo la dottrina militare statunitense – e quindi della NATO – in vista dei nuovi confronti militari per i quali si sta attrezzando, serve a dare un'idea non solo delle strategie geopolitiche perseguite, ma anche di come queste impatteranno sulle società occidentali. Oltre a mostrare tutti i limiti del pensiero strategico nel declinante impero

000 1OA66Z 0Già qualche anno addietro, il Pentagono ed il Dipartimento della Difesa si erano posti il problema di aggiornare la dottrina operativa militare statunitense, poiché quella in uso (l’AirLand Battle) risaliva agli anni ‘80; ed era “ormai ben oltre la sua data di scadenza” [1]. L’esperienza della guerra in Ucraina, a cui i comandi USA partecipano pienamente a livello strategico, e dalla quale traggono informazioni dirette a livello tattico, ha reso ancora più evidente questa necessità. Capire come questa trasformazione si stia orientando, quali lezioni abbia tratto del conflitto in corso, può in qualche misura aiutare a comprendere molto altro, rispetto a quelle che saranno le guerre future che impegneranno le forze armate NATO, e quindi le strategie geopolitiche di Washington.

Fondamentalmente, l’idea su cui si sta fondando il nuovo Joint Warfight Concept (Concetto di Combattimento Combinato) rappresenta una prima, radicale rivoluzione concettuale. Se, infatti, a partire dalla fine della guerra fredda la dottrina strategica americana è sempre stata basata sulla prospettiva di guerre asimmetriche (contro avversari tecnologicamente ed industrialmente assai più deboli), concretizzando così l’impostazione ideologica degli USA come polizia mondiale, adesso il JWC viene esplicitamente concepito in funzione di guerre simmetriche, contro un avversario di pari potenza e capacità [2]. Per converso, sembra permanere un vizio ideologico-culturale, ovvero la presunzione di una propria indiscutibile superiorità, che si manifesta sia esplicitamente, sotto forma di dichiarazioni ufficiali (“superiamo gli avversari grazie a un pensiero, a una strategia e a una manovra superiori”, “l’unico vantaggio che non potranno mai smussare, rubare o copiare, per quanto ci provino, perché è insito nel nostro popolo, è l’ingegno americano” [3]), sia implicitamente, nell’insistere su un modello di warfare tecnologico – mostrando in questo di non aver appreso appieno la lezione ucraina.

Print Friendly, PDF & Email

officinaprimomaggio

Il gran bazar della guerra

di Carlo Tombola

1 1536x1022.jpegIl governo ucraino, guidato da Volodymyr Zelensky, ha utilizzato i fondi dei contribuenti americani per pagare a caro prezzo il carburante diesel, di vitale importanza nella guerra con la Russia. Non si sa quanto il governo Zelensky paghi per ogni gallone di carburante, ma il Pentagono pagava fino a 400 dollari al gallone per trasportare benzina da un porto del Pakistan, tramite camion o paracadute, all’Afghanistan durante la decennale guerra americana.

(Seymour Hersh, Trading with the enemy, 12.4.2023)

Così come non sono stati i malumori dei contribuenti americani a chiudere una guerra di vent’anni in Afghanistan, così probabilmente non saranno le decine di miliardi già bruciati in diciotto mesi di guerra a riportare la pace in Ucraina. Al contrario, il fiume di denaro immesso nel complesso militare-industriale, su tutt’e due le sponde dell’Atlantico, ha portato una concordia generale tra politici, giornalisti, imprenditori e anche – con rare eccezioni – lavoratori.

Forse gli entusiasmi guerreschi sarebbero un po’ attenuati se Stati Uniti e alleati rischiassero e perdessero sul campo i propri soldati. Il Vietnam costò agli americani 60.000 morti, l’Afghanistan 2.400, l’Iraq 4.500, ma in Ucraina sembra che gli “alleati” possano fare una guerra azzerando i costi umani, per interposti combattenti. Almeno per ora, perché il destino dell’enclave russa di Kaliningrad sta agitando i falchi di Polonia, Finlandia e paesi baltici, in cerca di storiche rivincite, con il rischio di dare fiato alle rivendicazioni dell’estrema destra tedesca sulla Prussia orientale.

A compensazione del sacrificio ucraino in corso, la “comunità internazionale” – cioè gli Stati Uniti e i loro alleati – si sta accollando un illimitato sostegno economico.

Print Friendly, PDF & Email

italiaeilmondo

Il disadattamento delle élite occidentali

intervista a Jacques Sapir

incomprensione 420x280.pngIl sito italiaeilmondo.com ha iniziato a rivolgere quattro domande a Aurelien[1], e continua a proporle, identiche, a diversi amici, analisti, studiosi italiani e stranieri. Oggi risponde Jacques Sapir[2], che ringraziamo sentitamente per la sua gentilezza e generosità. Anche per il testo di Sapir pubblicheremo le versioni in inglese e francese. Qui il collegamento con la raccolta di tutti gli articoli sino ad ora pubblicati [Giuseppe Germinario, Roberto Buffagni].

* * * *

1) Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori politico-militari occidentali nella guerra in Ucraina?

Questi errori sono di vario tipo. Innanzitutto, ci sono errori di natura “tecnica”, legati a un’incomprensione dei dati o della loro natura. Ad esempio, l’affermazione spesso ripetuta che il PIL della Russia fosse più o meno uguale a quello dell’Italia o della Spagna derivava da una mancanza di comprensione – comune a politici e giornalisti – delle statistiche e del loro utilizzo. Quando si confrontano due economie, è importante utilizzare il PIL calcolato in termini di parità di potere d’acquisto (PPA), perché altri metodi sono altamente distorcenti. Questo ha portato a una sottostima del PIL russo (che in realtà oggi è più alto di quello tedesco) e quindi a un grave errore di valutazione sulla capacità della Russia di far fronte sia alla guerra che alle sanzioni occidentali. Allo stesso modo, sono stati commessi errori “tecnici” sulla capacità dell’industria russa di produrre un gran numero di armi e munizioni.

Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

I BRICS, l'Occidente, la guerra

di Leonardo Mazzei

BRICS sollevazione.jpgSi fa presto a dire Brics. Ma cosa sono, perché esistono, cosa produrranno? Sulle risposte a queste tre domande permane ancora tanta confusione. E nella confusione sguazza pure il complottismo.

Sul XV vertice dei Brics, che si è tenuto recentemente a Johannesburg, si è detto e scritto di tutto. Qui cercheremo soltanto di capire qual è stato il suo vero significato politico, a partire dalla storica decisione di aprire le porte ad altri sei paesi: Arabia Saudita, Iran, Argentina, Egitto, Emirati Arabi ed Etiopia.

Innanzitutto, i Brics non sono un’organizzazione in senso stretto. Nati in opposizione al dominio occidentale, all’inizio il loro modello di funzionamento era abbastanza simile a quello degli avversari del G7. Ma mentre quest’ultimo riunisce le maggiori potenze economiche dell’occidente (un tempo effettivamente le più grandi del pianeta), i Brics nascono nel 2006 per raggruppare le cosiddette “economie emergenti”. In quell’anno il Brasile, la Russia, l’India e la Cina decidono di costituire un “coordinamento diplomatico informale”. Nel 2009, al primo vertice tra questi paesi (il Sudafrica si unirà solo nel 2010), verrà esplicitato lo scopo fondamentale dell’associazione, quello di perseguire “un nuovo e più equo ordine mondiale multipolare”.

In queste poche parole c’è già l’essenza fondamentale dei Brics (il chi sono), mentre nel persistente unipolarismo del blocco occidentale Usa-Nato c’è la ragione del loro associarsi (il perché esistono). Quel che produrranno in futuro (la nostra terza domanda) ce lo dirà invece solo la storia, ma l’impressione è che si tratterà di una storia molto, ma molto interessante.

Print Friendly, PDF & Email

italiaeilmondo

Destinata a fallire

di John J. Mearsheimer

soldati ucr dep 646599852.jpgTraduciamo questa lunga, accurata, equilibrata analisi John Mearsheimer, corredata da un ampio apparato di note. Come sempre, il grande studioso americano si sforza di essere obiettivo, e si esprime con garbo e moderazione. L’equilibrio e la moderazione di Mearsheimer, però, non possono (e non vogliono) nascondere la tragica, terribile realtà di quanto sta avvenendo in Ucraina, che è la conseguenza di colossali errori di valutazione strategica occidentali, e dell’ostinazione cinica con la quale i decisori statunitensi ed europei insistono a non prenderne atto. Nelle note al testo, in gran parte tratta dai media occidentali, la documentazione di questi errori e di questa cinica ostinazione.  Il costo umano di questi errori e di questa ostinazione è spaventoso, ed è ancora lontano il momento in cui si potrà tirare le somme delle perdite di uomini e materiali che ha provocato. Buona lettura. 

* * * *

È ormai chiaro che la tanto attesa controffensiva ucraina è stata un colossale fallimento. Dopo tre mesi, l’esercito ucraino ha fatto pochi progressi nel respingere i russi. In effetti, non ha ancora superato la cosiddetta “zona grigia”, la striscia di terra pesantemente contestata che si trova di fronte alla prima linea principale delle difese russe. Il New York Times riporta che “nelle prime due settimane della controffensiva, il 20% degli armamenti inviati dall’Ucraina sul campo di battaglia è stato danneggiato o distrutto, secondo i funzionari statunitensi ed europei. Il bilancio comprende alcune delle formidabili macchine da combattimento occidentali – carri armati e mezzi corazzati – su cui gli ucraini contavano per respingere i russi“. Secondo quasi tutti i resoconti dei combattimenti, le truppe ucraine hanno subito perdite enormi. Tutte le nove brigate che la NATO aveva armato e addestrato per la controffensiva sono state gravemente danneggiate sul campo di battaglia.

Print Friendly, PDF & Email

giubberosse

La battaglia di Rabotino

di Enrico Tomaselli

risiko ukro boardAll’inizio del quarto mese della controffensiva ucraina, la situazione – sul campo e fuori – si mostra alquanto diversa dalla narrazione propagandistica occidentale. Sul terreno si combatte sanguinosamente, ma il vero ‘stallo’ appare essere quello politico degli USA e della NATO, che sembrano incapaci di guardare in faccia la realtà, e quindi non sanno assumere decisioni nuove, e vanno avanti come per forza d’inerzia sulla vecchia via. Intanto, a Kiev, si mobilitano pure i malati e le donne.

* * * *

Sono ormai trascorsi tre mesi, da quando è iniziata la controffensiva ucraina, che avrebbe dovuto raggiungere Melitopol e spezzare il corridoio terrestre che unisce la Crimea alle nuove regioni russe dell’ex-Ucraina meridionale. Su questa controffensiva, sui suoi (possibili) risultati, si basava la scommessa dell’occidente collettivo di poter ribaltare – almeno in parte – l’andamento della guerra, consentendo così l’avvio di un processo negoziale, se non da posizioni di forza, quanto meno in condizioni un po’ più riequilibrate. Non a caso, su questa chance gli stati maggiori della NATO e dell’Ucraina hanno lavorato per mesi e per l’occasione i vari paesi membri dell’Alleanza hanno fatto un ultimo, significativo sforzo in termini di forniture militari.

Pur tuttavia, appare francamente incredibile che – nelle segrete stanze ove si pianificavano le operazioni – qualcuno ritenesse davvero possibile raggiungere, non dico Melitopol ed il mar d’Azov, ma anche soltanto superare le tre linee fortificate russe.

Nonostante l’invio di centinaia di carri MBT e corazzati vari, nonostante l’addestramento di migliaia di ucraini in occidente, nonostante l’intensificazione del supporto di intelligence della NATO, l’iniziativa nasceva infatti già inficiata da più di un problema.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Brics+ o bric-à-brac?

di Piero Pagliani

Copertina Educazione finanziaria.jpgIl recente vertice BRICS tenutosi in Sud Africa a Johannesburg è stato valutato in modi molto differenti. Non si è trattato solo di una contrapposizione di vedute tra “antimperialisti” e “filoimperialisti”, ma in entrambi i due schieramenti, se così si possono definire, si sono espresse voci discordi tra loro [0].

Non sono in grado di aggiungere molto di nuovo nel merito, anche perché ciò che è emerso dal vertice in modo ufficiale o ufficioso è sicuramente molto meno di quanto è stato fatto e detto in ambiti riservati. Cose di cui vedremo solo più in là gli effetti.

Posso solo suggerire di cercare di traguardare questo vertice e i suoi risultati, per lo meno quelli che appaiono alla luce del sole, sotto un'angolatura che è poco considerata benché si suggerisca in modo evidente: il vertice di Johannesburg non poteva che riflettere i travagli dell'epoca corrente che è quella che vede il dispiegarsi del caos sistemico che ha sostituito l'ordine della Guerra Fredda e dell'egemonia incontrastata degli Stati Uniti che si è imposta per alcuni decenni alla fine del confronto tra Stati Uniti e Unione Sovietica, un'egemonia che si è dispiegata con la triade neoliberismo-globalizzazione-finanziarizzazione. Una triade che ha contraddistinto il modo in cui il sistema capitalistico occidentale ha cercato di contrastare la crisi sistemica generata dai venti (o per alcuni, trenta) “anni d'oro” di accumulazione capitalistica seguiti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, cioè all'evento che pose termine alla crisi sistemica precedente.

Andrò per sommi capi, non necessariamente consequenziali.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Tutti gli "indizi" che gli Usa cercano un sostituto di Zelensky

di Fabrizio Poggi

720x410c50niyghq.jpgSecondo il libanese “Al-Binaa”, altri segnali sarebbero giunti a confermare quanto si ripete da tempo: gli USA sarebbero alla ricerca della strada per disfarsi di Vladimir Zelenskij. La diversa retorica dei media occidentali, osserva Al-Binaa, testimonierebbe che USA e NATO cominciano ad ammettere il mutato equilibrio di forze nel mondo. Indicativi, sarebbero i colloqui dello scorso 21 agosto del presidente degli Stati maggiori riuniti USA Mark Milley in Vaticano, ricevuto dal papa. Il forse troppo ottimista (e certamente molto fantasioso) redattore del quotidiano di Beirut ipotizza che Milley avrebbe ammesso il fallimento della controffensiva ucraina e avrebbe addirittura chiesto consiglio a Bergoglio su una possibile “uscita dignitosa” americana dall'Ucraina. I due avrebbero discusso, appunto, del modo «di disfarsi dell'attuale presidente ucraino» e nientepopodimeno che di un fantascientifico «accordo, secondo cui gli USA smantellerebbero i propri sistemi antimissilistici in Polonia, Romania e Turchia».

Come si dice dalle nostre parti, “tutto pol'esse”; anche se è quantomeno spassoso pensare a uno yankee in ginocchio a “chiedere consiglio” a chicchessia ed è difficilissimo non solo credere, ma anche solo immaginarsi gli USA intenti a ritirare proprie armi, almeno che non sia per riposizionarle in altre lochescion ritenute al momento più favorevoli.

In ogni caso, la scorsa settimana, anche la presidente ungherese Katalin Novak ha fatto visita al papa, dopo di che ha dichiarato che «presto arriverà il momento per la soluzione del conflitto in Ucraina». Pronunciato dalla “beniamina” di Viktor Orban, il presagio dovrebbe mettere sul chi va là almeno Vladimir Zelenskij, tanto più che Novak, più o meno negli stessi giorni, nel corso della terza conferenza internazionale della cosiddetta “Piattaforma di Crimea”, ha detto chiaro e tondo al capo della junta nazigolpista che, a guerra finita, la Transcarpazia costituirà una preziosa risorsa per gli ungheresi e per Budapest.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

I BRICS raddoppiano: un mondo multipolare è più vicino?

di Paolo Arigotti

c58ff419b7f6882d70070db76be44ea4 kStE U34301706855098X3B 656x492Corriere Web Sezioni.jpgA fine agosto, precisamente tra il 22 e il 24 del mese, si è tenuto a Johannesburg il vertice dei BRICS, il quindicesimo a partire dal 2009, quando il gruppo venne formalmente costituito; al tavolo i leaders dei (per ora) cinque stati membri: Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica[1], tutti rappresentati ai massimi livelli, con l’eccezione della Federazione russa per la quale era presente il ministro degli Esteri Sergey Lavrov (il presidente Vladimir Putin ha partecipato in videoconferenza). E proprio in Russia, nella città di Kazan, si terrà a ottobre 2024 il prossimo vertice.

Il documento finale, articolato in 94 punti, e approvato dai partecipanti è ricco di contenuti interessanti, per quanto la decisione più importante scaturita dal meeting resti l’allargamento del club, che dal primo gennaio del 2024 accoglierà sei nuovi membri: Arabia Saudita, Argentina, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia, Iran. Come si legge nei comunicati ufficiali, i leader politici in questo modo “…hanno raggiunto il consenso sui principi guida, gli standard, i criteri e le procedure del processo di espansione dei BRICS”[2]; Sanusha Naidu, ricercatore presso l’Institute for Global Dialogue, think tank sudafricano, ha parlato di “…implicazioni geoeconomiche, geostrategiche e geopolitiche”, con importanti riflessi sulle politiche in Medio Oriente, sulle relazioni tra Cina e India e nel settore energetico.

Le trattative sull’ingresso dei nuovi membri non sono state semplici, lo ha ammesso lo stesso Putin nel suo intervento, vista la diversità delle posizioni dalla quale partivano i singoli governi: se l’India aveva un approccio più restrittivo, aprendo al massimo a tre nuovi ingressi, la Cina sarebbe stata favorevole a dieci nuove adesioni

Print Friendly, PDF & Email

cumpanis

La crisi del capitalismo: “ha stato la Cina”

di Ascanio Bernardeschi*

«Qualche paese, ossessionato dal mantenimento della propria egemonia, ha fatto di tutto per paralizzare i mercati emergenti e i paesi in via di sviluppo. Chi si sta sviluppando rapidamente diventa il suo obiettivo di contenimento; chiunque stia recuperando diventa il suo obiettivo di ostruzione. Ma tutto questo è inutile, perché ho detto più di una volta che spegnere la lampada degli altri non porterà luce a sé stessi.» (Il Presidente cinese Xi Jinping al 15° summit dei BRICS a Johannesburg in Sudafrica)

Immagine per home articolo Bernardeschi.jfif .jpgIl contesto generale

Il prossimo vertice dei paesi del BRICS di Johannesburg avrà un paio di argomenti assai temuti dal blocco occidentale a guida statunitense: quello della creazione di una nuova moneta che rimpiazzi il dollaro negli scambi internazionali e nelle riserve delle banche centrali e quello dell’allargamento dell’organizzazione: 23 paesi hanno già chiesto di aderire e altri hanno informalmente espresso interesse.

Primo argomento. Questa nuova moneta, o più precisamente unità di conto, basata su un “paniere” di monete dei singoli paesi aderenti al BRICS, dovrebbe non solo essere impiegata da tali paesi e dai nuovi candidati, ma sarebbe utilizzabile da qualsiasi altro paese lo desideri, mettendo seriamente in discussione la supremazia del dollaro che fino a oggi aveva consentito agli States di vivere alle spalle del resto del mondo stampando moneta.

I due argomenti stanno in stretta connessione. Per esempio è estremamente importante sapere che fra i paesi che hanno chiesto di aderire all’organizzazione ci siano l’Arabia Saudita, l’Iran e l’Algeria i quali, uniti alla Russia, detengono le maggiori risorse energetiche del mondo. È importante perché verrebbe meno il motivo principale, accanto a quello costituito dalla potenza militare Usa, del dominio del dollaro, cioè il suo uso esclusivo per acquistare petrolio (i cosiddetti petrodollari).

Print Friendly, PDF & Email

giubberosse

La scacchiera di Brzezinski

di Enrico Tomaselli

photo 2023 08 07 07 17 33La grande partita anti-russa, le cui linee strategiche furono battezzate da Brzezinski oltre 25 anni fa, sembra aver superato (almeno in questa fase calda) il suo acme e si avvia ad un finale non proprio esaltante per l’occidente collettivo. Sullo scacchiere internazionale, infatti, sembra aleggiare lo scacco matto; resta solo da capire quando avverrà, e dove. La casella della mossa finale potrebbe essere Kharkov o, magari, Odessa.

* * * *

Spiazzati dalla guerra

Ci sono molte ragioni che spiegano l’afonia degli intellettuali occidentali, e delle stesse chiese cristiane, di fronte a quella che il Papa ha definito come terza guerra mondiale. Ma sono fondamentalmente due le ragioni per cui tale afonia si accompagna – non a caso – a quella di un movimento pacifista che non è mai stato così silente, anzi del tutto assente.

La prima è che questa guerra – diversamente da quella contro l’Iraq, o quella contro la Serbia – è percepita diversamente rispetto alle altre; mentre quelle erano guerre d’aggressione imperialista, in cui l’occidente era l’aggressore (cosa resa ancor più evidente dalla asimmetria dei conflitti), e quindi toccavano le corde della coscienza antimperialista, e più in generale della coscienza tout court, in questo caso – e non solo per effetto della propaganda – l’occidente si percepisce come l’aggredito.

La seconda è che questa guerra (im)pone la necessità di una riflessione differente, perché, sia pure confusamente, se ne coglie la portata assai più profonda, paragonabile a quella che ebbe la seconda guerra mondiale.

Print Friendly, PDF & Email

analisidifesa

Controffensiva ucraina: il pessimismo di Washington apre la strada al negoziato?

di Gianandrea Gaiani

5985421318415301348 121 002.jpgIl dibattito sull’insuccesso (almeno per il momento) della controffensiva ucraina si fa sempre più acceso negli Stati Uniti, come Analisi Difesa ha evidenziato anche recentemente. Del resto, dopo due mesi e mezzo di sanguinose e inconcludenti offensive l’Ucraina sembra essere a corto di opzioni nel tentativo di riconquistare i territori controllati dalla Russia.

Anzi, nel settore di Kupyansk e nella regione di Kharkiv sono i russi che da settimane macinano successi conquistando 33 centri abitati e circondando Sinkovka, roccaforte ucraina in cui la guarnigione di Kiev sarebbe ormai circondata. Non mancano i toni enfatici per l’avvicinarsi delle truppe di Mosca ai sobborghi di Kupyansk, specie sui canali Telegram militari russi che ricordando le violenze sui civili filo-russi compiute dagli uomini del Reggimento Azov nel settembre 2022, quando le forze di Mosca si ritirarono dalla città e dall’intera regione di Kharkiv in seguito all’offensiva ucraina.

Che la situazione sul campo di battaglia non sia delle migliori per gli ucraini lo dimostrano anche l’enfasi attribuita da Kiev alle rinnovate incursioni di droni in territorio russo e le rivendicazioni dettagliate da parte dei servizi d’intelligence ucraini degli attacchi più eclatanti condotti contro infrastrutture strategiche russe, come quello contro il Ponte di Crimea dell’ottobre 2022 (rivendicato nei giorni scorsi con diversi dettagli dal direttore dei servizi ucraini SBU, Vasyl Malyuk) o contro le navi e le basi navali russe nel Mar Nero.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Il putsch in Niger dal punto di vista geoeconomico

di Fabrizio Russo

55496141 0e2d 4c53 b4de 37314bb1b64b w948 r1.778 fpx41 fpy29In questo agosto relativamente temperato, dove la tradizione delle discussioni da spiaggia non si è però persa sui nostri litorali balneabili, è carino vedere come tutti si affanno a spendere simpatiche teorie di predominio territoriale tra superpotenze intorno alla vicenda del colpo di stato in Niger. Non che gli addetti ai lavori si affannino meno, talvolta non considerando che se la Nigeria non si muove – da un punto di vista militare – non c’è ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, filostatunitense) che tenga! Il punto è che pochissimi mettono in luce il vero punto chiave della questione: la lotta geopolitica è innanzitutto geoeconomica e, quindi, è da lì che bisogna partire per formulare qualsiasi discorso ben fondato (lo stesso Limes tocca l’argomento solo “di striscio (ahimè!)”).

Riassumiamo però, innanzitutto, brevemente i fatti. Il 26 luglio, il presidente del Niger, Mohamed Bazoum, è stato estromesso dalla sua guardia presidenziale, e il comandante della guardia (e leader del golpe), il generale Abdourahmane Tchiani, è stato nominato presidente del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria. Si tratta del settimo colpo di stato nella regione dal 2020, escluso un precedente tentativo in Niger nel 2021, represso dalla stessa guardia presidenziale.

Il putsch è stato condannato da Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Nazioni Unite, Unione Europea, Unione Africana, numerosi governi africani e, appunto, ECOWAS. La scadenza, posta dall’ECOWAS per reintegrare il presidente Bazoum, è stata ignorata dai generali e i nuovi leader del Niger hanno chiuso lo spazio aereo del paese, accusando le potenze straniere di prepararsi ad attaccare.